Madri.... per ridere

By Cesare Tronconi

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Title: Madri.... per ridere

Author: Cesare Tronconi

Release date: October 9, 2025 [eBook #77018]

Language: Italian

Original publication: Milano: Galli e Omodei, 1877

Credits: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This book was produced from scanned images of public domain material from the Google Books project.)


*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MADRI.... PER RIDERE ***


                            CESARE TRONCONI


                          MADRI.... PER RIDERE


                                ROMANZO



                                 MILANO
                     GALLI E OMODEI, EDITORI-LIBRAJ
                  Galleria Vittorio Emanuele, 17 e 77.
                                   —
                                 1877.




                          PROPRIETÀ LETTERARIA

                      Stab. tip. Molinari e Socj.




                                   A
                            FELICE CAMERONI

                                   A
                           FERDINANDO FONTANA




Allora non si usavano ancora i _treni-omnibus_.

Quattro becchini o quattro conoscenti andavano bravamente sotto la bara
e via se la portavano al cimitero.

Non di rado, i latori di voi — per modo di dire — di voi
presente-passato, erano precisamente quegli amici o parenti che vi
avevano rotto le scatole al punto da ridurvi fra quelle assi e dicevano
di portarvi con piacere per consolarsi del dolore di avervi ammazzato.

Con ciò non si vuol fare alcuna maligna allusione a coloro che quella
mattina portavano o accompagnavano un cataletto al più lontano dei
carnaj suburbani. — Non osiamo scrivere: _all’ultima dimora_, dopochè
la stoltezza umana, non contenta abbastanza di tormentare certuni
quando sono vivi, non vuol lasciarli tranquilli neanche quando sono
morti. Stoltezza tanto di buona fede, che piuttosto di non trasportare
qualche osso, se non ne trova, supplisce con surrogati.... e, in un
caso disperato, è certo che ne fabbricherebbe apposta!

Il dolore di quegli amici e parenti era proprio sincero. Al defunto
avranno forse goduto più d’un pranzo, n’avranno sempre parlato bene
il meno possibile, ne avranno corteggiato la moglie, avranno giocato
dei tiri alla sua borsa — questo che cosa significa? — ma egli era
stato tanto buono — tutti ora n’erano persuasi — e la di lui fine tanto
miseranda e acerba — aveva venticinque anni! — che nessuno, per quanto
apatista, poteva non sentire compassione. Alcune guance, specialmente
di donne, erano rigate di lagrime.... ed erano lagrime sincere....
perchè il morto non aveva dato ordine di pagarle.... e i superstiti
meno ancora.

Entrato il convoglio nel camposanto, si diresse verso la fossa
assegnata al nuovo ospite e intorno a quella si dispose in cerchio,
attendendo. Si sapeva che un amico doveva leggere alcune parole.

Infatti un giovinotto sui trent’anni levò un foglio, tossì, diede
un’occhiata in giro, compose il volto a gravità dottorale e finalmente
cominciò:

  «Aveva ragione Leopardi, il quale scrisse:

                             «Amore e Morte
      . . . . . . . . . . . . . . . . . .
      «Cose quaggiù sì belle
      «Altre il mondo non ha, non han le stelle,

  «ma doveva aggiungere che, quando si perde il primo di questi beni,
  l’altro è l’unica speme che ci resta.... e che l’affrontarla è pur
  una gioja sovrumana....

  «Colla morte soltanto ci è dato salvarci dal dolore!

  «Ma chi ci avrebbe detto solo domenica scorsa, quando, ricco di
  salute e di forza, tripudiava con noi ad agape fraterna, che oggi
  avremmo dovuto riunirci intorno alla sua tomba per dargli l’estremo
  _vale_?

  «Chi ci avrebbe detto, quando egli ne parlava commosso delle sue
  domestiche gioje....»

Qui l’oratore — se volete dar tal nome a chi leggeva con coraggio non
invidiabile uno dei soliti stravecchi esercizj di retorica — alzato lo
sguardo a caso, mentre prendeva fiato, s’interruppe repentinamente....
e additò nella direzione dell’uscita del cimitero, dove erano apparse
due ombre negre. Tutti guardarono ed ebbero un moto di sorpresa e di
repulsione.

L’oratore, allora, con voce bassa e severa, mormorò:

— Sarebbe un profanare questo sepolcro il permettere che quelle due
sciagurate avessero ad unirsi a noi per ascoltare l’espressione del
nostro dolore.... Andiamo.... e che Dio.... —

Egli s’interruppe per interrogare i visi degli astanti, e vedendoli
tutti addolorati ripetè con forza e sensibile reticenza:

— .... Che Dio abbia di loro pietà.... se pur la meritano. —

E i convenuti si sciolsero silenziosamente, le teste chine,
disperdendosi fra le croci ed evitando — taluni non senza affettazione
— di incontrarsi colle due donne che con la loro comparsa inattesa
avevano disturbato la mesta cerimonia.




Una vecchia lettera, che fa parte dei documenti da noi raccolti prima
di accingerci a questo lavoro, contiene informazioni sur uno dei
personaggi principali del racconto — informazioni che noi crediamo
dover nostro di dare in tutta la loro crudezza per risparmiare a
certi benevoli la fatica d’accusarci della malsana, prava compiacenza
d’inventar caratteri ultraperversi.

Grazie a quel Dio che ci ha creati, della perversità ve n’è quassù fin
che se ne vuole, e non c’è proprio alcuna possibilità d’inventare nè
più nè peggio di quello che già esiste.

Queste informazioni dovevano servire — pare — per qualcuno che aveva
delle idee oneste, ossia conjugali — se su Maddalena o sulla di lei
figlia, non sappiamo, la lettera non portando data — e chi le diede era
certamente ben informato.

Crediamo fosse anche un galantuomo.... ma su tal punto penserete quel
che vorrete.

Copiamo:

  «Leggi adunque bene!

  «Maddalena è una di quelle disgraziate creature che non si
  dovrebbero mai conoscere, anzi neppur potere sospettare possibili.
  Il solo sapere che simili esseri non sono una finzione da
  romanziere, ma esistono realmente ed agiscono.... è una corruzione
  del nostro spirito e del nostro cuore, perchè, alla fede nel bene,
  sostituisce il dubbio terribile che quaggiù vi siano solo gradi
  maggiori o minori di depravazione — più o meno abilmente mascherati
  — e che il bello morale assoluto sia una pura fola.

  «Quando si è conosciuta una Maddalena, tu potrai incontrare
  anche una vergine angelica.... garantita e ti verrà egualmente
  il sospetto che quell’involucro celestiale racchiuda un’anima di
  fango. Concederai che quell’anima non ha ancora agito secondo la
  sua natura, ma dirai subito che gli è soltanto perchè sinora è
  sempre stata nell’impossibilità d’agire.... e che del resto aspira
  unicamente e con tutto l’ardore a quell’istante in cui potrà agire
  liberamente.

  «Insomma, quando si è conosciuta una Maddalena.... la donna — nel
  consolante significato che noi avevamo sempre dato a tale parola,
  perchè va unito a quegli esseri che portano i soavi nomi di madre,
  di sposa, di figlia — non esiste più.... esiste soltanto una
  spaventevole macchina, la quale stritola tutto che di umano ha la
  sventura di toccarla. Allora tu non vorresti più essere nè figlio,
  nè marito, nè padre — perchè Maddalena è il MALE. Il male cinico,
  audace, insultante, aggressivo, perchè non solo vuol essere....
  non solo vuol parer tale, ma aggiunge la sfida a tutto ciò che è
  BENE.... come a dire: io ho il coraggio di essere quello che sono,
  perchè è così che si deve essere, e tu, sedicente virtù, non sei
  che ipocrisia o imbecillità.

                                 * * *

Sì, Maddalena fu il male, ma avrebbe forse potuto anche essere il bene,
se nel punto più importante, e quasi sempre decisivo nell’esistenza
d’una donna, ella non avesse ricevuto una di quelle lezioni che
sconvolgono mente, cuore e sangue, e vi trasformano un individuo di
punto in bianco.

Diciamo questo, col solito _forse_, più per tentar di spiegare che
per rendere simpatico il personaggio, nonostante i suoi torti....
lasciando che le lettrici la giudichino come meglio credono — a voce —
per confessare poi fra sè stesse, se nella tale e tal’altra circostanza
avrebbero agito in modo diverso o egualmente o peggio.

                                 * * *

Se la morte di Cesare fu preceduta e quindi, come dissero,
preannunziata da stranissimi fenomeni — la nascita di Maddalena fu
accompagnata da un incidente che fornì materia a dir molti spropositi
alle varie donnicciattole che, raccolte nella cucina, una sera di
gennajo, attendevano ansiosamente quel primo vagito, il quale doveva
annunziare l’arrivo, nel mondo, del Messia di casa Papetti. — Fra
parentesi diremo che quel Messia, per essere il benvenuto, doveva
essere una femmina. Così volevano mamma e papà, e guai a lui se si
fosse presentato colla solita sconvenienza che si nota nei maschi.

Or bene, nel punto stesso in cui papà Ildebrando, spalancato con furia
l’uscio della cucina comparve gridando gongolante e lagrimante:

— È una fiiiglia!... è una fii.... — proprio allora, con gran fracasso,
volò in frantumi un vetro della finestra, sfondato da un grosso gatto
nero che cadde sulla tavola apparecchiata pel desinare.

Ma siccome, precipitando, aveva rovesciato bottiglie e bicchieri....
scoppiò un gridò generale acutissimo di spavento e di furore, e tutte
le mani si congiunsero in un: Santa Madonna! — Il gattone allora,
esterrefatto per la sua stessa caduta, alla vista di un paese nuovo,
di tante ignote femmine e di quell’uomo che già alzava minaccioso un
bastone.... piroettò roteando i giallissimi occhi, cercando anelante
una via di scampo — ma non vedendone alcuna, perchè già tutti gli
si serravano addosso, da vero gatto spiccò un salto trasvolando una
spanna sopra la cervice del signor Papetti, la di cui legnata, non più
trattenibile ormai, rovinò sulla tavola con immenso frastuono di piatti
e di bicchieri infrangentisi contro il suolo.... e, quel che portò al
colmo il terrore degli astanti, colla rottura dell’ampolla dell’olio e
della saliera, il cui contenuto si sparse tutto sulla tovaglia.

Pur troppo il disastro fu completo, e noi rinunciamo a descrivere
la scena di desolazione che susseguì, a riferire le bestialità che
proruppero da quelle bocche.

Vi basti sapere fra le altre lepidezze che il gatto nero «era
certamente venuto dall’inferno per portar l’anima alla neonata, e che
l’olio e il sale versati erano il più certo segno che grandi sventure
attendevano casa Papetti.»

Si giuocarono naturalmente molti biglietti al lotto, che dovevano
guadagnare immancabilmente.... e infatti non colpirono nemmeno un ambo.

Del gatto nero non si ebbero più notizie.

                                 * * *

Ildebrando Papetti era un impiegato di Dogana che dal governo percepiva
un onorario molto modesto, ma che sapeva aiutarsi. Certi mercanti
della piazza, che lo trovavano compiacente nelle dichiarazioni delle
merci da daziarsi, gli dimostravano la loro gratitudine con strette di
mano che gli facevano un piacere infinito. La malignità non cerchi più
sottintesi di quelli che vi sono. Del resto, prima vi fu da pensare
ai viziucci della gioventù — dopo, a prender moglie — in seguito, a
mantenerla bene — più tardi, ai nascituri — dunque!

A quarant’anni sposò Caterina, la figlia della portinaja, che ne aveva
trenta.

Bella coppia!

Egli alto, secco, già curvo, già grigio, avvizzito, affumicato
dall’eterna pipa di porcellana, colle occhiaje muffite — sempre
strozzato da un fazzoletto bianco a sestupla pressione — senza
occhiali, tuttavia.

Ella di media statura — quasi — grassoccia, linfatica, col volto di
un roseo incerto, giornaliero, che ad un conoscitore avrebbe dato
da pensare, coi capelli biondi di una rarità incontestabile, con due
pupille che vi parevano bianche e con un seno.... molto morale — alla
qual moralità di solito si preferisce la turgida immoralità.

Ma era buona e cretina come dovrebbero essere tutte le donne destinate
alla parte di massaja.

Dire le sue orazioni, andare a messa, predica e benedizione, ai tridui,
alle novene ai mesi di Maria, osservare le feste di precetto, dire la
sua terza parte del Rosario quando occorreva o.... per passar la sera,
non sapere che cosa è un libro, meno il _Manuale di Filotea_ o altro
della stessa forza, non avere un’idea di ciò che è spirito, aver orrore
della parola capriccio, tener in bell’ordine la casa, essere sempre
pulita, ma vestita come una lavandaja vecchia, fare il suo dovere
conjugale, applicare bene mignatte, polentine e.... altre consolazioni
— insomma, un ideale!

E per questo si amavano, perchè innanzi tutto egli era un uomo
dell’ordine, ossia di quell’ordine che aveva trovato fatto venendo al
mondo.

Questo amore tuttavia, benchè si conoscessero già da cinque anni,
quando si sposarono, chi sa se sarebbe mai nato senza un certo
avvenimento che stiamo per sapere.

V’era una gran stima reciproca — egli ammirava, anzi, il di lei amore
al lucido — ed ella il di lui vivere regolato come il suo orologio e
specialmente i costumi morigerati.

In cinque anni egli non aveva ricevuto nè una lettera nè una donna.

Ma siccome ella pareva non avesse mai avuto tempo di pensare all’amore
— ed egli vi aveva forse rinunciato — e fors’anche a motivo dell’abisso
fra le due posizioni — il fatto sta che con tutta la stima e tutta la
facilità di vedersi e parlarsi — egli, più che «buon giorno» o «buona
sera», oppure «che tempaccio!», o «bello quel merlo!», non aveva mai
detto.

Una mattina Ildebrando, uscendo di casa, vede sotto il portico Caterina
che piange disperatamente, attorniata da alcune portinaje e serventi
della vicinanza, le quali fanno del loro meglio per consolarla.

— Perchè piange, signora Caterina? — fa egli appressatosi.

Ma siccome Caterina singhiozza senza poter parlare, una donna dice:

— Piange perchè le è morta la mamma stanotte.... sicuro, poverina.

— Oh! — ma se stava benissimo jeri sera!

— Mah! un colpo....

— Oh!... questo mi fa proprio dispiacere.... Basta! si faccia
coraggio.... e pensi che, giù, un po più presto.... un po più lardi....
pur troppo! — e Ildebrando se ne va brontolando e scrollando capo e
spalle.

Per tre giorni il nostro impiegato è preoccupato, concentrato,
accigliato — tanto, che i colleghi gli domandano se medita un delitto.

— Forse.... se lo posso! — risponde con sorriso sinistro.

I colleghi non vi badano e dicono:

— Bene.... se mai ha bisogno di qualche ajuto....

— Non dubitino, signori..., basto io. —

Il suo accento è beffardo — gli amici si guardano e se ne vanno,
formando dei dubbj sullo stato di quel cervello.

Ma niente paura. Ildebrando si presenta il quarto giorno col volto
rischiarato, sereno, anzi ilare, il che è fenomenale in lui.

Gli è che un’ora prima, entrato dalla Caterina, le ha detto tutto a un
fiato, passando dal Lei al Voi:

— Caterina, voi ora non potete più da sola continuare a fare la
portinaja. È una grama vita.... e non resistereste, perchè, se siete
giovane ancora, non siete niente affatto robusta.... e mi farebbe
male se vi vedessi soffrire. — Vi propongo una cosa. Voi siete sola al
mondo.... e solo sono io.... Se non vi spiace.... andiamo! venite su
con me al terzo piano.

— A servir Lei? — ha fatto Caterina, sorpresa, con uno sguardo e un
accento pieni di riconoscenza.

— A servir me!? Ma vi pare che io potrei proporvi una cosa simile? Che
direbbe il mondo?

— Ma dunque? — e il di lei viso esprimeva un’ansia estrema.

— Ma dunque, voi siete una buona donna.... sì.... volevo dire una brava
ragazza. Se avete la stessa opinione di me.... sposatemi ed è bell’e
finita.

— Oh! signor Papetti!... — ha esclamato la poveretta tutta lagrimosa,
colla mente quasi fuor di questo mondo a quel colpo fulmineo di
fortuna, dopo tanta sventura.

— Non ditemi più Papetti, ditemi il mio nome.... Sicchè quale risposta
mi date?... Fate presto, perchè è tardi, e coll’ufficio non si
scherza.... Sicchè.... sì?

— Oh! signor Ildebrando.... io sarò la sua serva....

— Che serva d’Egitto!... mia moglie...! Su.... su.... che diavolo fate?
inginocchiarvi? — e, commosso anche lui, ha detto in fretta: — la cosa
resti fra noi, per ora; penserò io a tutto.... voi non dovete neanche
muovervi. Per domani vi sarà una portinaja nuova.

— Come! Di già provveduto?

— E volevate forse che vi lasciassi qui un giorno solo ancora?

— Ah!...

— Addio! —

Tre mesi dopo Ildebrando conduceva al suo domicilio la sposa, e siccome
egli era un po.... brillo, trovò naturale, aprendo l’uscio, di dire a
Caterina:

— Questa è la casa.... ora bisogna mettervi dei figli. —

Ma i figli si fecero aspettare.... cinque anni.

Dirvi che lei era sospirosa, e lui di pessimo umore, vedendo scorrere
tanto tempo inutilmente, è dir poco.

— Ma sono io.... o sei tu? — grugniva egli di tanto in tanto.

— Tutti e due — mormorava Caterina sommessamente, poi con
rassegnazione! — È il Signore che vuol così....

— Il Signore! — gridava allora Ildebrando picchiando col pugno sul
tavolo, ma non finiva, perchè essa impallidiva sempre orribilmente alle
bestemmie.

Ma chi faceva montare in bizza il povero Papetti, al punto, certi
giorni, da perderne l’appetito e diventare verdognolo, era il suo
capo-ufficio, il quale quando era di buon umore si degnava chiedergli
notizie «della sua numerosa prole, se studiavano, se ora lasciava
finalmente riposare quella povera donna....» insomma, una canzonatura
non più finita.

Ma gli è che quando Ildebrando aveva preso moglie, aveva promesso mari
e monti in fatto di paternità, e invece....

— Vede.... — gli disse un giorno il suddetto capo-ufficio — se avesse
studiato, da ragazzo, la grammatica, queste cose non Le succederebbero.

— Come dice?...

— Ma sì.... nominativo come è, non sa essere dativo abbastanza da poter
diventar genitivo; così merita l’accusativo d’essere all’ablativo, e si
vede ch’Ella non era vocativo pel matrimonio.

— Grazia! grazia! — gridò l’infelice che, come avrete capito, non era
certo un uomo di spirito, e fuggì più curvo del solito come oppresso
del ridicolo che si rovesciava su lui.

Ma quando una certa mattina d’aprile, mentre Ildebrando stava calzando
gli stivali, udì un grido di gioja che veniva dalla camera attigua — e
domandato burbero: «Che cosa c’è?» Sentì rispondere: «Ci sono!» e seppe
subito cosa voleva dire quel _ci sono_ — non potè a meno di esclamare
pensando al suo capo-ufficio: Son vendicato! — E non appena lo vide,
gli disse, ma lentamente, con tutta l’ironia che gli riuscì di trovare,
assaporando a centellini la sua vendetta:

— Sa.... sa.... mia moglie vuol farmene una delle sue.... Pare che
saranno due. Pazienza! —

E non mancò di ripeterglielo.... tutti i giorni! per quel tal numero di
mesi.

Il capo-ufficio se la pigliò in pace e attese l’istante della rivincita
che non mancò.

Quando Papetti venne ad annunziare che gli era nata una figlia, il
capo-ufficio gli disse con accento di scherno schiacciante:

— Pœuh!... anche quella è nata in sbaglio....

— Come, in sbaglio?!

— O sarà.... merce di contrabbando.... — non c’era cattiveria; bisogna
ricordarsi che parlava un doganiere.

— Come, contrabbando?!

— La sfido.... ad averne un’altra.

— E io accetto!

— Vedremo! —

Il capo-ufficio fu profeta — non si vide più niente — ma non se ne
parlò altro. Il gioco era già stato abbastanza lungo, e, diciamolo
pure, d’una gajezza lagrimevole.




Un buon osservatore, che avesse potuto seguire Maddalena, passo per
passo, ne’ suoi primi anni, avrebbe scrollato il capo e detto per lo
meno: Non ci capisco nulla!

Non che ella fosse, come si dice dei bimbi, «cattiva» — tutt’altro — ma
era qualche cosa di peggio — non era, non fu mai una bambina.

Guardate quale anomalia.

Nei primi sette mesi succhiò da sola tanto latte che avrebbe bastato
benissimo per due. Fortunatamente la balia ne aveva per quattro.

Succhiare e poi.... succhiare — pochissimo dormire — un dimenarsi
senza posa — una grande insofferenza delle fasce ed una maggiore
dell’oscurità. Luce, aria! — Tollerava solo e per pochi istanti ancora
le braccia della balia.

D’essere presa da altra gente nè baciucchiata, non voleva saperne.
Rotolarsi sull’erba, nella polvere e, a preferenza, nel fango, ecco i
suoi gusti.

Nell’ottavo mese dimostrò, con sorpresa di tutti, una certa ripugnanza
al capezzolo. Nel susseguente s’era già svezzata da sè. Di dieci mesi
passeggiava, e una magnifica foresta nera le copriva la testolina.

Ad un’età in cui i bimbi non si sa quasi neanche che esistano, ella
era la meraviglia della corte, che le diede ben presto il soprannome di
_tosa di bronzo_.

E lo meritava. Chi aveva mai avuto occasione di notare ch’ella
soffrisse o godesse? Chi aveva mai veduto una sua lacrima o un suo
sorriso?

Seria, con movimenti ricisi e sicuri — non desiderava, voleva — non
chiedeva, prendeva — occorrendo, strappava — il suo capriccio era il
suo diritto. Al di lei cospetto, i bimbi più deboli sentivan paura —
i più forti, rispetto o stupore — e i grandi, si lasciavan soverchiare
per divertimento.

La Caterina avendo sofferto una lunga malattia in quel tempo, fu forza
lasciar Maddalena presso la balia fin verso i due anni.

Quando la madre potè finalmente farsela portare in città, fu deciso
che lo stesso giorno dell’arrivo della balia sarebbe anche quello della
di lei partenza. Si temeva che se si lasciavano prendere alla Lena le
abitudini cittadine nelle braccia della balia, venendo poi quel giorno
in cui si dovrebbe pur separarle, la Lena non avesse a far il diavolo e
a costar noje e insonnie infinite.

Qual vano timore! La povera donna piangeva staccandosi dalla sua
Maddalena, e la sua Maddalena, infastidita, le volgeva le spalle per
occuparsi d’un cagnolino che faceva una gran festa ai suoi dolci.


Chi sa che cosa c’era in quel cervellino! Si può dire che fino ai
quindici anni visse come una lumaca, indifferente per tutto quanto
l’attorniava, per tutto quello che interessava gli altri, cominciando
dal giocare e dai giocatoli, non curante persino di sè stessa, ad un
punto che sembrava nata senza vanità!

Obbediva come una macchina ai genitori, riceveva le loro carezze, ma
non le ricambiava che richiesta, asciutta, fredda.... per liberarsi
d’una noja.

Una cosa da morir dal ridere.... quel soldo di cacio si dava alla
solitudine e alla meditazione.

Quando cominciò a frequentare la scuola, in quella gran festa
dell’infanzia che è appunto la scuola, avrebbe forse potuto aprirsi
il calice di quell’anima, ma una circostanza impedì che alcun raggio
d’amore vi cadesse sopra, e così restò sempre chiuso.

Pertanto non potè mai gustare alcuna di quelle gioje, non potè mai
sentirsi trasportata da alcuno di quegli entusiasmi infantili che
amicano una piccola creatura all’umanità e ne foggiano a poco a poco un
essere sociale.

Per Maddalena volevasi una scuola con una maggioranza di ragazzine
della di lei condizione, all’incirca.

Là, non essendovi quelle disuguaglianze che tanto fanno soffrire i
bambini, avrebbe trovato sorrisi, amicizie, trasporti, ed ella si
sarebbe forse, o almeno in buona parte, trasformata.

L’importante è dare o cambiare l’intonazione ad un carattere — il tempo
fa poi il resto.

Invece i genitori, che ne volevano fare una damina, la misero in una
scuola nella quale non v’erano appunto che damine in erba. — «Così —
dicevano — prenderà subito le maniere della migliore società e avrà
delle amiche le quali le faranno onore e potranno anche giovarle col
tempo.»

Giustissimo! ma allora bisognava mandarla vestita con eleganza,
all’ultima moda, e farla accompagnare dal servitore o dal maggiordomo.
Invece la mandavano vestita con una economia ridicola, di stoffe
che sapevano di rigattiere un miglio lontano e in cui si vedeva, ad
occhio nudo, la lotta accanita dell’ingegnosità materna contro i colpi
del tempo, e contro la crescente pressione delle membra in continuo
sviluppo.

Permettevano che l’accompagnasse una donna senza sciallo, senza
cappellino, la quale pareva una serva, aveva i tradizionali movimenti
della portinaia frettolosa e curiosa, e che Maddalena — orrore! —
confessava essere sua madre.

Ma era una mamma quella? Tutt’al più era una stonatura nel genere madri.

Maddalena produsse proprio lo stesso effetto che un cane in chiesa,
in quella scuola, e come un cane fu trattata — ma stavolta il cane non
guaì, nè si raccomandò alle gambe.

I bambini, di solito, quando si trovano esposti al dileggio e alle
busse dei compagni prepotenti, perchè ricchi o nobili, o hanno forze
per vendicarsi, e allora.... guai ai dileggiatori, guai ai maneschi — o
sono troppo deboli per reagire, e allora si rassegnano alla loro sorte
e cercano ogni mezzo per renderla meno dura....

Si fanno quindi umilissimi servitori delle loro Eccellenzine. Se ne
ricevono un calcio od uno schiaffo, frenano una lagrima e trovano un
sorriso — se sentono una bestialità, e ne sentono molte, gridano:
«Oh, bello!» — se vedono una crudeltà, ridono a crepapelle, e così
via, sinchè a furia di umiliazioni, di strisciamenti, di adulazioni,
di leccature.... riesce loro di ingraziarsi qualcuno di quei piccoli
semidei, sotto l’egida dei quali possono poi restare impunemente anche
cogli altri, che li tollerano per lo meno fino al giorno degli esami.
S’intende che l’indomani di quel giorno, so loro avviene d’incontrarli,
non li ravvisano più.

Maddalena non era nè un lupo nè un agnello, ma provò che, se avessero
voluto, per caso, farne un agnello, avrebbero trovato il lupo.

Quando — e fu subito — si vide noncurata e derisa da tutte quelle dame
in sessantaquattresimo, quando sentì il coro di scherni e di motti su
quella «portinaja di sua madre,» le guardò di traverso — niente altro
— e fece chiaramente intendere col suo contegno che voleva essere
un’estranea per tutte, evitare qualunque contatto.

Questo, sulle prime, non garbò alle signorine, che volevano, non già
una ribelle, bensì una schiava, un zimbello — ma uno schiaffo sonoro
che Maddalena lasciò andare sulla guancia d’una tristerella più zanzara
delle altre, la quale un giorno le aveva detto: «Tu.... puliscimi le
scarpe», levò a tutte la voglia di divertirsi, visto che le spese non
toccavano a lei, e la lasciarono sola.

Si limitarono, a motivo della di lei taciturnità assoluta, a chiamarla
— fra loro, s’intende — la _dentistretti_. Era tutto quello che il loro
odio poteva osare.... a rispettosa distanza.

Così Maddalena, della sua inferiorità s’era fatta uno sgabello di
superiorità, e le guardava tutte d’alto in basso.

Tale posizione fattasi da sè stessa non contribuì certo a guadagnarle
i favori della signora direttrice, in coda alla quale venivano ostili
del pari, naturalmente, le maestre e i professori. Unico il catechista
cessò d’esserle avverso, ma solo l’ultimo anno, quando Maddalena,
benchè di bassa estrazione, aveva già qualche cosa di appetibile che le
altre non avevano.

Di premj non gliene diedero mai uno. Ed era forse quella che ne
meritava di più, perchè mostrava un ingegno pronto e vivace. Sembrava
che per lei le difficoltà non esistessero. Ma siccome le sue risposte
erano secche, buttate là senza grazia, non le fruttavano alcuna lode.
Anzi, si diceva: «Non è che un pappagallo.» Come mai avrebbe potuto
essere morbida, graziosa, sapendosi a tutti in uggia, e avendo in uggia
tutti?

Finalmente spuntò il giorno degli ultimi esami. Maddalena, preso e
arrotolato senza molto riguardo il suo «attestato», uscì da quelle
aule senza salutare alcuno, e dicendo fra sè, all’indirizzo di tutti:
«Speriamo di non incontrarci altro.»

Aveva quattordici anni e mezzo, non aveva un’amica al mondo, non
sentiva alcun desiderio di trovarla, odiava le sue coetanee, non
aspirava a nulla, noncurante di tutto, sempre fredda — un’anima vuota.

I genitori avevano una mezza velleità di farle continuare gli studj,
onde avesse a riuscire una istitutrice buona per l’alta società, ma
siccome Maddalena fece capire che non vi aveva alcuna disposizione:
«Già — dissero — è meglio che diventi una brava donna di casa; maestre
ce n’è d’avanzo lo stesso.»

E per qualche tempo _parve_, infatti, fosse una di quelle fanciulle che
vengono cresciute in casa precisamente a prepararsi al matrimonio....
sul serio. Attendere alla casa, cucire, ricamare: ecco la sua vita —
seguire la madre alla chiesa, ecco l’unica sua distrazione.

Non pareva nemmeno accorgersi che vi fosse un mondo — e, come da
bambina, la sua più grande compiacenza stava nella solitudine e nella
meditazione. Strana cosa, non leggeva — si sarebbe detto avesse un
mondo in sè, il quale assorbisse tutta la di lei attenzione, non
lasciandole pensiero d’altro, neppure della sua bellezza.... che non
poteva non vedere. — Crediamo fosse ancora perfettamente innocente,
ossia ignorante, ma il suo cervello doveva lavorare.... perchè quando
veniva qualche uomo in casa, ella non cercava più la solitudine — e se
era nell’altra camera, ne usciva e stava a guardare quegli uomini.

In quei momenti ella era, per verità, tutta composta, il suo volto era
impassibile, non parlava, o rispondeva, a stento, puri monosillabi — ma
il di lei sguardo, benchè freddo, vitreo, era fisso, inquisitoriale.

Ma chi si occupa dello sguardo d’una ragazza?

L’importante era che Maddalena fosse una perfetta donna di casa —
e a diciassette anni la era, e la più raccomandabile per quanti la
conoscevano — quando in casa Papetti, nella casa della pace, della
calma, del lavoro e della religione, avvenne una rivoluzione, che ebbe
gravissime conseguenze — non solo — ma provò anche come dove si vede
cenere, talvolta non v’è soltanto della cenere.

Da qualche mese era avvenuto in Maddalena un tal mutamento, che i suoi
genitori non avevano potuto a meno di avvedersene.

Sul volto, per lo innanzi così sereno e fresco, erano comparse le prime
occhiaje, ed ogni giorno si facevano più fosche. Tre rughe verticali,
tre solchi, che ogni dì s’approfondivano sempre più, erano venute
a deturpare la levigata fronte fra le sopracciglia. V’erano delle
stranezze nel suo contegno, e le nuove sue abitudini, proprio poco
belle per una fanciulla che aveva sempre vissuto con una regolarità
e una frugalità veramente esemplari, impensierivano molto i poveri
Papetti.

V’eran dei giorni in cui non toccava cibo...., in altri, invece, veniva
presa da una voracità straordinaria.

Essa, che aveva sempre mostrato ripugnanza per le bevande un grado più
spiritose dell’acqua, e, in genere, per i sapori forti, ora ricercava
avidamente vino, caffè tostato, liquori, agrumi.... E si fosse fermata
là!.... ma corrotto, eccitato alla frenesia il senso del gusto, ella
aveva ricorso al sale e a certe droghe, che dovevano bruciarle le
viscere e il sangue.

V’era poi il gran guajo che l’uso palese — già soverchio per una
giovinetta, e veniva molto biasimato, combattuto, impedito in tutti
i modi possibili dai genitori — era un’inezia in confronto dell’abuso
secreto di quelle sostanze corrosive o incendiarie.

V’erano giorni in cui si mostrava in preda ad una irrequietezza
irrefrenabile, e allora le sue pupille sfavillavano, dalle labbra
accese sgorgava la parola rapida, impetuosa, or stridente, or
squillante, e allora.... che vivacità di movimenti, che smania di
lavorare, di uscire, di correre....! — e ve n’erano altri che ella
passava sdrajata sur un’ottomana o girando per le stanze lentamente,
languida, accasciata come una convalescente, ed il suo occhio non aveva
che una luce smorta, immota, ed il labbro scolorato, aperto, pendente,
non dava nota. Dimagrava a vista — le sue carni scottavano.... Che
cos’aveva?

Una persona sola avrebbe potuto dirlo, Brigida, la fantesca — ma quella
non fiatò. Anche senza il divieto di Maddalena non avrebbe parlato;
temeva di compromettersi e di venir cacciata.

La madre interrogò la figlia con tutta quella cautela che le pareva
occorrere, ma senza alcun risultato. — «Non ho nulla, sto benissimo.»
— «Mi fai ridere.... che cosa devo avere?» — «No, neanche questo.»
— Ecco le risposte di Maddalena; ma siccome, nonostante le di lei
assicurazioni, il peggioramento continuava, si fece venire il medico,
il quale disse.... tutto quello che poteva e doveva dire, ossia che era
tempo di darle marito.

— Come.... così giovine!? — esclamò Caterina.

— Mah! per certe donne è troppo presto a venti e per altre è già tardi
a quindici...; m’intendono?

— E dove andremo a pescarlo noi il marito, se non viene? — brontolavano
i Papetti, udita tale ricetta, e da quel momento si fecero pensierosi e
tristi, fantasticando a due sul da farsi per riuscire a trovare questo
benedetto marito, che solo poteva spegnere il fuoco consumatore.

Ma la cosa non era delle più facili.

Nel mentre essi volevano con tutta l’anima la felicità della figlia,
avevano al solito le grandi pretensioni e tutte le paure delle piccole
borse. Maddalena aveva nientemeno che diecimila lire di dote — messe
insieme soldo a soldo — dunque volevasi non un rompicollo, bensì un
galantuomo posato, con qualche cosa di suo.... se al sole, tanto meglio
— con un buon impiego e relativa pensione in prospettiva per la vedova.

E lì ufficiarono parenti e amici perchè avessero a battere la campagna,
oltre la città, a fin di scavare il suddetto galantuomo — ma ogni
ricerca fu vana.

— Tanta roba si vuole per diecimila lire? — rispondevano le designate
supposte vittime — troppo onore!

— Ma veda almeno la ragazza.... quando l’avrà veduta.... vedrà
che merita tutto. Proprio la migliore delle figlie, piena di timor
di Dio... non come tante altre, che.... una lavoratrice poi! E la
famiglia!! ma la fami........

— Sì sì, tutto quello che si vuole, ma diecimila lire sono proprio
poche — e i parenti e gli amici tornavano mortificati come i bravi di
Don Rodrigo, ossia come segugi che, ecc., ecc., co’ musi bassi e con le
code ciondoloni.

Ma se talvolta più si cerca e meno si trova, tal altra, quando meno ce
l’aspettiamo, la fortuna ci favorisce spontanea.

Una bella sera, mentre il padre sventurato si trovava al solito
_cafferino_ a centellinare il non meno solito _agro caldo_ del vecchio
impiegato di tutti i tempi, un tale, di cui il dilettevole gioco del
dominò aveva procurato la conoscenza a Papetti, venne fuori con delle
querimonie sull’esistenza di quell’uomo che è condannato a vivere senza
famiglia, solo come un cane, ecc., ecc.

Come ben si può imaginare, il nostro genitore prese la palla al balzo e
disse subito:

— E perchè non prende moglie?

— Eh! perchè sono vecchio!

— Vecchio lei? ma so ben che mi scherza!

— Sicuro che son vecchio.... sono vedovo ed ho quarant’anni....

— Proprio la bella età per.... sicuro!

— Ah! certo.... che.... non dico.... ma già le fanciulle voglion
qualche cosa di meglio.

Il nostro impiegato, anzi _ex_, perchè da due anni circa era stato
giubilato con paga intera, il nostro Ildebrando dunque lasciò cadere il
discorso.... ma era una furberia — e l’indomani sera comparve al caffè
un po’ più tardi dell’usato in compagnia di Maddalena. Era la prima
volta che egli conduceva colà sua figlia.

L’amico c’era.... e capisse o non capisse l’intenzione.... trovò la
ragazza di suo gusto, e lo disse al padre, che allora ricondusse più
volte Maddalena. Dopo qualche giorno di occhiate, di mezze parole,
di quarti di sospiri, la chiese in isposa, e ottenne un consenso
entusiastico dai genitori e il più secco e sarcastico dei no da
Maddalena.

Il povero aspirante mise la coda fra le gambe e fuggì come un cane
sorpreso da una doccia bollente, cambiò caffè, quartiere.... non lo si
vide più.

— Ma come si fa a lasciarsi scappare un partito simile? — gridavano
tutto affannosi e lagrimosi i buoni Papetti, colle mani giunte,
picchiandosi sulle ginocchia e gli occhi rivolti al cielo. — Figurarsi,
il maggiordomo, l’uomo di confidenza del Principe di Moka che gli dava
tutto quel che voleva e anche quello che egli, il Principe, non sapeva
di dargli. Un uomo ancor fresco, ben conservato, vedovo sì, ma senza
figli, che aveva giù messo da parte, che continuava a metterne, e che
alla morte del Principe.... chi sa!....

— Non seccatemi altro! — interruppe a un tratto Maddalena, la quale
aveva ascoltato fin là fredda, impassibile al solito, ma con un
aggrottamento di ciglia e un agitar di piedino che volevano certo
significar qualche cosa.

E levatasi, mosse con maestà da mima verso la sua camera.

Era la prima volta che la figlia osava assumere un’aria rivoltosa e,
quel che è peggio, autocratica!

I genitori, il primo momento, percossi, ma tuttavia non credendo alle
proprie orecchie, corsero dietro la ribelle gridando:

— Ma Lena... figlia mia... cosa dici?

— Niente! — ribattè seccò Maddalena, facendo fronte-indietro sulla
soglia — dico soltanto che se non mi lasciate stare, io me ne
vado! —

Ed entrata allora nella camera, vi si rinchiuse a chiave.

Maddalena s’era rivelata improvvisamente quella che era.

I poveri Papetti si guardarono raccapricciando, sbalorditi, poi
piansero, strillarono.... e poi.... e poi tacquero, si rassegnarono, e
da quel giorno furono gli umilissimi servi della figlia...., la quale
s’era fatta per sorpresa indipendente e signora, insegnando come si
fanno i colpi di Stato.

E siccome tutto ciò è poco chiaro, andiamo a far un po’ di luce.




Come certi negozj, che verso strada sembrano servir per un traffico e
poi nel retrobottega servono per.... tutt’altro — così vi sono delle
fanciulle, che apparentemente hanno una condotta irreprensibile,
proprio secondo tutte le regole adottate, e poi hanno un....
retro-bottega.

Nel mentre, stando a quel che si vede, una di tali fanciulle conduce
un’esistenza monotona, insignificante, precisamente puerile — in
cui non trovate che innocenti sollazzi, confetti, fiori, in cui la
più grande emozione sembra quella d’una vestina nuova e di quattro
salti con accompagnamento di frittelle — ella ha, o, per meglio dire,
si procura, se lo vuole, se lo può appena, una.... retro-vita, la
quale, per poco che la fanciulla sia prudente, si sottrae a qualunque
sindacato.

Non entreremo in particolari per ragioni facili ad indovinarsi ed anche
per non sembrar posseduti dalla smania di generalizzare. Ci occuperemo
solo del caso speciale di Maddalena, e ancora, non senza aver premesso
che, se i particolari appunto della retro-vita delle ragazze in
discorso fossero conosciuti o, se più vi garba, se si volesse farne
materia di studio, se ne trarrebbero delle deduzioni che influirebbero
a modificare di molto l’educazione della donna — per cui essa
crescerebbe più sinceramente ingenua, mentre l’ingenuità or non copre
che la così detta malizia, alla quale i bambini e gli sciocchi danno
tanta importanza — per cui essa sdegnerebbe mentire, mentre ora che vi
è forzata.... trova precisamente, in un apparato di menzogne, il mezzo
di far la sua volontà — beffandosi di tutti — per cui, infine, vivrebbe
più serena e tranquilla, mentre ora è in preda a malsane curiosità ed a
fantasticherie.... poco azzurre.... per non dir altro.

V’è una famosa scienza che vien ritenuta pericolosa, dannosa per
le ragazze — ma è pericolosa, dannosa, solo ora, perchè se ne fa un
mistero altissimo.

Invece di costringere la donna a scoprirne da sè gli arcani....
insegnatele voi stessi quella scienza, con linguaggio aridamente
scientifico, all’aprirsi della sua mente, e vedrete che non le farà nè
freddo nè caldo.... precisamente come l’abbicì.

E allora forse non vi saranno più tante fantasie sregolate, sfrenate —
non vi saranno più tante morenti d’etisia. Ma lasciamo le fanciulle in
generale e veniamo a Maddalena.

La casa, o, per esser più esatti, il casamento in cui abitavano i
Papetti, aveva due cortili.

Il primo era piccolo ma civile, come si conveniva alla parte di
fabbricato prospiciente la via; il secondo, invece, si poteva quasi
chiamare una corte rustica. L’esservi una stalla e un pollajo gliene
davano, se non altro, l’odore, e il suolo ineguale e tutto mal
ciottolato, senza un pensiero al mondo dei poveri bipedi, che avrebbero
dovuto arrischiarvisi, diceva chiaro che si era pensato solo ai
quadrupedi.

Nell’androne, che dal primo metteva nel secondo cortile, v’erano due
aperture, una a destra, l’altra a manca, che lasciavan veder le scale
al servizio della parte posteriore del casamento, il quale aveva anche
due ale.

L’ala sinistra, come il corpo, aveva tre piani oltre il terreno —
mentre la diritta era a un sol piano, che non si poteva dir terreno, ma
che era molto basso.

Quell’ala doveva essere una qualche precauzione di un antico
proprietario, marito molto geloso de’ suoi diritti.

Dal fabbricato si vedeva un gran giardino al di là del muro, che
correva fra le punte delle ale.

La scala a sinistra, che saliva a chiocciola, serviva la parte alta —
corpo e ala —; la scaletta a destra, di soli quindici gradini, saliva
diritta all’uscio dell’unico e microscopico appartamento che si trovava
nell’ala rispettiva.

I Papetti abitavano nell’ala a sinistra, ma non più al terzo piano — da
qualche tempo, cominciando a pesar gli anni, eran discesi al secondo.

                                 * * *

Un anno e mezzo circa prima che Maddalena facesse quella bella scena
alla quale assistemmo, era venuta ad occupare l’appartamentino dell’ala
destra una donnina tutta sola...., ossia con una cameriera a doppio
uso.

Era costei una sedicente vedova. Poteva anche essere vedova realmente,
ma siccome il marito pareva essere sempre stato morto, così il
«sedicente» sta bene.

La mattina le avreste dato trentacinque anni — dopo le due pomeridiane
non più di trenta — e la sera anche venticinque. Di notte, all’oscuro
poi.... ma questo non lo sappiamo.

Era bellina, il che vuol dire anche bruttina — ma era simpatica.

Una personcina delicata, che non porgeva esuberanze, ma non aveva
neanche deficienze — capelli neri, carnagione brunetta — e in tutta
lei, ma specialmente nello sguardo, modestamente provocante, e nel
sorriso misterioso continuo a fior di labbro.... un certo non so che,
per cui una donna sembra dir tacendo: «Io so che ci sono, e quando
voglio, qualcuno se n’accorge.»

Del resto, per la maldicenza non v’era niente da dire sul di lei
conto. Riceveva pochissimo, nelle ore d’etichetta, e tutte persone
_comme-il-faut_. Erano alcuni eleganti attempati.... _amici del
suo povero marito_, e alcune signore, che apparentemente dovevano
appartenere anche esse alla categoria delle vedove sedicenti e
seducenti.

Tutta gente ben vestita, che andava e veniva senza far chiasso e senza
dar nell’occhio. Una cosa sola si sarebbe potuto notare, ed è che delle
visite mascoline non era mai accaduto che una s’incontrasse da lei con
un’altra.... ma per notar questo, bisognava essere ben cattivi.

La sera ella non riceveva alcuno, tranne un giovinotto — ma era un suo
_fratello_.

Tutto questo, che è pochissimo e insignificante, lo si sapeva dalla
portinaja, che lo teneva dalla domestica della vedova in discorso.

Teneva anche che era buona buona ed aveva nome Severina.

Un freddurista dirà che è un bel nome per una signora.... e punto
scoraggiante per gli audaci. Severa sì.... ma al diminutivo....
Lasciatelo dire.

                                 * * *

Nei primi cinque mesi la signora Severina parve aliena dallo stringer
relazione con un inquilino. O amava la solitudine, o doveva aver delle
ragioni per conservarsi perfettamente libera, cosa difficile quando si
hanno delle conoscenze nella stessa casa in cui si abita. Doveva anche
essere, a giudizio dei vicini, una donna tutta sacra alla memoria del
marito, perchè di carnevale non era uscita nemmeno una sera e perchè
nessuno sembrava gradirle, mentre si sapeva che v’erano dei signori....
ma proprio signori, i quali se ne occupavano moltissimo.

Lettere non ne mancavano, la portinaja era stata importunata....
le lettere erano state consegnate — ma una faccia nuova in tutto
quel tempo non s’era ancor vista passare. Si era ardito persino
di corrompere la cameriera, ma essa.... aveva accettato le mancie,
ridendo, e non solo non aveva mai riportato una risposta favorevole....
ma neanche una sfavorevole.

— Sono matti tutti! — diceva la cameriera alla portinaja — la mia
signora non può pensare ad alcuno. —

I vicini, specialmente qualche giovinotto, incontrando Severina, la
salutavano per tentar di ottenere un ricambio, che potesse servire di
primo gradino alla solita scala — ma fatica gettata — ella non vedeva
mai.

V’era tuttavia un’eccezione.

Maddalena, che s’era imbattuta qualche volta in Severina o nell’uscire
o nel rientrare, aveva veduto sul suo volto un dolcissimo sorriso di
simpatia, che era proprio tutto per lei Maddalena — ma essa era sempre
seria e non aveva mostrato di accorgersi di quel sorriso. La sua
selvatichezza non era ancora stata vinta da alcuno.

Un giorno però Maddalena, dopo che Severina le fu passata a
fianco, guardandola colla solita espressione, non potè a meno di
rivolgersi ad osservare quella elegantissima figurina, dalle movenze
vagamente ondulanti, la quale andava lasciando dietro sè un profumo
delicatissimo, strano, senza nome, così penetrante, che pareva scendere
al cuore.

Tale almeno fu l’effetto che produsse in Maddalena, per la quale era
una novità. Per la prima volta ella si era soffermata pensando a quella
signora, e aperte le labbra aspirò l’aria tutta odorante per esalarla
quindi in un sospiro.

Si sarebbe detto che v’era magìa.

Maddalena, che non aveva mai desiderato un’amica, da quel momento
sentissi attratta verso Severina....; e il miracolo era stato fatto da
un semplice profumo!

Maddalena non avrebbe potuto dirne allora la ragione — ma la ragione vi
era. Ella sdorava già la pubertà.... e quel profumo, penetrando in lei,
vi aveva vellicato per la prima volta il recondito senso della voluttà.

Salita, ritiratasi nella sua camera, aperse la finestra, e appoggiatasi
col fianco al parapetto, là stette tutta mesta guardando quel cortile,
quel giardino, quelle mura.... Tutto era deserto, tutte le finestre
chiuse, lo spazio era inondato da una luce pallida e fredda; non
giungeva altro romore che quello lontano alternato di un martellar di
scalpelli nella via.

Per la prima volta, guardatasi attorno, sentì uggiosa, pesante quella
solitudine, che ella stessa aveva pur voluta fino a quel giorno — per
la prima volta sentì un bisogno di respirare a pieni polmoni, e una
forza nuovissima trascinarla al romore, alla folla, al mondo, alla vita
— per la prima volta le venne in mente di mirarsi nello specchio....
ma, corsavi, fece una smorfia, perchè si vide pallida e quasi brutta. —
Però, fermatasi alquanto, toccati i capelli, aperto un tantino l’abito,
lì sotto il mento, fatto il confronto fra sè e Severina, provandosi
a sorridere, finì a sorridere davvero. Aveva trovato che se anche
Severina fosse stata mal pettinata e peggio vestita come lei, sarebbe
stata forse più brutta di lei.... quindi passando al viceversa....
sperò poterla superare. Ma come fare, con chi consigliarsi, ella che
non conosceva alcuno? Dire ai genitori: — D’or innanzi, voglio farmi
bella, divertirmi, vivere — le pareva una enormità.

A chi ricorrere dunque per ajuto a fine di raggiungere il suo scopo
per altra via? Un mezzo solo v’era, fare la conoscenza di Severina,
che certo doveva essere una maestra eccellente, e l’avrebbe istrutta
in tutto, e fors’anche avviata nel principio di quel labirinto
intricatissimo che le pareva, ed è infatti, la vita.

Ma come riuscire a far la relazione di Severina? Offrirsi? Pregare?
Questo ripugnava al di lei orgoglio.... tanto più che fra le
possibilità v’era anche quella di un rifiuto.

Non restava che attendere dal caso una occasione favorevole per
avvicinare la signora e afferrare tale occasione.

Ma per quanto Maddalena spiasse, l’occasione non si presentava.
Severina restava invisibile, pareva non uscisse più. La fanciulla
si cuoceva d’impazienza, e casa sua le diveniva ogni giorno più
antipatica. Ma finalmente quel benedetto tempo, che se, tutto toglie,
apporta anche tutto, permise alle sue speranze di rianimarsi.

Spuntato aprile, le vetriata dall’appartamento di Severina si schiusero
ai soavi zeffiri, alla gaja luce della primavera — e la desiderata
signora cominciò a far delle apparizioni sul suo terrazzino.

Maddalena allora cominciò dal canto suo, a passare, lavorando, alla
finestra tutto il tempo di cui poteva disporre.

Non occorre dire che ogni qual volta Severina si lasciava vedere,
Maddalena smetteva di lavorare e si sporgeva fuor della finestra per
attirare la di lei attenzione.... ma questo pareva difficile.

Tuttavia, or col tossire, or col cantare, or col muovere la sedia
o il tavolino.... fece tanto che un giorno Severina alzò gli occhi
al secondo piano, e siccome la fanciulla scorse sul di lei volto il
medesimo dolce sorriso, così sorrise anch’essa subito, chinando il
capo.

Da quel dì Severina prese l’abitudine di guardar, al secondo piano,
quella ragazza, che lavorava sempre, e il di lei viso esprimeva, oltre
che simpatia, compassione. Si salutavano sempre, tuttavia per qualche
settimana le cose non progredirono.

Ma poi una specie d’occasione non tardò a presentarsi, e Maddalena non
se la lasciò sfuggire.

Affacciandosi alla finestra, vide una novità sul terrazzino della
signora.

Un giardiniere vi stava disponendo con arte del vasi di fiori, che due
facchini scaricavano nel cortile da un carro e portavano su.

Erano fiori delle specie più vaghe e più fragranti.

Maddalena, anche per l’attrazione simpatica che v’è sempre fra la
giovinezza e i fiori, ma, innanzi altro, per tentare Severina, si mise
a batter le mani in atto di gioja e maraviglia, cosicchè la signora
levò lo sguardo e sorrise a Maddalena, la quale le fece un bell’inchino
sporgendosi tutta come se volesse osservare più da vicino, odorare
quasi l’olezzante famiglia.

Severina, o indovinasse finalmente il desìo che cuoceva la fanciulla —
o avendo ella stessa la medesima brama, vedesse opportuno il momento
per iniziare conoscenza meno superficiale — il fatto è che, spiccata
una bella rosa, la offrì, col gesto, a Maddalena.

Quella arrossì di piacere, e rispose con altro gesto che voleva dire:
«Gradisco ma non so come pigliarla.»

Allora Severina non esitò più e le fe’ cenno che andasse da lei.

Maddalena non se lo fece ripetere, e detto alla madre, per aver
un pretesto di scendere: — Vado a prender un po’ d’acqua, — giù a
precipizio per la scala, su per quell’altra, da Severina.

La signora l’attendeva sull’uscio e raccolse con un: «Brava!» e con un
bel bacio in fronte.

                                 * * *

— Ma, Maddalena.... dove sei? — fe’ Caterina alla finestra, cinque
minuti dopo, non vedendo tornar la figlia.

— Sono qui! — rispose Maddalena comparendo sul terrazzino, unita a
Severina, che con un braccio le cingeva il fianco.

— Permette? — disse Severina alla madre della fanciulla.

— Ah! ma guarda.... guarda un po’ quella sfacciatella....! — esclamò
Caterina tutta sorpresa, ma non senza piacere.

— Non la sgridi, la prego — continuò la signora — sono stata io....

— Ah! non dico.... anzi.... obbligata.... ma doveva chiedermi il
permesso....

— Me la lascia un momento ancora?

— Ella è ben buona, sa!... se non è capace di dir due parole in croce!
Basta.... faccia lei!

— Grazie. —

Maddalena rientrò in casa, mezz’ora dopo, tutta infiorata e con una
sacchettina che «la signora le aveva data espressamente per la mamma.»

Quando Caterina sentì queste parole, le vennero le lagrime, e a
Maddalena, che, dopo averle cantate le lodi della signora, le domandò
se l’avrebbe lasciata ancora andare da lei, rispose tutta felice:

— Ma sì.... va.... è una signora come si deve, e non ti può che far
bene. —

Come sono mai certi genitori e specialmente certe madri...., purchè i
loro figli ricevano gentilezze in una casa, non badano più che tanto
se convenga, poi, sotto _tutti_ i rapporti, lasciarli andare in quella
casa. E su questo proposito, senza che aggiungiamo altro noi, quelli e
quelle che non sono più ragazzi, informino.

Se il primo giorno Maddalena si fermò mezz’ora dà Severina — il secondo
vi passò un’ora, il terzo una mezza di più.... e ben presto la durata
media delle sue visite fu di due ore.

L’effetto di quelle visite fu tale — in Maddalena avvenne in breve
tempo una trasformazione così grande, che i Papetti ne furono
maravigliatissimi.

Come.... la loro Lena, che pareva esser nata selvaggia.... in pochi
giorni s’era civilizzata (_sic_)? — Come, quella Lena, che non parlava
mai ed aveva un contegno da monaca.... si degnava d’esser gaja, si
degnava di conversare affabilmente coi propri genitori? — quella Lena,
che fin allora s’era sempre pettinata come una vecchia beghina, i
capelli scendenti a guisa di cortina, tanto da nascondere per metà le
sopracciglia, che parevano incollati sulle tempie e sapevan di sego,
ora non si presentava che acconciata con leggiadrìa, emanando un olezzo
gratissimo esotico? — quella Lena, infine, che aveva sempre portato
l’abito meschino d’una.... _stellina_, nè mai pareva aver pensato a
mutar foggia e stoffa, ora si abbigliava, studiava il figurino della
moda, ne seguiva i consigli?

Davvero che la metamorfosi era sorprendente — e i Papetti ne
gongolavano e appagavano, incoraggiavano anzi le fantasie, per quanto
costose, di Maddalena, che la rendevano bella, bella come essi non
avevano mai supposto potesse divenire — stella fulgente!... diceva
papà — pensando che in tal modo le sarebbe più facile di destare il
capriccio in qualche gran signore, che, s’intende, la sposerebbe.

E a quelli che si maravigliavano, a ragione, di tanta e improvvisa
novità, dicevano:

— Prima andava bene come andava, perchè le ragazze devono venir su
modeste, senza tante idee inutili — ora è giunto il suo tempo....
faccia anche lei quello che richiede la sua età.... la sua posizione.

Secondo il loro convincimento, Maddalena aveva una _posizione_!




Se il trovarsi in certi ambienti è sempre pericoloso per qualsiasi età,
è perniciosissimo, indubbiamente, per un’età giovanissima.

Apprendendo la scienza della vita a grado a grado, non si muterà
natura, se la natura ha certe propensioni decise, ma si potrà imparare
ad evitare la sfrenatezza siccome anti-igienica e nociva nell’opinione
pubblica; si potrà imparare a conservare la _forma_, non foss’altro,
per rispetto di sè stessi.... — parliamo di chi ci tiene al rispetto
di sè stessi. — Ma apprendendo tutto in un sol colpo, a sedici anni,
si corre un gran rischio di perdere la testa — o, per lo meno, di
guastarsela in modo che, dopo, la è questione semplicemente d’occasione
— per cominciare — e in seguito si fa della vita un’occasione sola.

Sedici anni.... proprio l’epoca climaterica, in cui il sangue
ricchissimo comincia a far sentire la sua possanza scagliandosi a
ondate sul cuore o sul cervello — in cui il sistema nervoso comincia
a tiranneggiare il corpo, a ridersi dei nostri principj, della nostra
educazione, se abbiamo ricevuto quella che si chiama buona, e a
uccidere quella volontà che dovrebbe essere il frutto delle nostre
convinzioni, facendone sorgere altra.... certamente più naturale, ma
forse poco parente della signora Morale, che conoscerete probabilmente
come la conoscono i moralisti.... di vista.

Non sappiamo se il lettore alle parole: _certi ambienti_ avrà detto:
«Non capisco.» Si ricordi del come gli abbiamo presentato Severina. Se
non ha capito primo, capisce adesso? — No. — Bravo; allora vada avanti
e capirà.

L’appartamentino di Severina si sarebbe potuto definire il nido della
voluttà — perchè tutto, dalle combinazioni dei colori delle tappezzerie
e delle cortine, dalla morbidezza delle stoffe alla varia luce che
in un certo gabinetto non pareva più luce, al profumo indefinibile e
snervante — quel tal profumo — che impregnava l’atmosfera, dalle caste
arditezze dei quadri mitologici agli intrecciamenti e alle contorsioni
spasmodiche di bronzi rivali o copie dell’arte antica.... tutto era
blandizie pei sensi. E all’anima sembrava che da ogni mobile, da ogni
tela, da ogni bronzo uscisse una voce sommessa, insinuante, misteriosa,
che diceva....: Ama. —

Non si poteva restar seduti impunemente in quella penombra....; era
una malìa; la ragione s’oscurava, gli occhi si chiudevano.... era
necessario balzar in piedi, fuggire.

Ma si potevo volere? — si voleva potere? Il sorriso di Severina sarebbe
qui una buona risposta.

                                 * * *

Noi siamo figli dei nostri padri e delle nostre madri — pare
impossibile, non è vero? — e talora in fatto di padri.... abbiamo
del lusso — ma realmente noi siamo figli di chi sa impadronirsi e
dirigere l’anima nostra. Qualche volta siamo figli di nostro padre o
di nostra madre e anche d’ambedue, quando essi, avendo la coscienza
e l’amore della loro missione, s’impadroniscono appunto dell’anima
nostra, e, gelosissimi del loro potere, non permettono mai ad alcuno di
condividerlo — e allora, o bene o male, riesciamo moralmente l’imagine
o dell’autore o dell’autrice o quella fusa d’entrambi ripetuta. Ma
è raro, perchè, generalmente, tenerezza per la missione educatrice —
che comincia un po’ prima e va un po’ più in là del mandare a scuola —
non c’è strabbondanza. — E allora riesciamo figli o della cameriera o
del vicino di casa, o del primo amico o di qualche prete — e se non di
qualcuno fra questa gente, certo del primo o della prima amante.

Avviene anche a certi individui privilegiati, i quali si trovano
moralmente abbandonati, o quasi, a sè stessi; che, senza saperlo, si
sottraggono a qualunque influenza.... e riescono invece figli del loro
tempo. Se in quel tempo poi v’è crisi nelle idee del secolo, possono
riescire persino uomini di spirito — ma se non c’è crisi, non possono
diventare che uomini spiritosi.

Quando le idee nuove danno battaglia campale alle idee vecchie, chi si
batte pel trionfo delle prime è un uomo di spirito.

Quando battaglia, per lo meno visibile, non c’è; ma si sa beffarsi
delle idee correnti, che si riconoscono false e ridicole, si è uomini
spiritosi.

Chi è figlio solo di suo padre e di sua madre non sarà mai un uomo
di spirito e neppure un uomo spiritoso, perchè i padri e le madri, in
genere, amano fabbricare dei.... cretini.

In questo, per essi, sta la vera propagazione della razza umana e....
per Dio!... le scuole li secondano bene e compiono l’opra.

                                 * * *

Siccome Ildebrando e Caterina non avevano saputo veder altro in
Maddalena che una macchinetta di carne, cui basta impinzare di
cibo, coprire e mandare a scuola — e non avevano mai pur sospettato
la possibilità, il dovere di una cura dell’anima; così avvenne che
Maddalena dovette riescir figlia di Severina, la quale non vi mise, del
resto, alcun proposito di corruzione.

A lei bastò d’essere Severina.

Per la mancanza d’altri principj e di esperienza da opporre a quella
scuola, per la sua natura e per l’età, Maddalena era già terreno ben
preparato per certa coltivazione. — Restava solo da lasciarvi cadere la
semente.

Fin dal primo giorno Severina aveva parlato a Maddalena come si parla
ad una donna già donna — con una perfetta indifferenza di soggetti,
come si discorre della pioggia e del bel tempo. Dai particolari della
_toilette_ a quelli della più intima igiene — capitolo speciale — dai
commenti liberissimi sui fatti diversi riportati dai giornali alle
discussioni sulle passioni descritte nei romanzi, aggiunte le chiose
sulle situazioni più.... interessanti — tutto aveva il colorito d’una
realtà così semplice che Maddalena non poteva a meno di sorridere,
prendendovi un piacere infinito. Ella si diceva che sino a quel tempo
era stata così chiusa in sè stessa, solo forse perchè non aveva mai
sentito parlare. Quello di Severina soltanto le pareva un parlare.

Da Severina seppe che il cuore d’una donna è un valore nominale
inutile, spesso dannoso a lei — che il valore reale corrente, e il solo
quindi che le dà valore e le torna utile, è la sua _toilette_.

Una bella donna con un bel cuore, ma senza una bella _toilette_, è
nulla in confronto d’una donna anche bruttina ma molto elegante.

Da Severina seppe che gli uomini, in genere, colle donne, o fanno il
tiranno o fanno l’imbecille. Fanno il tiranno con quelle poverine tutto
cuore, senza fiele, che, cresciute per il sacramento, non conoscono
che la sommissione, il lavoro e la rassegnazione — fanno l’imbecille
colle furbe, che hanno il talento della pelatura, amano l’ozio, la vita
gaudente.... e mettono alla porta chi vien fuori di tempo, solo perchè
ne ha il diritto.... o, per lo meno, crede d’averlo.

Da Severina seppe che gli uomini, sempre in genere, cercano nella
donna un talento solo: _l’arte di_.... — scusate, ma non ricordiamo la
parola.

A farla breve, in poco tempo Maddalena ricevette tante lezioni da
potersi dir maestra.... se non altro, in teoria. Le mancava la pratica,
ma sulle prime pareva non curarsene.

Anzi affettava un tal disprezzo per l’uomo, che, alla sua età, faceva
ridere. Mentre le altre fanciulle, a seconda del grado maggiore o
minore di modestia o di ipocrisia, sol che vedano un uomo simpatico,
gli piantano in faccia due avidi occhi o gli lasciano andare, così di
traverso, quella timida occhiatina che dice tante cose; Maddalena non
si degnava di guardar alcuno, qualunque fosse l’eleganza o la bellezza
di chi passava. Li vedeva, s’intende, ma il suo sguardo sembrava fisso,
diritto, sur un punto invisibile, che non aveva nulla d’umano.

E come andava! Marciava.

Impettita, la bocca sdegnosa, con passo fiero, piuttosto lungo, sempre
eguale, non curante i miseri mortali che incontrava, lasciando cader
solo uno: _stupido!_ se alcuno, per caso, abbagliato dalla di lei
bellezza, osava fermarsi, susurrando una frase d’ammirazione.

Ah! sì, Maddalena s’era veramente fatta bellissima in pochi mesi,
dacchè aveva apprese e praticate tutte le arti, diremo così, cosmetiche
di Severina, non esclusa quella tanto vantaggiosa per la bellezza,
che consiste nel dare ad una buona mensa la debita importanza. E il
risultato si vedeva. Tutto quello che doveva spiccare.... spiccava —
e il suo catechista, se l’avesse riveduta allora, con quanto fervore
avrebbe esclamato: _Oh! virgo potens! — Oh! causa nostræ letitiæ! — Oh!
vas insigne devotionis! — Janua cœli!_

                                 * * *

Un giorno Severina, la quale aveva notato la specie di sprezzo di cui
Maddalena sembrava onorare gli uomini, sprezzo che faceva contrasto con
tutte le varie curiosità onde la giovinetta era presa — le disse:

— Non sprezzar tanto, mia cara.... non crederti superiore alle altre
donne, perchè tu pure, come le altre donne, hai un cuore, e sei di
carne. Sta certa che verrà anche per te il momento di perdere la testa.

— Oh! io non m’innamorerò mai.

— Perchè?....

— Perchè non posso desiderare alcun uomo, se il mondo è come lo dipingi
tu.... Prima di conoscerti, alle volte fantasticavo.... ti dico la
verità.... è tanto naturale.... — ma ora che, grazie a te, so cosa è il
mondo....

— Che bambina!.... E se trovassi un’eccezione fra questi uomini?

— Un’eccezione?

— Un uomo può essere il più sciocco o il più malvagio degli uomini....
ma quando una donna lo trova bello.... egli diventa il migliore degli
uomini. Le donne credono di amare un uomo per le sue qualità.... come,
del resto, anche gli uomini credono di amare una donna per i suoi
pregi morali. Non è vero. Si ama quell’uomo o quella donna perchè i
suoi lineamenti, e spesso anche solo le altre sue forme, rispondono
a quel sentimento del bello che è in noi, e vive ed è in continua
agitazione, senza che noi vi riflettiamo, ricercando avidamente delle
soddisfazioni. Un artista mi diceva che è il sentimento estetico.... Io
non lo credo. Quando penso a quello che sento io, credo invece sia il
sentimento del sesso.... Infatti, incontrando una bella donna, io dico
solo: «Ecco una bella donna» — è la sensazione purissima dell’occhio
che vede un complesso armonico di linee.... Ma quando io incontro un
bell’uomo, ossia quell’uomo che, secondo la mia natura, è bello, io
sento una commozione, alla quale ti giuro che l’Accademia delle Belle
Arti è affatto estranea.

— Tu senti una commozione? Dammene una idea....

— Non posso.... non capiresti. La stessa tua domanda mi mostra lo stato
dell’anima tua. Essa desidera, essa attende.... ma egli non viene. Tu
non sai chi egli sia, nè dove possa trovarsi. Forse verrà domani....
forse fra un anno.... fra dieci.... venti.... forse non verrà mai.

— Ah! non dirlo....

— Vedi.... come ti sei tradita! Il tuo disprezzo per gli uomini è il
disprezzo di certi giovinetti per le donne. Non potendo ancora sentire,
non possono comprendere quello che sentono gli altri, e per ciò solo
credonsi invulnerabili e compassionano o deridono chi cade. Ma viene
anche per essi il giorno terribile.... E se non viene.... tanto peggio!
Allora, che vita miserabile! — Dunque ora siamo intese, e quando verrà,
dimmelo.

— Io lo cerco nella folla e non lo trovo.

— È un errore il cercare. Alla tua età si ha un ideale che non si
saprebbe forse nemmeno dire come sia fatto.... È un po’ di tutti....
e non è niente di nessuno.... È.... è.... quando verrà, tu dirai:
«Eccolo.... è lui!» — e ti parrà d’averlo sempre conosciuto. —

Severina aveva ragione, e Maddalena desiderava ardentemente di poter
esclamare qualche giorno, magari presto.... «Eccolo, è lui!» — ma non
sperava molto. Intanto continuava a marciare sprezzante: dicendo fra
sè: «Possibile che fra tanta gente non vi sia quello che voglio io?»

Erano le quattro di sera di una tiepida giornata di novembre, e le
nostre amiche uscivano dalla cancellata dei giardini, quando Severina
sentendo sul suo una leggiera pressione del braccio di Maddalena,
domandò:

— Che cosa c’è?

— È strana! sai che quasi quasi direi.... — Maddalena non potè
finire. Un giovine signore, incontrandole in quel punto, s’era fermato
salutando rispettosamente la fanciulla e prendendo la mano di Severina.

— La signora Maddalena mia vicina ed amica — fe’ Severina, presentando
— mio fratello.... —

Il fratello disse poche parole, poi risalutò e si allontanò.

A Maddalena erano parse insignificanti le frasi che Severina e quel
signore avevano scambiate. Severina non vide che quel signore aveva
guardato più volte a lungo negli occhi di Maddalena — nè che questa
aveva sopportate con sufficiente fermezza quelle occhiate, e aveva
sorriso all’ultima che egli, staccandosi, avevale lanciata.

— Ti piace mio fratello? — fe’ scherzando Severina, non appena fu sola
coll’amica.

— Visto che è tuo fratello, ti dirò che mi piace! — rispose Maddalena,
ridendo.

Severina non seppe resistere, e ne disse tutto il bene che ne pensava —
e non era poco.

— Non l’ho mai veduto da te.... — notò Maddalena.

— Non viene quasi mai.... e quelle poche volte che viene.... è di sera.

— Ah! —

Qui dobbiamo avvertire che se pareva esistere, ed esisteva anche,
grande intimità fra le due amiche, v’era però una specie di
regolamento.... di etichetta, diremo, che Severina non aveva imposto,
ma che la finezza di Maddalena aveva compreso sin dal principio,
regolamento ch’ella si sarebbe ben guardata dall’infrangere, e
l’osservanza del quale ella capiva essere forse la condizione
principale della loro amicizia. L’una aveva saputo farsi intendere,
parlando sulle generali — e l’altra aveva inteso bene.

Ella sapeva che Severina riceveva solo in certe ore — e in quelle ore
non aveva mai trovato nessuno da lei. Sapeva che Severina non voleva
far visita ad alcuno per non riceverne. — Aveva fatto un’eccezione per
lei, Maddalena — e basta.

In questo, Severina era stata molto morale — o molto prudente, per
ragioni d’interesse tutto suo?

Sul punto di lasciarsi, quello stesso giorno, Severina, ricordando
certe parole di Maddalena, domandò:

— E che cosa volevi poi dire, poco fa?

— Quando?

— Ma sì.... quando hai esclamato, mi pare: «È strana.... quasi quasi
direi....»

— Ah! aspetta.... — fe’ Maddalena con sforzo per raccapezzare.... —
ma.... non mi ricordo proprio più.

— Bè! me lo dirai un’altra volta. Addio. —

Maddalena aveva mentito. Se ne ricordava benissimo — ma se prima
avrebbe parlato e volentieri, ora non voleva più parlare. Forse col
tempo, se....

Gli è che, prima, avendolo per un ignoto qualunque che passava ignoto a
lei e alla compagna, coll’esclamare: _Eccolo, è lui!_ non avrebbe fatto
che esprimere un’impressione nuovissima per lei — egli sarebbe tosto
scomparso per sempre e l’impressione si sarebbe cancellata, lasciando
tutt’al più un lieve rammarico di brevissima durata.... — ma ora, come
esprimere quell’impressione alla sorella di suo fratello?

E se Severina parlasse? E se il fratello dicesse per caso, ridendo,
d’aver pensato in veder lei, Maddalena, per la prima volta: _Eccola,
non è lei!_ — quale disfatta pel suo amor proprio, quale punizione del
dispregio ch’ella aveva sin allora affettato per gli altri uomini!

Il primo da lei desiderato, che.... la rifiutava!

— No, no, tacere e attendere. Nello stesso modo che con un po’ di
pazienza — si diceva — sono riescita a conoscere Severina — con un
altro poco riescirò a conoscere suo fratello.... e ciò non mancherà, se
l’impressione che io ho prodotta in lui è simile a quella ch’egli ha
prodotto in me.... Dovrà essere precisamente lui quello a cui io sarò
indifferente, quando tutti si fermano quasi estatici a mirarmi al mio
passare? —

Guardossi nello specchio, provò il sorriso col quale lo avrebbe
salutato, incontrandolo la seconda volta — e allora sperò.

La notte tuttavia non fu senz’ansie.

Quando avrebbe potuto rivederlo? e che sarebbe avvenuto poi?.... e....
e.... tutti quegli e che crea il sogno nella veglia, in cui si scorge
da lungi una realtà possibile e si hanno ancora tutte le incertezze,
per non dire i timori che non si tratti appunto che d’un sogno.

                                 * * *

L’impressione poteva essere effimera, poteva aver fatto nascere un puro
capriccio, ma era stata forte da ambe le parti. Chi poteva muoversi —
l’uomo — cercò tosto chi non poteva muoversi, la donna, alla quale, per
molte ragioni, non era permesso far un sol passo per cercare.

Ecco, come, l’indomani mattina, Maddalena uscendo con Brigida, la
domestica, per la provvista giornaliera, s’imbattè nel giovine signore.
— Ma l’incontro fu per lei così improvviso, ch’essa non ebbe tempo
neppur di pensare a fargli quel tal sorriso studiato il giorno prima.
Scossa, confusa, chinò il volto tutto di bragia e passò. E fu il
miglior saluto.

Si rividero così una, due, quattro mattine di seguito.... ma, preparata
allora, ella potè rispondere al di lui saluto con una grazia e con un
sorriso, che dovevano scompigliare quel favorito fra i mortali.

Maddalena, dopo aver incontrato tre volte il giovine signore,
s’aspettava che, da un momento all’altro, Severina avesse a dirle:
— Sai, mio fratello ti ama e mi ha incaricata di esaminare il tuo
cuore. — Ma vedendo che Severina non solo non toccava quel tasto, ma
non si lasciava sfuggire alcuna allusione, per quanto lontana, ad
una possibilità di simpatia fra i due giovani — il quarto dì perdè
la pazienza e volle esplorare il terreno. Come un bravo esploratore,
cominciò tuttavia molto guardinga — tanto temeva ancora:

— Questa mattina ho incontrato tuo fratello.

— Ah! sì? — fe’ Severina con indifferenza.

— È la quarta volta che lo incontro....

— Come!? Da quando? — esclamò Severina, che non potè frenare un moto di
sorpresa, e nel cui sguardo Maddalena vide con stupore qualche cosa di
feroce che la colpì e la rese ancor più cauta.

— Almeno mi pare che sia lui, tuttavia posso ingannarmi.... — poi, dopo
un momento di silenzio: — Ha moglie tuo fratello?

— Non l’ha e non la prende! — disse seccamente Severina lanciandole una
occhiata sospettosa e scrutatrice.

— Fa bene! — fu pronta a dir bravamente alto Maddalena, continuando
poscia fra sè: «Ho capito. Egli sarà ricco e si avrà paura che sposi
una ragazza povera o quasi. Prudenza allora, e lavoriamo sotto acqua.
Chi sa che un giorno io non venga a dirti: Severina, gioisci con me;
tuo fratello mi sposa. — Se ciò avverrà, come io farò di tutto perchè
avvenga, t’assicuro che te l’annuncerò con tutto il giubilo che si deve
avere quando si finge dar per lietissima una notizia che si sa dover
tornar molto dolorosa.»

— Io farò di tutto perchè avvenga — aveva detto Maddalena, e cominciò
subito l’indomani a far qualche cosa, col dare al suo sguardo
un’espressione che era un invito.

Brigida aveva ricevuto inoltre delle istruzioni — e quando il giovine
signore si avvicinò, la fantesca scomparve nella bottega del droghiere.

Questo gioco, ripetuto il giorno successivo, fece capire al giovine che
non si trattava di caso e ch’egli poteva ardire. Onde ardì subito.

All’incontrar la giovinetta sola, vedendone lo sguardo più che mai
incoraggiante, si fermò, e salutandola come si saluta una duchessa:

— Buon giorno, signorina.... Vorrebbe lasciarsi salutare!

— Troppo gentile — (pausa, in cui si guardavano sorridenti, egli
incerto, ella provocando tutto) poi: — Va da sua sorella? —

Il giovine non potè a meno d’arrossire, e balbettò:

— Da....? ah! sicuro.... da mia sorella.... A proposito, non ho mai
avuto il piacere di incontrarla da Severina.

— Non vado mai da lei la sera.

— Ed Ella sa che io vi vado di sera?

— Sì, me l’ha detto sua sorella.

— Allora v’andrò di giorno.

— Non glielo consiglio.... Non credo che sua sorella sentirebbe un gran
piacere se ci vedesse incontrarci.

— Come fa a saperlo?

— L’ho capito.

— Ed Ella è indifferente a questo?

— A.... cosa?

— Alla contrarietà che Severina mostrerebbe, secondo Lei, se sapesse
che ci siamo riveduti....

— Ma.... — e fingeva incertezza guardando il suolo.

— Dica pure....

— Non.... so.... — e continuava il gioco.

— Allora glielo dirò in altro modo. Se mia sorella fosse contenta che
io La incontrassi.... Ella cosa ne penserebbe?

— Non.... so.... — ma stavolta lo sguardo si levò timidamente, amoroso,
sul volto del giovine, quasi a supplicarlo di non crederle.

— Pensandovi qualche tempo.... potrebbe riescire a saperlo?

— E.... poi? — Ella si guardava d’intorno quasi smarrita.

— E poi.... vedremo. Intanto non dica niente — se crede — del nostro
incontro a Severina. La mia famiglia ha una gran paura che io pensi a
maritarmi.... gliene dirò poi le ragioni. Del resto, io sono padrone di
me stesso.... Ma forse, per una prima volta, ho già abusato della sua
bontà.... Se è così.... creda.... glielo dico sinceramente.... creda
che io bramo solo di abusarne al massimo grado. —

E con questo scherzo, ridendo, si lasciarono.

Si rividero.... si parlarono..., molto si parlarono, per ripetersi che
si amavano.

Vediamo un po’ addentro in questo amore.... Vi sono tante specie
d’amore!

Non v’è forse anche l’amore senz’amore?




Chi era, innanzi tutto, il giovine signore, per il quale Maddalena
aveva provato i primi palpiti?

Vi sono dei giovinotti che fanno la bella vita, ossia odiano ogni
lavoro, vestono bene, mangiano meglio, si vedono dappertutto dove
c’è qualche cosa da godere, che sulle labbra hanno sempre il sorriso
dell’uomo felice, fra le labbra uno zigaro di contrabbando, cui non
mancano mai venticinque centesimi per il _vermouth_ o per l’_absinthe_
— e che non hanno rendite accertate. Per lo meno, nessuno le conosce.

Infatti, sostanza propria non ne hanno mai avuto, meno qualcuno che ha,
o si dice abbia consumato, qualche migliajo di lire slanciandosi nel
mondo.

Sia come si vuole, la loro fortuna è ora composta soltanto di debiti,
ma a guisa dei grandi Stati, a cui essi commettono la spiritosità di
paragonarsi, tali debiti sono per essi una fonte di credito.

La loro ricetta per pagare i debiti è la solita: i vecchi non pagarli.
— i nuovi farli diventar vecchi.

Hanno delle amanti di tutti i generi, specialmente del peggiore....
che non è il meno abbondante — e nel numero si trovano anche delle
donnine a modo, la cui onestà ha avuto un istante di.... sonnolenza,
come si trovano delle donne che non aspettano più i cinquanta, ma che
li hanno dimenticati. La vecchiaja deve pur esser consolata, se si vuol
guadagnare.... il cielo.

Non sono precisamente lenoni o cinedi, o mantenuti o buffoni.... nel
senso medioevale.... sono un _consommé_ di tutto questo.

Anche la parola _parassiti_ è un po’ troppo bassa per qualificarli....
perchè sono piuttosto _invitati_ che mendicanti. Diremo: son gente
che _san fare_! San fare colle donne, le quali hanno sempre un
estremo bisogno di ridere, e talvolta — _en petit comité_ — anche di
sghignazzare.

San fare cogli amici ricchi — non apprezzano che la società degli amici
possidenti.... molto possidenti — i quali, annojati o sciocchi, hanno
bisogno assoluto e continuo di qualche bello spirito che li distragga,
si lasci burlare, li burli, li presenti ad una ballerina o ad una....
signora, e partecipi ai loro olimpici sacrifizj notturni.

I meno abili, al tempo del bagni e delle villeggiature, restano in
città — i più abili partono e non di rado tornano in fondi.

Non hanno ricevuto quel che si dice una educazione — ma sul bigliardo,
al tavolo da gioco, in stalla e nei gabinetti di Venere hanno imparato
tanto, che più di una celebrità scientifica o letteraria, appetto di
loro, farebbe la figura di un imbecille o d’un uomo dell’altro mondo.

Non pochi sarebbero imbrogliati a scrivere una lettera al sarto.... ma
è certo che a una prima rappresentazione d’un’opera, d’una commedia
o d’un ballo, la loro sentenza è irrevocabile. Per il ballo, vada; è
questione di piedi.

Questo è quello che si vede di tal sorta di gente, dai diciotto ai
trentacinque anni circa. Dopo, chi muore logorato dagli eccessi — chi
s’imbarca sul mar conjugale con una invidiabile indifferenza per le
avarìe che la nave ha già sofferte.... e potrà soffrire in seguito
— chi vivacchia il più onestamente.... che può, sul gioco — chi si
fa mentore di qualche rampollo, per sorreggerlo nei primi passi sul
sentiero.... della gloria e della virtù — chi si fa.... sensale di
connubj più o meno legali — e chi va in galera.... o meriterebbe
d’andarvi.

I più onesti, i più indipendenti diventano letterati, ossia scrivono
tutti i giorni una lettera a qualche vecchio amico — a qualche noto
negoziante — nelle quali lettere si è sicuri di trovar sempre le
seguenti parole: _Caduto assoluta miseria — supplico filantropia
— qualunque tenue elemosina — eterna riconoscenza — lasci risposta
portinajo_.

                                 * * *

Giulio Bindi non era ancor uno di quegli individui di cui ci siamo or
ora occupati, ma aveva tutte le buone disposizioni e batteva proprio la
via giusta per divenirlo.

Ma dobbiamo anche dire che, nato in altra famiglia, egli sarebbe
probabilmente cresciuto qualche cosa di meglio.

Suo padre era un fiacchissimo uomo, con un carattere ancor più
debole. In gioventù era stato sempre schiavo degli amici; quando gli
diedero moglie — per strapparlo dalle unghie d’una sgualdrinella,
che, fingendo filare del sentimento, non faceva che pulirlo e poi
ripulirlo indefessamente — egli, che era abituato a vivere da schiavo,
fu spaventato della responsabilità assuntasi; il bastone del comando
in casa sua gli sembrò d’un peso insostenibile e scambiò le parti,
prendendo volontariamente quella dell’obbedire. Meno male se la moglie
fosse stata una donna di buon senso, energica, risoluta, ma essa non
era che buona.... Sapeva mangiare, si lasciava vestire, e pel resto
si rimetteva a quanto faceva una vecchia cameriera, la quale l’aveva
veduta nascere e l’aveva seguita nel matrimonio. Per fortuna quella
valeva qualche cosa ed era onesta, se no, povera casa!

Nasce Giulio. Che cosa volete riesca con un padre il quale non sa cosa
sia volontà, e con una madre la quale dice sempre di sì — gente che
ignora cosa deve essere realmente la vita, e non ha altre idee del
mondo se non queste: che vi sono delle botteghe in cui si compera il
cibo — dei mercanti che vendono gli abiti — e che d’autunno si va in
campagna, perchè c’è l’aria fina?

Lasciate fare a lui! A tre anni strilla tutto il santo giorno, rompe
tutto — a quattro, prova che la favella è stata data all’uomo per dir
insolenze. Comanda a bacchetta tutte le più strambe enormità.... Se
qualcuno s’avvisasse di resistergli..... come Luigi XIV imporrebbe
il suo capriccio collo scudiscio — a otto anni fuma, a dieci vien
sfrattato dalla scuola per scandalo.

Lo fanno studiare privatamente, perchè finisca d’imparare.... niente
— a quindici anni va.... dapertutto.... — A sedici ha già quattromila
lire di debiti.

Padre e madre, come imbecilliti dallo spavento, lasciano fare...., essi
capiscono ch’egli rovinerà la casa, ma come resistere? Essi non pensano
che a lagnarsi col terzo e col quarto, ma non sanno fermare il già
terribile dissoluto.

Uno zio interviene — cerca far capire la ragione, mettendogli
sott’occhi tutte le conseguenze disastrose e non lontane, perchè la
famiglia è semplicemente e modestamente agiata.

Miracolo insperato.... riesce a persuadergli di mutar sistema.

Sì, Giulio si pente, Giulio si impiegherà — e sarà presto un uomo come
si deve.... Se, finora, è stato il dolor di capo di casa sua.... si sa
bene.... gioventù.... quella benedetta gioventù!

Ecco Giulio impiegato.... chi sa, chi sa un giorno cosa diventerà?!

Che cosa? aspettate sei mesi. Egli ed un amico hanno fatto la
conoscenza di due mime.... che, per una certa mimica..., siamo intesi!
— Ma ci vuol molto denaro per scritturarle.... e, denaro, nè l’uno nè
l’altro ne hanno. Perdersi d’animo per questo?.... Diavolo....! si fa
una cambiale falsa!

La cosa viene scoperta — fulmine in casa Bindi — chi corre di qua, chi
corre di là per vedere, per sentire, per rimediare, per assopire.... e,
si intende, per pagare.

Giulio è consigliato di dar le sue dimissioni, ed eccolo a spasso tutto
il giorno come un virtuoso senza scrittura.

Il padre e la madre non fanno che piangere, non mangiano più.... e in
breve se ne vanno all’altro mondo.

Giulio non perde il tempo a piangere.... fa i conti. — Vendendo tutto,
gli restano ancor cinquantamila lire....

A ventitrè anni ne ha già mangiate quaranta in buona compagnia.... e
comincia a domandarsi se non gli converrebbe sposar Severina.

Egli ha conosciuto, due anni prima, Severina ai bagni e le ha ispirato
una forte passione — passione tutta sensuale, se volete, ma quel che è
certo è che Severina va matta per Giulio, tanto, che non solo non gli
ha mai chiesto niente, ma lo colma continuamente di doni di valore,
ch’egli ricambia.... con dei mazzolini di fiori.

Giulio non ama Severina, ma l’accetta, primo, perchè come donna non è
da disprezzarsi — secondo, perchè egli sa che ella non avrà il cuore di
lasciarlo esposto.... alle intemperie, quando saranno sfumate anche le
ultime diecimila lire.

Come si spiega il pazzo furore di Severina per Giulio? Ecco: in amore,
prima di tutto, è difficile spiegare qualche cosa — ma in questo caso
si spiega col dire che Giulio era l’ideale d’una fantasia!....

Se scriviamo la parola, gridate all’immoralità.

Giulio era un bel giovine — non una perfezione, via....; per esempio,
le estremità lasciavano a desiderare — ma aveva nel viso un’espressione
così originale che a certe donne dava il capogiro.

Quando egli guardava con intenzione una pecorella desiata, si pensava
all’Arcangelo Gabriele che, sorridente come un Satiro, le dicesse, non
col labbro, col solo sguardo: — Non è peccato, veh! —

Uno stimolo.... ed insieme un conforto.

Ecco quel che aveva sedotto Maddalena.

Cosa singolare, ella fu iniziata alla vita da un profumo e da un
sorriso.

Il profumo di Severina le aveva aperto l’animo alla voluttà — il
sorriso di Giulio gliene aveva dato la sete — e si sa cos’è la sete....
quando non si può bere.

                                 * * *

Una donna può aver sortito la natura più ardente e saper imbrigliare,
se non la propria fantasia, per lo meno i suoi desiderj tanto da poter
attendere, senza soffrire, che spunti il giorno delle nozze legali — le
sole che le insegnarono essere riconosciute dalla società.

Ma per aver siffatta forza d’animo, per mantenersi sempre presente a
sè stessa in modo da deludere ogni insidia, in modo da rendersi sorda
alle grida del suo sangue, è necessario che, nella sua educazione,
vi sia stato qualche cosa che l’abbia messa presto in guardia contro
i così detti pericoli. È necessario quindi che le abbiano insegnato
quel pudore che in natura non esiste; che, nelle prime letture, vi sia
stata una direzione; che non abbia fatto le seconde letture; che abbia
avuto la scuola del buon esempio; o che, avendo avuto per caso l’altra
scuola, quei mali esempj abbiano partorito tali funeste conseguenze da
spaventarla e da consigliarle l’apatia siccome la miglior ricetta per
vivere tranquilla.

Ma quando una donna cresce senza che le insegnino nulla — senza veder
nulla — senza aver appreso niente alla scuola del mondo, formandosi da
sè stessa sola il proprio carattere, è molto probabile, diremmo certo,
che se non la salvano gli altri, da sè stessa non sappia salvarsi dalle
prime seduzioni, e che ella affretti anzi la sua caduta — perchè il
suo carattere morale non è che il suo temperamento fisico, l’unico
consigliere ch’ella conosca.... senza conoscerlo.

Ed è quello che sarebbe avvenuto a Maddalena, solo che avesse
conosciuto Giulio prima d’aver ricevuto le lezioni di Severina, la
quale, facendo un po’ di fisiologia dell’amore, le aveva insegnato
delle cose che per una fanciulla potevano essere utili. — In genere
— le aveva detto fra le altre — una ragazza che ha un amante e
vuol sposarlo, non deve amarlo che platonicamente. L’uomo essendo
cacciatore.... va in giro fiutando per cercare la sua selvaggina,
che è la donna. Se la selvaggina pone una condizione al lasciarsi
pigliare.... può essere che l’uomo non sappia resistere allo stimolo
dell’appetito, e per poter mangiare.... accetti la condizione — ossia
sposi.

Se la selvaggina invece, sedotta dalle lusinghe del bel cacciatore,
trascura di porre la condizione e non vola via, vien presa,
cucinata.... e divorata.

La condizione della donna nella nostra società è tale che noi dobbiamo
dare — nel fare il primo passo — la maggior importanza a quello che
per noi realmente non ne ha — o se ne ha una.... è negativa — perchè
ponendo sempre quella condizione, molti uccellini dal becco gentile
vedono, con grande dolore, un cacciatore dopo l’altro prendere la fuga
e restano là sempre sul ramo, essi che, poverini, si farebbero pigliare
tanto volontieri.... finchè.... sfiancati dall’ambascia, sfiatati e
spiumati.... cadono e spirano.

Questo dico — diceva Severina — quando si vuole il matrimonio che nella
nostra società assicura la considerazione.... e il pane, anche se si è
brutte o si ha perduto la profittevole gioventù.

Quando si è disposte a farne a meno del matrimonio, e si ha il coraggio
di andar incontro a tutte le incertezze e a tutti i rischi.... allora è
un altro pajo di maniche.

Ma allora bisogna anche prendere, e presto, l’offensiva contro gli
uomini.

Severina non credette dover spiegare a Maddalena che cosa fosse
quest’offensiva.

Maddalena voleva il matrimonio — non solo perchè sua madre aveva
sposato suo padre, ma perchè essendo fortemente innamorata di Giulio,
non voleva correre il rischio di perderlo col non porre l’accennata
condizione.

Ma Giulio non accettava. Non poteva — diceva egli. — Uno zio molto
ricco l’aveva minacciato di privarlo dell’eredità se mai avesse a
prender moglie senza il suo permesso, perchè la moglie voleva dargliela
lui.

Lo zio ricco c’era infatti, ma guai a Giulio, se dopo l’affare della
cambiale avesse osato pur di salutarlo!

Ora Giulio — diceva lui — non voleva sposare altra donna che Maddalena,
ma bisognava aspettare che lo zio facesse il suo dovere di zio, ossia
prendesse un biglietto d’andata.... senza ritorno — ma intanto potevano
amarsi!!

— Sì, amiamoci platonicamente — diceva Maddalena — cosa che accomodava
pochissimo a Giulio, il quale per la fanciulla aveva un forte
capriccio, reso anche più acuto dalla certezza assoluta d’esserne il
primo amante — ma non comprendeva l’amor platonico e non voleva, nelle
sue circostanze, nemmen fermarsi sulla parola matrimonio, visto che per
la moglie occorreva un bell’appartamento, una buona tavola, un morbido
letto, abiti, cappellini, divertimenti.... tutta roba che costa,
e visto che non conveniva rinunciare a Severina, ossia al proprio
benessere futuro.

                                 * * *

Amiamoci platonicamente....

Ma era platonismo quello?

Sì, se platonismo vuol dire.... vuol dire.... allora era platonismo
per loro come lo è per molti amanti, come lo era per quella tal mamma
che diceva: — Nè per.... nè per.... la mamma non sgrida mica.... basta
che.... —

A noi pare una ipocrisia, una transazione peggiore del così detto male.

L’amore, nascendo per mezzo dei sensi ed essendo continuamente servito
dai sensi, non può conservarsi perfettamente spirituale. Eliminala
la perfezione, siamo ridotti al più o al meno materiale a seconda
degli individui — e per quanto riguarda la sua sfera d’azione, alle
circostanze, alle paure.... ed anche agli interessi.

Or, quando in amore non può esservi il più completo abbandono
dell’anima e della materia avvampanti d’una sola fiamma — e si cerca
un _modus vivendi_ — l’amore perde affatto il suo carattere sacro e
diventa una.... mostruosità.

Ah! perchè mai, a questo punto, non possiamo scrivere latino?!

Maddalena poteva ancor presentarsi come _Rosiera_, ma il suo spirito
s’era corrotto e il suo fisico ne risentiva guasti orribili. — E
amava da pochi mesi soltanto! — Ma poteva ella, a lungo andare,
uscire vittoriosa da tale lotta? — Noi abbiamo veduto quali fenomeni
si manifestassero in lei — che cosa ne pensasse il medico — che
facessero i genitori — e infine la ribellione di Maddalena che, quando
l’amorosa febbre fu giunta al parossismo, non volle più saperne di
subordinazione, di convenienze domestiche.

Era pronta a tutto.

E glielo disse a Giulio, l’indomani — dopo avergli narrato la scena
avuta in casa.

— Guarda, Giulio.... io spero che non avrò altre noje di questo
genere, ma se mai tornassero ad importunarmi per farmi sposare
quell’imbecille.... o chiunque altro...., io ho già deciso.... io
lascio famiglia e tutto e vengo con te.... E allora avvenga che
vuole.... Io sento che non posso essere d’altri che tua! —

Queste parole, che avrebbero trasportato in cielo un vero amante,
diedero un colpo mortale al capriccio di Giulio — lo spaventarono tanto
che, a sua volta, decise subito in quello stesso istante di troncare
ogni rapporto con Maddalena.

Ispirare una passione, anche furiosa, lo lusingava, purchè però
questo non avesse mai a frastornare i suoi piani. Se Maddalena, come
qualche altra di sua conoscenza, si fosse rassegnata, pur con grave
suo sacrifizio, a prender marito, serbando viva la sua passione per
lui Giulio.... ah! allora sì.... anzi quello era il da farsi, perchè
il loro amore sarebbe entrato in una fase novella, nella quale i voti
ardentissimi avrebbero trovata larga soddisfazione — ma, Maddalena, che
rifiuta un partito conveniente ed è risoluta a rifiutarne quanti altri
possono presentarsi, non solo, ma ad abbandonare la casa paterna per
gettarsi nelle sue braccia.... per sempre!.... ah! questa prospettiva è
spaventevole. —

Perdere Severina?.... Ah! non fia mai! Bisognerebbe essere pazzi. E un
Giulio commetter pazzie? Ma siete matti?

In quel momento, tuttavia, ringraziò con effusione la generosa
fanciulla.... le disse che il di lei sacrifizio lo commoveva fin nelle
viscere — pianse con lei.... sul crudele destino che li perseguitava,
le giurò eterna fede, e la abbracciò e baciò con tale trasporto, che la
povera radazza, sentendosi suggere dalle labbra e la vista e la vita,
non avrebbe certo ricordato le utili teorie di Severina.... se egli
in quel punto, temendo una _buona fortuna_ come la più grande delle
sventure, non si fosse imposto un assoluto rispetto....

Maddalena partì compresa d’immensa gioja.... e l’ultima sua occhiata,
l’ultima sua stretta di mano dissero a Giulio la di lei profonda
riconoscenza.

Egli l’aveva risparmiata, quale maggior prova d’amore?

Il giorno successivo, Giulio s’appostò in modo da non essere veduto da
Maddalena; quando, secondo il solito, ella separossi dalla Brigida, la
lasciò continuar sola il suo cammino, e raggiunse invece la domestica
consegnandole un biglietto per la giovinetta. Quindi s’allontanò.

Egli non aveva altro a fare. _Era libero!_

Maddalena errava tutta mesta e inquieta nella via in cui avveniva
regolarmente il suo incontro con Giulio, soffermandosi davanti a questa
e a quella vetrina, dando ad intervalli rapide occhiate or in questa,
or in quella direzione, per veder s’egli giungesse; per la prima volta
Giulio non era il primo al convegno — quando con sua sorpresa sentì la
voce di Brigida dirle sommesso:

— Prenda....; una lettera per lei.

— Una lettera di chi?

— Di lui.

— Oh! Dio! — e Maddalena, come colta da un triste presentimento,
impallidì; poi: — Chi te l’ha data?

— Ma lui!

— Ma perchè?

— Cosa vuole che ne sappia io?

— Aspetta — ed entrata in una porticina, aperse e lesse:

      «Mia carissima,

  «Perdonami se jeri non ti ho detto che ragioni d’interessi mi
  obbligano ad assentarmi per qualche tempo.... ma davvero, in quel
  momento di tanta espansione, io non avevo il coraggio di avvelenare
  la tua purissima gioja con una sgradevole notizia.

  «Puoi imaginare se io non farò di tutto per abbreviare la mia
  assenza!

  «Quando sarò di ritorno...., credo fra un mese, sarà mia premura
  d’incontrarti.

  «Ricordati di me.

                                                  «_Tuo affez._ G.»

Afflittissima, e tuttavia senza ombra ancora di diffidenza nè di
sospetto, tornò a casa. Ma, allora, letto, riletto quel foglio,
meditando a lungo su ogni frase, per quella temenza che prende
sempre chi ama, si turbò. Studiando l’atteggiarsi delle parole, per
indovinare, le parve di trovare troppa regolarità.

Giulio non poteva sentire alcun dispiacere scrivendo quelle linee....
era freddo. E poi era un esprimersi da uomo innamorato quello? _Quando_
sarò di ritorno.... _credo_ fra un mese.... Quando? Credo? E per
un mese egli la lasciava senza nuove — e non ne desiderava di lei?
_Ricordati_ di me...? Ed egli? E dove andava? Ragioni d’interesse? La
sua mente si perdeva.... Ella ebbe paura e pianse.

Ma quel pianto non poteva essere lungo. Quasi subito si rivide, il
giorno prima, in compagnia di Giulio, che la rendeva pazzo di felicità
— e a quella visione incantevole, ogni timore sgombrò.

Era allora la fine d’aprile. Attese con pazienza, con quanto dolorosa
pazienza lo dican gli innamorati, che passasse quel benedetto mese.

Ma quando fu scorso.... e uno, due.... dieci altri giorni si
successero, senza ch’egli comparisse.... allora ella non ebbe più la
forza di reggere al tormento, che ogni giorno si faceva sempre più
atroce.... e andò a casa di lui.

— Il signor Giulio Bindi è tornato? — chiese alla portinaja.

— Dice?

— Il signor Giulio Bindi.

— Non lo conosco.

— Ma se abita qui!

— Qui non abita nessuno.... nè lui.... nè altri. —

A tali parole per lei insensate, Maddalena cominciando a credere di
parlare con una demente, disse:

— Ma come!... non si ricorda più d’avermi veduta molte volte passare in
compagnia del signor Giulio Bindi?

— Oh! Sarà benissimo! — e la portinaja ebbe uno strano indecifrabil
sorriso — ne passan molte qui in compagnia.... ma qui non si domanda il
nome di alcuno.

— Ah! Dio.... Permetta che sieda.... perchè io mi sento male. —

Maddalena aveva la fronte coperta di freddo sudore, e si sentiva
infatti svenire....

Dopo essere stata un momento seduta, appoggiata alla spalliera, muta,
il capo chino, gli occhi velati, respirando con affanno.... ripreso
coraggio, fissando quella donna, esclamò:

— Ma allora...?!

— Ma allora — fe’ ruvidamente colei impazientata a siffatta scena, che
le pareva incomprensibile — allora questa è una...

— Ah! — stridette Maddalena raccapricciando, e balzata in piedi, colle
mani nei capelli, fuggì....

— Quante sciocchezze! — borbottò la portinaia sedendo e ripigliando la
sua calza.

                                 * * *

Quando Maddalena fu nella via, avvedutasi che tre o quattro persone
s’erano fermate di botto osservandola con curiosità, diventò rossa. Con
uno sforzo pensò a darsi un contegno più dicevole per una giovinetta,
e tornò a casa — ma tremava tutta, i suoi denti battevano e le labbra
erano bianche. I singulti le straziavan la gola, e la sua mente
sconvolta così s’agitava:

— La sua casa!.... la sua _casa_!.... e io non avevo capito niente? Ma
come capire, se io non sapevo niente? Ah! Giulio, tu mi tradisci.....
ma se mi tradisci..... guai!.... Un mese.... ragioni d’interessi....
Bugiardo!.... Ah! se ti trovo.... Se.... E ora dov’è? Come potrò
rintracciarlo? Come?.... Come.... ah! sì.... sì.... già.... che me ne
importa poi a me della sua famiglia.... di tutti i motivi che possono
aver la sua famiglia e lui.... e tutto il mondo!?... Sì, andrò da sua
sorella.... e.... e per Dio! che allora saprò dove si può andarlo a
cercare! —

Alla certezza che fra poco avrebbe saputo tutto, si fece un po’ più
calma. Ma come sbattevano ancora quelle palpebre!

Senza por un minuto in mezzo, giunta a casa, salì immediatamente da
Severina e tirò il cordone del campanello.

Ma in luogo di vedersi schiudere al solito, udì un leggiero sfregamento
nell’uscio, e tosto, all’aperta spia, le apparvero gli occhi inquieti
della domestica.

— C’è Severina?

— Sì.... ma c’è gente.... — rispose quella a bassa voce e con aria
misteriosa.

— Allora tornerò. Ho bisogno di parlarle.

— Torni, sì.... ma domani.... e... più tardi.

— Va bene. —

La spia si chiuse, e Maddalena scese sospirando. Bisognava attendere
ventiquattro ore.

Fu bene per tutti che Severina in quel momento avesse gente — se no,
alle rivelazioni di Maddalena, chi sa quali scene sarebbero seguite!
Allora non vi sarebbe stato certo un incidente che, se mise alla prova
la bontà del cervello di Maddalena.... fu anche la medicina che la
guarì per sempre del suo amore.

                                 * * *

La giornata fu tanto lunga e uggiosa per Maddalena, che ella non
aspettò la notte per coricarsi. Il crepuscolo cominciava appena
quand’ella chiuse, contro il solito, le imposte, e si pose a letto. Le
pareva che, circondandosi di tenebre, non solo i suoi occhi, ma anche
la mente, potessero cessare di vedere — e riposare. Ma s’ingannava.

Le giovanissime e robuste membra avrebbero avuto piuttosto bisogno
d’una eccessiva fatica fisica per poter esser fiaccate e ridotte in
balìa del sonno.

Nella pienezza delle forze, dopo tante commozioni, in un simile stato
d’esasperazione, credere che fra le coltri, nell’oscurità, in una calda
sera di giugno, il travaglio dell’anima e dei sensi potesse scemare,
era un errore, di cui ella dovè ben presto sentire gli effetti.

Allora il cervello s’accese, e se prima aveva solo sospettato, temuto
il tradimento.... allora Maddalena, senza alcun sforzo, se ne fece una
realtà con colori tali che le tolsero ogni lume di ragione.

Avvoltata nel lenzuolo, s’agitava sul letto, inconscia di sè,
abbandonandosi a tutte le stravaganze che, in quello stato morboso,
divenuta preda di sè stessa, la passione le imponeva. Era un delirio.

Or inveiva contro Giulio, caricandolo d’improperj — or gli rivolgeva
dimande, e poi, come se avesse avuto risposta, gli replicava
furiosa.... e il dialogo continuava fra il suo labbro e la sua
mente....

Piangeva.... narrava le sue torture.... supplicava e.... s’adirava di
nuovo.... ma tosto — le era forse stata detta una parola, una menzogna
pietosa.... perdonava, gli rivolgeva i più teneri accenti — il sereno
era tornato, rideva, si confessava pazza.... chiedeva scusa. — Seguiva
un lungo silenzio, pareva assopito. Ma quindi si ridestava in un nuovo
accesso di furore....; il tradimento era provato....!

«Sei andato con lei....! Chi è? Voglio saperlo! Voglio ucciderla.... e
te pure ucciderò.... ma.... dilaniarti voglio!»

Il farneticamento durò più ore.... poi il sonno tanto invocato, e
invano, al coricarsi, la colpì fulmineo.

Batteva il tocco dopo mezzanotte quando si svegliò. Si sentiva alquanto
ristorata — la mente era un po’ confusa, ma calma. Ricordava il patito
trambusto, ma con indifferenza....; l’esaurimento di forze la rendeva
insensibile al dolore. Aveva solo una sete ardente — accese il lume e
bevè.

Poi, coll’occhio semichiuso, affaticato, stette qualche tempo
appoggiata alla spalliera, immobile, senza pensiero....

A un tratto le parve di sentirsi male, d’essere oppressa dal caldo, di
non poter più respirare.

Lentamente lasciossi scorrere giù dal letto, e vacillante mosse alla
finestra ad aprirne le vetriate. Sedutasi quindi là, respirò avidamente
per procurarsi qualche sollievo, ma non ne ottenne, chè non spirava un
filo d’aria.

Ai primi di giugno, la temperatura era già torrida. Da un mese e
più non cadeva una stilla di pioggia. Fra la notte e il giorno unica
differenza era l’assenza del sole. La stagione quell’anno era troppo
bella, e gli uomini invocavano fulmini e tempeste che li liberassero da
tanto felice primavera.

Dopo un quarto d’ora d’inutile attendere, Maddalena, non provando alcun
refrigerio, stava per tornarsene a letto, quando udì chiudersi forte lo
sportello della porta di casa. Ciò non la interessava punto, ma quando
vi si aggiunse un rumor di passi nell’androne, vi prestò attenzione.
Chi poteva venir a casa a quell’ora? Non era nelle abitudini di alcuno
degli inquilini. Severina forse?... Ma il passo era d’uomo.... Il
rumore cessò.... L’uomo saliva. Maddalena continuò a porger orecchio, e
ben presto la sua piccola curiosità fu appagata.

Le imposte di una finestra furono schiuse, e una voce maschile, che
veniva dalla camera di Severina, disse: «Ma qui si soffoca!» Maddalena,
al suono di quella voce, balzò in piedi, col sangue rimescolato....
e stette un momento, prestando sempre orecchio, tutta ansante, colle
occhiaje spalancate. Era.... non era.... non poteva credere....
attendeva qualche altra parola per avere una certezza qualunque.

E l’ebbe subito. Un _No_ alto, sonoro, squillò, e vi tenne dietro un
argentino riso di donna.

Maddalena mandò un gemito. V’era la peggiore, la più temuta delle
certezze. Era lui! Allora, sconvolta, quasi demente, corse a soffiare
sul lume, poi, a piedi nudi, brancolando nel bujo, riuscì di nuovo alla
finestra, e con cautela, per non essere udita, ne socchiuse le gelosie
tanto da poter vedere senza essere veduta.

Sulle prime le fu impossibile distinguere bene, perchè la notte era
chiara, e nella camera il lume era collocato in modo che dalla finestra
di Maddalena non si vedeva d’illuminato che una piccola parte del
pavimento presso il terrazzino.

Ma presto la scena mutò, ossia divenne più ampia e meglio visibile....,
troppo.

Giulio, che era seduto, celato dal fogliame del terrazzino, si alzò e
mosse per entrare nella camera, ma si fermò nel vano della finestra.
Parlava con qualcuno, ma non si udiva nulla.

Prese quindi il lume, ch’era sur un mobile a lui vicinissimo, e
s’avanzò lentamente verso il fondo della camera. Posò il lume sur
un tavolino da notte, e si trasse in disparte facendosi invisibile a
Maddalena.

Allora la camera si rischiarò tutta, e la fanciulla vide il letto,
e sovr’esso, in posa languida, colle mani che s’intrecciavano sulla
fronte, il seno ignudo, Severina.

I suoi occhi parevano chiusi.... parlava a spizzico.... e sbadigliava
di tanto in tanto.... sorridendo deliziosamente.

A un tratto si scosse da quella specie di torpore, certamente
artificiale, e coll’indice accennò alla finestra, ordinando alcunchè.

Ma, siccome non veniva obbedita, fe’ un celere movimento ed era per
balzar dal letto — ma trattenuta — parve — da una parola o da un gesto,
si mise nuovamente a giacere nella posa primiera.

Maddalena vide allora ricomparire Giulio alla finestra e, preso il
cordone, farne calare la tenda....

Furibonda a tale atto, fu sul punto di gridare.... — ella voleva
sapere, tutto sapere, avesse anche dovuto perdere la vita in quell’ora
— ma la _speranza_ (!) di non essere delusa del tutto, che ancor
restasse qualche spiraglio, le diè la forza di frenarsi.

Non _sperò_ indarno; chè se la tenda dapprima scese tutta fino al
suolo, un leggier cigolío disse subito che si voleva lasciare un vano
in alto per non togliere affatto la possibilità di ventilazione alla
camera.

Maddalena ebbe quindi la triste consolazione di rivedere la camera fra
un interstizio di circa una spanna.

Ma di visibile ora non v’era che la parte superiore del letto, poco più
del guanciale. — Tuttavia a Maddalena bastava.

Essa, dopo qualche minuto, vide Severina con gesto vezzoso chiamare a
sè Giulio, come se desiderasse qualche cosa — e poscia, dovendo aver
ricevuto un diniego, mettersi a finger di frignare, agitando la mano.

Allora Giulio s’avvicinò al letto e porse a Severina il suo sigaro
acceso.

Quella, non più frignante, soddisfatta, si mise a fumare
beatissimamente.

Indi Giulio sturò una bottiglia e versò del vino color ambra in due
calici, offrendone uno a Severina.

Ella si levò reggendosi sul gomito, preso il calice, vi posò le labbra
e libò lentissimamente, guardando _lui_.

Gli rese poi il cristallo, e, come affaticata, si lasciò cadere il capo
sul guanciale, coll’occhio semispento sempre in lui, e col sorriso di
chi muore vedendo aprirsi il cielo.

Egli si curvò a baciarla, e si rizzò quindi facendo colla mano: —
Aspetta.

Maddalena, per quanto si tenesse aggrappata con una mano alla ringhiera
colla disperazione del naufrago, non poteva più sostenersi. L’altra
mano, che teneva socchiuse e a un tempo unite le gelosie, era in tal
convulsione che le imposte, come per vento, s’agitavano.

E.... un’ora ebbe il coraggio di restar là.... tremante di odio....
grondante di sudore, or gelido, or cocente — ma quando in quella
camera, ad un tratto, si spense ogni luce.... anche le sue forze si
spensero e cadde inginocchioni come tramortita.

— Maddalena! — gridò la madre dalla stanza attigua, destatasi di
soprassalto al rumore che la figlia nel cadere aveva fatto, rovesciando
la sedia e urtando nella vetriata.

La fanciulla con un sforzo eroico ricuperò in un lampo gli spiriti, e
potè persino dire con calma:

— Che vuoi, mamma?

— Ma cosa fai?

— Nulla, m’era caduto il libro e sono andata giù a raccoglierlo.

— Ma ti pajon queste le ore da leggere?

— Ecco, ho finito. —

Allora si mosse, si buttò sul letto di traverso e vide farsi
giorno, senza che dagli occhi accesi potesse spremersi una lagrima,
straziandosi il seno colle unghie per impedirsi di urlare.

Quando il primo raggio di sole entrò a dirle che poteva alzarsi....
guardossi le mani.... erano sanguinolenti.... guardossi nello
specchio.... si metteva orrore — era una furia. — Fece per scender dal
letto.... non potè.... era tutta attrappita e indolenzita.

Si cacciò fra le coltri, ove la stanchezza e la luce del dì riuscirono
ad assopirla.

                                 * * *

Quando risvegliossi, era mezzogiorno e più.

Sulle prime guardossi intorno smemorata, ma quando il suo occhio
posossi sulla finestra ancor aperta.... allora le si presentò alla
mente tutta la terribile notte, rivide l’odioso quadro, e balzò dal
letto coll’impeto d’una fiera....

Quello doveva essere il giorno della vendetta.... quale, poi, ella non
sapeva... ella sapeva solo che voleva vendicarsi — e di entrambi!

Ma prima, di Giulio...; vederlo, fingere di ignorare, trangugiarsi
tutte le di lui menzogne.... e poi.... e poi.... oh! l’ira l’avrebbe
ben ispirata! — Dopo.... avrebbe pensato a Severina.

Si vestì per uscire.... ponendo una cura speciale in ogni minuzia
della sua _toilette_. Voleva essere bellissima.... onde Giulio avesse a
sentire tutta la perdita ch’egli faceva in quel giorno.... sciocco!

Stava abbottonandosi i guanti quando fe’ capolino nella camera
la madre, curva, gelatinosa, che vedendo la figlia vestita fe’ le
meraviglie.

— Come!.... ti credeva ancora a letto io.... Sono venuta qua tre volte,
ma dormivi sempre, ed io ti ho lasciata stare. Vedi cosa vuol dire
legger troppo! Vai fuori?

— Sì.

— Non fai colazione?

— No.

— Vuoi che te la prepari?

— No.

— Vai, senza neanche salutarmi?

— Sì.... addio.

— Sei sempre in collera per l’affar del matrimonio....? Oh! che
tosa.... —

Maddalena era già sul pianerottolo e non udiva più.

Quando fu abbasso, si fermò, domandandosi dove andava. Ella aveva
pensato a tutto fuorchè a questo. Fortunatamente ricordò che Giulio
frequentava due dei principali caffè. Là qualcuno avrebbe saputo
indicargli il domicilio di lui.

E si avviava, quando s’imbattè nella fantesca di Severina, che veniva
dalla strada.

— Spero che non sarà salita dalla signora — disse quella.

— Perchè? — fe’ Maddalena, fermandosi punta da sospetto.

— Perchè non avrebbe potuto riceverla. C’è gente anche oggi.

— Ah! — e suo malgrado la fanciulla arrossì per tosto impallidire. — È
quel giovinotto che è venuto da lei jeri sera tardi?

— Come lo sa? — e la fantesca la guardava sorpresa.

— Diavolo.... non vi sono segreti fra me e Severina.... Anzi.... prima
di uscire voglio salire a salutarli.

— Ma....

— Ma che cosa? Lo conosco molto io quel giovine.

— E se la mia signora mi sgrida?

— Non temere.... Mi credi forse capace di commettere un’indiscrezione?

— Faccia lei. —

Salirono, la domestica aperse, e Maddalena si precipitò nell’anticamera.

— Dove sono?

— Là....

— Bene. —

Maddalena, coll’occhio sfavillante d’ira e di gioja a un tempo,
spalancò l’uscio indicatole dalla servente, e si presentò sulla soglia,
colle braccia incrociate sul seno, squadrando Severina e Giulio che
stavano a un tavolino facendo colazione.

— Ma bravi! — esclamò essa.

Giulio si turbò.... ma subito si ricompose.

Quanto a Severina, dopo un primo moto di sorpresa, represse la noja che
le cagionava quella visita intempestiva, e disse cortese:

— Avanti.... avanti. Che buon vento? —

Maddalena s’avanzò fino al tavolino. Una convulsione, che si sforzava
invano di padroneggiare, le agitava le membra. L’ira e il dolore erano
così intensi che voleva prorompere e non poteva disserrar le labbra.

S’appoggiò coi pugni alla mensa.... e guardò per qualche istante or
l’una, or l’altro.

Giulio non diceva parola, e a capo chino attendeva rassegnato la
burrasca.

Severina, che non capiva nulla, disse freddamente:

— Ma di’ un po’, Maddalena, si potrebbe sapere....? —

La fanciulla allora ruppe in uno scroscio di riso così stridulo, così
spasmodico che pareva pazza.... e fe’, con accento che a Giulio mise i
brividi:

— Che bravi commedianti siete voi.... per darla ad intendere al
mondo!.... Suo fratello! Ah! ah! ah!.... tuo fratello! —

Severina guardò attonita Giulio, il quale fece un movimento per
alzarsi — ma Maddalena gli afferrò il braccio e lo forzò a star seduto,
gridandogli furente:

— Se ti muovi.... se dici una parola.... ti schiaffeggio, sai! brutta
faccia smorta!.... —

E allora, vedendoli ambedue allibbiti e tremanti, sentì come un
disdegno supremo di dir altro a simil gente.

Guardò per l’ultima volta Giulio, concentrando in quell’ultima tutta la
nausea, tutto il disprezzo, quindi volte le spalle ai due, lentamente,
dignitosa, grande.... uscì.

Era guarita.

                                 * * *

Due mesi dopo, il signor Paolo Minelli, detto _Minella Bellabarba_,
notissimo e grosso merciajo, memore della felicità goduta colla prima
moglie, di cui piangeva da dieci mesi la «_Ahi! immatura perdita_» —
per regalarsi, cosa di suo pieno diritto, di nuova felicità, sposava,
a cinquant’anni, ornato di precoce e perfetta calvizie, la signora
Maddalena Papetti....

Precisamente così.




Abbiamo detto che Maddalena, dopo quel piccolo e innocuo sfogo in
casa di Severina, ne partì guarita. Il disprezzo aveva ucciso in lei
amore e dolore.... Uscendo da quelle camere le pareva di non aver mai
conosciuto nè Giulio, nè Severina. Felice natura! Buona stoffa!

Qualche altra ragazza avrebbe pensato al suicidio — ed ella, non eran
scorsi otto giorni che cominciava a ringrassare.... non poteva più
vedere il caffè tostato, odiava il sale e gli agrumi, e quanto alle
bibite spiritose, si limitava già ad un uso ragionevole.

Aveva tutto obliato, tanto che una sera li incontrò per via e non sentì
al cuore la più lieve puntura, nè al cervello la più piccola onda di
freddo o di caldo.

E quando lesse sur un cartellino alla porta che l’appartamento, di
Severina era da affittarsi «_anche al presente_,» ebbe un sorriso di
compiacimento. — E quando, pochi giorni dopo, Severina traslocò, non
volle nemmeno fermarsi in casa, e per poter star fuori tutto il dì,
trascinò i Papetti ad una scampagnata, in cui finalmente fu fatta la
pace, per sempre, fra le potenze, senza umiliazioni da nessuna parte,
ma con abbracci e inaffiamenti analoghi.

La sera stavano sotto tutti e tre.

                                 * * *

A diciassette anni, però, non si caccia un amore senza sostituirvi un
nuovo amore o qualcos’altro. Quelle che vanno al Conservatorio, per
esempio, possono ingolfarsi nell’arte.... che permette poi molti altri
surrogati — ma Maddalena che non andava al Conservatorio?

E sentiva un vuoto, un malessere, una impazienza, una noja, una smania
senza scopo.... avrebbe voluto non vedersi più in quella città....
cambiar aria.... fare un’altra vita....

Fu allora che si pentì d’aver perduto volontariamente l’occasione
di maritarsi. Oh! il suo sacrificio aveva proprio avuto una bella
ricompensa! Se quel maggiordomo si fosse presentato di nuovo.... ella
l’avrebbe accolto a braccia aperte. Ma ora tutto era guastato, ed il
suo orgoglio non le permetteva certamente di mandargli a dire che aveva
mutato pensiero.

Allora disse: — Il primo che mi capita, foss’anche lo spazzacamino,
purchè possa mantenermi, lo sposo. Lodevole risoluzione.... e
tutt’altro che rara. E si può anche aggiungere che, sapendosi di una
donna che è giunta a tal grado di.... filosofia...., è quasi lecito
dire che cosa sarà un giorno.

Quando si è in simili disposizioni e si è belle ragazze non si ha che
a fare un po’ la civetta e.... lo spazzacamino, con un briciolo di
pazienza, si trova.

E lo trovò anche Maddalena, e più presto di quanto sperava.

Il signor Paolo Minelli....

Un momento.... omettevamo di menzionare un incidente....
insignificante, per verità, in sè stesso, ma che per una certa
relazione che ha col resto del racconto, non vuol essere taciuto.

                                 * * *

I signori Soranzi, proprietarj della casa in cui abitavano i Papetti,
avevano un figlio — unico — che si chiamava Oreste, e «faceva»
l’ultimo anno di legge all’università. Venuto a passare in famiglia
le feste di dicembre, gli avvenne, la mattina del giorno di Natale,
d’incontrare Maddalena che, colla madre, tornava dall’aver ascoltato le
indispensabili tre messe.

Vederla, restar stupefatto e invaghirsene fu una cosa sola. Durante gli
studj universitari, egli aveva perduto di vista Maddalena, che prima,
d’altronde, e per la troppa giovinezza e per il suo modo di vestirsi e
di acconciarsi, non attirava certo lo sguardo.

Ma rivederla ora nel fiore de’ suoi vezzi, colla fisonomia animata dal
primo amore di cui gustava, solo da un mese, il primo miele, ricordarsi
d’un.... bruco e trovare una splendida farfalla.... come non restarne
colpito?

L’effetto del colpo si vide subito. Ogni festa egli salutava
l’università e veniva a bearsi un momento gli sguardi nella bella
fanciulla.

Egli salutava — ella chinava il capo per quella deferenza convenzionale
che ha l’inquilino pel padrone di casa, e tutto finiva lì.

Era meno di niente, ma bastava a lui per riscaldarsi sempre più. È quel
che avviene a ventiquattro anni.

Voleva parlarle.... voleva farsi meglio capire da lei — ma come fare?
Ella era sempre accompagnata.

Finalmente una domenica — di marzo — essendo per caso sul balcone, vide
Maddalena uscire.... sola. Non era scorso un minuto ch’egli si trovava
al fianco della fanciulla, tutto ansante, e stava già per levarsi il
cappello e dirigerle la parola.... ma ella a quell’atto finse di non
riconoscerlo, si fece rossa di dispetto — egli credette di pudore —
calò il velo, e affrettando il passo verso una chiesa poco lontana, vi
entrò....

Oreste avrebbe fatto molto bene se l’avesse seguita, perchè avrebbe
scoperto che facendo le viste di andar in chiesa a prender lezioni di
dottrina cristiana, Maddalena entrava dalla porta maggiore.... usciva
tosto dalla porticina di dietro, e di là si recava alla casa di Giulio
— e tale scoperta l’avrebbe guarito perfettamente.

Invece egli si fermò per paura di far paura alla timida cervetta.... e
se ne tornò a casa più innamorato di prima. — «Oh! io sono stanco di
far questa vita — diceva fra sè — _adesso_ prendo la laurea e poi la
sposo. È povera.... ma sono ricco io, e basta.» —

Le cose fino al giugno andarono avanti così, anzi peggio, perchè
Maddalena non ebbe più occasioni di andar in chiesa all’ora della
dottrina cristiana.

Ma in giugno, verso la metà, mancando poche settimane a finire il
corso, Oreste pensò che era tempo di fare il primo passo. E scritta una
bella lettera di dichiarazione, la consegnò alla portinaia, perchè la
facesse tenere in gran segreto a Maddalena. Quindi partì.

La risposta era desiderata per la prima domenica.

La lettera fu consegnata, e Maddalena, per quanto potesse desiderare un
buon partito, fu ben sorpresa di vedere che aspirava a lei nientemeno
che il figlio del padrone di casa. Da quella brava fanciulla che era, e
anche per far presto — avendone abbastanza di quanto aveva passato con
Giulio — diede la lettera ai genitori, i quali strabiliarono e piansero
di contentezza.

Ma la gioja.... ahimè! fu breve.

Il padre Papetti, presentatosi al padre Soranzi e mostratagli la
lettera del figlio dicendogli «che era venuto per prendere i debiti
concerti fra genitori, come è uso in simili casi» — ebbe la sgradita
sorpresa di vedersi stracciar la lettera sul muso e di sentirsi dire:

— Mio figlio è matto.... Vi rimedierò io.... Spero che, dal canto loro,
la cosa non avrà seguito.... altrimenti dovrò pregarli di andarsene da
casa mia. —

Papetti, esterrefatto, colpito da paralisi, non fu capace di dire più
di «Sissignore....» e non si riebbe che quando, restato solo, comprese
che si doveva uscire.

Il padre Soranzi partì e tornò dopo due giorni — il figlio sospese le
sue gite festive — e non se ne parlò più.

Il padre Papetti disse in casa con calma e dignità che non avevano
potuto intendersi sul capitolo interesse e che quindi non bisognava
pensarvi altro. — «Del resto.... meglio! — aggiunse — il signorino è
troppo giovane per essere un buon marito; per Maddalena ci vuole un
uomo posato. E lo troverai.... sta pur sicura!»

Papetti — chi l’avrebbe mai detto? — fu profeta.

                                 * * *

Il signor Paolo Minelli — detto _Minella Bellabarba_ — stava di casa
ed aveva anche, da venti anni, il negozio, precisamente di fronte
all’abitazione di Maddalena.... quindi aveva veduto nascere, come
si dice, la fanciulla. Più tardi ne aveva ammirato la serietà e la
gravità, e diceva sempre a sua moglie: «Se io avessi una figlia, vorrei
che fosse come quella ragazza lì.»

Ma la figlia non venne mai — anzi, anche la moglie, forse perchè si
vedeva inutile, pensò bene d’andarsene anche lei.

Rimasto vedovo, dopo qualche tempo sentì che quel gran dolore che
aveva messo sul cartellone funerale non lo opprimeva più.... Egli
voleva ancora essere addolorato per sempre, e quindi sospirava, parlava
continuamente della morta, ne vantava le virtù: — «Una donna come
quella!» — ma in sostanza, più che pensare alla trapassata, sentiva
delle aspirazioni verso le presenti.

Maddalena aveva allora compiuto la sua metamorfosi, e il nostro buon
Minelli non potè a meno di restar colpito da quella trasformazione,
per cui, conservandosi sempre quella ragazza costumata, seria, grave,
ecc., aveva acquistato anche le qualità più appetibili. Quella era
la perfezione, perchè ve n’era per il morale e anche per il fisico, e
Minella voleva appunto che le due cose non andassero disgiunte.

Cominciò dal formar dei desiderj e, ai sospiri per la defunta, mesceva
quelli per la viva.

A cinquant’anni gli occorreva una ragazza soda. Nulla di meglio di
Maddalena, ch’era soda di carattere — e di carni.

Ma come aver l’animo di farsi innanzi?

Egli la conosceva....; in addietro, per molto tempo le aveva dato anche
del _tu_ — ma da qualche anno si stava sul _lei_.... Questo non voleva
dir niente, ma egli si sentivo in soggezione. Se non avesse saputo —
il Papetti non aveva potuto a meno di sfogarsi con qualcuno e la cosa
s’era propalata — se non avesse dunque saputo del rifiuto dato da
Maddalena a quell’altro, avrebbe avuto un coraggio da Don Giovanni....
ma così, sebbene si ritenesse ancora.... con poche ragioni, un
bell’uomo — tuttavia non poteva nascondersi che cinquanta e diciassette
anni, nel matrimonio, stanno male insieme. Si possono tutt’al più
giocare al lotto.

Ma ogni qualvolta egli la vedeva, la tentazione diveniva sempre più
forte.... finchè una notte dovette prendere il partito di commettere la
corbelleria.... ossia di tentar di commetterla. Avrebbe rifiutato anche
lui....; pazienza! Se non altro sarebbe uscito d’incertezza.... e gli
sarebbe sempre restata la consolazione della volpe.

Maddalena, dacchè s’occupava tanto della sua _toilette_, andava
spesso nel negozio Minelli — per cui il nostro innamorato ebbe presto
l’occasione di parlare.

Per attaccar discorso, cominciò dal dirle che gli pareva, da qualche
tempo, di non vederla più con quella sua amica.

Maddalena rispose che aveva capito non esser quella un’amica per lei.

Allora Minelli, felicemente ispirato, disse che aveva ragione, perchè
una ragazza bella, buona, onesta, laboriosa come lei... insomma,
questo.... insomma, quell’altro.... conchiudendo con una frase che
doveva servir di addentellato — «Beato chi sposerà una donnina cara
come lei!» —

Ah! Minelli in quell’istante aveva proprio l’occhio del pesce morto....
il che, con quella stortatura di collo, con quella gran barba nera
e quei riflessi di luce sull’eburneo cranio, formavo un complesso
abbastanza comico.

Maddalena capì che c’era qualche cosa, disse fra sè: — Il mio uomo è
forse qui! — e lasciandogli allora piovere lentamente negli occhi uno
sguardo languido, affettuoso, disse solo:

— Crede?

— Ah! sì.... ma bisogna anche aver un coraggio da leone per osar di
aspirare alla sua mano.

— Perchè? — fe’ essa mostrando grande sorpresa.

— Dico così, perchè so che ella ha già rifiutato un buon partito.

— Non mi piaceva.... ed io ho avuto un po’ paura. —

Con che grazia disse questo. Pareva umiliata del suo stesso rifiuto.

Minelli allora, lisciandosi la lunga barba e facendosi pettoruto
per mettersi tutto in rilievo — ma balbettando — sentiva avvicinarsi
l’istante fatale della sentenza:

— Chi sa.... chi sa che cosa Ella desidera!... Chi sa quali
pretensioni.... giustissime del resto....

— Io?.... oh! signor Iddio! — Quanta umiltà in quella scrollatina di
testa e nello sguardo dolcissimo. Come a dire: «Sono gli altri che
devono degnarsi di me.... non io degli altri.»

Il povero uomo sentissi conturbato da capo a piedi.... tanto che ella
fece un grazioso inchino accompagnato da un «Riverisco,» ed uscì, senza
che egli potesse più dir una parola.

Maddalena passò tre giorni di fila davanti a quella bottega senza
entrarvi, ma ricercando evidentemente collo sguardo il Minelli, che
accorreva subito sulla soglia a salutarla.... Ella, che s’era fermata
_per caso_ davanti alla vetrina, rispondeva _arrossendo_.

Il quarto giorno, Maddalena tornando a casa, verso le cinque, notato
dall’opposto marciapiedi che Minelli era solo in bottega, attraversò la
via ed entrò.

— Vede.... pover uomo? — esclamò sospiroso il merciajo — qui solo come
un cane. Mentre tanti hanno moglie e non sanno che farne.... io....

— E perchè non la prende?

— Perchè amo una donna sola.... e non so come dirglielo.

— È così difficile?

— Ah! sì.... è troppo bella! —

Maddalena sembrò non capire nemmeno che si potesse trattar di lei —
disse solo sorridente e buona:

— E allora.... se non glielo dice.... non lo saprà mai. —

Poi tacque e arrossì sotto il di lui sguardo luccicante.

Egli, dopo un istante d’imbarazzo..... si fece cuore. — Chinatosi, le
prese una mano, che stette qualche tempo a contemplare in estasi....
poi si levò lentamente un anello dal mignolo e glielo posò sulla rosea
estremità dell’anulare.... e, respirando con affanno, mormorò:

— Ecco.... gliel’ho detto.... Ora attendo la risposta. —

Ella tacque alquanto, meditabonda, mesta.... poscia con voce commossa
e con due lagrime — due perle! diceva Minelli quella sera all’osteria —
disse con espressione di riconoscenza:

— Grazie. —

Indi uscì.... portando con sè l’anello.

Minelli era solo, ma gridò come fosse sur un palcoscenico: «Oh! gioja!»

Un’ora dopo, egli faceva la sua prima visita ai Papetti — e, come s’è
visto, fu un matrimonio a vapore.

— Per noi già non occorrono nè informazioni, nè lo studio del caratteri
— diceva Minelli. — Ci siamo sempre conosciuti! —

Il mattino susseguente la domanda del merciajo, Papetti volle proprio
incontrar Soranzi padre e dirglielo:

— Sa poi.... mia figlia sposa nientemeno che il signor Minelli.

— Perchè niente più? — ribattè l’altro, ironico.

— Oh! è abbastanza.

— Chi si contenta, gode. Piacere tanto! — e, salutatolo coll’indice, se
ne andò.

— Che rabbia che ha! — disse Papetti fra sè con una buona fregatina.




Quando un uomo prende una donna come moglie, l’ultima cosa di cui si
preoccupa — quando pur se ne preoccupa — è l’opinione vera che questa
donna abbia di lui e perchè ella acconsenta a sposarlo.

Gli basta d’essere sposato, e include nel fatto che ella nutra la
«grande stima» e «l’ardente amore per lui». — Ora, quando un uomo
si trova nelle condizioni che devono piuttosto alienare da lui, che
avvicinargli una bella fanciulla, come mai non si spaventa all’udire
che essa acconsente a divenir sua.... tutta sua? E invece se ne
rallegra.... e crede che gli altri se ne rallegrino con lui sul serio!?

È vero che ve n’è anche di quelli, i quali, quando si sono messi in
mente di sposare quella tal donna, la vogliono a qualunque costo....
e la sposano persino sapendo che ella non sa proprio cosa farsene di
loro — anzi forse appunto per questo — come se il possedere un corpo
inanimato o animato da spiriti ostili e disposto necessariamente alla
vendetta, fosse cosa invidiabile. — E voi cosa volete farci?


Così noi sappiamo che il signor Minelli condusse a casa la sua sposina,
convinto di due cose: — ch’egli era il di lei primo amore e che ella
era fior di roba.

E Maddalena seppe tanto bene inebbriarlo, stordirlo colla bellezza,
colle sue carezze, e colle arti apprese alla scuola di Giulio, che egli
vi perdette la testa. Avrebbe dovuto sospettare qualche cosa.... non è
vero... a tanta scienza....? ma egli non poteva sospettare; egli diceva
semplicemente: — «Questa è una donna!.... altro che la mia prima!» —
E siccome non s’era mai trovato a simile festa, — l’abbiamo detto, —
perdette la testa.

Qui bisogna sapere ch’egli in origine era un povero garzone di negozio,
al quale si poteva predire anche.... nessun avvenire. La fortuna volle
che a sua madre venisse in mente di farlo entrare in uno dei così detti
_oratorj_. — Sono congregazioni di gente di tutte le età e condizioni,
la quale i giorni festivi si diverte, prima di pranzo, in una cappella,
per quattro o cinque ore, ascoltando delle messe, delle prediche,
cantando a squarciagola dei _Magnificat_, dei _Maria Mater Gratiæ_,
ecc. — e dopo pranzo, in un giardino.... non troppo all’inglese,
giocando ai birilli e alle pallottole — con finale purificazione
serale, dei maggiori, all’osteria.

All’oratorio un sacerdote prese a voler bene al nostro Minelli, per la
di lui dolcezza e ingenuità, coprendolo della sua protezione e, venuto
il tempo, gli trovò anche la moglie.

Era una fanciulla di trent’anni, discretamente tarlata, se non nella
virtù, nel fisico, ma che portava una ventina di mille lire nel
grembiale.

Dormiva poco, mangiava meno, scopava molto ed era tanto economa da
far dire che le mancava persino il cuore di mirarsi nello specchio per
paura di sciuparlo. Senza idee al di là della calza, un ghiaccio per
quello che di solito infiamma le donne — e infine religiosa.

Questo non occorreva nemmen dirlo.

Ebbene, un simile matrimonio passò venti anni sereni e tranquilli,
in cui se non si contribuì alla propagazione della specie, si misero
insieme onestamente altre centomila lire, cosicchè quando Minelli
prese la seconda moglie, era padrone di centoventimila lire, oltre
l’avviamento del negozio, che ogni anno prosperava sempre più.

Sposare Maddalena, e mutarsi il vento e tutto andare a precipizio fu
una cosa sola.

                                 * * *

Con quali idee era entrata Maddalena nel matrimonio? Con nessuna e
con tutte. Avrebbe veduto e, a seconda delle circostanze, si sarebbe
regolata.

L’importante per lei era maritarsi.... per le ragioni che conosciamo.

Il marito era ricce.... «Tanto meglio! — si disse — godremo la vita.
Ormai già non mi resta a far altro a questo mondo.»

E si accinse a godere colla smania con cui vediamo sulla scena un
affamato gettarsi sur un pasticcio.

Di simpatia, d’amore, di stima, di intime compiacenze della vita di
famiglia — non era a discorrersi neanche per baja.

Se avesse potuto sposar Giulio quando la sua fede in sè e in lui era
intiera, l’amore le avrebbe dato quei principj, quelle convinzioni che
occorrono per una donna di famiglia — perchè una donna innamorata è
capace di tutto e, non persino, ma principalmente d’essere onesta.

Ma l’amore essendole stato strappato dal seno, di sorpresa, con tanta
violenza, ella rimase come.... senza un viscere, eppur viva.

Ella non fu più una donna. Coll’amore aveva perduto ogni senso morale,
ciò che si chiama cuore — e, quel ch’è peggio, senza alcuna speranza di
riacquistare nè l’uno nè l’altro.

Dunque: marito ricco e godere.

E per disgrazia, Minelli, invece di frenarla, si associò a lei a
lavorare per la comune rovina. Egli, che durante tutta la sua vita non
aveva dato prove che d’energia e di buon senso — trasportato dalla
sua folle passione, non diede, dopo le seconde nozze, che prove dì
debolezza e di stoltezza.

Nonchè rifiutare.... offriva. — Anche le cose a cui Maddalena sarebbe
stata indifferente, quasi quasi venivano da lui imposte.

«Oggi faremo» — «domani andremo» — «ecco cosa t’ho comperato....» e
così via.

Non v’era da desiderare. Era già fatto.

Niente di meglio per Maddalena. Abiti, giojelli a profusione, gite di
piacere, teatri, cene, pranzi, e tutto senza posa al punto che doveva
essere un faticare piuttosto che un godere.

La casa, che durante il primo matrimonio era arredata con una
semplicità quasi campagnuola — vi si vedeva il puro indispensabile e
tutta roba di gusto più che tramontato — ora pareva un _bazar_. E il
cambiar il vecchio in nuovo aveva costato quindicimila lire.

Il ragioniere del signor Minelli vedeva con spavento questo scialacquo
crescente, e arrischiava talora una timida osservazione.... Minelli
ascoltava, gonfiava le gote, poi si passava una mano sulla fronte....
e le cose continuavano sempre sullo stesso piede — il che vuol dire
sempre in peggio, perchè le rendite non aumentavano e non si faceva che
consumar capitale.

Il ragioniere, vedendo l’inutilità delle sue premure, tacque,
lusingandosi che, quando alla chiusura del bilancio sarebbe risultato
il guasto profondo fatto da tante follie nella situazione della casa,
il signor Minelli avrebbe fatto senno.

Ma s’ingannò. Minelli vide, fu malcontento, disse che bisognava fare,
che bisognava dire, che sperava anni migliori pel seguito.... ma che
quanto alle spese di casa era difficile ridurle.... Però avrebbe fatto
il possibile. Si capisce subito che non fece niente. La solita storia.
Non v’è alcuno di quelli che si rovinano, che non lo sappiano di
rovinarsi, eppure nessuno sa fermarsi a tempo e salvarsi. In che cosa
mai sperano?

Un fatto che avrebbe dovuto avere le più benefiche conseguenze per casa
Minelli, fu invece una cagione di nuove spese, e nulla più. Vogliamo
parlare del giorno in cui Maddalena mise alla luce una figlia.

Allora si vide alcun che di stranissimo in quella casa. Si festeggiò
la nascita con un ricevimento, in cui, fra confetti e vini di lusso, si
consumò in poche ore un capitale, si fecero brindisi innumerevoli alla
neonata, alla puerpera, vi furono dei versi sulle gioje della famiglia,
vi furono complimenti, abbracciamenti e baciucchiamenti senza fine per
il papà, per l’avventurata mamma, che il cielo aveva benedetti subito
regolarmente.... e poi, buona notte! l’indomani si mise la bambina
sulle braccia della nutrice, che partì, e non si parlò più di figlia nè
di gioje della famiglia, come se nulla fosse nato....!

Le varietà del genere _madre_ sono infinite.

Accenneremo solo delle seguenti:

Vi sono delle madri-nate che amerebbero i proprj figli anche se il
padre fosse la creatura più odiosa, anche se egli si fosse sottratto
colla fuga a qualsiasi responsabilità. — Vi sono delle donne che amano
i figli, perchè amano il marito — altre che si rassegnano a mantenerli,
perchè non si è potuto non averli e li educano perchè un giorno «ne
porteranno in casa» — altre infine che odiano la loro prole. Queste
ultime non sono donne, sono.... cimici.

Maddalena fu estremamente seccata quando sentì d’essere madre. «Perchè
avere dei figli?» si diceva. Nelle disposizioni in cui aveva preso
marito, e tutta simulazione e affettazione nelle sue tenerezze per
quell’uomo, del quale una sola cosa le premeva — «che spendesse per
lei» — ella non vedeva a cosa potessero servire dei figli.

L’istinto materno aveva forse esistito in lei, ma in tal caso era
stato ucciso in germe insieme all’amore per Giulio. Così ella era madre
come un bruto qualunque, anzi peggio, perchè aveva generato contro la
sua volontà. Questo non lo disse per convenienza, ma lo fece capire
quando dichiarò al marito che «non ne voleva più.» Ella voleva essere
libera. Ecco perchè, battezzata la figlia, la mandò alla campagna e ben
lontano.

Il marito diceva qualche volta: «Andiamo a trovare la nostra Silvia»
— «Sì.... andremo», rispondeva Maddalena, ma non si andava mai. Non
è a credere però che proprio nessuno pensasse alla povera Silvia. Oh!
ci pensavano i Papetti, che di tanto in tanto montavano in diligenza
e facevano le loro brave quaranta miglia per andar ad abbracciare la
bambina....

Ritornavano poi a dire cose meravigliose della sua bellezza e del suo
spirito.... ma non sgelavano nulla. Padre e madre avevano ben altro a
fare, come stiamo per vedere.

                                 * * *

Si può farne a meno dell’amore, nella vita, quando si hanno delle
ragioni per non volerne sapere, ma non si può trovare bella e neanche
sopportabile la propria casa se l’amore non vi regna.

Maddalena s’annojò tanto della casa conjugale negli ultimi mesi della
gestazione, che si propose, non appena avesse riacquistata la primiera
libertà di movimenti, di stare in casa il meno possibile.

E tenne, e la prima cosa che volle, tosto che potè uscire, fu non
pranzar più a domicilio. — Il marito sulle prime non ne voleva sapere,
poi cedette a malincuore, infine si abituò al nuovo genere di vita e fu
contento come di tutto il resto.

Questa innovazione malaugurata ebbe le più funeste conseguenze.

Primo, la casa da quel momento fu casa.... di nome. Non v’era attaccato
più niente. Casa volle dire solo: luogo dove si sta a dormire.

Secondo, il marito, che già nei primi mesi della seconda unione aveva
perduto alquanto della sua diligenza e attività — quando si prese
l’abitudine di pranzar fuori, a poco a poco finì col trascurar del
tutto i suoi interessi, perchè da principio si stava all’osteria un
pajo d’ore, e poi si arrivò a passarvi tutta la sera e quindi anche
parte della notte. Si giunse al punto che il tempo bastava appena per
smaltire a letto e per riempirsi di nuovo.

Un’abitudine poi ne genera delle altre, e, colle molte amicizie di
buontemponi che la vita all’osteria procurò a Minelli, egli prese
insensibilmente anche l’abitudine ai liquori e specialmente al
terribile _absinthe_.

Dopo pochi mesi di tal disordinare, non si riconosceva più in Minelli
l’uomo una volta robusto e pieno di vitalità. Già era cominciata
quell’incuria di sè stesso così propria della gente dedita al bere.
La barba incolta e brizzolata, gli abiti sempre gualciti, scuciti,
unti....; non si vedeva mai quando eran nuovi. Gli occhi imbambolati,
la persona accasciata, incapace di celeri movimenti. Solo quando aveva
trangugiato una dozzina di bicchierini di quelle infernali bevande....
aveva dei sussulti galvanici. Egli pareva rianimarsi allora, ma tosto
cascava addormentato col volto di tutti i colori. Risvegliatosi,
ricominciava per riaver qualche spirito.... e tosto ricadere.

— Perchè bevi così, Minelli? — gli diceva alle volte qualche amico,
dolente di vederlo compiere un lento suicidio.

— Bevo.... per mettermi in forza.... e per dimenticare.

— Che cosa dimenticare? i tuoi affari vanno a gonfie vele, tua moglie
ti vuol bene.

— Sì, è vero, ma ho bisogno di dimenticare.... capisci....? Bisogna
essere qui.... qui nel cuore! —

Nessuno ci capiva nulla, per cui si cominciò a dire che il povero
Minelli andava impazzando.

Che cosa mai aveva bisogno di dimenticare?

Eh! aveva bisogno di dimenticare la sua miseria fisica e morale, non
voleva vedere il dissesto de’ suoi affari, non voleva vedere la sua
imbecillità.

Egli voleva vedere una cosa sola.... sua moglie.... e sempre più
cresceva la sua passione per lei, perchè ella diveniva sempre più
magnifica. La vita dell’osteria le si confaceva!

La chiamavan già la «Minella dalle belle spalle.»

Aveva il volto freschissimo della prima gioventù e l’opulenza di
forme dei trent’anni. Era una di quelle bellezze che quando passano vi
strappano una bestemmia.

E Maddalena, colla sua influenza, avrebbe potuto salvare Minelli.
Perchè non lo fece?

Un giorno il padre e la madre le dissero:

— Guarda che tuo marito beve troppo.... lo dicono tutti.

— È un’esagerazione.... — rispose.

— Guarda che gli farà male....

— Ma che!

— Ma sì, quando si bevono tanti liquori, si muore abbruciati.... Bel
gusto sarebbe per te restar vedova così giovine. —

A queste parole ella ebbe un sorriso sinistro.... e scrollò le spalle.

Nero abisso in cui non vogliamo nemmeno lasciar cadere uno sguardo.

                                 * * *

Intanto il tarlo continuava il suo lavoro nella fortuna del merciajo.

La voce della sua negligenza, del suo dilapidare s’era sparsa — e,
nonostante gli sforzi del suo ragioniere, l’avviamento della sua
bottega ne soffriva. Tutti prima erano abituati a vedere il Minelli,
ed ora il Minelli non c’era mai o quasi — e quando c’era, pareva
stupido. Gli avventori si stancavano. Ad aggravare il male, s’aggiunse
una nuova piaga.... i giovani di negozio cominciarono a fare quel tal
mestiere.... cosicchè spesso avveniva che certi _articoli_, i quali non
erano mai stati venduti, non si trovassero più. Perchè? Ma come? Chi
è stato? Il ragioniere sbuffava, sgridava.... ma l’occhio e il braccio
del padrone mancavano e non c’era rimedio possibile.

                                 * * *

E che faceva Maddalena?

Un primo amore da ridere aveva fatto di lei una moglie, e quindi una
madre per ridere. Che le restava a fare? — Ridere. — Qual miglior modo
di divertirsi, che studiare quel mondo per lei affatto nuovo in cui
s’era trovata sbalestrata, quasi d’improvviso?

Quanto gliene aveva detto Severina era poco in confronto della vasta
scienza, e l’aveva messa in viva curiosità di imparare il resto.
D’altronde, avesse anche Severina potuto dirle tutto, altro è viaggiare
sui volumi dei viaggiatori, e altro è viaggiare colle proprie gambe....
toccare e vedere.

In poco tempo ne toccò e ne vide tante che il suo cervello ne fu
profondamente guasto. Vi sono degli individui che passano in mezzo a
tutte le immondezze e ai delitti senza soffrirne altro che un po’ di
noja alla vista e all’olfatto — vi son altri invece cui l’immondezza
e il delitto seducono, e non hanno ancor finito di vedere che già
sono immondezza essi medesimi o rei. — Altri infine si divertono e
imparano.... pel momento.... salvo poi il far più o meno loro pro di
quanto hanno appreso — a norma delle circostanze.

Maddalena era di questi ultimi.

Vedere, pigliar un gusto matto a studiare, a scoprire — e tener a mente.

E davvero aveva ragione di pigliarsi gusto. Nella sua posizione e colle
numerose amicizie d’ambo i sessi, di cui il matrimonio e la vita nuova
l’avevano circondata, ella poteva veder chiaro in tutto questo amalgama
stranissimo che si chiama «Società,» niuna classe esclusa.

L’osteria è una specie di lavatojo, in cui si mettono in evidenza tutte
le macchie della città e della provincia.

Non si smacchia mai nulla, è vero — ma in compenso, si scopron delle
macchie anche dove non ve ne sono.

Minelli aveva cominciato dall’esser solo colla moglie all’osteria,
poi vi si era aggiunto qualche amico, poi gli amici degli amici, in
modo che in poche settimane la sala o il _berceau_, sotto il quale, a
seconda del tempo, si pranzava, bastava appena per «Minelli e compagnia
bella.»

Fino alla frutta, di solito, tanto più se v’era qualche faccia nuova,
si conservava la bussola, si discorreva di cose di famiglia, di affari,
di politica, specialmente estera, perchè più facile, ecc., ecc., — poi,
a poco a poco, colle libazioni, il termometro saliva e veniva il resto,
il vero condimento del pranzo, la più gradita droga, il coronamento
dell’edificio, venivano cioè i discorsi lubrici.

Si cominciava dai doppj sensi, poi si passava ai sensi semplicissimi,
e quindi si mettevano sul tappeto la vita materiale conjugale e le
questioni analoghe in tutta la loro crudezza.

L’imprudenza dell’uno provocava l’accusa o le giustificazioni
dell’altro. Si udivano certi rimproveri che avrebbero fatto
arrossire.... un frate.... forse.... Si davano dei consigli che
avrebbero ispirato ad un legislatore, delle aggiunte al codice penale.
Si facevano dei paralleli.... a cui la storia era affatto estranea, ma
che commovevano — v’erano delle liriche ad un dio che nell’antichità si
vedeva da per tutto, e che ora si tien celato per render più saporito
il suo regno.... perchè egli impera sempre.... Oh! sì — v’era.....
v’era insomma la morale come veramente la intende il mondo.

Un marito, mostrando sua moglie, diceva: Ecco il mio _sacramento_ —
una moglie, parlando del marito assente, diceva: Oggi non c’è il mio
_matri_...., cercate fra i _moccoli_ la finale.... quanto a noi non la
scriviamo. L’amor conjugale si assicurava non esser possibile perchè
_è sempre quella minestra_. I figli, un imbarazzo che fanno diventar
brutta la donna e tolgono gli agi alla casa, anzi, precisamente che
impediscono di berne un bicchier di più.

Le mogli devono essere tanti mobili. I mariti sono copertoni,
ecc. Poi venivano le storielle dei barcajuoli, dei curati, dei
frati, delle monache, e si discorreva dei _porti di mare_ e delle
_famiglie-alberghi_, dove non si arriva mai tardi e si alloggia sempre
bene. Il tutto accompagnato da commenti, discussioni, miglioramenti di
testo....

V’erano dei momenti in cui si credeva di essere proprio.... in questo
mondo.

E la società non era cattiva, vedete.

Era quella che si trova.... da per tutto.

V’era Minelli, dunque, e altri merciaj. V’eran dei commissionarj, v’era
un parrucchiere _de la haute_, come diceva lui — un calzolajo del gran
_chic_.... per sua sventura, assicurava — un sarto molto ganimede
e ballante a cinquant’anni — v’eran degli impiegati senz’ordine e
con meno concetto, ecc., ecc., e v’erano, s’intende, le rispettive
consorti.

Nei giorni festivi, poi, la società era numerosissima. Venivan parenti
ed altri amici, fra i quali delle vecchie zitelle che non capivan mai
niente, e parlavan del loro gatto — delle vecchie vedove, e anche delle
maritate, che si facevan capire senza fatica — dei fanciulli d’ambo
i sessi, delle ragazze sboccianti, e delle ragazze già sbocciate alla
ricerca.... delle api.

V’eran dei giovani di primo, secondo e terzo pelo, che cercavano e
trovavano anche dei sollievi alle pene d’ogni età.

Prudenza non ve n’era mai troppa, ma quando i bambini morti di sonno
s’abbandonavano sulla tavola, e le sboccianti insieme a piccoli
tulipani di dodici, tredici anni vagavano fra le ombre a coglier
lucciole, e le sbocciate romanticamente passeggiavano in un vialetto
dove trovavan sempre qualche furtiva stretta.... di mano — allora nel
grosso della compagnia composta di gente spregiudicata, o, come dicasi,
«di mondo....» si alzava la gran cateratta e si dava la fuga alle
acque.... Ah! ah! che orgia spirituale!

Quanti argomenti saltavano in scena che di solito sono roba da medici
e da confessori! — quante confidenze in un orecchio.... che tutti
udivano! — quante proposte a bruciapelo accolte con schiaffi....
corretti da sorrisi. — E le vecchie e grasse comari, crivelli disusati,
avvinazzate, colle labbra grosse e nere pel bere, le guance pavonazze,
come se la godevano, come si scompisciavano dalle risa, asciugandosi
poi le lagrime della consolazione! Quanti altarini non si scoprivano!
— E il marito della tale era innamorato della fantesca, alla quale
portava il caffè la mattina, mentre era ancora a letto. — E la moglie
del tale aveva.... non occorre dir cosa.... — E il lusso di questa
costava tanto e tanto. — E quella buona massaja che aveva fatto la
fortuna di suo marito.... colla sola e dolce fatica di qualche sospiro!
— E quei due marito e moglie, che erano sempre in tre, al teatro, al
caffè, all’albergo.... a spese non del marito! — E quella bella signora
che si vedeva sempre così e colà, e che facendosi condurre al caffè dal
suo favorito, per non farlo sfigurare al momento di pagare, gli faceva
passare di sotto il tavolino il suo portamonete! — Un mercante diceva
delle raccomandazioni di certe signore, le quali non vogliono che il
marito veda tutto il conto: «Soltanto questo e questo e questo, gli
faccia vedere.... il resto lo pagherò poi io!! — Ih! ih! ih! faceva il
coro. —

Ma e la bella moglie di quel tal impiegato che lasciava i suoi ritratti
presso varie _buone conoscenze_, le quali, si incaricavano di far
nascere la ricerca dell’originale! — E non è la sola!.... gridava
taluno — io ho visto degli _album_! — Oh! bello! Oh! bello! — rigridava
il coro.

E naturalmente v’era gran varietà di soggetti. Non si limitavano alle
cose.... allegre. V’erano anche le tristi. Si parlava degli odj di
questa e di quella famiglia — del tal tentativo d’avvelenamento — di
certe enormezze incomprensibili — di usure inaudite — di ruberie a man
salva — di crudeltà consumate fra le mure domestiche — di infamie senza
nome — di mariti che trascurano e peggio moglie e figli, e si fanno
rovinare di borsa e di salute fuori di casa — di mogli che.... fanno
altrettanto....

Ma alfine bisognava pur muoversi e andarsene a casa. Bello spettacolo
quella marcia notturna! Pareva la ritirata da Mosca. Andavano a due, a
tre, a quattro, a uno.... Chi barcollava, chi s’appoggiava al muro, chi
correva, chi cantava.... tutto. — Chi urlava, chi bestemmiava.... Or
non si trovava più questo.... or non si vedeva più quella. Le ragazze
erano sempre davanti, molto davanti.... e mezzo stordite da un po’ di
vino e dalla veglia ascoltavan commosse le prime dolcezze e facevano
imprudentemente le prime concessioni.

Qualche moglie aveva suo marito indietro.... e intanto difendevasi
da qualche conquistatore.... ma difendevasi male.... e qualche volta,
nell’addio, v’era anche una non sempre tacita promessa.

Passando vicino a qualche coppia si udivano dei rimproveri.... e
guardandoli in faccia non si poteva dire avessero delle ragioni legali
per farsene.

Intanto la sparpagliata comitiva andava.... andava.

Chi entrava di qua, chi prendeva di là.... finchè restavano soli tre o
quattro molto cotti... che noi non seguiremo certo.

E le cose finivano forse là?

L’indomani cominciava la cronaca della notte. Un marito aveva battuto
la moglie — una moglie aveva battuto il marito — un marito aveva
costretta la moglie a fare, in camicia, il maneggio del fucile — un
fanciullo s’era rotto la testa — un giovinetto aveva sbagliato di piano
— .... un altro, di uscio, in casa propria — i tali erano così poco
ubbriachi che, dopo molte vicende notturne, ora erano tutti a letto
ammalati....

A lungo andare, in una compagnia come quella, raccogliticcia, senza
scelta, messa insieme proprio a casaccio, non potevan non nascere
intrighi, imbrogli d’ogni genere e se di quel che avvenne non si può
parlare per non mormorare del prossimo, si può dire però che vi furono
scene di gelosia — che vi furono ire di genitori.... Mariti e parenti
ingenui, i quali lasciavan ber smoderatamente mogli e fanciulle....
come se il vino potesse produrre nella donna effetti differenti da
quelli che produce nell’uomo!

Il solo che non diceva mai niente nè di nè a sua moglie era il buon
Minelli, il quale anzi la incoraggiava a bere, perchè quando ella aveva
il viso acceso e gli occhi, grazie a Bacco, più brillanti — gli occhi
di lui del pari alterati dal vino la trovavano ancor più affascinante.

Forse Minelli avrebbe rinunciato a compiacenze di tal genere, se il
liquido avesse fatto commettere delle sciocchezze a Maddalena, ma ella
era sempre la «tosa di bronzo» — non obbediva al vino, lo dominava.
Tanto è vero che in sei mesi, neppure la più piccola imprudenza si
poteva rimproverarle.

Ella si teneva sempre vicina al marito, sorrideva e rideva alle
licenze poetiche di tutti.... ma anche sollecitata non apportava il
suo contingente. Non era in pubblico ch’ella amava prodursi. Oh! nella
conversazione intima con qualche amica, era un altro pajo di maniche.

Allora ella diceva delle cose gustosissime.

Ma all’osteria, fra i fumi del vino e dello zigaro, quando si era
perduta ogni misura, esporsi come gli altri le pareva triviale.
L’immoralità le piaceva, ma piccante, di buon gusto, fina insomma.
L’allieva di Severina non poteva essere che così.

Avvicinandosi l’inverno, Maddalena pensava seriamente a quello che
farebbe in carnevale. Nel carnevale precedente non aveva potuto
ballare, a motivo della gravidanza — ma si ricordava d’aver giurato
allora a sè stessa di compensarsene ad usura nel prossimo inverno. Però
il mendicare inviti o il ballare nei teatri non le garbava punto.

Una cosa che le avrebbe molto piaciuto sarebbe stato il dar delle feste
in casa sua — ma l’angustia relativa dell’appartamento non permetteva
di pensarvi. Ed ella voleva divertirsi, ballare, e godere uno splendido
carnevale, senza noje, proprio colla perfetta libertà di cui avrebbe
fruito in casa. Come fare? — Subito fatto.

Una sera Minelli — suggeritrice la moglie — disse che la compagnia era
tanto buona che sarebbe stato un vero peccato il lasciarla disperdersi
nell’inverno.

Gli pareva che, essendo tanto numerosa, si potesse benissimo costituire
in Società per dare delle feste da ballo a sè stessa dal primo dicembre
alla fine del carnevale.

Maddalena aveva pensato e suggerito bene. Il progetto di Minelli fu
ricevuto con acclamazioni generali.

Otto giorni dopo la Società era costituita e lo statuto, steso da
un socio pratico di simili faccende, approvato e firmato. Minelli fu
eletto, per riconoscenza, presidente; la Società, in omaggio al gentil
sesso, fu denominata: _Delle belle donne_, e il primo dicembre si
apersero le sale, con tripudio generale.




Si ballava tre volte la settimana alla _Società delle belle donne_. Il
martedì e il giovedì, la veglia non si protraeva però oltre il tocco.
Il sabato solo, la festa durava fino all’alba vegnente.

Maddalena nelle prime feste si abbandonò con tutta la foga della sua
gioventù e robustezza in preda alla molteplice voluttà di turbinare
fra due braccia d’uomo a suon d’orchestra. Nuova voluttà per lei,
chè da quando aveva lasciato la scuola non aveva più mosso piede.
Era instancabile e stancava tutti. Eppure non era più pesante di una
piuma.... quando danzava.

Ma in capo a qualche settimana parve annoiarsi di quel trottolare. Non
aveva affatto estinto quella smania nel sangue di un moto continuo
e vertiginoso, ma siccome, man mano la stagione inoltrava, le feste
si facevan sempre più affollate, si finiva a ballare tutt’al più due
minuti ogni mezz’ora e a passar il resto in processione attraverso le
sale, sospirando, talora invano, altri due minuti — il che per lei era
ultra nojoso. Non avendo delle ragioni particolari per ballare ad ogni
costo, preferiva ritirarsi, con qualche amica, nel salotto giallo,
riservato appunto alla conversazione delle signore, e che Maddalena
chiamava la sua oasi. Infatti, essendo l’ultima delle sale sociali
ed avendo l’ingresso difeso da una spessa portiera, vi si godeva una
frescura, una quiete, un silenzio ch’erano un vero ristoro per chi
veniva dalle torride sale in cui ferveva la danza.

Là su quelle poltroncine presso quel tenue fuoco che scoppiettava
nel caminetto, coll’accompagnamento della sordina del gas, nasceva
spontanea la conversazione e si sentiva il bisogno delle confidenze.

Ma è difficile che alle signore, tanto più se belle, venga fatto di
restar sole.... Oltrechè la donna ha.... non sappiamo cos’ha.... ma
qualche cosa ha certo che attira l’uomo sulle sue orme, quel ritrarsi
così in disparte non poteva non destare sospetti e curiosità nei
signori uomini, che invasero ben presto il salotto giallo. Sulle
prime quelle signore n’ebbero stizza, ma dopo ci pigliarono diletto.
La conversazione di molte gentili persone dei due sessi, che avevano
a pensar solo a darsi buon tempo, se non era più intima, diveniva
certamente più animata ed arguta.

Nel salotto giallo si formavano dei gruppi e si scherzava amabilmente.
V’era un gruppo però che la vinceva sugli altri per numero e brio —
quello della presidentessa. Ella aveva saputo attorniarsi delle donne
più sapienti e degli uomini più scettici e più caustici.

All’intorno, come spettatori, v’era una schiera di giovinetti del
primo corso di galanteria, i quali non dicevano niente per rispetto
ai maestri, e che, con quei loro colli torti per l’attenzione e lo
stupore, e con quei visi imberbi senz’altra espressione fuor quella
delle cravattine bianche, facevan l’effetto delle foglie incurate che
circondano un mazzo di fiori.

Quanti frizzi! quanti razzi! quante scoperte filosofiche e anche
geografiche!

Ma ad alta voce si diceva quel che si può dire in una festa da ballo ad
alta voce. Quel che si usa dire a bassa voce non lo si diceva che dopo
cena, il sabato, fra quei quattro o cinque signori e signore dei più
matricolati.... nessun marito presente. Allora si diceva l’indicibile
con una grazia, un sapore, un buon gusto, che avrebbero deliziato
Fiammetta.... Quello era il campo d’azione di Maddalena.... ma noi non
possiamo, sgraziatamente, entrar in particolari, perchè erano tutta
gente discreta e non divulgavan nulla, nemmeno una parola!

                                 * * *

Si dice: _per ballare_, ma realmente le Società che si costituiscono
per ballare, si costituiscono _per amare_.

Non sofistichiamo sulla parola, che è molto elastica, e può significare
tutto quello che si vuole, e conveniamo che non può essere che
così. Come, infatti, supporre che gente bella, giovane, ardente, di
vario sesso, se ne stia insieme di frequente, per molte ore, volando
abbracciata, mangiando, bevendo, ridendo, discorrendo, in un’atmosfera
torrida, profumata.... godendo di tutte le voluttà dei cinque sensi,
— senza che l’anima prenda un po’ parte alle ebbrezze del corpo? Ora,
quando l’anima, ossia questo complesso di fantasia e di cuore, viene
riscaldata dalle fiammelle che si svolgono dagli spiriti accesi della
materia.... la prima cosa che fa: è _amare_. Preghiamo nuovamente di
non sofisticare.

Noi abbiamo tanto buona opinione della umanità, da assicurare che
riunendo a caso uomini e donne che non si sono mai veduti, e facendoli
mangiare, bere e ballare, dopo un’ora — qualche coppia anche più presto
— parleranno d’amore, e quindi.... Dunque è naturale che lo stesso
avvenisse nella _Società delle belle donne_ e con minore difficoltà,
perchè, meno un certo numero di socj nuovi, tutti i membri si
conoscevano, come sappiamo, da tempo — e perchè, qualche vincolo più o
meno poetico già esisteva o era desiato.

Il romanzo di alcune giovinette continuò colla speranza del _buon_
scioglimento, ossia conclusione — cominciò quello di altre — alcune
signore ancor oscillanti si decisero — altre che s’erano già decise
prima, mutarono avviso — questo non vuol dir che si pentirono! — altre,
invece, replicando una volta ancora la prova del fuoco, ne uscirono
illese, colla coscienza tranquilla, ma sospirose. Quanto a Maddalena,
lo si sapeva che non era una donna facile, ma non si credeva poi
che fosse una virtù di ferro, come mostrò di essere in mezzo a tante
seduzioni. I giovani più abili e fortunati in fatto di galanteria,
tentarono l’assalto.... e furono tutti sconfitti da’ suoi sorrisi
beffardi.

Nè le adulazioni, nè i sospiri, nè le offerte.... di un’anima! ecc....,
nulla le fece impressione. Tanti bellissimi giovani.... e nessuno fu
tanto avventurato da farle ripetere quelle famose parole: «Eccolo.... è
lui!»

Tale inqualificabile indifferenza sorprendeva i respinti, i quali,
pratici nel fare i conti sulle esigenze del sangue delle donne e sulle
solvibilità dei mariti, trovavano che ella avrebbe dovuto essere molto
esigente, perchè v’era poca solvibilità — ma era forza accontentarsi di
sorprendersi.

Se però Maddalena si mostrava indifferente per tutti i suddetti, non
mancava di divertirsi a suo modo. Il suo modo era quello di farsi
fare la corte dai giovinetti.... Ella godeva mezzo mondo vedendo i
loro ansiosi sguardi frugarla da per tutto, godeva destando sfrenati
desiderj, ch’ella incoraggiava con occhiate magnetiche e con parole
equivoche.... per poi.... udita una timida dichiarazione, liberarsi
con uno scoppio di riso.... o con un consiglio materno, che li faceva
diventar rossi rossi, sudare, fuggire.

Ma nessuno sapeva nulla di nessuno, perchè nessuno aveva.... alcun che
di buono a dire — e così Maddalena, alla sua età, passava per una donna
superiore, e Minelli pel marito più invidiabile.

Ed ella stessa si credeva invulnerabile, perchè insensibile, ed era
certa di poter continuare sempre a burlarsi degli uomini e a ridere
delle debolezze delle donne.

Ma invulnerabile ed insensibile non voglion dire inaccessibile!

Maddalena faceva i conti senza l’imprevedibile e specialmente senza sè
stessa.

Questo parrà strano, ma se fosse così, lo si vedrà.

                                 * * *

Una sera, dopo i primi valzer, in quel momento di confusione che nasce
in una sala da ballo allo svanir dell’ultima battuta, Maddalena sentì
toccarsi il braccio. Era un’amica che, con una delle solite smorfie:

— _Chérie_ — le disse — c’è qui il signor Soranzi, che desidera tanto
l’onore di conoscerti.

— Oh! l’onore è mio.... — rispose con accento di sorpresa
Maddalena, rivolgendosi e squadrando il giovine che s’inchinava
muto e arrossente.... Quando egli rilevò la fronte, e i loro occhi
s’incontrarono, un sorriso benevolo, quale di rado ella ne aveva per
gli uomini, le spuntò, e naturale, quasi affettuosa, continuò:

— Non siamo conoscenze nuove.... mi pare.

— Allora io sono perfettamente inutile qui — disse l’amica, ridendo —
ma.... mi raccomando! — e senz’attender altro li lasciò.

— Perchè vi siete fatto presentare....? — fe’ Maddalena, posando la
mano sul di lui braccio e segnandogli con un gesto grazioso la via da
tenersi.

— Era incerto sull’accoglienza che avreste potuto farmi.

— Che cosa temevate.... da una povera donna?

— Temeva che, a motivo di un certo incidente della mia vita.... mi
aveste mal giudicato e quindi tenuto il broncio.

— Oh!.... che idea!

— Se vi foste ritenuta offesa, però, n’avreste avuto tutte le
ragioni.... benchè io possa pienamente giustificarmi.

— Perchè doveva offendermi?

— Ma.... scusate — fece Oreste con sorriso stentato — quale effetto
produsse in voi....?

— Nessuno.... Cosa volevate mai che sentissi? Mi arriva una lettera
inattesa.... in cui un signore, che, sotto tutti i rapporti, io era ben
lontana dall’imaginare potesse occuparsi di me, mi dice che....

— Che vi ama!

— Sì.... al tempo imperfetto.... adesso è imperfetto.... già! Sss....
ora parlo io.... Ecco la mia oasi, sediamo qui, se non vi spiace. Ma
forse voi avete degli _impegni_, chi sa quante signore vi aspettano con
impazienza....

— Nessuna m’aspetta, perchè io sono venuto solo per voi....

— Ah! ah! ah!

— Non credete?

— Credo.... credo.... Torniamo al nostro discorso.... Che vi diceva?
ah! dunque.... ricevo una lettera inattesa....; mio padre la prende e
va per sapere se quello che c’è scritto sta bene — gli rispondono che
sta male.... Cosa volete mai che pensi io?.... penso che chi ha scritto
è stato un po’.... troppo giovine.... e buona notte! Tutto è avvenuto
così telegraficamente che non ha lasciato traccia.... Davvero, m’è
parso un gioco di prestigio. Eccolo qua.... marcia, sparisci.... non
c’è più! ah! ah!

— Nemmeno una punta di rammarico....?

— Ora non posso dirvi nè sì nè no. Se vi dico che la punta c’era....
faccio torto a mio marito.... se vi dico che non c’era.... vi
dispiace.... vedete quindi.... —

Il giovine stette qualche momento sopra pensiero e mesto, poi mormorò:

— Pensare che per pochi mesi soltanto vi ho perduta per sempre!

— Non capisco.... ma forse è meglio.... e a che gioverebbe poi
capire?.... Ritorniamo in sala?

— No, lasciatemi dirvi solo questo..... Ho bisogno d’essere
perfettamente giustificato ai vostri occhi..... Via, siate buona,
vi chiedo così poco! — Quando io vi scrissi quella lettera....
credetelo.... io vi amava perdutamente.... È inutile che io vi
riferisca la scena violenta che ebbi con mio padre... potete
imaginarvela... Dovetti cedere! E come non cedere, quando egli minacciò
di rinnegarmi piuttosto che riconoscervi per mia moglie?

— Ah! è lusinghiero per me! — disse gajamente Maddalena.

— Non dovete offendervene.... ogni padre ha le sue idee fisse e non
crede alla bontà delle idee dei figli, i quali, secondo i genitori,
mancano sempre d’esperienza quando vogliono agire per impulso di cuore.
— Il suo rifiuto, del resto, non implicava una opinione sfavorevole a
vostro riguardo.

— Voglio ben crederlo.

— Ah! sì, credetelo.... tanto è vero.... ma questo ve lo dirò dopo.
— M’era proibito di allontanarmi dall’università.... ero angustiato
dagli studj.... non potei fare alcun passo verso di voi. D’altronde,
dopo quel colpo di testa che doveva parervi ben ridicolo, come avere il
coraggio di farsi vedere? — Erano scorsi pochi giorni, quando mio padre
mi diede la notizia del vostro prossimo matrimonio.... Non vi dico che
ho pianto.... perchè ridereste.... —

La voce d’Oreste, già tremolante, si spense, ed egli chinò il capo
vergognando della sua debolezza. Il suo racconto era stato detto con
un accento così ingenuo e sincero, che Maddalena quasi per sorpresa
ne era stata interessata, e quando lo vide come avvilito, gli disse
cordialmente, per toglierlo d’imbarazzo:

— E come mai non vi ho più veduto in tutto questo tempo?

— Se non aveste preso marito, io, finiti gli studj, avrei fatto tutti
gli sforzi per piegare la volontà di mio padre. E vi sarei riuscito.
Avevo il mio progetto e buono! Anche un figlio può minacciare.... basta
la minaccia di perdersi! Ma quando seppi che vi maritavate... ricevetti
tal colpo che durai fatica a rimettermi un po’ d’ordine nel cervello.
Senza l’incubo dell’ultima prova all’università.... che per me voleva
dire onore o ridicolo eterno.... non so che avrei fatto! Potete pensare
se, finiti gli studj, pensassi pure a toccare questa città.... Viaggiai
qualche mese. Quindi, allorchè bisognò pensare al ritorno, tremando
all’idea di rivedervi dalle mie finestre, felice con un altro, e di
essere un oggetto di derisione per voi....

— Via....

— Scrissi a mio padre che desideravo si traslocasse....

— Ah! ecco il perchè....

— Sì.... abbiamo una casa presso la stazione, siamo andati ad abitar
là. Ma allora, quando tornai, sentii subito che non bastava.... era
ancor troppo vicino a voi.... e dissi che voleva passar l’inverno in
campagna. I miei genitori mi seguirono.... essi comprendevano molto
bene lo stato dell’animo mio. Dopo l’inverno, venne la primavera....
seguì l’estate.... e nessuno pensava a ritornare, quando una sventura
ci obbligò a lasciar la campagna. Mio padre, che soffriva, già da
qualche anno, d’oftalmia, per un aggravamento improvviso, correva
pericolo di restar cieco.... Si tornò quindi in città per aver a nostra
disposizione i migliori professori.... Ma tutte le cure possibili
giovarono a nulla....

— Cieco?

— Non precisamente, ma la sua vista è affievolita in modo che non può
occuparsi di niente. Ora, tutti gli interessi di casa sono affidati
a me. Quel che volevo dirvi poc’anzi è questo: Ora che mio padre è
ridotto in così triste stato.... è un altro uomo. Mentre, prima, mi
ha sempre distolto da ogni idea conjugale, ora egli vorrebbe che io
prendessi moglie, perchè sente che il chiasso e le carezze dei bambini
sarebbero per lui un immenso conforto. Non è egli vero che se voi oggi
foste ancora libera, io potrei farvi mia ed appagare il vivo desiderio
di mio padre?

— Ma egli m’ha rifiutata una volta per ragioni d’interesse.... e mi
rifiuterebbe ancora.

— Non v’ho detto ch’è un altro uomo adesso? Basti dirvi che un giorno
in cui mi pregava appunto di prender moglie, avendogli io risposto: —
Perchè non me l’hai lasciata prendere allora.... Saremmo tutti felici!
— Ma! sospirò.... allora non prevedeva.... e poi era così persuaso che
il tuo amore fosse un puro capriccio giovanile, che ho voluto salvarti
da un tardo pentimento. — E se adesso potessi ancora sposarla? — È un
discorso inutile questo.... ma se tu trovi una brava ragazza.... sia
anche senza un soldo.... purchè piaccia a te, sposala! — Non vi pare,
Maddalena, che questo sia parlar chiaro?

— Sì — fe’ Maddalena ridendo — ma, come dice vostro padre, adesso sono
discorsi inutili. — Ora ditemi un po’, come mai vi trovate su questa
festa?

— Il marito della signora che mi ha presentato è mio amico. L’altra
sera discorrendosi, al caffè, del carnevale, mi ha invitato ad
_onorare_ queste feste!.... — Ci sono belle donne?.... ho domandato
ridendo. — Diavolo, è la _Società delle belle donne_! Abbiamo.... mia
moglie.... abbiamo la signora Minelli.... — Non bastava sapere che
v’eravate voi....?

— Non era una ragione.

— Ma diventò una ragione quando mi disse che dopo il vostro
matrimonio eravate divenuta ancor più bella. Siccome questo mi pareva
impossibile.... ho voluto accertarmene.

— Ah! ah! non vi domando se è vero.

— Perchè lo sapete.... Sentite, Maddalena!

— Sss! — ecco mio marito. — Paolo.... — continuò rivolta a lui che
entrava, facendogli cenno d’avvicinarsi.

Minelli andò a lei lentamente.... e Oreste lo guardava con dolorosa
sorpresa — non lo raffigurava più.

Le lunghe, troppo frequenti veglie e i nuovi disordini del carnevale
avevano dato un forte crollo al disgraziato. Sembrava un cencio. Curvo,
cascante, la faccia angolosa, la pelle giallastra con certi tocchi
verdi che dovevan far fremere una donna. Le orecchie senza sangue,
parevano essere state staccate e poscia male appiccicate.

Era cosa miseranda veder quell’ombra d’uomo, balbuziente, coll’aria
imbecillita, venir offrirsi al confronto, colla balda e aitante
consorte.

— Ho il piacere di presentarti il signor Oreste Soranzi.... — fe’
Maddalena.

— Ah! piacere.... — biascicò Paolo, con un inchino sur un fianco.

— Lo conoscerai.... È il padrone della casa in cui ha sempre abitato la
mia famiglia....

— Ah! vedo.... infatti, adesso mi ricordo. Ma.... è un pezzo che non lo
vedo.... Oh! se è un pezzo.... Sicuro.... ma che bel giovinotto s’è....
s’è fatto.

— Mi diceva che il suo povero papà ha quasi perduta la vista.

— Ohi mi rincresce.... proprio. Che lo saluti tanto il papà.... e
anche la mamma.... Oh! venivano sempre in negozio.... E si balla.... si
balla? Bravo.... Bravo.... a ben ri.... rivederla. — E cacciatasi una
mano in una tasca delle falde.... lentamente s’allontanò.

Quando Minelli fu uscito, Oreste guardò fisso, con intenzione,
Maddalena, la quale sorrise.

— Ho paura che.... — cominciò egli, ma fermandosi tosto già pentito.

— Di che cosa?

— Ve lo dirò un giorno.... se ve lo dirò....; ora è troppo presto.

— Va bene.... sentiremo anche questa....

— Signora Minelli — entrò a dire una voce da basso profondo — vuol
favorirmi per la quadriglia....? è promessa, se se ne ricorda....

— Scusi, signor Soranzi, la quadriglia mi chiama.... Eccomi, signor
Tabarini.... —

                                 * * *

Quella sera — martedì — la festa fu breve, e Soranzi non potè dir altro
a Maddalena. Contro il solito, essa ballò sempre.

                                 * * *

                    _Pensieri notturni di Maddalena
                       dopo quel primo incontro._

Cosa voleva dire Soranzi colle parole: «Ho paura che....?» Che non
mi crede felice o che presto dovrò restar vedova? Forse una cosa e
l’altra.... Sarebbe un secondo marito conveniente Soranzi.... Ma lo
sposerei io? — È ricco, ha modi da gentiluomo, è simpatico, n’ho sempre
sentito dire un gran bene fin dall’infanzia.... ma non mi seduce....
Diciamo però la verità.... chi mai potrebbe adesso farmi perdere il
cervello....? Se Giulio fosse stato Soranzi o se Soranzi fosse Giulio,
quale felicità.... Maledetto Giulio....

                                 * * *

                   _Pensieri come sopra di Soranzi._

Un pensiero solo espresso da una parola sola ripetuta e vegliando e
dormendo male: _Maddalena!_

                                 * * *

Soranzi non mancava mai ai festini della Società, e tutti dovettero
accorgersi che egli vi veniva per l’unico scopo di trovarsi con
Maddalena.

I giovinotti e i giovinetti noncurati, allora cominciarono a guardar
in cagnesco quel signore che non conoscevano, il quale aveva avuto
semplicemente a mostrarsi per assorbire tutta l’attenzione di Maddalena
e — quel che era orribile a pensarci — fors’anche le di lei simpatie
— perchè le loro sedute a due erano d’una frequenza e d’una lunghezza
tali da permettere di sospettarlo. — Dunque egli aveva dello spirito?
— Però, pensavano che le cose non potevano essere _serie_.... perchè
nessun atto, nessun detto meno che conveniente non era mai stato
notato, neanche dai più indiscreti. — E tuttavia che si dicevano di
così interessante da poter trovar piacere a star insieme tanto a lungo?
— E quel Minelli che non ci trovava niente di male!

Maddalena, non solo non si curava di quello che si diceva e che non
ignorava, perchè o la gelosia dell’uno o la malignità dell’altro glielo
avevan lasciato capire — ma pareva facesse a bella posta di tutto per
inasprire peggio e gelosi e maligni.

Tuttavia Soranzi non progrediva di un punto nella conquista di
Maddalena. Ella lo lasciava discorrere di tutto, anche dell’amore in
generale, ma quando egli toccava quel tal tasto.... ella faceva deviare
il discorso. S’egli insisteva, ella scherzava — e una volta ch’ella
volle lasciarsi costringere ad udire una dichiarazione formale, rispose
seriamente una parola sola e glaciale: — Impossibile!

— Ebbene! — fe’ egli esasperato. — Sia pure impossibile...! Io vi amerò
egualmente, perchè non posso vivere che a questa condizione. Avete
capito? —

Ella non disse nulla, gli lanciò un’occhiata fra lo spaventato e il
giojoso, che dovette lasciargli intravedere un lembo di cielo.... e non
si lasciò più avvicinare per tutta la sera.


Coricandosi poi e pensando a quella escandescenza, Maddalena rideva
mormorando fra sè: — Se io resto vedova stasera.... Soranzi mi sposa
domani! —

Un sospiro del marito giù assonnato attrasse il di lei sguardo su di
lui. Allora ebbe un moto di nausea e d’odio, e mormorò ancora: — È una
posizione pagata a caro prezzo la mia.... Se.... il Signore volesse
ricordarsi di me.... non sarebbe tempo? —

Frattanto finiamo d’avviluppare Soranzi.... perchè si sposa una
fanciulla, si può corteggiarla maritata.... ma si può non volerla
vedova.... Ora con Maddalena non si scherza più!

                                 * * *

Soranzi non le fece più alcuna dichiarazione, temendo guastare. Egli
si teneva certo, del resto, che un giorno o l’altro ella gli avrebbe
corrisposto. Questione di tempo. Una donna come Maddalena non poteva
non amare. Si vedeva che affettava indifferenza, che cercava nelle
distrazioni mondane il mezzo di stordirsi, e rideva perchè troppo fiera
per far la vittima, per mostrarsi crudelmente disillusa, disgustata
di quel matrimonio contratto per inesperienza. — Ma un giorno doveva
venire, in cui la sua pazienza sarebbe esaurita, in cui il suo cuore
sentirebbe prepotente, invincibile il bisogno d’amare e d’essere amata.
Allora egli sarebbe là.... e la salverebbe. Sì, perchè al suo amore,
Soranzi annetteva anche una missione morale. Gli pareva che dandosi
ad un altro ella cadrebbe nel fango — mentre, affidandosi a lui, ella
sarebbe salva! — È la morale degli uomini innamorati sul serio.... e
anche di quegli altri.




Avvicinandosi la fine del carnevale, a qualche membro della _Società
delle belle donne_, che faceva parte anche di un’altra Società danzante
detta _Dei brutti uomini_ — tanto per poter gettar sei notti per
settimana in luogo di tre _sole_ — venne in mente di proporre che
le due Società avessero a fondersi, per dare unite, nella settimana
grassa, una festa da ballo _monstre_.

Le due Società rivaleggiavano quell’inverno a chi dava le più splendide
feste.

Se i membri dell’una si ritenevano, in buona fede, il fiore dei
ballerini della borghesia — i membri dell’altra si proclamavano la
_crème del bon ton_.

Riconoscendosi degne l’una dell’altra, la proposta fu accolta con
entusiasmo da ambe le parti, e venne fissato il mercoledì grasso per
la festa della fusione o dei _fusi_ o dei _confusi_, come dissero i
soliti spiritosi — festa che fu, secondo le previsioni, affollatissima,
elegantissima, ecc., ecc.

Noi ne faremmo la descrizione, se non l’avesse già fatta allora,
subito, l’indomani, un compiacente e riconoscente cronista, il quale
pagò la sua porzione.... sproporzionata di _buffet_, col mettere
nel suo foglio l’iniziale del nome di tutte le belle donne....,
enormità che ebbe per conseguenza una scissura terribile fra le belle
e le brutte — con qual delizia dei mariti o in qualsiasi altro modo
congiunti, lo dicano quelli che hanno provato le strida dell’orgoglio
d’una bella offesa o le atrabiliari, cavernose, tragiche declamazioni
d’una brutta conculcata!

Ma nè festa nè scissura ci interessano punto. Quel che ci preme è
seguir Maddalena, ossia avvicinarci a lei.

È una sera che segnerà una gran data nella vita sua e di altri — non si
può perderla di vista un solo istante.

Eccola nel solito salotto giallo, attorniata dalla sua corte maschile
che pende dalle di lei labbra. — Ella ha già dichiarato che non
ballerà, perchè s’è fatta male a un piede, l’ultima festa — e perciò
s’è messo un abito di velluto nero.

Ah! quell’abito di velluto nero.... ossia.... Insomma, il tutto insieme
di Maddalena quella sera.... fece un gran male!

Era proprio la _toilette_ che più conveniva al suo genere di bellezza
e che ne faceva spiccare tutte le rare qualità, come non mai in alcuna
delle feste precedenti — anche perchè era la prima volta ch’ella veniva
scollata.... fino a quel _punto_.

Era il non _plus-ultra_ dell’arte di offrire e dì celare quei
tesori.... che in questo mondo fanno sprecare tanti tesori...

Su quel seno alabastrino, d’una freschezza che faceva pensare ad una
neve rosea, la luce, piovendo dalle lumiere, giocava per mostrare delle
trasparenze azzurrine. I suoi capelli avevano delle fosforescenze che
parevan dire: — Baciate qui!.... — e tutta lei un profumo che faceva
piegar le ginocchia.

Gli uomini, guardandola, strabuzzavano e mandavano dei sospiri,
mormorando: — Ci vuol pazienza! — e le donne, facendo dei confronti fra
loro e lei, sorridevano del sorriso stereotipo delle feste da ballo —
e se alcuno vantava le bellezze di lei, il miele che usciva dalle loro
labbra, era sempre miele.... ma pareva avesse un po’ sofferto.

                                 * * *

Chi soffriva più di tutti a quella vista era Oreste, che, appoggiato
al caminetto, contemplava, pallido per l’emozione, Maddalena, la quale
sembrava non l’avesse ancora veduto. Egli attendeva con intollerabile
pazienza che la festa cominciasse, per poter avvicinarsi a lei. Non
voleva confondersi nella folla di quegli adoratori.... perchè, quella
sera, l’impressione di tanta beltà, sotto un aspetto nuovo, era
stata così forte, ch’egli vaneggiava fra sè.... e voleva rinnovare
l’attacco.... minacciandola di uccidersi se ella perdurasse a non aver
pietà di lui. —

— Ma andatevene una volta! — gridava egli mentalmente a tutta
quella gente — andatevene, se non volete che io commetta qualche
eccesso....! —

Finalmente egli fu esaudito.... Giungeva la prima onda di lontane
armonie. Una _polka_ apriva la festa.

I cortigiani s’inchinarono a Maddalena per correre sul campo di
battaglia, ed ella restò sola fra due giovinetti di mezzo pelo.

Allora, guardato l’uno e poi guardato l’altro, sbadigliò.

— Oh! — fece, dopo, mostrando avvedersi proprio in quel punto della
presenza di Soranzi, e sorridendogli con un lieve moto d’invito. — Egli
comprese e mosse verso di lei.... — I due giovinetti compresero del
pari e mossero verso l’uscita, maledicendo all’importuno.

— Proprio adesso — dicevano — che si poteva.... nossignori!.... —

Oreste sedè a fianco di Maddalena, e, prendendole la mano, mormorò con
voce tremante:

— Finalmente!.... —

Ella lo guardò seria, poi distolse gli occhi da lui e stette pensosa.

Pareva turbata.

Era il caldo più sensibile del solito? era il suo stesso profumo....
sempre quel profumo? era l’effetto d’una musica eccitante udita da
lungi, in quel silenzio? era un subitaneo moto del sangue ardente, che
si faceva giuoco dei di lei propositi.... o era abilità?

Probabilmente pensava solo a quello che voleva dire e udire, e perciò
dimenticava sempre la sua mano in quella di lui.

Ma quando una più forte pressione la fece accorta di tale dimenticanza,
si riscosse, parve sorpresa di quell’istante d’abbandono, tornò la
Maddalena delle altre sere, ritirò la mano, e, ridendo, disse:

— Alle volte non si sa proprio quello che si fa....

— Ecco, vi siete già pentita di avermi reso, un momento, felice.

— Come! eravate felice?

— Non vi amo io forse....? E quando si ama, non si è felici per uno
sguardo, per una stretta di mano?

— Siete poco esigente.

— Non mi permettete di più.

— Che cosa volete mai....? No.... basta! non voglio che parliate.

— Ma no.... sentite.

— Se dite una sola parola, me ne vado.

— Ed io voglio che m’ascoltiate! — egli le aveva afferrato un braccio,
ma non era necessario. Ella aveva allora finito di convincersi che non
era un semplice capriccio l’amore confessato da Oreste; e quella sera
sentiva, per lo meno, la curiosità di un linguaggio ispirato dalla
passione.

— Ascolto.... — disse freddamente, fingendosi offesa da quella violenza
a cui ella pareva assoggettarsi per pura prudenza; e ascoltò cogli
occhi al suolo, immota.

— Sentite, Maddalena, io sono stanco di vivere a questo modo. Voi
dite che non potete amare.... vi fate beffe di tutti, ridete vedendo
quali sentimenti ispirate.... è verissimo; ma io non credo che voi non
possiate amare.

— Amo mio marito.... — disse seccamente Maddalena.

— No....! —

Si guardarono, egli cogli occhi lampeggianti.... ella peggio che
sdegnata, sdegnosa. Dopo una breve pausa, in cui Oreste mise alla
tortura il cervello per trovare la maniera di animare quella statua,
ripigliò:

— Voi non amate nessuno ancora.... tutti lo sanno; ma questo è solo
perchè non credete ad alcuno. Quando troverete uno che sappia.... che
possa convincervi della veracità della sua passione, voi lo amerete!
Ebbene.... che cosa volete che si faccia per convincervi?.... andiamo!
qual prova pretendete da me?

— Io non pretendo niente.

— Guardate, Maddalena, che qualche giorno voi mi ridurrete alla
disperazione! — ma tosto calmandosi con uno sforzo, supplicò:

— Via, siate buona.... ditemi.... che cosa devo fare per meritare il
vostro amore.... Voi diffidate.... voi temete che, appagato ciò che si
chiama capriccio.... io non v’abbandoni! Come mi giudicate male....!
Guardate se non è vero.... Volete lasciare vostro marito....? volete
che partiamo....? Dettate le vostre condizioni.... Tutto io accetterò
ciecamente.... Ma non fatemi soffrire di più!

— Amo mio marito.

— Amate vostro marito.... e m’ascoltate!? — gridò Oreste quasi fuori di
sè....

— M’avete trattenuta.

— Maddalena.... voi non avete cuore....

— Io non avrei cuore.... se vi amassi.

— Ma perchè.... perchè?

— Perchè il mio amore vi sarebbe fatale.

— E sia fatale!... mi faccia morire! morirò almeno per avervi
posseduta.... non perchè forzato a rinunciare a voi!

— Addio. — Ella s’alzava.

— No.... non voglio. — Oreste la tratteneva di nuovo.

— Md voi mi compromettete!... guardate! —

Qualcuno era dietro la portiera, la quale oscillava.

Maddalena si diede subito un contegno, fingendo abbottonarsi i guanti.
Intanto Oreste mormorava: — Perdono! — ed ella rispondeva affettuosa e
sorridente: — Siate savio adesso! —

Qualcuno era entrato, e quando Maddalena, al fruscìo de’ passi sul
tappeto, alzò lo sguardo, trasalì suo malgrado....

Ritto, appoggiato al caminetto, riconobbe Giulio. — Giulio di fronte a
lei, che la mirava sogghignando.

Oreste s’accorse del moto di Maddalena, e guardò a sua volta
quell’individuo.

— Ah! vedo — fece egli piano a Maddalena — lo conoscete?

— Io.... no.... cioè, non ho alcun rapporto con lui, ma lo conosco di
vista.

— L’avete veduto forse presso quella vostra amica Severina....

— Appunto.

— Lo credevate anche voi suo fratello?

— Sì.... sicuro.... come mai avrei potuto dubitarne....? Ma perchè mi
fate questa domanda?

— Perchè.... ora è suo marito.

— Ah! sì....? — e Maddalena pensò con rammarico alla sua vendetta non
riuscita.

— Sì.... ma....

— Ma cosa?

— Ma la maldicenza vuole ch’egli abbia fatto un matrimonio di
speculazione.... tutto quello che si può dire di speculazione.... nel
senso spregevole. Capite?

— Non è difficile.

— Voi ne dovreste saper qualche cosa.

— Io ho avuto solo una brevissima relazione con Severina. Ai miei
parenti non piaceva che la frequentassi; dicevano che non era
un’amicizia conveniente.... non so poi perchè.

— E voi che pensate di quella donna?

— Era una donna gentile.

— Ma la vostra opinione quanto a carattere?

— Non saprei.... La sola impressione che io ne ho conservata è quella
delle sue gentilezze.... ma, come v’ho detto, l’ho conosciuta così
poco.

— Non avete domandato ai vostri genitori la ragione della loro
contrarietà?

— Sì.... M’hanno detto che una donna, la quale non ha occupazione di
sorta e ama il lusso, non è una buona amicizia.

— E dopo il vostro matrimonio non l’avete più veduta?

— No.... Ma si potrebbe sapere perchè v’interessate tanto per....?

— Ve lo dirò un giorno....! — fe’ Oreste coll’accento di chi ha provato
una bella soddisfazione.

— Ecco un’altra cosa che mi direte un giorno.... Io voglio sperare che
ne verrà una terza e poi una quarta....

— Certo.

— Quando?

— Un giorno.

— Brutto cattivo.... Oh! egli s’è seduto.... Allontanatevi un momento.
Forse si ferma semplicemente perchè sospetta.... Quando sarete uscito,
s’allontanerà. Del resto, a minuti vi sarà il riposo.... ed è meglio
che non ci trovino ancor insieme.

— Vi obbedisco.... —

E Oreste, che s’era alzato, s’inchinò ed uscì.

                                 * * *

Maddalena, al moversi di Oreste, lanciò un’occhiata alla sfuggita a
Giulio per scoprire sul suo volto se v’era o no qualche sospetto. —
Quale non fu la sua ira nel vedervi, e ancor più beffardo, il sogghigno
di prima!

Offesa, volle respingere l’insulto coll’insulto, e al sogghigno oppose
un’espressione di sprezzo, con cui le pareva di doverlo annientare.

Fu un’imprudenza.

Giulio non capì l’espressione, vide solo uno sguardo insistente,
e pensando che Maddalena avesse allontanato Oreste per far posto a
lui.... con fatuo sorriso e con una cert’aria di degnazione mosse verso
lei.... ma fu un tantino sorpreso quando la vide alzarsi tutta seria e
avviarsi verso l’uscio....

— Maddalena.... — pregò egli allora — Maddalena!

— Maddalena?.... — fece ella rivolgendosi rapidamente come punta da uno
spino, guardandolo fredda e severa.

— Sì, Maddalena! — rispose egli insinuante, — che ha troppo spirito per
non perdonare un peccato veniale di gioventù.

— Mi direste questo davanti a vostra moglie?

— Oh! mia moglie!... — L’ebete, triviale sorriso di Giulio nel dir
questo, sarebbe stato una rivelazione per Maddalena, quand’anche ella
avesse ignorato la abbiettezza di quei due esseri.

Ella guardò quell’uomo che aveva tanto amato, e pensò: — Se mai io
non avessi scoperto ed egli mi avesse sposata, chi sa cosa m’avrebbe
proposto.... o imposto, un giorno! —

— Facciamo la pace adunque?.... — e così dicendo, tutto mellifluo
s’avanzò d’un passo, stendendole la destra.

Maddalena si ritrasse di due, il suo volto esprimeva ribrezzo — e disse
vibrata:

— Vi proibisco non solo di avvicinarmi, ma anche di lasciar capire in
alcun modo, sulla festa, che voi mi conoscete.... altrimenti, guai!

— Guai.... che cosa? — fe’ una voce alle di lei spalle.

Era Oreste che rientrava e che si fermò sorpreso, incerto, a guardar
l’uno e l’altra.

Cattiva consigliera fu l’ira a Maddalena in quel punto. Ella non seppe
trattenersi, e rivolgendosi a Oreste, gli disse piano con vivacità:

— Ve lo raccomando!

— Ah! — esclamò Oreste, e guardò Giulio con espressione derisoria.

Giulio si fe’ smorto, e volendo punire Maddalena del suo scherno —
disse umilmente, con sorriso maligno:

— Signora.... se Ella vuol aver la gentilezza di ricordarsene.... noi
siamo due vecchie conoscenze.... due buoni amici.... —

Maddalena tremò.... Che stava per avvenire? — Oreste la interrogava
collo sguardo, in attesa d’una parola, d’un cenno, per farla finita
con quel villano. Ella sentiva che il cuore di lui batteva con estrema
violenza, e questo accresceva il di lei timore.

— Non se ne ricorda proprio più? — continuò Giulio col medesimo sorriso.

Maddalena si strinse al braccio di Oreste, quasi implorando ajuto.

— Pare di no!.... — proruppe Oreste con accento provocante.

— È forse Lei che glielo vieta? — domandò Giulio sempre nel medesimo
tuono.

— Oh! oh! mi pare che basti la signora — ribattè Oreste con uno scoppio
di riso.

Giulio si morse le labbra, e preso un atteggiamento da bravo, disse:

— Scusi.... vorrebbe favorire un minuto?

— Due, se crede.

— Per carità.... prudenza! — supplicò Maddalena.

— Non temete.... si tratta di voi.... e non vi saranno certamente
scandali.... —

Maddalena li seguì collo sguardo tutta tremante.... Non temeva più per
sè, dopo le parole di Oreste.

In quel momento il suo cuore aveva un primo palpito — temeva per
lui.... e la folla dei suoi adoratori che, finita la _polka_,
allora tornava presso di lei, la trovò poco disposta alla ciarla e
straordinariamente grave.

                                 * * *

Se il lettore crede che Giulio volesse sfidare Oreste, si sbaglia.
Egli voleva anzi comporre quel principio di litigio e dando una
lezione a Maddalena, e all’amico, togliere, anche per l’avvenire, ogni
possibilità di nuovi screzj con lui — perchè egli amava la sua pace.

Aveva preso per un istante l’aria da Rodomonte, perchè v’era presente
una donna, ma non ci teneva affatto a passare per un accattabrighe. —
Perciò bisognava commettere una bassezza, ma a lui non pareva tale,
e d’altronde non era quello che potesse imbarazzarlo. Non sì tosto
fu uscito dal salotto giallo, che la sua fierezza rientrò — ed egli
prese invece un’aria fra il filosofo, o uomo di mondo, e il protettore,
che sta per dare una lezione di _savoir vivre_ a un povero ingenuo. —
Cacciò i pollici nelle taschine del corpetto, lasciando fuori le altre
tre dita a battere il tamburo, e cominciò:

— Senta.... può essere una soddisfazione per la vanità d’una signora
il far nascere una contesa fra due galantuomini.... (Ad Oreste, questa
imparzialità, questa indistinzione, suonò poco gradevole).... ma
quanto a me, dichiaro che.... pel rispetto dovuto alla vita umana....
per risparmiare a mia moglie il dolore di restar vedova, e ai di lei
genitori quello di perdere un figlio.... — Ella è il signor Soranzi....
non è vero? Ella non si ricorderà di me, ma io mi ricordo di Lei....
— Dunque, per tornare al nostro discorso.... sediamo qui, se non Le
spiace, così non saremo disturbati.... — erano nella sala da giuoco
ancor vuota. — Per continuare, diceva, La prego di ascoltarmi con
perfetta calma. Quanto Le dirò non Le andrà molto a sangue.... oh! lo
so!.... il togliere le illusioni sur una donna che.... per la quale ci
interessiamo.... torna assai disaggradevole.... ma.... ma noi dobbiamo
pensare che siamo in questo mondo.... e che v’è una sorpresa ad ogni
piè sospinto. Però.... creda a me.... che forse ho vissuto più di
Lei.... ho mangiato un patrimonio! — creda, dico, che il meglio che
si può fare è di viver sempre nel disinganno proprio, e senza alcuna
illusione sulle donne. Allora le donne si possono gustare per quel che
sono e non per quello che noi sogniamo che siano.... e che non possono
essere.... almeno, in genere, mi risulta questo....

— Ma.... — interruppe Oreste, che, durante tal preambolo, era passato
dalla sorpresa alla noja, e infine all’apprensione — si direbbe che
Ella creda a un rapporto qualunque fra me e quella signora.... Io Le
posso giurare....

— Ah! io non ho detto niente.... nè Ella ha alcun dovere di coscienza
di giurare.... che diavolo! Ella ha voluto intervenire a difendere la
signora per generosità, per spirito di cavalleria.... sta benissimo. Ma
Le pare che vi possa essere difesa dove non c’è offesa?

— Ma Ella ha ben veduto che la signora s’è risentita....

— Ah! sì.... nol nego.... Una signora si risente sempre se le dicono in
pubblico quel che non vuol sentire.... ma che si può dirle....

— Come?! Ella persiste....

— Se Ella prende questo tuono.... io non posso più continuare. Valeva
proprio la pena che io facessi quasi una prefazione, per vedere poi che
Ella non vuol comprendere, e crede più a chi La inganna che non a me,
il quale sto per dirle la verità, affine di risparmiare ad ambedue dei
dispiaceri inutili.... pronto, se occorre, a provarla tale verità!

— Parli pure — mormorò Oreste con voce sorda, domandandosi con paura
che cosa mai potrebbe uscire da quelle labbra.

— Io ho detto alla signora Maddalena che io la conosco.... ed è vero.
Io la conosco così poco, che è stata mia amante.

— Ah! — gemette Oreste.

— Glielo giuro, e, se ne dubita, venga da mia moglie, la quale Le
narrerà d’una certa scena che Maddalena le fece quando io, che avevo
già degli obblighi con Severina, non potendo più lusingare quella
ragazza, la quale mi perseguitava col suo amore, non mi lasciai più
vedere da lei. Si imaginò d’aver ricevuto chi sa qual torto dalla
povera Severina, e le fece una scena ridicola, perchè avesse a romperla
con me. Per fortuna, Severina è una donna di buon senso e capì subito
che era la gelosia d’un amore non corrisposto....

— E questi rapporti che Ella ha avuti con Maddalena? — disse con sforzo
Oreste, provandosi a sorridere....

— Oh! sa bene.... — e Giulio, appressate le labbra all’orecchio di
Soranzi, vi versò certe confidenze che, come veleno, cagionarono un
dolore atrocissimo al povero giovine.

Se ne avvide Giulio, e mascherando la sua compiacenza, chè era
appunto l’effetto ch’egli voleva ottenere, sotto una espressione
d’interessamento pietoso:

— Ella divien smorto.... Non aveva dunque torto io di dirle che Ella
aveva qualche cosa, qui, per quella donna? Tanto meglio! Ella ora ha
aperti gli occhi e si saprà regolare. Quel che mi premeva, era che Ella
fosse persuaso che io non sono un villano, e che fra noi non ci può
essere alcun motivo d’attrito. Ho tanto piacere di averla conosciuto. A
rivederci. —

E se ne andò lasciando Oreste fremente di rabbia e con un’acutissima
fitta sotto il cuore, che gli rendeva oltremodo penoso il respirare.

Quale doloroso destarsi!

Aver sognato una perfezione morale rispondente alla perfezione fisica,
e trovare una.... civetta volgare, con un _passato_ per sopramercato!

Altro che vittima! — E come sapeva mentire! Ella la rivale disgraziata
di Severina, l’amante respinta di Giulio.... solo pochi istanti prima,
osava asserire che conosceva Giulio di vista! e che aveva trascurato
l’amicizia di Severina per ordine superiore....

E se della di lei giovinezza veniva a conoscere ora quel mistero. —
ed era il solo, poi? — chi sa quali misteri celava la sua esistenza
conjugale.... con tale marito....

«Amo mio marito....» — diceva — ma questo doveva esser vero come il
«conosco Giulio di vista!»

Restava pura e semplice la bellezza.... ma, con un’anima così nera, era
una bellezza orribile. Era deciso.... bisognava fuggire Maddalena.

E pronunciando il sì della decisione, s’alzò e uscì avviandosi
verso la guardaroba, ma quando fu sul limitare di quella si fermò
titubante. —

— Ricomincia la musica, — pensò — Maddalena sarà sola e mi aspetterà.
Partire colla ferma risoluzione di non vederla più.... sta bene, ma
non prendermi proprio alcuna soddisfazione, nemmeno quella di vederla
arrossire.... è un po’ da collegiale che fugge. Si direbbe che ho paura
di lei!.... Ella mi ha ingannato; io devo punirla.... Con dignità,
sia.... ma punirla. —

Attraversò di nuovo le sale ed entrò nel noto salotto.

Tanta ira bolliva nel suo petto.... e non appena la rivide.... sentì
svanire tutti i suoi propositi. Maledetta quella beltà! Maledetto quel
seno!.... Ed era possibile che un involucro tanto affascinante fosse
animato da uno spirito infernale?

— Facciamo l’ultima prova! — si disse.

Maddalena guardò Oreste che s’avanzava e fu colpita dal di lui pallore,
ma ella non poteva rivolgergli alcuna domanda, perchè non era sola.

Egli sedette vicino a lei, dicendo:

— Buona sera, signore!

— Buona sera! — risposero le signore, che erano tre, Maddalena e due
vecchie derelitte e non rassegnate; oh! lo si vedeva....

Maddalena, ansiosa di sapere che cosa fosse avvenuto, disse:

— Signor Soranzi, volete favorirmi....? è tutta sera che non vedo mio
marito.

— Ai vostri comandi, signora — fece egli serio alzandosi.

Le due vecchie guardaronsi fra loro ammiccando, ed avevan ragione. Il
pretesto di Maddalena poteva esser migliore, ma ella aveva fretta.

Usciti:

— Dunque....? — fe’ Maddalena.

— Dunque, niente.

— Come, niente?.... Andiamo, voglio sapere.

— E io vorrei non saper nulla.

— Che cosa dite?

— Dico che se in questo momento potessi perdere la memoria, sarei un
uomo felice.... e così.... —

Egli chinò il capo melanconicamente.

— Insomma.... ho detto che voglio sapere — continuò Maddalena con
vivacità.

— Ma che cosa volete sapere? — rispose Oreste animandosi. — Che è un
vigliacco? Sì, è vero, è un vigliacco, è tutto quello di odioso che
potete imaginare.... ma, e allora perchè gli avete creduto....? perchè
vi siete affidata a lui? perchè avete sperato qualche cosa da lui?
dite! — Ma perchè mai vi parlo io di cose che sapete meglio di me!?
Quel che è stato è stato, e non può cancellarsi. Tuttavia, non temete
di nulla. Il vostro segreto sarà da me custodito come se si trattasse
dell’onore di mia madre. Non ho alcun diritto di esercitare un
sindacato qualsiasi sulla vostra giovinezza.... Però.... avrei voluto
trovare in voi una donna...

— Dite pure.... una donna onesta? La sono sempre stata.... la sarò
ancora.... sapete! — esclamò Maddalena, ironica, fermandosi. Alle prime
parole di Oreste, vedendosi scoperta, s’era sentita le fiamme al viso,
ma ella aveva subito riacquistato il suo sangue freddo, e, all’attacco
inatteso, rispondeva attaccando, a sua volta, con impeto....

— Se io potessi agire senza scandalo ve ne convincerei.... Ma e poi....
che dico io?.... credete quello che volete.... Perchè devo convincervi
io di qualche cosa?.... Chi siete voi?.... un ragazzo! —

Oreste la guardò stupefatto, ma dovette abbassare gli occhi, suo
malgrado, soggiogato. D’altronde, quell’ira gli piaceva, quel sentirsi
investito da una donna era una voluttà nuova.... e consolante, perchè
gli pareva che ella stesse per provargli la sua innocenza. Ma ella
voleva provargli tutt’altro.

— Sì, un ragazzo! e ve lo provo! — continuò, meno veemente, vedendolo
intimidito, ma tuttavia vivacissima. — Voi vi fate presentare e mi fate
la corte.... volete ch’io manchi a’ miei doveri.... volete rapirmi!....
e perchè, un imbecille, che non conoscete, e che avete, nel medesimo
tempo, delle ragioni per disprezzare, viene a dirvi chi sa quali
infamie sul conto mio, voi, senza menomamente riflettere, senza neppur
farmi l’onore di dubitare un solo istante della verità di tali infamie,
venite ad insultarmi e a dirmi.... con qual diritto poi, sarei curiosa
di saperlo: — Voi non siete una donna onesta.... — Ah! io dovevo
lasciarmi sedurre, dovevo lasciarmi rapire da voi per essere una donna
onesta! Ragazzo! Ragazzo! Per voi io sono una donna onesta....! quanto
al _rimanente_, non siete voi che dovete darvene pensiero. —

Seguì un istante di silenzio — ella tremava per la concitazione — egli
gioiva.

Maddalena parve raccogliersi, e, poscia, ripigliò con più calma e con
una certa gravità.

— Vi hanno detto che ho commesso una leggiera imprudenza giovanile....
badiamo bene, _leggiera_! È verissimo.... sì, sono stata imprudente,
perchè ero inesperta. La colpa quindi di chi è?.... de’ miei genitori,
e specialmente di mia madre.... buona donna, sì.... ma, madre....
per ridere. Basta forse generare, dar cibo, vestito, ricovero.... per
poter esser madre? Madre per il corpo forse....; ma, e all’anima chi
ci deve pensare?.... basta darne l’incarico al confessore? Ma questo
è precisamente quello che non si deve fare, perchè è assurdo, enorme!
— Alle corte.... mia madre ha ella mai pensato ch’io avessi un cuore
e un cervello? — ha ella mai veduto che io diventava una giovinetta?
— ignorava ella che cosa si agita, qui dentro, nelle fanciulle? — ha
ella temuto un solo istante che mi si potessero tendere insidie? — mi
ha ella mai detto che cosa è il mondo? — Ma, Dio mio! se fossi anche
caduta nel fango.... io sarei perfettamente innocente! Ma non sono
caduta! — Che coso ho a rimproverarmi infine?.... Ho a rimproverarmi
d’aver amato, all’età in cui non si può far altro che amare....
perchè tutto, in noi e fuori di noi, non parla che d’amore.... — ho a
rimproverarmi d’aver creduto, per un momento, alle lusinghe del primo
essere che riuscì a interessarmi. E questo cosa vuol dire? L’ho amato
ed ora l’odio.... Non vi pare che l’odio cancelli tanto bene l’amore,
da rifare persino la verginità di un’anima? — E voi siete crudele
al punto da farmi un delitto di una imprudenza giovanile, e perchè?
perchè sono viva.... e mi fate la corte! — Se io, allora, quando
scopersi il tradimento, mi fossi uccisa o fossi morta di crepacuore....
oh! allora vi sareste unito agli altri e mi avreste compassionata,
avreste maledetto a lui!.... Ma non sono morta.... e quindi io sono
una donna colpevole e spregevole, ed egli è un giovinotto galante
da invidiarsi, perchè sa far bene il suo mestiere. — Vi giuro però,
che se, una certa notte di torture indescrivibili, non sono morta, o
per lo meno impazzita, la prima a esserne maravigliata, l’indomani,
fui io medesima. Ma allora, rientrata in me, dovetti ridere di me e
degli altri. Soffrire?.... A che serviva?.... Voi direte scherzando:
— Che donna forte!... — Sia pure. Non è una fortuna per una donna
l’aver sentito una superiorità morale non comune? Non ci foss’altro
vantaggio.... v’è quello di poter ridere di tutto. —

Qui Maddalena, prendendo un tono leggiermente derisorio:

— E ora che v’ho detto tante belle verità.... che cosa mi farete
l’onore di pensare di me?.... Sentite.... se siete di coscienza tanto
inesorabile per noi povere donne.... accettate un buon consiglio....
rinunciate fin d’ora a qualsiasi donna.... a meno che non possiate
seguirla, passo per passo, dal giorno in cui schiude gli occhi fino
a quello in cui la sposerete.... e ancora!.... Leggerete voi nel suo
pensiero?.... Credetemi.... donne che non abbiano commesso imprudenze
ne troverete....; chi sa com’erano tenute d’occhio! — Ma donne che
non abbiano sognate imprudenze, dormendo.... e non dormendo, non
ne troverete una! Ed è naturale. Se voi, a sedici anni, ispirato
dai poeti, avete chiesto forse in ginocchio un bacio alla vostra
servetta.... perchè non volete che una fanciulla non pensi al marito?
Volete permetterle almeno di occuparsi del destino della sua vita,
che sta tutto nella parola: Marito? E marito che cosa vuol dire? —
Uomo. —

Si tacque, e si continuò a passeggiare in su e in giù, per la stessa
sala, non curando, non vedendo neppure quelli che passavano, i quali
invece vedevano e non erano indifferenti.

Ella attendeva la prima parola di lui.... ed egli non la trovava.

Impazientita, Maddalena uscì, infine, a dire:

— E così?

— E così, Maddalena, io non so che dire. So soltanto che ho il caos nel
cervello e un male indicibile al cuore.

— Allora.... — fe’ ella, scattando, severa, imperiosa — addio....
andatevene, e che io non vi veda mai più! —

Oreste non s’era ancora riavuto dalla prima sorpresa, che Maddalena era
già molto lontana.

— Sciocco.... imbecille mille volte ch’io sono! — e si batteva la
fronte — è un’ora.... un’ora! che mi parla, per farmi capire che mi
ama.... ed io.... io faccio l’austero, il pedante, senza dirle una
buona parola.... a lei, che merita tutto! Che fuoco! Che franchezza!
Che sentimento! — Ah! rimediamo.... rimediamo subito....; io non
voglio.... non posso perderla. —

Se egli avesse saputo che Maddalena non aveva voluto che provarlo con
quell’_andatevene_.... scandagliare, sapere se e qual effetto realmente
aveva avuto il malaugurato incidente!

Ella ebbe dunque un sorriso di trionfo quando lo vide comparire
nel salone e cercarla collo sguardo. Ora era sicura.... egli non le
sfuggiva.

Allora Maddalena gli si mostrò, ed egli andava verso di lei, con aria
umile e pentita.... ma ad un tratto si fermò sorpreso ed esitante.
Maddalena seguì la direzione del di lui sguardo, e non fu meno sorpresa
di Oreste.

Sulla soglia dell’ingresso di destra stava il padre Papetti.

Papetti cercava di sua figlia, ma era tanto stordito dal rumore della
festa, dallo spettacolo per lui nuovo, dal caldo del gas, e da una
bottiglia testè vuotata, che non ci vedeva quasi più — e anche quel
poco come attraverso un velo grigio.

Per sua fortuna, Maddalena, punta dalla curiosità di sapere come mai
egli si trovasse là, andò tosto a lui.

— Tu papà.... ad una festa da ballo? — fe’ ella piantandogli davanti
come trasecolata.

— Ah! brava, cercava appunto di te.... ma qui come si fa?... Conducimi
in qualche angolo, ove si possa dir due parole.... qui nè ci vedo nè ci
sento.

— Che cosa vuoi dirmi di bello e di nuovo? C’è forse qualcuno che
aspira all’onore della mia mano?

— È proprio il momento di scherzare.... È vero che tu non sai....

— Ma son cose serie?

— Pur troppo.

— Oh! — ella non credeva affatto. — Allora vieni qua nel salotto.... Ti
piace il giallo?

— Che domanda!.... Benedetta gente che c’è al mondo — brontolava egli
mentre si attraversavano diverse sale, facendo strabiliare Maddalena
— ecco.... ecco! Si hanno chi sa quali dispiaceri...., chi sa quali
disgrazie ci minacciano.... e là si ride, si scherza, si balla? Ma come
si fa? domando io.... come si può mettere la maschera dell’allegria sul
volto.... mentre nell’anima ci dovrebbe essere la disperazione....?

— Disperazione?.... ah! eccoci qui.... e mi spiegherai.... — fece
Maddalena lasciandosi cadere sur un divano.

— Sissignora, ti spiegherò.... Dunque sappi, prima di tutto, che mi
si è teso un tranello.... Tuo marito credeva che col farmi bere.... io
avrei cantato.... ma io non canto mai! Ci vuol altro!

— Scusa.... non capisco... mio marito?

— Sì.... tuo marito, che non avendo potuto indurmi a commettere una
corbelleria a mente fredda, perchè di giorno — ha creduto che ne avrei
commessa senza difficoltà un’altra, dopo qualche bicchiere di Cipro,
perchè di sera, fra i tripudj e le danze.... Ci vuol altro alla mia
età!

— Scusa.... non capisco ancora.... mio marito....?

— Ma non sai cosa mi ha proposto? Mi ha proposto di consegnargli la
tua dote.... e se no, di prestar una garanzia equivalente, perchè ha un
bisogno straordinario. In poche parole.... è rovinato....

— Mio marito rovinato?.... ma tu....

— No.... no.... è la pura verità.

— Ma se fosse rovinato, io lo dovrei ben sapere....

— Che cosa vuoi mai sapere tu?.... Stai in negozio tu? sei al corrente
dei suoi affari tu? Ti dice forse qualche cosa lui?

— No. Ma appunto perchè non so niente e non mi dice niente.... devo
pensare che tu t’inganni. Un marito rovinato nè può divertirsi nè può
spendere per sua moglie come fa il mio.

— Ah! ah! ma, cara mia.... quando un uomo non sa far altro che bere....
non sa più nemmeno quel che si fa. Paolo ha perduta la testa.... Me
l’ha detto anche Cavallazzi, il mercante sull’angolo, che è di là....
Vuoi parlargli?

— No.... grazie.

— E per colmare la misura.... mi assicurano.... che Paolo è andato....
che non c’è più speranza. Il dottore Moscatelli, che ho trovato
stasera al caffè, mi dice di non metterti in apprensione, ma però di
raccomandarti molta prudenza. Capisci? Per me già, mi dividerei di
letto. Quando gli ho domandato: — Ma, insomma, dottore, temete proprio
ch’egli possa morir presto....? — Sono certo che non vivrà a lungo —
mi ha risposto. — E vuoi che io arrischi, foss’anche un soldo del tuo,
quando le cose sono a tal punto? Se egli muore rovinato, non ti resta
che tornar in casa, già.... e allora la tua dote non sarà forse tanto
zucchero per te? — Aaah! non me la sarei proprio imaginata! — Ma siamo
intesi. Ora io me ne vado, perchè è capace di tornare all’assalto, e
mi rincrescerebbe dar una mortificazione al marito di mia figlia. Chi
l’avrebbe mai detto, eh? Pareva il bue d’oro! Mi rincresce per te....
mah! finchè c’è tuo padre.... non temere!.... Buona notte.

— Buona notte.... — mormorò Maddalena macchinalmente.

Ella pensavo a Soranzi. Rivelazioni così inaspettate l’avevano molto
turbata. Ella doveva pensare a’ casi suoi. Fra poco sarebbe vedova
e povera. Il tornar in casa non le sorrideva certo! Dunque....
dunque non restava che premunirsi contro la sventura. In qual modo?
Coll’assicurarsi un secondo marito.... Ora, di tutti gli uomini che la
corteggiavano, chi permetteva la speranza di poterlo divenire? — Uno
solo, Soranzi. — Ma quella era l’ultima festa.... quando lo rivedrebbe?
E anche rivedendolo, le di lui disposizioni sarebbero.... quali?
Una nuova conoscenza.... un ostacolo in famiglia.... insomma, non si
sa mai.... un giovane fa tanto presto a distrarsi! Dunque, per non
arrischiare di perderlo, bisognava incatenarlo e subito. — Subito....?
Con qual mezzo.... con qual catena? Ah! la catena c’era.... ma....

Un diavolo, almeno uno, ci deve essere.... per ajutare le donne belle.




Giulio non s’era contentato di abbeverare di fiele il Soranzi, ma
certo ormai che v’era qualche cosa fra quei due, era andato a contare
il tutto a Severina e quindi anche a un crocchio di _brutti uomini_.
Mezz’ora dopo tutta la festa sapeva che la _Minella_ e il Soranzi se
la intendevano.... cosa del resto naturale in chi da fanciulla, ecc.,
ecc. — Una donna che ha conosciuto un Giulio, — dicevano alcuni in
faccia a Giulio stesso, il quale ne godeva tutto — che cosa può mai
essere? —

Maddalena capì esservi alcun che di mutato nell’opinione pubblica a
di lei riguardo, perchè tutti la guardavano con evidente curiosità —
ma.... poteva anche essere a motivo della sua _toilette_.

Chi invece sapeva tutto e n’era dolentissimo, perchè una parola venuta
all’orecchio del marito poteva aver delle conseguenze gravissime, era
Oreste, che aveva ricevuto delle congratulazioni, quali misteriose e
quali niente affatto....

Non essendo, per caso, fatuo, nè vano, le avea respinte.... con tutta
la gentilezza e l’umiltà che si richiedevano — ma contenendosi a
fatica.

— Ecco — si diceva — fra me e quella donna v’è niente, e io pel
mondo sono suo amante. — A tale ingiustizia, le parole di Giulio gli
diventavano menzogne, e la sua tenerezza per lei si accresceva. Avrebbe
voluto avvicinarla, ma n’era trattenuto dagli occhi di tutta quella
società che egli sentiva rivolti sopra sè stesso. Per far qualche cosa,
entrò nella sala da gioco.

Maddalena, che da più d’un’ora non lo vedeva, dopo aver girato per
le sale con aria indifferente, ma cercandolo, si decise a domandar a
qualcuno se avesse visto, per caso, il signor Soranzi.

L’interrogato era una bella barba bianca, tutto compito e punto
pettegolo — per cui, benchè conoscesse la cronaca della serata, rispose
con perfetto ossequio:

— Se lo desidera, sta giocando al bigliardo. Vuol che glielo vada a
prendere?

— No.... basterebbe ch’ella gli dicesse che mio padre ha dovuto
partire. Mi fa questa finezza?

— S’imagini! —

Soranzi comprese il sottinteso, in due colpi perdette la partita e
corse da Maddalena.

— Finalmente! — fe’ ella mostrando una gran gioja nel rivederlo e
porgendogli la mano — credeva che foste proprio in collera per alcune
parole inconsiderate che mi sono sfuggite in un momento di vivacità....

— No.... anzi, quelle vostre parole mi hanno reso felice....

— Felice?

— Sì.... il perchè di questo ve lo dirò....

— Un giorno; non è così?

— Appunto. Ho un’altra cosa importante da dirvi, ma quella ve la
dirò subito. Sappiate che Giulio e sua moglie devono essere stati ben
imprudenti e ben cattivi.... perchè stasera si dice quello che prima
non si è mai osato forse di pensare.

— Cioè?

— Cioè, che.... io.... che noi, insomma, ci amiamo.

— È tutto qui? — domandò Maddalena senza nemmeno aggrottare le ciglia,
anzi sorridendogli adorabilmente.

— Come! se è tutto qui? — esclamò Oreste maravigliando. — Cosa volete
che si dica di più?

— Eh! lasciate un po’ che dicano! — continuò ella. — Ma ecco l’ora di
cena.... Volete essere mio cavaliere servente?

— Ma come! non temete?

— Che cosa? Ah! ah! Ma se dicono già di peggio.... — A proposito.... di
peggio o.... di meglio?

— Voi che ne pensate?

— Io....? — mormorò Maddalena con civetteria, e appoggiatasi a lui, con
passo molle, l’occhio raggiante sempre fisso in volto ad Oreste, che
non ci capiva più nulla, attraversò tutte le sale, fino al _buffet_,
ove ella lo fece sedere ad un tavolino che bastava appena per due
persone.

— Vedete se ho paura? — disse Maddalena. — Mi fanno la guerra....
l’accetto.

— Ma vostro marito?....

— Quando verrà gli faremo un po’ di posto. —

Cenarono e risero.... Ella gustò diversi calici di Frontignano — aveva
il capriccio del Frontignano, quella sera — egli non bevette che acqua
— ma quando s’alzarono l’ebbro era lui, ebbro dello spirito, delle
carissime imprudenze di lei, delle occhiate che gli parevan piene di
promesse.

— Vedremo come finirà, — pensava — ma come può finire.... se, fra
qualche ora, i lumi si spegneranno e non so quando potrò rivederla?

Ma a che cosa pensate....? — disse Maddalena — datemi il braccio.

— Pensava se e quando potrò rivedervi.

— Ah!.... — ed ella chinò il capo.

— Adesso potrei domandar io a che cosa pensate voi?

— Pensava.... oh! Dio! ma sentite....! che può mai essere accaduto....!
Andate a vedere, vi prego.... v’aspetto qui.

                                 * * *

Tutto a un tratto era nato un gran trambusto. Chi correva di qua, chi
correva di là. Chi gridava per sapere, chi, temendo vi fosse una rissa,
gridava per trattenere le signore curiose. Dalla _salle-à-fumer_,
in cui non si poteva più entrare, tanta era la folla, uscivano
vociferazioni d’ogni genere: — Indietro! — Non soffochino! — Non sarà
niente! — È morto! — Ci vuol il prete! — No, è vivo....! ecco, si
muove! — Portiamolo via!

— Silenzio! — gridò finalmente una voce stentorea. Era la voce di un
medico.

— Lei, signor Alessandri, — continuò — lo faccia portar qui sopra, in
casa sua, e mettere a letto. Allora si potrà far qualche cosa! Qui è
impossibile.

— Benissimo.... Largo, signori! —

Si vide allora la gente rifluire e lasciar il passo a due soci, che
spingevano una gran poltrona verso la guardaroba....

In quella poltrona stava adagiato un uomo, che parava un cadavere.

                                 * * *

— Ma che c’è? — domandava intanto Maddalena a quelli che le passavan
vicino.

— Non so, signora, non so davvero — rispondevano guardandola con
compassione; — oppure: — Niente, niente! cose da nulla! — e via.

— Ah! finalmente saprò da voi che cosa è avvenuto! — fece ella, vedendo
venire Oreste tutto turbato e dolente.

— Non ve l’hanno ancor detto?

— Ma se nessuno sa niente!

— È perchè voglion risparmiarvi un dispiacere....

— Un dispiacere? — e davanti all’ignoto ella non potè a meno
d’impallidire. — Mio marito.... mio padre, forse?

— Vi prego.... non mettetevi in apprensione. È una cosa che passerà....
Vostro marito ha.... eh! insomma, non è un delitto poi!.... ha bevuto,
pare, un po’ troppo.... e ora....

— Ah! tacete! — fe’ ella con moto di schifo, volgendo altrove il viso.

— Ve l’avrei taciuto.... ma era mio dovere tranquillarvi....

— Grazie.... E ora dov’è? Voglio sperare che non me lo porteranno a
casa in quello stato....!

— No.... no; è già provveduto. Il cassiere della Società, che abita qui
al secondo piano, l’ha ritirato in casa sua. Egli non tornerà quindi
presso di voi che quando sarà fuori di pericolo....

— V’è pericolo....? — e lo sguardo di Maddalena, in dir questo, parve
strano ad Oreste.

— No.... sapete bene....

— Sì.... è vero, non capiva. — E io che cosa faccio adesso.... qui
sulla festa, quando tutti sanno che mio marito.... il presidente....?
Ah! povera donna ch’io sono!.... Che bella felicità la mia, non è
vero? — e ella rideva stridendo. — Vedete.... vedete la gente come
mi guarda....! Ah! io non posso più vedermi qui.... Venite....?
M’accompagnate?

— Andiamo.

— Grazie.... Ah! ricordatevi di levare le chiavi dal soprabito di mio
marito....; quasi quasi non ci pensava. —

In quel momento si attaccava un galoppo — e nessuno si avvide della
partenza della nostra coppia.... anche perchè seppe partir bene.

Quando si venne a sapere che la _Minella_ era andata via, ossia a casa
con Soranzi....

— Povera donna, — dissero i più. Qualcuno sogghignò; e Giulio disse
adirittura: — La poesia di Soranzi la consolerà adesso della prosa di
poco fa del marito. —

                                 * * *

— Possiamo andare a piedi, — disse Maddalena, sulla soglia del portone,
guardando il cielo — la notte è così serena e così tiepida!

— Badate a quello che fate....; la vostra salute potrebbe correre un
serio pericolo, uscendo da un ambiente tanto caldo.

— Oh! sono ben coperta....; del resto, — aggiunse con amaro sorriso —
cosa importa che io viva o muoja....?

— Non parlate così, Maddalena.... — intanto andavano — sapete pure
che v’è qualcuno, il quale vive per voi, e sarebbe ben felice se
voi voleste viver per lui. — Ma è forse questo che poco v’importa, e
perciò.... —

Egli tacque, per una forte pressione del braccio di Maddalena sul suo —
e la guardò.

Ella si era sospesa, per così dire, a quel braccio, intrecciando
le mani — e lasciava trascinare la persona stanca. Il di lei capo,
piegato verso il suo cavaliere, a gradi insensibili finì a reclinarsi
sulla spalla di lui. Non parlava.... solo ad intervalli le sfuggiva
un sospiro. Egli rispettava quel mesto silenzio, temendo che qualunque
parola di conforto, in tale stato dell’anima, potesse sembrarle volgare
e indisporla.

Giunsero così all’angolo della via ove era l’abitazione di Maddalena.

— Dove siamo? — esclamò ella, come svegliandosi di soprassalto.

— Qui.... presso casa vostra, — rispose egli dolcemente.

— Casa mia?.... — fece Maddalena fermandosi — e un gran sgomento le
si leggeva in viso. — Ma io ho paura.... di casa mia! Come troverei
riposo.... ora? Qual notte sarà questa per me? E se pur potessi
dormire, sono io certa che non mi risveglierà.... Ah! quale orrore!

— Calmatevi, cara Maddalena.... sentiamo.... che volete fare fino
all’alba....? comandate.

— Mio Dio.... io non so.... qualunque cosa, purchè io non mi trovi in
quelle stanze spaventose. —

Seguì un lungo silenzio. Il cuore batteva a Oreste con tal violenza
che pareva volesse aprirsi una strada, e sentiva al cervello come una
fiumana di sangue che lo accecava.

Capiva che era il momento di ardire, e temeva di rovinar tutto con una
parola mal detta.

Ma non vi fu pericolo di rovinare nulla. Maddalena, che guardava verso
una piazzetta poco lontana, disse ad un tratto:

— Che cosa sono quei due lumi rossi....?

— Sono i fanali di un _brougham_.

— Ah! — fe’ ella pensosa, mordendosi un labbro.

Oreste tremava come una foglia e sentiva le gambe piegarsi....;
ardì.... provossi a fare, come in isbaglio, un passo verso la
piazzetta, e non trovando resistenza.... continuò.

Ella era più leggera di prima.

Quando furono a dieci passi da quella carrozza, egli fece per parlare,
ma non potè articolare un solo accento....

Allora s’ajutò con un gesto, un punto d’interrogazione, e le additò la
carrozza.

Ella non ebbe nè un moto nè una parola.

— Dove andiamo? — fe’ egli con voce soffocata.

— _Dove volete_.... — rispose ella fiocamente.

Oreste fu abbarbagliato, come per lampo improvviso, e vacillò....

— Ma.... — balbettò egli — io non vorrei che voi.... agiste.... in un
momento di.... disperazione....

— Io.... — rispose Maddalena, aprendo le braccia con un moto spasmodico
di tutte le membra, parevo la Madonna dei sette dolori — io non ho più
forze.... non posso più resistere.... — e singhiozzante appoggiossi a
lui come cadendo.

Egli la sorresse, e mormorò:

— Tu sei un angelo! — e aperse lo sportello.

                                 * * *

È uso di dir ad una donna: «Tu sei un angelo», quando la vediamo
cadere dal cielo della mor....ale sul paradiso terrestre dell’amore....
_nostro_....; s’intende.

                                 * * *

Il primo lunedì di quaresima si leggeva in un giornale:

«Ieri abbiamo detto che il signor P. M. era scomparso, lasciando una
lettera, in cui manifestava la risoluzione di suicidarsi. Pur troppo,
egli ha mandato ad effetto il suo tristo divisamento. Il cadavere
del P. M. è stato rinvenuto stamane da alcuni contadini presso il
Manicomio, entro una roggia. Nel prossimo campo si sono trovati un
mantello e una bottiglia di _rhum_ quasi vuota. Si capisce che lo
sventurato ha cercato nel liquore quel coraggio che gli mancava. —
Pregati dai parenti, non ci occuperemo dei motivi che spinsero il
disgraziato al disperato passo.»


Il P. M. era Paolo Minelli.




LA CATASTROFE.


Mercoledì grasso, ore 11 antimeridiane.

Minelli solo sta facendo colazione.... La signora è ancora nella sua
camera.

Compare il ragioniere tutto serio.

RAG. (_grave_) Buon giorno.

MIN. (_non senza inquietudine_) Buon giorno.

RAG. Signor Minelli.... io vengo a darle le mie dimissioni.

MIN. (_in piedi_) Cosa dice?

RAG. Sì, le mie dimissioni.... perchè il decoro, la delicatezza, tutte,
insomma, le ragioni di un uomo d’onore m’impongono di ritirarmi da
un’amministrazione che va a male.

MIN. (_sedendo — con mal umore_) Va a male.... va a male....

RAG. Vedendo che le mie rimostranze non La persuadevano molto....
vedendo che si continuava sempre col medesimo andazzo.... io ho preso
l’unica risoluzione che doveva prendere. Non voglio che, un giorno, si
dica che io L’ho rovinato.... mentre ho fatto di tutto per salvarlo....
Eccole lo stato della sua casa.... Sono otto giorni che non prendo
quasi alcun riposo per far più presto.... perchè ho fretta d’andarmene.

MIN. (_tutto mortificato_) Ah! ha fretta.... (_prende ed esamina
lo stato, senza batter ciglio, poi con voce semispenta_) E.... è
esatto?....

RAG. Pur troppo!

MIN. E.... non c’è più speranza di rifarsi?

RAG. Se si va avanti così.... nessuna speranza! — se, invece, si ha
il coraggio d’una riforma radicale.... sarei per garantire che si
tornerebbe alla floridezza primiera.

MIN. (_respirando_) Pazienza.... quando mi parla così....

RAG. (_lieto_) Ho un progetto! Se Ella lo approva e lo mette a
esecuzione.... fra tre anni, forse prima. Ella può essere ancora il
Minelli d’una volta....

MIN. (_battendogli sulla spalla_) Bravo.... ragioniere.... Bravo!
Sentiamo, sentiamo.

RAG. Un momento.... Prima di pensare a progetti.... bisogna trovar
diecimila lire per far fronte alle scadenze di questo mese....

MIN. (_già scoraggiato_) Diecimila lire.... Dove vuol che le trovi io?

RAG. Sua moglie ha una dote....; se la faccia consegnare — (_ad una
smorfia di Minelli)_. Non si tratta di consumargliela.... si tratta
semplicemente di servirsene per salvare la situazione.... È un
interesse della moglie come del marito.

MIN. Mi rincresce.... Se vi fosse un altro mezzo....

RAG. Impossibile.... Non si può già ricorrere agli strozzini.... senza
rovinarsi ancor più presto.

MIN. (_con sforzo_) Bene.... adesso vado da mio suocero e mi faccio
dare le diecimila lire.... Ella vada pure ad aspettarmi in negozio.....


II.

Mezz’ora dopo in casa Papetti.

MIN. Caro papà.... buon dì.

PAP. To.... To...., che vuol dire a quest’ora?

MIN. Vuol dire che ho bisogno d’un favore.

PAP. Ma parla subito...., che cosa vuoi?.... sono qui tutto per te!

MIN. Ecco.... si tratterebbe.... anzi si tratta, mi hanno proposto una
operazione eccellente.... ma siccome, in questo momento non ho tutta
la somma che occorre.... sarei costretto a lasciarmela sfuggire.... Se
invece potessi compire la somma.... allora io sarei certo di fare un
bel guadagno.

PAP. (_con difficoltà_) E.... che somma occorrerebbe?

MIN. Oh! solo diecimila lire....

PAP. Bagattelle!.... e dove vuoi che vada a prenderle io?

MIN. Subito fatto.... tu.... Un momento; prima voglio ricordarti una
cosa. Quando io ti ho chiesto la mano di Maddalena, e che si è parlato
d’interessi, io cosa t’ho detto?.... Si goda.... — ho detto — allora ci
davamo del Lei.... Si goda pure, in pace, gli interessi delle diecimila
lire ch’Ella mi offre in dote....; a me basta la sua Maddalena.... È
inutile far contratti... Denaro non ne ho bisogno.... Parenti non ne
ho...., dunque.... quel ch’è mio è suo e nessuno glielo può togliere.

PAP. (_che ha capito l’antifona, comincia a far il muso lungo_)

MIN. Ho io mai pensato a farmi consegnar la dote di Maddalena?....
No. — Ma adesso mi è necessaria.... e vengo a chiedertela.... Del
resto, non temere.... Quel che t’ho detto allora, te lo mantengo — gli
interessi li godrai sempre tu!

PAP. (_freddo_) Senti.... io i denari non li ho.... cioè.... li ho,
ma non sono in contanti. Io ho impiegato quella somma in tanta rendita
dello Stato.

MIN. Oh! non importa.... venderemo la rendita....

PAP. Dimmi un po’.... che operazione è.... che vuoi fare....? Non
avertene a male.... sai.... capisci bene.... un padre.... Vedi.... se
tu m’avesti detto allora....: — Voglio la rendita — figurati.... te
l’aveva offerta io! ma venir proprio adesso.... che cosa vuoi....; avrò
torto.... sarà una paura sciocca la mia.... ma abbi pazienza.

MIN. (_contenendosi_) Dunque non me la dai....

PAP. Abbi pazienza.... ti ripeto...... non posso.

MIN. (_contenendosi_) Senti.... sono venuto a chiedere un favore....
ma.... in fine dei conti, quelle diecimila lire mi appartengono....,
sono roba mia.

PAP. (_convinto_) Scusa, caro.... sono roba di Maddalena!

MIN. Accettato! E se Maddalena ti dicesse: — Dagliele pure? —

PAP. Risponderei....: alla nostra morte, avrà quello e anche il
resto.... ma ora, no.

MIN. Ma e se per cagion tua.... io dovessi lasciarmi sfuggire
quell’operazione....?

PAP. (_adulandolo_) Eh! un negoziante come te.... ha credito fin che
ne vuole.... e non saranno proprio quelle povere diecimila lire che gli
faranno caldo piuttosto che freddo.

MIN. (_alterandosi_) Questa poi non me l’aspettava.

PAP. (_freddo_) E neanch’io.

MIN. Ma per Bacco!....

PAP. Che cosa?

MIN. (_mutando pensiero_) Niente....

PAP. Bravo....

MIN. Ne farò a meno.... e così vedrai che hai avuto torto di diffidar
di me.

PAP. (_con espansione_) E io non desidero di meglio, anima mia!....


III.

Nel negozio Minelli, dialogo a bassa voce.

RAG. (_sentito l’insuccesso di Minelli_) Diavolo.... diavolo!....
(_pensa_) E dica un po’.... se si potesse ottenere dal signor Papetti
che prestasse il suo _avallo_ sur una cambiale?.... Che ne dice?....
Chi sa.... Alle volte, si hanno delle difficoltà a metter fuori il
denaro.... e si mette fuori invece, per far un favore, la propria
firma. A noi servirebbe egualmente, perchè io ho un amico il quale ha
la più grande fiducia in me.... e mi sconterebbe certamente....

MIN. E sconti senza l’avallo.... allora!

RAG. Ah! no.... Ella mi capisce.... io voglio essere perfettamente
tranquillo....

MIN. (_rassegnato_) Bene.... gliene parlerò.

RAG. Ma.... badi.... bisogna far in modo da non metterlo in sospetto.

MIN. Lasci fare a me.... Per stasera lo invito alla nostra festa....
e lo faccio bere un pochino.... Siccome è molto espansivo, quando ha
bevuto...., otterrò da lui tutto quello che voglio.... Mi prepari la
cambiale intanto.

                             . . . . . . .

Il nessun successo della povera astuzia di Minelli con Papetti s’è
visto e sarebbe stato prevedibile per tutt’altri che per quell’uomo
scervellato.

Invece a lui parve tanto impossibile di non esser riuscito, se ne
addolorò, si indispettì talmente contro sè stesso, che, per poter
non pensare alla propria disfatta.... per poter dimenticare, fino
al domani, quelle diecimila lire.... vuotò la bottiglia del Cipro.
Ma non bastò, anzi fu peggio.... perchè, cominciata l’ebbrezza,
quelle maledette cifre, presa forma umana, si misero a ballonzargli
e sgambettargli negli atteggiamenti più grotteschi, nella mente
trasognata — or irridendolo coi più strani sberleffi, or minacciandolo
coi pugni e coi denti.... Non sapendo più come salvarsi.... si fece
portare una bottiglia di Erlauer.... poi, un’altro ancora.

Allora le cifre scomparvero — tutto dintorno a lui diventò bujo
— gli parve d’essere sul tetto d’una casa, nelle acque d’un fiume
straripato.... E il terribile elemento saliva.... saliva.... e il vento
muggiva, e la pioggia scrosciava.... e nessuno veniva a salvarlo....
e l’acqua gli lambiva già i piedi.... Allora sentì un guizzo di freddo
per tutta la persona, volle alzarsi.... e sconciamente stramazzò.


IV.

Giovedì grasso, ore 9 antimeridiane.

Minelli si sveglia e chiama, senza aprir gli occhi.

— Lena..... Lena.... — nessuno risponde — dormi ancora?.... Ma.... — si
leva a sedere, si stropiccia gli occhi, si guarda d’intorno.... Non è
la sua camera.... non è la sua casa.... si ricorda.

— Pover uomo! — balbuzia — pover uomo! Chi sa cosa avrà detto
Maddalena.... Chi sa! —

Poi pensando ai casi suoi:

— Quella è l’ultima.... ah! sì.... è tempo di finirla....; or vado a
casa.... e da questo momento.... vita nuova! —

Forte della buona risoluzione, si sente bene e sarebbe quasi felice....
se non fosse il pensiero martellante delle diecimila lire e dei
rimproveri che lo attendono al domicilio conjugale.

— Ma passerà anche questa! — dice e si alza. Dà la mancia al servo del
cassiere della Società, e gli lascia tante scuse con tante cose pel
padrone e la promessa d’una visita, dopo pranzo.

Torna a casa, ma trova chiuso. La fantesca è uscita ed egli non ha le
chiavi. Scende e entra in negozio, il che, a quell’ora, maraviglia i
garzoni. Parla col ragioniere, gli dice del secondo fiasco toccato con
Papetti e finisce coll’esclamare: — Cosa facciamo adesso?

— Ci penserò! — risponde il ragioniere, che ha già pensato, con un
accento che fa sperare ancora una speranza.

— Bene.... io sono nelle sue mani. Ah! ecco la domestica che
ritorna....; vado a vedere se mia moglie s’è svegliata. Ella venga
pure, verso mezzogiorno.

                                 * * *

Mezzodì.

Minelli entra nel salotto, in cui v’è già il ragioniere ad aspettarlo.

Il povero marito non è gajo. La moglie era di pessimo umore, e alle sue
scuse e spiegazioni non ha risposto che un: — Taci, taci. — Quanto alla
conferenze, l’ha accettata con un annojatissimo: — Sì, sì. —

MIN. Favorisca aspettare un momento.... Mia moglie sta vestendosi.

RAG. L’ha prevenuta?

MIN. Sì.... le ho detto a un dipresso....

RAG. E cosa ha risposto?.... è bene ch’io sappia in quali
disposizioni....

MIN. Eccola.... — entra Maddalena e saluta freddamente. Siedono.

RAG. Signora Minelli.... mi rincresce di averla forse disturbata, ma
era necessario. Dovendo presentare la situazione finanziaria del signor
Minelli.... ho desiderato che Ella pure ne prendesse conoscenza....
sia perchè si tratta di cosa che deve starle molto a cuore.... sia
perchè, occorrendo poscia adottar dei provvedimenti pel seguito, e la
di lei cooperazione potendo essere assai utile.... è bene ch’Ella sia
perfettamente informata di tutto. —

Maddalena corruga la fronte — non ha capito niente, cioè ha capito che
è un brutto preambolo.

RAG. (_con solennità_) Ecco adunque lo stato, in poche cifre tonde. La
dimostrazione l’avrà poi se la desidererà:

L’ATTIVO è composto, in gran parte, delle spese sostenute in questi
ultimi ventun mesi.

  Per ammobiliare l’appartamento            L.  15,000
  Per le gioje della signora                »    9,000
  Fatture saldate per conto della signora   »   14,000
  Simili per conto del signore              »    4,000
  Spese di famiglia                         »   25,000
  Mobili di negozio                         »   10,000
  Crediti diversi                           »   23,000
  Merci esistenti                           »   40,000
                                           ———————————
                                  Totale   L.  140,000

PASSIVO:

  Scadenze di marzo                         L.  10,000
     »     di aprile                        »    4,000
     »     di maggio                        »    6,000
                                            ——————————
                                  Totale    L.  20,000

Se vi siano altre fatture da pagare per loro conto non so.

La posizione non è disperata, ma bisogna mutar sistema per salvarla. I
provvedimenti da prendersi sono varj:

I. Depurazione del personale. — La rendita di questi ventun mesi basta
appena alle spese di negozio e alle sottrazioni fatte da qualcuno, che
si dovrà licenziare. I colpevoli restarono al coperto per molto tempo,
ma finalmente si tradirono in questo carnevale, colle loro pazze spese.

II. Vigilanza continua del signor Minelli.

III. Bisogna tornare alla cifra normale di L. 80,000 circa, pel conto
merci generali, tanto richiedendo l’importanza del negozio.

IV. Estinguere le passività.

Le diecimila lire scadenti in aprile e in maggio verranno colle
vendite. Le merci che arriveranno in sostituzione non saranno pagabili
che in novembre e in dicembre.

In giornata, urge trovare le diecimila lire di marzo. Sono
indispensabili, una condizione _sine qua non_ dell’assestamento
degli affari. Si sarebbe potuto provvedervi facilmente se il signor
Papetti fosse stato più arrendevole....; così, non resta a nostra
disposizione che un mezzo solo.... lecito e non rovinoso. La signora
vorrà permettere che si diano in pegno le sue gioje.... (moto di
spiacevole sorpresa della moglie — e anche del marito) per qualche
tempo. M’incarico io di cavarne almeno L. 7000....; per le altre 3000,
supplirò io coi miei piccoli risparmj.... —

Minelli, con ammirazione, rasserenandosi, alla moglie: — Ma vedi....
vedi che uomo! E se si presta lui, che cosa non dobbiamo far noi?!

— Rimane a prendersi un ultimo provvedimento, dal quale io mi
riprometto vantaggi grandissimi, più che da ogni altra misura (fissa
sorridendo, Maddalena), ed è questo: La signora dovrebbe compiacersi di
passare almeno sei ore al giorno, al banco del negozio....

MIN. (_incerto_) Come....?

MADD. (_sdegnosa_) Io?....

RAG. Scusi, signora,... io ho pensato che la di Lei presenza in bottega
contribuirebbe a ristabilire la disciplina nel personale — ed essendo
anche un bellissimo e nuovo ornamento del negozio, contribuirebbe,
altresì, a richiamare gli avventori disgustati, non solo, ma a farne
accorrere di nuovi. Qual più bella soddisfazione per la signora
che quella di poter dire un giorno: — Ecco, Casa Minelli è risorta
all’antico splendore.... e questo è tutto opera mia!?.... —

La cosa può sembrarle forse un po’ nojosa al momento.... ma ci si
abitua presto, e col tempo diventa un divertimento. Si tratta poi di
così poche ore.... che si può fare un piccolo sacrificio.... Già, senza
mortificazioni non si può aspirare neanche al paradiso....

MADD. (_insensibile ai sorrisi, alle delicatezze, alle adulazioni e
agli scherzi del ragioniere — con stizza mal dissimulata_) Io non
discuto le proposte del signor ragioniere, anzi dico anch’io che
sono buone.... e quindi farò anch’io tutto quello che potrò, perchè è
troppo giusto. Le mie gioje sono a sua disposizione.... fin da questo
momento.... Vuole anche i miei abiti....?

RAG. (_grave_) Signora.... Ella mi offende.... si direbbe quasi che
io....

MIN. (_spaventato, supplice_) Per carità, Maddalena!.... signor
ragioniere!....

MADD. Se ho esagerato.... è stato involontariamente.... mi perdoni....
ma non avevo proprio l’intenzione di offenderla.... Dunque.... farò
il mio dovere.... Ma ch’io scenda in negozio.... questo è proprio
impossibile.... Che vuole.... che io me ne stia là, come una civetta
per attirar la gente? So che si usa, ma a me ripugna....

MIN. Bene, bene! lasciamo questo punto. Io devo già ringraziare
Maddalena del sacrificio ch’è disposta a fare. Sta pur certa che le
gioje torneranno a casa il più presto possibile. Quanto a richiamar gli
avventori, ci penserò io.... anche senza esporre mia moglie....

RAG. Signora, io spero che Ella non mi terrà il broncio....

MADD. Le pare? Io devo anzi ringraziarla per tutte le sue premure....
Posso andarmene adesso?

MIN. Fa pure, cara...., e noi scendiamo.... (_mentre si levano, si ode
la voce della fantesca domandare dal di fuori_) — È permesso?

MIN. Avanti.

FANT. (_aprendo_) V’è qui un giovane, che desidera parlare colla
signora.

MADD. Con me?

MIN. Sarà qualche operajo....; fallo pure venire innanzi.

FANT. (_introduce un cameriere d’albergo e si ritira_)

MADD. (_vedendo il cameriere, impallidisce come un cadavere_)

CAM. (_s’inchina, poi tutto grazioso a Maddalena:_) Sono molto contento
d’averla trovata in casa.... Dica.... Avrebbe mai, per accidente,
smarrito il suo ventaglio, stanotte?

MADD. (_non ancora riavutasi_) Io?....

MIN. (_al cameriere_) Scusi.... Lei chi è?....

MADD. (_tenta far comprendere al cameriere, cogli occhi, i quali pare
voglian schizzar dalle orbite, che non deve parlare — ma quello non
vede_)

CAM. Io sono un cameriere del _Restaurant Bouquet_. Siccome abbiamo
trovato un ventaglio nel gabinetto in cui la signora.... (_guarda in
viso a Maddalena, e vedendone la terribile espressione, s’interrompe
tutto confuso_)

MIN. (_sorpreso per quel silenzio subitaneo, dopo tal principio,
vedendo il turbamento del cameriere e di Maddalena_) E così....?
finisci.... (_poi al ragioniere, che, per delicatezza, vorrebbe
andarsene_) Si fermi pure....

CAM. (_con sforzo_) Probabilmente m’hanno mal diretto....

MIN. (_colpito da sospetto a Maddalena studiandola_) Dov’è il ventaglio
che avevi ieri sera?....

MADD. (_sconcertata, non trova parole, dice col gesto che non sa_)

MIN. (_scoppiando_) Ah! ma dunque è vero!.... (_al cameriere,
imperioso_) Finisci quello che avevi incominciato....; guardami bene in
faccia!

CAM. (_asciugandosi la fronte, balbetta_) Siccome.... si è trovato un
ventaglio....

MIN. In un gabinetto!

CAM. Sì, signore.

MIN. Che la signora vi ha lasciato.... stanotte.

MADD. (_rompendo in pianto, grida_) Ma non è vero!.... questa è
un’infamia!....

CAM. (_dice fra sè_) Apriti terra!

MIN. (_lancia alla moglie un’occhiata fulminante, quindi al cameriere_)
Dammi quel ventaglio....

CAM. (_la cui mano, involontariamente, s’era mossa nella direzione
d’una tasca, preso da pietà per Maddalena, dice:_) Non l’ho....

MIN. (_frenandosi a stento_) Ah! non l’hai?....

CAM. (_con sicurezza_) No.... è all’albergo....

MIN. (_coi denti serrati, facendo un passo_) Ah! all’albergo?....

CAM. (_indietreggiando_) Sì, signore.

MIN. Bene! verremo all’albergo.... E ora dimmi un po’...., come mai t’è
venuto in mente di venir.... precisamente qua?.... (_moto disperato di
Maddalena_) Zitta tu!.... se parli.... io....

MADD. (_che ha preso una risoluzione, con subitanea energia_) Ma,
insomma.... è una vera indecenza.... questa, che si vada in una
casa.... e che....

MIN. (_interrompendola_) T’ho detto di non parlare!.... (_freddo_) Non
è un’indecenza.... è onestà.... e siccome questa onestà dà una traccia
di qualche cosa.... appunto d’indecente.... così io voglio saper
tutto.... e lo saprò.

MADD. (_sedendo, disdegnosa_) Va benissimo.

MIN. (_al cameriere_) Dimmi, adunque, come t’è venuto in mente....

CAM. Ecco, se si fosse trattato d’un ventaglio qualunque, non ce
ne saremmo curati.... ma trattandosi d’un ventaglio di valore....
capisce.... Allora io, che aveva veduto il cocchiere del _brougham_....
(_esita_)

MIN. (_fremente_).... in cui la signora era venuta....

CAM. .... questo non so.... sapeva solo che aveva condotto gente....
quindi sono andato da lui....

MIN. (_tremante d’impazienza_) E t’ha detto?

CAM. (_esitante_) E.... m’ha detto.... che s’era...., ossia che gli
pareva d’essersi fermato davanti a questa casa....

MIN. (_colla vista oscurata_) E allora?

CAM. Allora.... ho interrogato il portinajo.... e m’ha detto che,
della casa, la signora Minelli, per quanto egli ne sapeva, era l’unica
signora che la scorsa notte fosse uscita.... con suo marito. O il
cocchiere era ubbriaco.... o il portinajo era mal informato....

MIN. (_con riso spaventevole_) Sicuro.... dev’essere così....
(_fregandosi le mani e guardando Maddalena_) Ora, adunque, andremo
all’albergo a prendere il ventaglio.... e se non ci sarà.... se ne
vedranno delle belline.... va bene?....

CAM. (_stanco, volendo uscirne, senz’altri rischi nè noje_) Senta....
poichè devo darglielo.... o prima o poi.... tanto fa che glielo dia
adesso....; dopo tutto, non sono cose che mi riguardano.... (_gli dà un
involtino. Maddalena non sembra accorgersi di quanto avviene; pensa_)

MIN. (_frenando un grido di furore al riconoscere il ventaglio, con
orgasmo al cameriere_) Bravo.... così si fa.... a te.... per il tuo
incomodo.... prendi (_gli dà cinque lire; aggiungendo con intenzione
minacciosa_), e se sarai discreto.... farai una buona azione....
capisci?....

CAM. Non dubiti.... grazie.... Riverisco (_s’inchina ed esce_).

RAG. (_contristato_) Permetta che me ne vada anch’io?....

MIN. No.... si fermi.... si fermi...., perchè questa donna sa
mentire.... e può essere che io abbia bisogno di testimonj....

MADD. (_alzandosi, fredda al ragioniere_) Ha sentito?.... mio marito
m’insulta.... Ora io non voglio più restare in questa casa.... (_muove
per uscire_)

MIN. (_vietandole il passo, furente_) Non si parte....
(_respingendola_) Non si parte.... per Dio!

MADD. (_al ragioniere, con riso forzato_) Ma sa che questa è nuova....
(_siede_)

MIN. (_la guarda torvamente, poi suona il campanello; entra la
fantesca_) A che ora è venuta a casa mia moglie.... stamattina?

FANT. (_incerta_) Alle....

MADD. (_pronta_) Alla una!

MIN. (_contenendosi, ripete con flemma_) A che ora è venuta a casa mia
moglie?

FANT. (_che ha capito_) L’ha già detto la signora.... alla una.

MIN. (_urlando_) Tu menti.... tutti mentite! ma.... la saprò ben io....
per l’inferno.... la verità.... Quel cocchiere.... è ancora vivo!....
(_battendo un gran colpo sul tavolo_) lo troverò....!

FANT. (_spaventata si ritira_)

MADD. (_a quelle parole, si perde d’animo, supplice_) Ma Dio! un po’ di
pietà!

MIN. (_stravolto_) Con chi sei andata a quel _Restaurant_.... con chi?

MADD. (_mancando_) Ma io non sono andata in alcun Restaurant.

MIN. A che ora sei partita dalla festa....?

MADD. Che so io.... alla una.

MIN. Sola.... no già!.... con chi adunque?

MADD. Con una persona.... che conosci anche tu.... e che io stessa ho
pregata d’accompagnarmi.

MIN. E.... chi è.... questa persona....?

MADD. È il signor Soranzi....

MIN. E.... siete venuti a casa.... subito?

MADD. .... Subito....

MIN. A piedi?

MADD. A piedi....

MIN. (_al ragioniere_) Ella ha sentito.... (_a Maddalena_) Ora.... io
esco.... e se io saprò.... che hai mentito.... guai.... guai a te! E se
poi il ventaglio sarà stato smarrito.... supponiamo.... sulla festa....
resterà a scoprire qual è la signora che l’ha trovato.... e riusciremo
a sapere anche questo.... va bene? (_al ragioniere_) Ella intanto
mi faccia il favore di rimanere.... e le impedisca di parlare con
chicchessia e di fare un sol passo.... Siamo intesi! (_esce_)

MADD. (_vedendosi sola col ragioniere, riprende coraggio, e fingendosi
oppressa, con voce flebile_) Scusi, signore.... se mi ritiro nella mia
camera.... ma io ho troppo bisogno di piangere....

RAG. Mi faccia la grazia di restar qui. Ella ha udito le
raccomandazioni....

MADD. (_piangendo_) Ma sono in casa mia, infine....! Mi segua, se
vuole.... mi lasci andare nella mia camera....

RAG. (_con pietà_) Mi dica.... Ella è proprio innocente....?

MADD. .... Creda.... io sono una povera vittima del destino, che mi
perseguita.... ma io non so proprio nulla di nulla! mi crede?

RAG. Ma.... per me.... si figuri....

MADD. .... Dunque.... sia buono.... guardi.... mi lasci almeno
rinfrescarmi il volto.... devo avere gli occhi ben rossi....

RAG. Bene.... faccia presto.... perchè io non voglio aver noje....

MADD. (_dolcissima_) Un minuto solo.... (_esce_)

Il ragioniere resta solo, facendo delle considerazioni morali sul
matrimonio, e rallegrandosi di essersi conservato celibe; tutt’a
un tratto balza in piedi esterrefatto, ha udito un rumore di chiavi
giranti nelle toppe; corre ad un uscio, — chiuso — corre all’altro, —
chiuso anch’esso. — Ah! balordo ch’io sono.... — esclama — doveva ben
pensare che una donna....! e adesso quell’altro tornerà.... ed io....
Ah! bah! — corre alla finestra, apre, e grida: — Portinajo! Portinajo!

Eh? — fa il portinajo sull’uscio del suo stambugio....

— Vieni su.... subito....

— Subito....

— Ma dov’è? — domanda forte il portinajo, salito, girando per le camere.

— Qui.... qui! — grida il ragioniere — apri....

— Ecco.... ma come mai....

Fuori di sè. — Niente.... di’ al signor Minelli che io non sono nè
un gendarme nè un aguzzino.... e tanto meno poi un prigioniere.... Il
resto glielo scriverò io....!

— Va benone! — fa il portinajo, che non capisce niente, vedendolo
fuggire a precipizio. — Il marito se ne va, la moglie se ne va, la
serva se ne va.... e questi, non appena può andare, scappa.... Così,
chiudiamo e andiamocene anche noi. —

                                 * * *

Sono scorse due ore. Minelli torna. Ha cercato di tutti quelli che
potevano fornire qualche schiarimento e ha parlato con tutti.... col
cocchiere, col portinajo di casa Soranzi, coi servitori della Società,
ha voluto rivedere il cameriere del _Restaurant_.

Non v’è una dissonanza. Tutto concorre ad accertare in modo ormai
incontrastabile la temuta verità. Ebbene, egli non è più furente....
è di ghiaccio. — Egli non ha da far altro che strozzare Maddalena....
e la strozzerà; e dopo andrà a consegnarsi alla giustizia. — Questo è
così semplice, che egli è tranquillo. — Si è sempre tranquilli quando
si compie il proprio dovere.

Il portinajo, vedendo passare il signor Minelli: — Signor Minelli, ha
detto il di lei ragioniere che non è nè un gendarme, nè un aguzzino....
e tanto meno poi un prigioniere. Quindi se n’è andato.

MIN. (_accendendosi_) E dove è andato?

PORT. Io non saprei.... Ah! prenda la chiave....; non v’è nessuno in
casa.

MIN. (_afferrandolo per un braccio, come pazzo_) Cosa dici! non c’è
nessuno?....

PORT. (_liberandosi_) Se non crede.... vada a vedere. — Che cos’ha?....
Si sente male?

MIN. (_atterrato, cupo_) No.... grazie. —

Sale lentamente, curvo, barcollante, apre, entra, passa di camera in
camera, con tal circospezione, che si direbbe tema di trovar alcuno.
Giunge alla camera da letto.... vorrebbe.... si pente.... si decide....
spinge l’uscio.

— Ah! — grida gemendo — Son rovinato! —

Al primo sguardo, egli ha tutta compresa la sua disgrazia.

Non gli resta nemmeno il conforto della vendetta.

Corre al forziere aperto.... Pur troppo è vero.... L’unico valore che
vi si trovava, lo scrignetto dei giojelli, è sparito.

Sur un tavolino v’è un biglietto scritto colla matita in modo quasi
inintelligibile, tanta era la furia di chi lo vergò.

Ecco quel che vi legge Minelli coll’occhio semispento:

  «Non cercare di me.... non mi troveresti. Addio per sempre.

                                                       «MADDALENA.»

Minelli alza gli occhi e i pugni al cielo.... La sua maledizione non si
ode.... ma deve essere orrenda!

Poi biascica sordamente:

— Ah!.... non cercare di te?... addio per sempre?.... Voglio
trovarti.... voglio.... capisci? —

Vuol muoversi, per uscire, ma le gambe non lo reggono.... tutto è
distrutto in lui e cade inginocchioni. Egli vuol rialzarsi.... e non
può.... Si rode i pugni per la rabbia, si percuote il petto, la fronte,
si strascina sulle ginocchia.... ma ogni sforzo è vano.

Il portinajo, che s’era impensierito pei modi strani di Minelli, sale
dopo mezz’ora e lo trova immobile, accosciato, cogli occhi sbarrati,
fissi al suolo, colla bocca intrisa di una spuma verdognola e
sanguigna.

— Lo diceva io che ci doveva essere qualche cosa — borbotta il
portinajo, e lo solleva e lo mette a giacere sul letto, e gli domanda
che cosa ha, che desidera....

— Nulla — mormora Minelli estenuato — lasciami dormire; va pure.

— Vuol che dorma qui nella camera vicina, stanotte?

— No, no, adesso mi è passato.... grazie.

— E l’uscio che è aperto....?

— Lascia pure aperto... non c’è pericolo.... chiuderò io.... Il negozio
non sarà aperto.... m’imagino....

— Eh! già.... è giovedì grasso....

— Giovedì grasso.... — sospira Minelli. — Va pure.... addio. —

                                 * * *

Quando il mattino susseguente, il portinajo salì per veder come stava
il signor Minelli, non lo trovò più.

Sul tavolo, nel salotto, v’era un piego suggellato diretto al
ragioniere.




                _Lettera di Minelli al suo ragioniere._

      Caro amico,

  Permetta che, in questi ultimi momenti, riconosca quanto Ella ha
  fatto o tentato di fare per me, col chiamarla amico. Se io Le
  avessi dato retta, sarei certamente felice e degno della stima
  generale.... così sono un povero miserabile.

  Non lo sarò tuttavia che per poche ore.

  Cosa vuol che ne faccia io, adesso, della mia vita?

  Si può vivere soli, coll’anima esulcerata; impotenti a tutto, colla
  mente che non sa obliare.... sapendo che _ella_ è viva, che mi
  disonora, che mi deride.... perchè le è riescito di ingannarmi e di
  derubarmi?!

  D’altronde sono rovinato, caro ragioniere, e non saprei come
  rialzarmi, perchè io non sono più capace di lavorare.... lo sento.

  E poi, ho sempre veduto che quando si comincia a rotolar giù, non
  si può proprio più fermarsi.

  Dunque arrischierei di perdere quel poco che ancor mi resta, mentre
  è mio dovere sacrosanto di salvarlo per mia figlia?

  No.... no.... ne ho già troppe sulla coscienza, e almeno questa
  voglio risparmiarmela.

  Povera Silvia!.... non l’ho mai riveduta....

  Questo è forse il più grave mio torto.... e non ho scuse.... Non
  posso a meno di piangere pensando a quella meschina....

  Desidero che Ella, signor ragioniere, sia il tutore di mia figlia
  — e se Ella accetta, io dico, anzi: _voglio_, affinchè Ella possa
  venir più facilmente nominato dal Tribunale.

  Forse ci sono molte altre cose che sarebbe necessario dire.... ma
  or non saprei.... ah! _È mia assoluta volontà_ che quanto potrà
  essere salvato dal naufragio della mia fortuna, venga investito
  in rendita pubblica e intestato a mia figlia. Tutto in rendita,
  ad eccezione di poche lire 3000, tremila, che io La prego, signor
  ragioniere, di accettare come un lieve segno della mia gratitudine
  pei servigi che Ella mi ha resi.

  Non ho proprio altro ad aggiungere.

  Parli qualche volta di me alla Silvia, quando potrà capire.... e la
  baci per me.

  Addio.

                                                     PAOLO MINELLI.

  _PS._ Favorisca far consegnare le unite due lettere — e faccia
  dir una parola ai giornali, onde non si occupino di me.... se pur
  possono defraudare, in via d’eccezione, una volta la curiosità
  dei loro lettori. Non è tanto per me che desidero questo, quanto
  per mia figlia, che un giorno saprà leggere.... e vorrà sapere...
  Addio, addio.

                                 * * *

                   _Lettera al padre di mia moglie._

  Voleva quasi quasi partire, senza neanche salutarti — ma siccome,
  sebbene involontariamente, sei stato la cagione principale di tutto
  quello che è avvenuto — perchè se non mi avessi rifiutato quanto
  mi _devi_, nulla sarebbe avvenuto.... così voglio salutarti.... e
  ringraziarti.

  L’ho qui.... qui alla gola.... veh! — e non mi passa.... e se io
  ascoltassi solo la mia rabbia....

  Ma, per Dio! vengo a domandarti la mano di tua figlia.... e non
  ti chiedo un soldo — la adoro tua figlia, la tratto come una
  principessa, non so cosa farei per vederla sempre sorridere di
  soddisfazione.... procuro ad un padre una rara consolazione e la
  più grande, quella di veder felice sua figlia.... ed ecco il bel
  compenso che trovo!

  Un giorno, quando per un concorso di circostanze, e anche per mia
  colpa — sì, non lo nego! — mi trovo in bisogno e mi rivolgo al
  padre di mia moglie.... egli mi lascerebbe morire piuttosto che
  ajutarmi! Mi nega il _prestito_ di diecimila lire che mi deve....
  me lo nega a me, che ho speso quattro, cinque volte tanto in pochi
  mesi per far star allegra sua figlia! È dura, sai?! È proprio una
  cosa che grida vendetta in cielo!

  E sua figlia, tanto per fare ancor qualche cosa di meglio di suo
  padre, mi tradisce, mi deruba.... e fugge!

  Ma me la sono meritata!

  Cosa mi è mai venuto in mente, dopo essere stato felice venti anni
  — cosa straordinaria — con una donna, di prendere moglie per la
  seconda volta.... per avere una donna bella?! — Prendila, Paolo, la
  donna bella.... prendila! — ecco il bel frutto.

  Ma chi poteva imaginarselo? chi?

  E pazienza ancora, se le avessi fatto imporre di sposarmi....!
  Ma ha avuto tutta la libertà d’agire come sentiva! Perchè non
  rispondermi francamente un _no_? Imbecille ch’io fui!.... Credetti
  che il suo fosse un _sì_ d’amore.... ed invece, non era che una
  furberia per poter venire a godersi il mio denaro!

  Ed io.... mi sono rovinato per questa donna!

  Basta.... io adesso me ne vado all’altro mondo, e spero che tu non
  starai molto a seguirmi.

  Intanto godi.... godi le tue, ossia le mie diecimila lire! — e
  quanto a tua figlia, ora trionfi pure.... ma la mia maledizione la
  perseguiterà per tutta la vita.... e qualche giorno giustizia sarà
  fatta!

                                         _Il marito di tua figlia._

                                 * * *

                  _Lettera di Oreste ai suoi parenti._

      Miei cari,

  Spero che v’avranno subito consegnato jeri il biglietto, in cui vi
  diceva che io doveva assentarmi per una partita di piacere.

  Mi sono assentato.... ma per ben altro motivo. Non ve l’ho detto
  jeri, perchè, a dirvi tutto, ci voleva tempo, e urgeva partire
  senza il menomo indugio. Il più importante era che foste tranquilli
  a mio riguardo.

  Eccovi ora la verità.

  Una donna mi aveva inspirato una profonda passione e la ricambiava.

  Jeri, il marito, messo da qualcuno in sospetto di tale mistero,
  interrogò la moglie, che, naturalmente, negò, chiedendo le prove,
  per guadagnar tempo. — Vado a procurarmele, disse il marito
  furente, e se sarà vero, io ti ucciderò. — Non appena il marito
  fu uscito, la moglie — doveva forse aspettare che ritornasse
  con quelle prove, che pur troppo si potevano ottenere? — corse
  dalla persona, presso la quale soltanto poteva trovare rifugio e
  difesa.... venne da me. Era alla disperazione! Se l’aveste veduta,
  avrebbe mosso a compassione una tigre....

  Prego mio padre e la mia buona madre di non esser troppo severi.

  So anch’io.... come lo sa _Lei_, che legge mentre vi scrivo....
  tutto quello che si può dire. Ma non discutete, per carità, la
  ragione o il torto d’una passione! Ditemi solo se un uomo che
  si trovava nella mia posizione ha fatto o no il suo dovere,
  accogliendo questa povera donna, che tutto aveva prima arrischiato
  ed ora ha tutto perduto per lui! — Su questo solo punto siate
  giusti.... il resto lo abbandono all’indulgenza di gente di cuore,
  la quale sa che cos’è vita, che cos’è giovinezza.

  Mia madre sarà addoloratissima nel leggere queste righe, lo so....;
  crederà che io abbia smarrito quei sentimenti d’onestà che ella mi
  ha sempre inspirati.... No, io non sono stato che amante.

  D’altronde, v’era qualche cosa di predestinato.... era scritto che
  presto o tardi le nostre sorti dovessero confondersi in una sola,
  che sarà fonte perenne di comune felicità. Lo sento.... e sono
  certo che non è un’illusione.

  Siamo a X.... al confine.

  Scrivetemi subito per tranquillarmi.

  Il nostro ritorno dipende dagli avvenimenti.

  In caso di separazione legale, torneremo presto.... Nel caso
  contrario, verrò a vedervi il più sovente possibile.

  Sono felice.... ma solo per metà, lontano da voi, lo sapete.

                                              _Vostro aff._ ORESTE.

                                 * * *

                        _Risposta dei parenti._

      Oreste,

  Tu ci hai arrecato il più profondo dolore!

  Tu non vuoi che si discuta la ragione o il torto della passione
  — ma un _uomo_ non deve ridursi fino al punto da mettersi
  volontariamente al livello dei bruti, pei quali non v’è ragione nè
  torto.

  Quando, al primo riveder quella donna, tu sentisti ridestarsi
  l’antico affetto — dovevi fuggirla. Era già moglie.

  Il sacrifizio allora sarebbe stato ben lieve, credilo!

  Non hai avuto quella meschinissima forza.... e or vedi le
  conseguenze orribili della tua debolezza!

  Al solo pensarvi v’è da raccapricciare....

  Quel marito s’è ucciso!.... ucciso per causa vostra.

  La donna che tu ami è l’oggetto della esecrazione generale in
  questo momento.

  Essa non aveva alcuna ragione di mancare alla fede giurata.... dopo
  un anno e mezzo di matrimonio!

  L’opinione pubblica è meno severa per te.... ma, per la gente ben
  pensante, tu sei responsabile quanto colei, di quell’omicidio,
  perchè siete voi due che l’avete commesso.... Negalo un po’ se hai
  tanto coraggio!

  Leggi, leggi la lettera che lo sventurato ti ha scritto sul punto
  di morire, e poscia abbi ancora stima di lei.... di te.... se lo
  puoi!

  E ora che farai?.... Sposerai tu quella donna? La tua passione ti
  trascinerà anche a questo? Sarai tanto cieco da non veder che v’è
  un cadavere fra voi....?

  E quando l’avrai sposata, sarà essa veramente tua? E un giorno non
  sarai forse trascinato ad imitare l’esempio del primo marito?

  Basta.... fa quel che vuoi. Noi ti abbandoniamo a te stesso.

  Io ti dico solo che in questi giorni io devo benedire la sventura
  che m’ha quasi affatto privato della vista.... perchè così io sono
  certo di non veder quella donna, se mai osasse venir in questa
  casa....; ma non l’oserà, perchè nessuno oserà condurvela.

                                               Tuo padre ha dettato

                                           Tua madre ha scritto — e
  aggiunge che stima troppo suo figlio per poter supporre, un solo
  istante, che egli le mancherà di rispetto.

                                 * * *

                 _Lettera di Minelli a Oreste Soranzi._

      Signore,

  Come vede, io mi ritiro. A Lei piace mia moglie.... ed io gliela
  cedo. Ma cosa vuole di più?!

  Sia certo che Le faccio un bel regalo.

  Ella la conosce per una bella donna, ma forse non sa che è anche
  una buona donna. In tal caso, se ne persuaderà in seguito....

  Poi, ha altre belle qualità: sa mangiar bene, bever meglio, veste
  con un gusto eccellente. A ballare, l’ha vista.... anzi l’ha fatta
  anche ballare.... Per spirito non ha l’uguale. Nè questo è tutto.
  Ha un cuor d’oro. Basta dire che ha avuto una figlia e che non
  ha ancor avuto tempo di vederla.... ma è sempre tanto occupata,
  poverina!

  Io le ho scoperte, un po’ tardi, tutte queste perfezioni.... ma io
  sono un imbecille.

  Credo che Ella sarà molto felice con Maddalena, perchè è una donna
  che sa fare.

  Se mai, per caso, un giorno si stancherà, non Le darà alcun
  disturbo, prenderà il bello e il buono e se ne andrà....

  Ha agito così con me, ed io voglio sperare che non La tratterà meno
  bene di me.

  Saluti tanto la mia vedova, e mi creda niente affatto suo
  devotissimo

                                                     PAOLO MINELLI.

                                 * * *

                    _Lettera di Oreste a Maddalena._

      Maddalena,

  Il nostro amore riceve un colpo mortale!

  _Egli_ si è ucciso!

  Senza saperlo, ha scelto la più tremenda delle vendette.

  Egli vivo, ci univa — morto in tal modo, ci disunisce per sempre!

  Qual vita, infatti, sarebbe la nostra, se ci ostinassimo a
  volere una felicità impossibile? — Il suo fantasma sarebbe
  sempre con noi.... le nostre famiglie ci respingerebbero, tutti
  ci segnerebbero a dito, dicendo: — Ecco coloro che hanno ucciso
  quell’infelice.... vedete gli sposi assassini! — E noi stessi
  potremmo sopportare la vista di noi?

  Che abbiamo mai fatto!

  Ora, non ci resta che piangere, tornare nel seno delle nostre
  famiglie, espiare con una vita onesta un errore giovanile — e non
  vederci mai più.

  A te, Maddalena, più avventurata di me, perdendo le gioje
  dell’amore, rimangono ancora le gioje sublimi della madre.

  La tua bambina sarà la tua delizia e il tuo conforto.

  Rinunciando ad amarci e a vederci, noi non potremo certo obliare i
  sogni passati.... La memoria di questo amore sarà una religione!

      Addio. Addio!

                                                            ORESTE.

  _PS._ Le vicende della vita sono varie.... Se mai ti tornassero
  avverse.... ricordati di me. Ho voluto, dovuto dirti questo per
  togliermi dall’animo un peso opprimente.

  Parto senza vederti.... il perchè lo comprendi.

                                 * * *

                        _Risposta di Maddalena._

      Oreste,

  Hai ragione. — Addio per sempre. — Grazie. — Non ho, nè avrò mai
  bisogno di nulla.... Saprò lavorare.

  Sei un gentiluomo — dunque, tutto è sepolto, _tutto_!

                                                         MADDALENA.

                                 * * *

Quella sera, il padre e la madre di Oreste stavano seduti sur un
divano, nella sala da pranzo, silenziosi e mesti. Vedevano che la mensa
era servita, ma non potevano muoversi.

A un tratto si scossero.... — era una scampanellata....

Pochi secondi dopo, l’uscio si aperse e comparve Oreste, fermandosi
sulla soglia, umile, abbattuto, esitante....

— Ah! è lui — gridò la madre giubilante, correndo ad abbracciarlo.

Il cieco padre ebbe un tremito, ma non fe’ motto.

— Sei solo?.... — mormorò la madre all’orecchio del figlio.

— Solo.

— È finita?

— Finita.

— Vieni!.... — Eugenio — fece verso il marito, conducendo a lui Oreste
per mano — consola questo povero ragazzo.... che ha mancato.... ma che
è pentito.... e soffre. —

Il cieco porse una mano, che fu presa e coperta di baci — quindi
respirando largamente e alzandosi, disse:

— E ora che siamo ancora in tre.... pranziamo.... Oreste, adesso se
potessi vederci.... non sarebbe proprio male! —

                             . . . . . . .

In casa Soranzi non si parlò più di Maddalena, come se neanche
esistesse.

Un anno circa dopo la catastrofe, Oreste era avvocato e sposava la
figlia di un alto magistrato, buona, timida, graziosa creatura, sulla
quale la madre di Oreste aveva da un pezzo posto gli occhi, e di cui
diceva: — Per quella, garantisco. —

Oreste fu conquistato dalla soavità della giovinetta — e quando la
madre gliela propose, non seppe dir di no.




Quando Maddalena lesse il biglietto di Soranzi, per quanto fosse
corazzata e tutt’altro che tenera del marito, non potè a meno di
fremere. Una morte naturale.... pazienza! Era una disgrazia, e
oltrechè inevitabile, preveduta vicinissima, e al punto a cui eran
giunte le cose.... non avrebbe messo nessuno alla disperazione — ma
quell’uccidersi!....

Tal senso di terrore tuttavia fu breve e lieve — seguirono intensi
e lunghi invece il dispetto della perduta fortuna e le ansiose
apprensioni per l’avvenire.... Che sarebbe di lei?....

Più ci pensava e più le pareva che la delicatezza di sentire di Oreste
fosse esagerata.

Che relazione aveva l’avvenire col passato? l’ombra.... un’ombra!....
del defunto colle gioje reali dei vivi?.... perchè temere l’opinione
pubblica.... la quale si sa che cos’è e della quale si fa tutto quel
che si vuole? — fisime, ubbíe! — Ci fu un momento in cui balzò in piedi
per corrergli dietro, afferrarlo per un braccio e dirgli: — Fermati,
fanciullo.... e lascia fare a me! — ma siedè tosto.

Raggiungerlo.... in casa, forse? — affrontare.... chi sa.... fosse un
oltraggio? — Scrivergli, supplicarlo, minacciarlo di darsi morte?

Non essendovi amore, l’orgoglio ne la dissuadeva.

D’altronde, a che poteva servire un espediente.... per quanto
drammatico, con un figlio che sapeva tanto subordinato ai parenti?

Si trovava nelle di lei braccia.... ed era fuggito!....

Dunque che sperare mai ora? Ah! non bisognava pensarvi più.

Bisognava pensare piuttosto a provvedere altrimenti per l’avvenire.

Dopo un’ora di meditazione, il suo programma era fissato.

Prima di tutto era necessario ripresentarsi in società colla ragione
da parte sua. Ella era la vittima! Chi osava sostenere che ella era il
carnefice?

E poteva provar tutto in propria difesa, mentre nessuno poteva provar
nulla contro di lei.

Cominciò dal partire per recarsi, la furba, in altro luogo, donde potè
scrivere:

      Cari genitori,

  Sono presso mia figlia.

  Ho saputo della triste fine di quel povero uomo.... Io lo
  compiango.

  Se la gelosia non lo avesse accecato, non avrebbe, senza alcuna
  cagione, dato corpo a delle ombre — io non mi sarei spaventata....
  e la mia assoluta innocenza sarebbe stata luminosamente provata....
  me ne appello al signor ragioniere! — Così invece.... basta,
  non ci pensiamo, perchè non v’è più rimedio. Sono immersa in una
  profonda tristezza. Mamma, vieni a trovarmi. Io non ritornerò che
  fra qualche mese in casa vostra, se mi vorrete. S’intende che a
  Pasqua lasceremo casa Soranzi, perchè non voglio abitare vicino a
  quell’altra casa, che mi ricorderebbe tante sventure.

  Non so che cosa dica la gente. Dite pure al signor ragioniere che
  faccio assegnamento sulla sua prudenza e sul suo buon cuore, onde
  dichiari null’altro che la pura verità, senza entrare in alcun
  particolare ozioso, che potrebbe far torto alla memoria di mio
  marito.

  La gente deve sapere solo che in séguito ad un diverbio fra me e
  il povero Paolo, per ragioni d’interessi, io, d’accordo con voi,
  sono venuta a passare qualche giorno presso mia figlia, per lasciar
  campo al sereno di tornare.... e ch’egli, uomo debole, senza fibra,
  ormai vedendosi dissestato, si è ucciso, mentre si poteva ancora,
  col tempo, lavorando, rimediare a tutto.

  Non so se mio marito abbia lasciato delle disposizioni.... Ad ogni
  modo, dite al signor ragioniere che io non voglio nulla per me.
  Tutto per mia figlia.... per la mia Silvia, che è tanto bella....
  oh! se è bella!

  Mamma, vieni subito, e fa di condur con te anche il signor
  ragioniere.... Al quale devo fare mille scuse, e col quale voglio
  intendermi per molte e molte cose.

                                   _Vostra affezionatissima figlia_
                                                         MADDALENA.

  _PS_. Vi prego di deporre una corona sulla tomba del mio povero
  Paolo.

                                 * * *

I Papetti, ricevendo questa lettera, cominciarono a respirar meglio.
Quell’altra di Minelli li aveva costernati, avviliti al punto che
non osavan più uscir di casa.... tanto loro pareva che tutta la
gente avesse a segnarli a dito e chieder loro conto del sangue d’un
innocente.

Figurarsi che balsamo lo scritto della figlia! Tutta la verità era
ora chiara, lampante — ed era proprio quella verità che si voleva.
Maddalena, pura come un angelo — Minelli, un uomo disperato e ubbriaco.

Già l’avevano sempre detto che beveva troppo, che doveva finir male!

La madre raggiunse la figlia conducendo con sè il degno ragioniere,
il quale non aveva, per caso, ancor da rimproverarsi alcun torto verso
Maddalena.

Uomo prudente e di cuore infatti.

Non appena letto il testamento di Minelli, egli l’aveva abbruciato
— perchè dubitando da lungo tempo del cervello del suicida, e non
trovando provata l’infrazione del regolamento conjugale, o, per lo
meno, provata la gravità — non si era creduto in diritto e, tanto meno,
in dovere di assumersi alcuna responsabilità, nè in faccia agli uomini,
nè in faccia alla sua coscienza.

Aveva dunque detto: — Il tribunale provveda. —

Quando poi ebbe parlato con Maddalena, si felicitò con sè stesso della
sua prudenza. La bella donna ebbe per lui tante gentilezze, tante
graziose parole, seppe tanto bene dargli ad intendere tutto quello che
volle, che egli tornò in città disposto a dichiarare che la signora
Minelli era una santa.

Il padre Soranzi aveva scritto che Maddalena era l’oggetto della
esecrazione generale, — ma l’esecrazione generale non v’era che nella
sua coscienza rivoltata. Innanzi tutto, mancavano assolutamente gli
elementi per poter esecrare. Quel giornale aveva detto di non voler
parlare, ma.... non sapeva niente. Il ragioniere, Soranzi e Papetti non
avevan fiatato, ciascuno per le sue buone ragioni — per cui la città,
che usciva tutta arrembata, intorpidita, sonnacchiosa, infreddata,
aveva ben altro a fare che interessarsi per due iniziali trovate morte
in un giornale — senz’alcun particolare.

Si, i conoscenti fantasticarono.... ma le dichiarazioni del ragioniere
e dei Papetti non lasciarono neppur subodorare la verità vera. Il
dissesto finanziario era proprio l’unica causa impellente al suicidio.

Il giorno di Pasqua, al corso, la gente ammirava una signora di
maravigliosa bellezza, alla quale un _lutto intiero_ del miglior
gusto dava un risalto e un carattere fantastico — che sola, severa,
imponente, marciava, senza vedere alcuno.

— Guarda la bella Minelli! — dicevano i conoscenti, e trovavano che
anche la vedovanza a lei faceva bene.

Che floridezza di carnagione!

                                 * * *

Il ragioniere era stato, come si poteva prevedere, nominato tutore
della figlia di Minelli.

La liquidazione della sostanza produsse in cifra tondo L. 40,000, che
furono investite in rendita intestata a _Silvia Maria Caterina Minelli
del fu Paolo, minorenne_.

S’intende che l’assegno accordato alla vedova pel suo mantenimento —
finchè ella non passasse ad altre nozze — doveva venir prelevato dai
frutti del suddetto capitale. Maddalena trovò che non v’era da star
allegri. Quella era la miseria.... per lei.

_Nulla per me, tutto per mia figlia_, aveva ella scritto — ma quando
si è Maddalena, sono cose che si scrivono, per un secondo fine. Nella
sua ignoranza assoluta in materia di affari e di codice, ella sperava
ben altro. La circostanza di tale trattamento omeopatico, la forzò a
modificare sensibilmente il suo programma....

Bisognava rinunciare alla caccia d’un marito ricco, perchè
probabilmente lunga, faticosa, dispendiosa — oltrechè d’incertissimo
successo — fare invece la caccia alla borsa.... il trovare una
_posizione_, essendo molto più agevole e breve — il che urgeva.

Ma perciò, occorrendo una perfetta libertà di movimenti, uscì di casa
e andò a far la signora sola, sul corso più frequentato dal denaro e
dalla lussuria, in un bell’appartamentino ammobiliato negli ammezzati,
pel riflesso che il vivere.... quasi in istrada, le permetteva di
offrirsi continuamente in tutti gli abbigliamenti più originali ed
eleganti e in tutte le pose più seducenti.

Annodò l’amicizia colle donnine più.... coraggiose, che aveva
conosciute negli ultimi mesi e che tenevano corte galante — e cominciò
a _ricevere_.

Erano geniali ritrovi, in cui si faceva della musica e del tè, per aver
una ragione di far della diplomazia amorosa.

Si poteva dire tutto quello che occorreva per, poscia, poter fare.

Le dichiarazioni e le proposte non mancarono a Maddalena, ma ella
— senza disgustare alcuno, ben inteso; non si sa mai! — rispondeva
sempre che non le era permesso di prenderle nella considerazione che
meritavano — a motivo del lutto.

Realmente le pareva di meritar meglio. Tutti i giorni ne entra _uno_,
dicono, in città.... poteva arrivare anche quello che ci voleva per
lei.

Arrivò....

Maddalena credette aver fatto un gran colpo.... e invece non fu che un
colpo di gran cassa.... vuota.

Era un agente di cambio esotico, che pareva il Re di denari, ma che, i
denari, li faceva scappare. Non aveva la fortuna propizia.... ossia,
qualche volta essa gli sorrideva, ma egli, allora, si mostrava tanto
indiscreto, che era costretta a fargli subito il broncio. Egli aveva
visitate le primarie Borse, e, partendo, le aveva lasciate tutte molto
afflitte, perchè molto piagate. Cosa straordinaria, la cagione della
piaga era sempre un _cerotto_.

Quando conobbe Maddalena, era in un momento di vena; — in una sola
liquidazione aveva guadagnato cinquantamila lire. Per due mesi,
Maddalena menò l’esistenza più fastosa — era la donna più invidiata....
anche da qualche donna onesta — ma una sera, in cui egli lasciandola in
teatro con un’amica, la salutò dicendole: — Vado un momento al _club_,
poi ci rivedremo; — ella, tornata a casa, — come Minelli buon’anima! —
non trovò più le sue gioje e trovò un biglietto che diceva:

      Mia cara,

  «Ho perduto e devo andarmene. — Perdona se riprendo qualcuno
  de’ miei doni. Tu mi ami troppo per non voler permettermi di
  partire.... ed io ti giuro imperitura riconoscenza.»

Maddalena urlò, cacciò la cameriera, ruppe uno specchio, due bottiglie,
non potè mangiare per tre giorni.... e poi, ebbe pietà di sè stessa e
di un nuovo aspirante.... un nuovo molto vecchio, venerabile però....
per ricchezza, il quale aveva due soli culti, quello della lunga ed
argentea sua barba, e...., l’altro non occor dirlo.

Per rispetto alla sua età, tuttavia, egli si accontentava delle cure
filiali.

Quelle di Maddalena riempirono nuovamente lo scrignetto, ed ella
potè sognare di trovare un giorno un codicillo a di lei favore sul
testamento del vegliardo, che le giurava eterna fede.... forse perchè
aveva già un piede nell’eternità.

Ma un giorno le vennero a dire che il veglio era morto sotto un colpo
apopletico, e che il testamento non aveva il codicillo.

Due anni di tenerezze filiali proprio sciupati!

Allora.... allora cominciò per lei un’esistenza d’un certo genere,
in cui noi non possiamo seguirla. Sarebbe anche nojoso. Le posizioni
furono molte e varie.... e ricorderemo a tal proposito certi versi,
che un insolente ex-cuoco arricchito le dedicò, senza arrossire
dell’irriverenza che commetteva contro il Poeta:

    . . . . . . . . . . .
    Le procellose e trepide
    Gioje di gran disegni,
    L’ansie d’un cor che docile
    Fervente è pei sostegni
    E i giunge e tien quel premio
    Che diè Follia a sperar.
      (_s’intende la Follia degli sciocchi_)
    Tutto provò: la gloria
    Di far sentir gli artigli...
    Le fughe.... la baldoria....
    La reggia.... no! — ma figli (_di famiglia_)
    Molti sì, che in polvere
    Per lei i padri mandar....

Continua, ma basta.... non è vero?

Chi conobbe Maddalena nel fortunoso periodo che corre fra i ventidue
e i trent’anni, dice che a poco a poco, della donna, perdette sin
la vernice, e finì ad essere la più spudorata e la più cinica delle
creature.

Noi supponiamo che, in uno di quegli anni, debba essere stata scritta
quella tal lettera, la quale conteneva tante buone informazioni
di Maddalena — e probabilmente da qualcuno che — chi sa come fu
spennacchiato, deriso, mistificato! — non potendo più salvare sè
stesso, voleva salvare qualche amico.

Era diventata uno di quei cavallacci del piacere che si trovano in
tutti i festini, in tutti i bagordi, e che la gioventù corre sempre a
cercare, perchè hanno il diavolo nel sangue, perchè saltano, urlano,
strillano, trangugiano, tracannano per notti intiere alla fila....
dicendo e facendo.... quello che l’indomani, gli stessi ubbriachi
commilitoni della notte, svegliandosi, non vogliono nemmen ricordarsi.

I genitori, sulle prime, scandalizzati, avevano protestato —
inutilmente — poi si erano rassegnati, dietro il riflesso che in fin
dei conti ella era libera.... Finirono quindi ad accettare i di lei
inviti a pranzo, anche quando v’erano i suoi protettori, e può essere
che l’indigestione non sia stata estranea alla loro morte.... Caterina
però finì come aveva sempre vissuto, da buona cristiana, con tutti i
conforti della religione.

Per dare un’idea..... debole, già! di ciò che era diventata Maddalena,
citeremo alcune delle frasi che di lei ci furono riferite.... e che non
sentono l’ubbriachezza. Sentono certo un bel disprezzo per gli altri e
anche per sè.... ma vi si trova qua e là in mezzo alle facezie, quello
che noi cerchiamo avidamente da per tutto: _la verità_....

Si dirà: euh! la verità che viene da una simile bocca....!

Maledite pur la bocca — ma benedite la verità, e benedite anche il
vino, se esso l’ha fatta sgorgare.

Ma leggete e accettate.... quel che vi conviene:

— La paura è la virtù di molte donne. Col pensiero, chi sa quanti
desiderj, colla bocca, chi sa quanti sospiri che volano chi sa per
dove, chi sa quanti abbracci legali che illudono, per un istante, una
mente già _occupata_.

Le giovinette, che scrivono lettere amorose, hanno sempre la frase
sacramentale: «Ti giuro che ti sarò fedele fino all’ara.» Esse giurano
il vero: _fino_. — Siamo belle noi altre donne! _Prima_ ci diciamo
offese, se non ci rispettano; _dopo_, è il rispettarci che diventa non
solo offesa, delitto.

Un uomo che non può più correre, non deve permettersi nuovi amori....;
se ne stia ai vecchi — gli verrà tenuto conto, se non altro, dei
servigi prestati. — Una moglie che vede suo marito ubbriaco, ne ha
tanta nausea che comincia subito ad amar un altro, anche quando non sa
chi possa essere.... se poi lo sa!.... — Di riscontro essa fa bere il
suo amante, e se lo vede ebbro.... ride.... — Una moglie che tollera un
marito che beve.... o beve anch’essa.... o ha bisogno ch’egli beva....
— Una donna onesta può essere indifferente a che non le si faccia
attenzione, perchè si sa che è inaccessibile, ma può anche soffrire. Se
soffre, è certo che accetterà una medicina. — Se una donna è giovane,
abbracciatela solo quando, cogli occhi, ve ne dà il permesso. Se ha
passati i quaranta, se è dopo pranzo e se nessuno vede, abbracciatela
senz’altro.

Nulla di più vero che: _errando s’impara_. — S’impara a errare sempre
meglio.

Un discorso che le mogli infedeli amano — ahi! troppo! — fare ai loro
amanti, è quello dei rimorsi da cui sono amareggiate. V’è un altro
discorso, ed è quello delle qualità, delle virtù dei loro mariti.

Se una moglie ama davvero il suo amante, ciò che è abbastanza raro,
è già disposta ad uccidere il marito. — Gli uomini hanno il torto
di voler spiegare troppo e troppe cose alle donne, come se esse non
capissero niente.... ed esse sanno già tutto. — Noi donne capiamo,
forse non molto, di tutto quello che interessa gli uomini, ma per noi
ci vuol così poco.... _ossia_....

Un marito non deve mai parlare dei suoi diritti.... corre gran rischio
di subire dei rovesci. — Una donna è sempre onesta, dove arriva per la
prima volta.

Riabilitare.... se vuol dire rendere abile di nuovo.... è l’illusione
degli imbecilli. Quando si danno dei casi che farebbero credere alla
riabilitazione.... state pur certi che quella donna era molto stanca.
Del resto, una donna si può riabilitare molte volte.

Essendo donna, non credo a quello che mi dicono le donne, neanche
quando mi parlano male di sè stesse. — I mariti che dicono: «A noi non
ce la fanno....» fanno ridere.... Ma se è già fatto!

Noi donne non ci divertiamo mai tanto quanto allora che dobbiamo punire
un uomo della sua presunzione o delle sue villanie. È vero che non
abbiamo a nostra disposizione che un mezzo unico di vendetta.... ma ce
ne accontentiamo.

Un uomo ricco può essere un asino, ma è un asino ricco. D’altronde
è un asino a cui tutti accordano dell’ingegno. E se prendete un uomo
d’ingegno, ma povero, non è forse tenuto per più asino dell’altro?

E poi, un asino è ciò che conviene meglio ad una donna, perchè si può
farne quello che si vuole....; quando ha la sua biada, non cerca altro.
— L’uomo molto barbuto è il più docile colla donna. E quando vorrebbe
mostrarsi un po’ restío, la donna non ha che accarezzargli la barba....
ed egli va.

L’amore è una bellissima cosa in un bell’appartamento, ben serviti e
ben nutriti.

A stomaco vuoto, non v’è amore possibile — e due amanti, che sarebbero
pronti a morir l’uno per l’altro, se fossero affamati e trovassero un
tozzo di pane.... se lo contenderebbero a pugni. — Una scena del teatro
è che una moglie, la quale pericola, si salvi al comparire della sua
bambina — una scena della vita è che essa mandi la bambina a dormire o
a spasso colla fantesca.... quando non l’abbia già fatto.

Se invece d’una sola bambina, gli autori si servissero.... di dodici
figli, per esempio.... qual scena commovente!.... Ella griderebbe
allora: — Venite.... correte.... tutti sul mio cuore, o miei dodici
figli, e salvatemi! — Si potrebbe chiamare la _scena delle canne
dell’organo_. È vero che con dodici figli non si dovrebbero correre più
perigli.... a meno che non fossero sei coppie di gemelli di produzione
annuale.

Una donna dice a _lui_ piangendo: — Ma perchè mai volete perdermi? — Ma
no.... cara.... anzi, io voglio trovarvi. —

                                 * * *

V’è della gente che m’ha rimproverata perchè io, dopo aver lasciato per
tre anni la mia Silvia presso i miei parenti, quando essi morirono, la
misi in collegio, invece di prenderla con me.... Cosa volete che faccia
con me.... o, cosa volete che io me ne faccia, colla vita che conduco?
— Vi sono delle madri che, per economia, tengono le loro figlie con
sè.... ma questo non vuol sempre dire che diano loro buon esempio....
e quanti siete qui, ne sapete qualche cosa.... E poi, già, io non
sono nata _madre_.... quindi non è colpa mia se io non sento niente di
quello che le altre dicono di sentire, o sentono anche realmente, pei
loro figli. Io ragiono forse troppo.... ma si divien madre tanto per
un.... nonnulla!.... e quando meno vi si pensa o lo si desidera. Chi
non è madre, materialmente.... cominciando da qualunque bestia?

Quanto all’esserlo moralmente.... con tutto quello che ci vorrebbe....
mi pare un po’ difficile.

È una cosa curiosa e divertente il ragionare su tutto quello che si
dice e si scrive sulla maternità e sulla paternità, sui padri e sulle
madri. A sentirli, si direbbe che, perchè si è guadagnato.... per
il proprio piacere, il nome di padre e di madre, si sia diventati
qualche cosa di sacro e di santo.... si direbbe che vi sia alcun che
di generalmente sentito e scrupolosamente praticato, giusta tutte le
esigenze di un sentimento reale e della virtù. Ora, si può dire che,
preso il complesso delle famiglie, v’è un po’ pochino di buono, e
mi si può credere, tanto più che io non ho a lodarmi nè di casa mia,
nè del mio matrimonio, nè del mio me.... oh! io sono sincera più che
obbligante, anche con me stessa.

Dunque, vedete che c’è di serio nella parola _paternità_!

Gli uomini, fino al giorno in cui prendono moglie — e quanti non la
prendono mai! — seminano tanta paternità, da coprir di bipedi il globo
in ben pochi anni — eppure non si danno alcun pensiero delle loro....
inutili _azioni_. Non si danno pensiero nemmeno delle azioni utili,
perchè, ciò che riesce a incarnarsi, i loro figli effettivi, vivono
sotto altri nomi e sotto altri tetti, compreso quello dell’ospedale. —
Oh! un bel giorno prendono moglie e, allora, cominciano tutte le smanie
paterne.... quando cominciano. Per molti non cominciano mai, per molti
durano poco.... il tempo in cui i bambini sono un balocco! e quindi si
mutano in indifferenza, in noja, e anche in odio. E lo stesso avviene
nelle donne....

Ma anche quando v’è la famiglia, la maternità e la paternità sono forse
prese sul serio? Vi sono dei matrimonj che vogliono aspettare qualche
anno ad aver figli, per poter godere un po’ la gioventù....; dopo
poi si vedrà. Ve ne sono altri in cui si vuol avere un figlio.... o
due.... o tre.... o quattro.... a scadenza fissa di due, tre anni....
secondo! e poi basterà. Basterà, a meno che il dio Bacco non disponga
altrimenti.... Quanta gente non deve la vita.... a un bicchiere di vino
di più. Vi sono invece moltissime unioni, in cui la natura non vien
mai delusa.... e allora, nasce una nidiata di figli, pei quali non v’è
nè un cencio, nè un tozzo di pane sicuro. Bell’amor paterno e materno
davvero! — Si parla di maternità e di paternità, e vi sono matrimonj
di etici, di storpj, di nani, di gobbi, di gozzuti, di scrofolosi! —
Paternità e maternità.... e la maggior parte dei padri e delle madri
non hanno alcuna idea di alcuno dei loro doveri.... non hanno nemmeno
un’idea di ciò che è igiene. Quanti matrimonj, i quali non sono che
fabbriche di miasmi!

Gli uomini prendono moglie dicendo fra sè: — Ai bambini che verranno,
penserà la loro mamma.... — Le fanciulle hanno smesso la bambola per
imparare.... a ballare, a farsi più belle o meno brutte, e a cogliere
un marito — talvolta smettono la bambola la vigilia quasi del loro
matrimonio.

Oh! ne sapranno tanto, quando avranno dei figli! — Non hanno ancor
imparato a capire tutto quello che c’è di falso nella educazione che
hanno ricevuta.... e dovranno accingersi ad educare i loro bambini!
È vero che si fa presto a dir quattro orazioni, a andare a messa e
a confessarsi — ecco anzi mezza educazione — quanto al resto, per
una metà, se ne incarica la fantesca, e per l’altra il maestro o la
maestra....

Madri, padri, non hanno un’idea di medicina, e se i loro bambini cadono
malati, è quasi sempre seriamente, perchè nessuno ha saputo capire
i primi sintomi del male. Se muojono poi, sono strida e maledizioni
contro il medico e contro la cosidetta Provvidenza! — Che studio
infinito sarebbe quello delle varietà delle madri? Guardate, soltanto
nella casa in cui io abito, vi sarà una ventina di madri. Quanta
differenza fra l’una e l’altra, siano buone, siano cattive!

Innanzi tutto, cosa strana, la madre migliore è una matrigna, ma quella
è nata per amare tutto il genere umano, i cani, i gatti, le galline,
le tortore, i fiori.... tutto l’universo. — V’è una madre che si fa
dar del _Lei_ dai figli, e li tiene in un’estrema soggezione. Ha due
ragazze, già grandi.... ebbene, quando va a passeggio se le manda
davanti.... ma non unite, no, bensì l’una dopo l’altra....; pare un
tiro a due.... tirolese.... che so io! — Quando v’è la mamma in quella
casa, guaj a chi parla, guaj al figlio che ha un’opinione! È una madre?
— Ve n’è un’altra che non può veder le figlie, perchè diventano grandi,
più belle di lei, e le impediscono di.... _brillare_, come pel passato.
— Una terza ha rubato l’amante ad una figlia, che n’è morta — avrebbe
fatto altrettanto con una seconda figlia, se quella non fosse fuggita
coll’amante, per finire poi.... come finì. — Ve n’è una quarta che non
può star in casa sua un momento.... tutto il santo giorno è di qua o
di là da un vicino o dall’altro, colla cigaretta in bocca — in casa,
intanto, tutto va come Dio vuole. — In un’altra casa, invece, la mamma
dice sempre ai figli: — Andate, andate dove volete, ma lasciatemi in
pace, qui mi seccate! — V’è la madre del terrore.... I suoi figli sono
tanti cenci lavati, non possono nè mangiare nè svilupparsi, tale è lo
spavento che essa incute loro. Non apre bocca che per bestemmiare e
minacciare, non muove mano che per percuotere. — A uscio a uscio con
me, abita una donna, che è veramente incomprensibile.... un fenomeno.
Era la maggiore di otto fratelli e sorelle. Restati orfani, ella,
a quindici anni, prese la direzione della casa, allevò, educò — e
benissimo — quei sette fanciulli, con un amore, con un’abnegazione
proprio commoventi.... A venti anni non aveva ancor veduto un teatro.
Un signore, a tale miracolo di fanciulla, se ne innamora e la sposa....
Bene! lo credereste? la più amorosa delle sorelle è una cattiva
madre.... odia i suoi figli — ne ha otto — ed è diventata stolta al
punto da pretendere che, bambini come sono, non abbiano a bere più
di tre volte al giorno. Questo vi dà un’idea del resto. — Oh! sì....
v’è la madre buona, premurosa, dolce.... ma è tanto stucchevole,
col suo cinguettamento eterno, coi suoi pettegolezzi, che non si può
tollerarla.... e con lei i figli maschi e femmine, degni allievi di
tanta maestra.

Questa ama i figli belli ed odia quei brutti.... e son tutti suoi!
— quella idolatra i suoi figli, darebbe il sangue per loro, ma è la
loro schiava, e quindi, siccome i fanciulli non hanno senso comune,
imaginate che cosa potranno diventare! — Un’altra ama i figli, sì....
ma insegna loro a sprezzare e a deridere il padre. — Un bel genere è
un certo donnone che abita all’ultimo piano. È vedova ed ha quattro
figlie, la minore di dodici, la maggiore di vent’anni. In quella
casa, pur che si porti da mangiare e da bere, non si bada tanto pel
sottile.... Venga chi vuole.... basta che sia gente allegra e generosa.
— Anche il cappellajo e la cappellaja, per godersela, non ischerzano!
Di carnevale, hanno il coraggio di andare ai veglioni dei peggiori
teatri, con tutta la brigata.... dieci figli! Là si fanno dare un
palchetto con camerino in terza o quarta fila, e _allons!_ si mangia
e si beve fino alla mattina. Fra i figli, vi sono due ragazze....
belline anche, l’una di tredici, l’altra di quattordici.... ebbene, le
trovate vaganti, sole pei corritoj, a udire, a vedere tutto quello che
si può udire e vedere, specialmente dopo una cena, in simili luoghi
— e chiunque vuole, fosse anche ubbriaco, le bacia, le accarezza,
le trascina, le fa ballare. Non avranno ancor perduto niente, non
so.... ma davvero che se fossi un uomo, non mi desterebbero più alcun
desiderio. — Vedete quante donne che si chiamano madri!? — Ed io, per
non essere migliore delle altre.... amo mia figlia, perchè è tanto
bella che non posso non amarla.... e nello stesso tempo la odio....
perchè dico: — Va là che un giorno sarai anche tu come noi altre!.... —
E ciò vuol dire che siamo tutti tanti bei matti.... perchè vogliamo il
bene.... e non sappiamo fare che il male.... cioè.... sì, insomma, non
siamo angeli già!.... —

                             . . . . . . .

Maddalena che faceva della morale!!!

E quanti ce ne sono che ne fanno.... e non valgono meglio di lei.




Il dire che la vita del piacere avvizzisce il cuore e ci rende più
egoisti di quel che siamo, è dire una verità nojosa — il dire che il
piacere porta di frequente con sè tremende punizioni delle gioje che ci
procura, come se tali gioje fossero delitti, è dire una verità nojosa e
odiosa, perchè non bisogna mai disturbare la gente che si diverte.

Verso i trent’anni, Maddalena fu colta da malore così fiero e
così lungo, da far temere non fosse indomabile. Tuttavia, guarì —
relativamente, s’intende — perchè quando il sangue è guasto da certi
principj malefici, vera vita non si può più godere.

Ma, pazienza ancora, il guarire relativamente! V’era un guajo ben
più grave per lei.... la sua bellezza era sparita, non solo, ma anche
la sua carnagione, l’occhio.... tutto in lei s’era tanto alterato da
ispirare paragoni poco poetici.

Nè basta. La sua pinguedine, in dieci anni, era cresciuta
sproporzionatamente — nondimeno la sapiente scelta delle stoffe e
dei colori, l’abilissimo taglio delle vesti, la pressione spietata
del busto lasciavano ancor supporre la statua.... statua fatta
senza risparmio, ma marmo, con linee non inartistiche. E poi, c’era
quel volto così pieno di vita e quegli occhi così rifulgenti che
passava anche ciò che non poteva passare. Ma quando il suo sangue fu
avvelenato, tutto diventò così floscio e cascante da potersi chiamare
una donna.... spostata e squilibrata — il che, unito all’avvilimento da
cui fu compresa a tanta degradazione fisica, tolse anche al suo incesso
quella maestà che prima, come sappiamo, imponeva.

Allora, di adoratori.... non se ne vide più uno — le amiche giovani e
belle la sfuggirono — ed ella restò sola.... ossia colla società di
qualche veterana della stessa milizia, a cui unico conforto era il
ricordare le fatte campagne.

Sulle prime Maddalena non si diede per vinta.... e mise in opera tutti
i secreti miracolosi che l’arte e la ciarlataneria le offrivano, per
ricuperare la primiera freschezza e vigorìa — ma ahimè! se volle parere
ancor qualche cosa.... da lontano, dovette ricorrere ad empiastri e
vernici d’ogni genere.... che non fecero tornare gli adoratori.

Allora, siccome la volpe era troppo vecchia e troppo bisognosa, per
perdere le sue abitudini.... così, volendo continuare a tender reti
agli imbecilli, dovette prendere delle precauzioni, per non spaventare
nessuno, e accontentarsi della parte d’_avventura di carnevale_ per
i provinciali e per i gaglioffi, che chiamano avventura — in luogo di
sventura! — un dominó il quale vi mangia una cena e può rubarvi borsa e
orologio, oltre il lasciarvi qualche _souvenir_.

Ma, quel primo carnevale avendo reso poco, ella si trovò davanti la
terribile prospettiva di una fila di anni più magri della più magra
quaresima.

Il suo regno era finito!

E, quel che era desolante, mentre i re e le regine spodestate non
patiscono l’asciutto, perchè, da brave formiche, anzi formiconi,
nell’estate del potere, hanno messo in serbo abbondanti provvisioni per
l’inverno dell’impotenza, Maddalena si trovava pressochè miserabile.

Spensierata, ella aveva sempre creduto ad un’estate eterna, e aveva
sempre pazzamente gettato a due mani ciò che riceveva con una sola.
Ora, dopo più d’un anno di malattia e d’abbandono, non le restava
che qualche mlgliajo di lire, avanzo dell’eredità paterna, e il lusso
ammassato in dieci anni.... il che, trattandosi di dover vendere, era
proprio poco, ed entro alcuni anni, anche facendo economia — cosa molto
dolorosa! — sarebbe tutto sfumato.

Allora.... allora le venne in mente sua figlia, che aveva, per
tanto tempo, trascurata, e trovò che conveniva prenderla con sè e
affezionarsela, perchè così, la figlia non avrebbe mai abbandonato sua
madre.

Silvia, benchè, per varj anni — dopo la morte del nonno e della nonna
— avesse veduto ben di rado sua madre, pure l’amava molto — era così
bella la mamma! — Quei pochi nonnulla e confetti che ne riceveva, di
tanto in tanto, le parevano il _non plus ultra_ dell’affezione materna,
anche perchè, il ragioniere e le maestre, presi da pietà per la
quasi derelitta fanciulla, non volendo farla nè infelice, nè cattiva,
fomentavano in lei la tenerezza filiale e le magnificavano la bontà e
l’amore della madre. Così la ragazza, amando, cresceva felice e buona.

Imaginarsi la gioja di Silvia quando Maddalena la levò dal collegio, e
come corrispose espansiva, ingenua, alle di lei interessate premure!
Si sarebbe detto, tanta era la sua affettuosità, che ella sentisse
essere quello l’unico modo di compensarla della bellezza perduta —
e forse era così. — Poche madri potevano vantarsi d’aver una figlia
tanto cara, e Maddalena per qualche anno visse tranquilla, senza
preoccupazioni per l’avvenire, ma quando Silvia fu giunta ai quindici
anni e, già vistosetta, cominciarono i complimenti, le occhiate, gli
augurj, le apprensioni di Maddalena si ridestarono più vive che mai....
Se sua figlia si maritasse, che sarebbe di lei?.... Supposto anche che,
per bontà, volesse continuare a pagare un certo assegno a sua madre,
sarebbe pur sempre una meschinità.

E le condizioni economiche di tal matrimonio, ora d’importanza
imprevedibile, lo permetterebbero poi? — il marito non si
opporrebbe?... insomma, tutte le paure anche irragionevoli,
ingiustificabili.... appunto perchè paure.

Ah! bisognava a qualunque costo far in modo che sua figlia non avesse
mai a separarsi da lei.... o, per lo meno, che non avesse a separarsi
senza che, prima, a lei Maddalena, fosse già assicurato un congruo
trattamento per tutta la vita, e senza lesinerie, perchè ella era
abituata bene, e non poteva assolutamente cominciare adesso a vivere
come una pitocca....

Ed esaminando attentamente, come farebbe un perito, quasi a valutarle,
tutte le varie perfezioni di quel vaghissimo fiore, ella diceva fra sè:

— Ma può un uomo negare qualche cosa alla madre di tanta figlia? —

Allora cominciò l’educazione, la vera educazione di Silvia, e la
materia del primo corso fu, nell’intenzione di Maddalena, lo studio del
modo di premunirsi contro l’amore.

Mise in avvertenza la figlia contro quegli insulsi complimenti ed
augurj, parole d’uso, spiccioli convenzionali della conversazione, che
si fanno a tutte e che, a spremerli, non c’è una stilla di sugo. — Le
disse che il matrimonio era forse un male necessario o presto o tardi,
ma sempre un male, e che quindi era bene non pensarci. — Lasciasse
fare a lei, che era sua madre, la quale saprebbe guidarla sempre bene
onde non avesse mai a trovarsi infelice. — Coperse di ridicolo tutti
gli uomini in genere — e figurarsi se quella lingua non vi riuscì a
meraviglia! — glieli dipinse tutti come ipocriti, sciocchi, venali....
Povera Silvia, se mai le avvenisse di credere a qualcuno.... povera
dote! — e batteva su quella dote, unico scopo di tanti tristi. — Ah! se
si presentasse quel tale che _andasse bene_.... sarebbe ella la prima a
raccomandarglielo.... ma dopo un lungo studio, dopo.... dopo.... e dopo
tante precauzioni che non finivano più.

Pochi mesi di tal scuola premunirono Silvia contro tutte le seduzioni
della giovinezza.

Era la più indifferente ragazza di questo mondo per quanto,
d’ordinario, occupa la fantasia delle ragazze — e poco le mancava a
compiere i bellissimi sedici anni.... quando, un incidente qualunque
venne a dar principio ad avvenimenti molto deplorevoli, in cui la
fanciulla fu travolta, e rappresentò una parte.... che sarà giudicata,
che fu anche odiosa.... ma che alla gente fornita di ragione,
spassionata, farà dire: — Non poteva essere altrimenti. —




Quando Maddalena aveva pensato a levare Silvia dal collegio, aveva
veduto la necessità di cambiar, prima, d’abitazione. In quella in cui
si trovava, da quattro anni, era troppo conosciuta e v’erano troppe
conoscenze di genere equivoco! Continuando ad abitar ivi, era a temersi
che la figlia, o presto o tardi, venisse a sapere cos’era sua madre,
e che certi vicini poco scrupolosi, o col mal esempio d’una esistenza
tutt’altro che misteriosa, quando avrebbe avuto bisogno di tutto
il mistero, o, con peggio, avessero poi a corromperla — cose molto
probabili in quella casa.

La abbandonò quindi e se ne andò ad abitare, dove nessuno la conosceva,
dove non conosceva alcuno, ma sapendo di entrare in una casa, come si
dice, assai pulita.

Tali delicatezze non devono destare meraviglia. Tutti possono aver
visto donne cadute tanto basso, da non esservi modo di cadere più giù
— ed essere così tenere dell’onestà delle loro figlie, da far quello
che molte buone madri non sanno nemmen pensare, per rimovere dai loro
giovani anni fin l’ombra d’un pericolo, smaniose di farne tutto ciò che
si può imaginare di virtuoso e con maggior probabilità di riuscita che
non il comune delle madri, perchè sapendone _di più_, possono essere
più avvedute, più caute, e certo più saggie consigliere.

Maddalena aveva, senza dubbio, le migliori intenzioni circa
l’educazione di Silvia — ma le ansie d’un egoismo sfrenato guastarono
poi tutto, come abbiamo veduto e come, pur troppo, vedremo.

Il quartiere, la casa furono così abilmente scelti — e il nuovo
contegno di Maddalena così prudente, che ella conseguì il suo intento:
di passare, cioè, per una donna onesta.

La signora Maddalena fu, pei pochi vicini, una vedova agiata «oh! una
buona donna,» che aveva una bella figliuola, «quieta e buona come un
angelo».

Cosa naturale, e anche per salvarsi dalla noja opprimente di una vita
isolata, monotona, senza movimento, Maddalena fece conoscenza a poco a
poco di alcuni vicini, e, fra gli altri, di una eccellente vecchia, la
signora Mantovani, vedova come lei, che viveva sola colla fantesca.

La signora Mantovani aveva una figlia, Eugenia, maritata, che veniva a
trovarla tutti i giorni, e, colla quale, Maddalena e Silvia strinsero
in breve una buona amicizia. Tale amicizia divenne, anzi, intima con
Maddalena, quando, per una certa storia, affatto estranea al nostro
racconto, Eugenia ebbe bisogno d’una confidente sicura, alla quale dare
incarichi molto delicati.

Silvia non aveva ancora sedici anni quando la suddetta storia si fece
molto seria, complicatissima, — era allo stato di partita in quattro,
con un quinto che voleva entrarvi per forza e minacciava di scompigliar
tutto — ed Eugenia si trovò nella necessitò di recarsi ad un veglione,
per vedere, per sapere, per rimediare, per calmare, per consigliarsi,
per accordarsi.... tutte cose molto urgenti e impossibili a farsi in
casa. Eugenia, naturalmente, supplicò Maddalena che l’accompagnasse,
perchè, andando in teatro, sola col marito, non potrebbe essere libera
un minuto — ed allora tanto valeva restar a casa. — D’altre amiche non
si fidava.

Maddalena disse:

— Ma.... e dove metto mia figlia? non posso lasciarla sola in
casa. —

Ed Eugenia rispose:

— Pregheremo la mamma di tenerla presso di sè per una notte. È così
buona e vuol tanto bene alla Silvia che non dirò di no. —

Infatti, la signora Mantovani, all’oscuro di tutto, acconsentì col
massimo piacere «per permettere alla cara signora Maddalena di passare
almeno una sera allegra nel carnevale.»

Il marito di Eugenia ringraziò vivamente Maddalena d’aver accettato
l’invito di sua moglie. — Un torrione vostro pari — aggiunse — potrà
supplire il povero marito, che non sarà costretto a far il cavaliere
servente alla consorte.... cosa che non si usa. —

Maddalena supplì infatti, e le due signore, in dominò, non fecero che
girare per la festa, sole e non sospette per alcuno. Così Eugenia potè
vedere, sapere, rimediare, calmare, consigliarsi ed accordarsi.

L’accordo principale era per le tre, quando, finite le cene, vi sarebbe
stata tal confusione, da permettere anche le sparizioni inosservate.

Alle tre, Maddalena e l’amica, uscite dal loro camerino, andavano pel
loro destino, ossia pel destino di Eugenia, quando s’imbatterono in
un signore, al veder il quale, Maddalena emise un leggier grido di
sorpresa, e fermossi, dicendogli in falsetto:

— Sei tu o non sei tu?

— Pare che sia io.... — rispose il signore ridendo.

— Proprio tu, Soranzi?

— Soranzi.

— Che bell’uomo ti sei fatto!

— Se non avessi moglie, ti direi qual è il dovere d’una donna che trova
bello un uomo.

— Sei fedele?

— Ecco una domanda, a cui una donna sola può rispondere....

— Perchè....?

— Perchè tanto il sì, quanto il no, in un uomo sono ridicoli....

— E in una donna....?

— In una donna.... il sì è un poema angelico.... il no.... un dramma.

— Io vado — disse Eugenia all’orecchio della compagna — altrimenti
l’ora passa. Tu resta pure col signore, se t’interessa.

— Quasi quasi.... per ingannare il tempo.

— Bene, fra mezz’ora, vieni a prendermi, fila terza, numero cinque, a
destra.

— Siamo intese.... sii felice. —

Eugenia s’allontanò.

— È qui tua moglie....? — disse Maddalena a Soranzi.

— Passò quel tempo, per lei —

— Allora dammi il braccio, se non hai paura delle male lingue, e
andiamo nel tuo palco. Non posso girare, senza comprometter la mia
amica, che è affidata a me.

— Si vede che è ben affidata!

— Che vuoi.... io non so resistere alle lagrime degli infelici.

— Ecco il mio camerino....

— No.... no, non entro.... vedo là un signore....

— Non temere.... è l’avvocato Bussola.... che la perde sempre.

— Che cosa....?

— La bussola.... È celebre per le sbornie che guadagna, in compenso
delle cause che perde. Come vedi, è in uno stato che lo renderà molto
prudente, qualunque cosa qui possa avvenire.

— Ah! non avverrà niente.... — e ciò dicendo, Maddalena entrò.

— Bevi?

— Bevo.

Soranzi sturò una bottiglia di _Champagne_.

— È un pezzo che non vai al _Restaurant Bouquet_? — fe’ Maddalena
lentamente, come soprapensiero, senza guardarlo.

Egli, che stava per mescerle, si fermò, esaminando, sorpreso, quel
dominò.

— Versa pure, sai,...

— Chi sei tu?

— Io sono una che era molto vicina a te.... una volta.... quando tu
andasti al _Restaurant Bouquet_ con una signora....

— Siccome non ci ero mai andato prima di quella volta, e non vi sono
più andato dopo.... e quella volta, io non ho veduto nessuna donna....

— Eppure....

— Sentiamo un po’.... Quando è stato?

— Precisamente quattor.... no.... quindici anni fa....

— Dimmi chi sei!

— Te lo dirò.... _un giorno_.

— Ah! sei Maddalena! — gridò Soranzi giojoso e non senza commozione.

— Chi sa! — disse ella, con voce naturale.

— Leva.... leva quella maschera.... che io ti possa rivedere....

— No.... se la levo.... tu fuggi.

— Perchè?

— Perchè sono brutta.... d’una bruttezza.... classica.

— Non ti credo.

— Non credi a Maddalena, tu? a Maddalena, che direbbe la sua anche a
Gesù Cristo? — Eh! sono rovinata, caro mio.... tanto.... che mi sono
lasciata andare.... senti come sono floscia.... Per tutto il resto....
ti basti il dire che fiuto tabacco.

— Non importa! levati....

— In una festa, no.... sarebbe una apparizione troppo orribile per te,
che mi hai conosciuta bella!

— E.... che cosa hai fatto, tutti questi anni?

— Non lo sai?!

— No.... come vuoi ch’io sappia?....

— Pare impossibile.... Ho fatto un po’ di tutto.... non per salvare
l’anima.... per perderla. Adesso.... che non posso più far niente,
tanto di ricuperarla.... faccio la donna onesta.... faccio la mamma,
ecco!

— Ah! è vero.... tu avevi una figlia.... che ora deve essere quasi una
donna.... È bella?

— Un sole.... Eh! è il mio dolor di capo.

— Per qual ragione?

— Oh! bella!.... per la ragione che è, si può dir, da marito.... e
se me la tolgono, mi tolgono anche il pane, perchè ora viviamo in due
col frutto della sua dote.... — A meno che — stridette, dopo una breve
pausa — non le capiti un marito generoso, il quale faccia star bene
anche la madre.... cosa molto difficile.

— Come l’hai educata?

— Oh! bene.... meglio di sua madre, certo.

— Vuoi lasciarmela conoscere?.... Chi sa che non glielo trovi io il
marito.... generoso.

— Se tu fossi tanto bravo.... io ti benedirei!

— Lascia far a me.... Per la Maddalena della mia giovinezza, io farò
questo e altro.

— Bene, Soranzi! tu almeno hai un cuore.... Ah! addio.... devo andare.

— Dammi il tuo indirizzo.

— Ahi sì.... Vieni in via.... numero 7, primo piano.

— Domani.... cioè, oggi alle quattro, io sarò da te.

— Grazie.... ah! se tu non mi avessi scritto quella brutta lettera....
quanto saremmo stati felici.... e io quanto sarei migliore!

— La tua risposta però fu ben orgogliosa. A proposito, hai poi lavorato?

— Io?.... altro che lavorato! ah! ah! ah! — e ridendo sgangheratamente,
Maddalena fuggì in cerca dell’amica.




Arrivati a questo punto, noi non possiamo più narrare, descrivere,
occupandoci di _tutti_ i particolari. Dobbiamo accontentarci di prender
delle note più o meno aride, a seconda delle situazioni...., sperando
che bastino.

                                 * * *

L’indomani del veglione — congedandosi da Maddalena, dopo la prima
visita — non presente la figlia.

OR. Lo sposo glielo troveremo.... non ti nascondo però che lo sposo
vorrei esser io.

MADD. E io te la darei con entusiasmo, se tu non avessi moglie.

OR. Ahi! tasto doloroso.... A rivederci. —

Soranzi, partendo, dice ch’egli è pazzo, ch’egli non deve lasciarsi,
come un giovinetto, inebriare dalla bellezza di quella fanciulla,
al punto d’aver il convulso...., si dice che egli ha quarant’anni,
che ha moglie.... che.... che...., insomma, tutto quello che un uomo
onesto può dirsi, per cancellare una impressione più profonda del
bisognevole e irragionevole — perchè la ragione deve permettere solo
ciò che i contratti sociali danno per lecito. — Ma se la ragione
propone, il fisico dispone. — Soranzi torna a casa; appunto perchè non
vuol esserlo, è preoccupato; il suo appartamento, per la prima volta,
gli par tetro, una spelonca — e anche il dolce sorriso di sua moglie,
per la prima volta, lo muove a ira. Non parla che per rispondere
brevemente, con cortesia stentata.... esce, vaga, rientra, si rinchiude
per lavorare....; è inutile!.... L’imagine di quella vergine di sedici
anni lo perseguita, s’è ficcata nella sua mente.... non vuol uscirne
più. Ah! gli acerbi e già maturi vezzi.... Ah! quelle mani fatte da
Amore per l’amore.... quelle babbuccie, entro le quali si troverebbe
appena tanto da potervi imprimere un bacio.... e i ricciolini....
d’aria di quella nuca, e la freschezza di quel viso, e la lanuggine
impercettibile di quelle guance fatte per smorzar i baci, e gli occhi
grigi erranti che pajono ansiosi.... e non lo sono ansiosi, perchè il
sorriso è puro, è il sorriso della donna che ignora. Lo si capisce,
dai suoi entusiasmi, che non sa niente....; tutto per lei è bello,
nuovo, sorprendente. — E tuttavia, qualche cosa vi deve essere che si
muove in lei....., ella deve udire come un susurrío interno, sia pure
indistinto, ma che a volte la turba....

E Soranzi ricordava che, a qualche sua occhiata ardente, le di lei
palpebre avevano avuto un tremito, e che mentre egli parlava, ella
ascoltava, come meditabonda, coll’occhio che pareva bere, e che, senza
ch’ella lo sapesse, la di lei lingua errava lambendo il labbro.

Brividi e vampe.... Silvia! Silvia!

                                 * * *

Sono trascorsi quindici giorni dall’incontro di Maddalena con Oreste,
al veglione — e in casa Soranzi si vive già d’una vita nuova.... ma
d’una vita che toglie il respiro.

La moglie e la servitù, che per tanti anni vissero in un ambiente di
perfetta pace, di dolcezza tale che avrebbe ammansato l’essere più
insocievole.... ora non sanno più in che mondo si trovano.

Soranzi sta fuori gran parte del giorno, il resto lo passa rinchiuso
nel suo studio. Ben di rado si lascia vedere o fa udire la sua voce, ma
anche quel poco è di troppo.

Egli è irascibile, impetuoso — in tutti i suoi moti, in tutti i suoi
detti v’è alcun che di così secco, di così nervoso e, a volte, di
così feroce, perfino.... che davvero fa paura. I servi, alle sue
scampanellate, accorrono, ascoltano, si inchinano, s’affrettano ad
obbedire.... Qualunque cosa ordinasse, non replicherebbero sillaba....
— e pensare che, un tempo, si parlava fra padrone e servitori come da
amico ad amici, e si discorreva tranquillamente sul da farsi e il non
da farsi.

_Quando_ pranza in casa, non dice una parola.

Un giorno, la moglie gli ha detto, colla sua maggior soavità:

— Che cos’hai, Oreste?

— Nulla ho. Lasciami stare. —

Un cognato, dietro le preghiere della sorella, gli ha domandato, un
altro giorno, ridendo:

— Vedo che sei arrabbiato...., hai forse giocato alla Borsa?

— Che! — e girando sui tacchi, l’ha piantato là come un matto.

Tutti sono certi che egli ha un dispiacere, che non vuole, non può
confidare ad alcuno....

— Un po’ di pazienza.... tutto passerà. —

Pare che non abbian avuto torto.

Un giorno, Soranzi, da un’ora all’altra, è tornato quel di prima.
Esultanza generale. Come mai questo?

Rovistando fra le sue carte, gli è venuta fra le mani una lettera di
suo padre — e gli son venute sott’occhio queste parole:

«Quando, al primo riveder quella donna, tu sentisti ridestarsi l’antico
affetto — dovevi fuggirla. Era già moglie. Il sacrificio, allora,
sarebbe stato ben lieve, credilo!»

«Non hai avuto quella meschinissima forza.... e or vedi le conseguenze
orribili della tua debolezza!»

Legge tutta la lettera.... la rilegge. Povero padre! povera madre!....
se esistessero ancora, egli forse, mirando quei volti mesti, si
sentirebbe meno debole.... S’immerge in una profonda meditazione.
Tenta, vuole ragionare.

Da una parte.... sua moglie così buona — la sua posizione sociale —
il suo passato onorevole e un avvenire splendido, perchè egli è uno
degli uomini più stimati ed è già designato ai più alti ufficj....
— dall’altra parte, una giovinetta, la quale viene a togliergli, a
rovinare tutto.... con che? perchè?

Si apre l’uscio ed entra il suocero, vegliardo veramente venerando,
per vita operosa, intemerata e per alto sentire. A tale apparizione,
Oreste sente un non so che di refrigerante nell’anima; gli pare che
un genio benefico venga ad additargli la via della salvezza. Ma sì!
basta rinchiudersi nel seno della famiglia, non pensare più a nulla,
lavorare, non permettere che alcuna distrazione....

E gli va incontro affettuoso, riconoscente — eccolo di buon umore,
cortese, affabile, espansivo.

Sua moglie è felice a tal cambiamento subitaneo — aspettato, del resto!
dice: — La gioja è tornata in casa Soranzi e, speriamo, per sempre.

— Che cosa mi dicevi tu? — è il padre che parla colla figlia — Oreste
mi pare sempre il migliore dei mariti.

— È vero!... non so.... qualche cosa l’avrà disturbato. Ma poteva ben
dirmi....

— Eh! le donne vogliono saper tutto.... Lasciate passare, quando vedete
nubi fosche.... se no, andrete a rischio di far delle burrasche con....
niente.

                                 * * *

È scorsa un’altra settimana. Tutti i giorni è stata una lotta
fierissima.

A certa ora, egli udiva sempre quella cara voce infantile.... gli
pareva sempre di accarezzare quella manina, di provocare quegli
scoppietti di riso, di sentir quell’alito fresco, odoroso.

Era una tortura.... ma egli non si muoveva — l’ora passava — aveva
vinto.

Dopo otto vittorie, gli pare che il vincere costi meno, e che forse, in
breve, egli sarà perfettamente libero da quell’incubo ad ora fissa.

A tale scoperta, egli diventa ilare, respira a pieni polmoni — e va ad
abbracciar la moglie.

Dopo pranzo, ella e lui stanno presso il caminetto sorbendo il caffè —
egli racconta una gaja storiella.

— Una lettera pel signor avvocato.... — fa la cameriera entrando.

— _Particolare:_ — legge Soranzi. La scrittura non gli è ignota, ma non
ricorda di chi possa essere.... Apre, impallidisce.

      «Soranzi,

  «Tu non sei un uomo onesto. Tu m’hai stregato la figlia.... e
  adesso non ti lasci più vedere?

  «Ella soffre, non prende cibo, dimagra.

  «Non parla!.... ma l’occhio di una madre sa indovinare....

  «Sarà una bella gloria per te, quando me la porteranno via!

                                                               «M.»

— Il mio cappello.... il mio soprabito — comanda Oreste, vibrato,
balzando in piedi.

— Dove vai? — domanda la moglie.

— Dove mi chiama un affare urgente.

— Ma è qualche cosa di ben grave, di ben dispiacente! sei tutto
alterato.....

— Tu sei pazza.

— No, Oreste, non dir così.... sai pure.... se hai qualche dolore,
confidati con me.

— Non ho niente....

— Ma....

— Hai capito che non ho niente!? — grida Oreste, stralunando.

— Dio mio.... con te non si può più parlare! — geme la poverina,
rompendo in lagrime.

— Eh! il miglior modo di parlare per una moglie, è tacere!

— Ma tu adunque vuoi che io muoja....

— Io?

— Ma sì!.... perchè se continua così, come si può vivere?

— Ebbene.... se.... se non si può vivere, così, con me.... regolati
come credi.

— Ah! no, Oreste! — e la moglie si aggrappa a lui disperata — no,
Oreste, senti.... senti per pietà.

— Lasciami.... lasciami.... — e respingendola con forza, sicchè ella
cade inginocchioni, strappa dalle mani della cameriera quanto essa gli
reca e fogge.

La cameriera rialza la signora semisvenuta, la adagia in una poltrona e
le spruzza il viso con acqua. La signora ricupera gli spiriti.

— Desidera qualche cosa, signora padrona?

— No.... aspetta.... —

Dopo una lunga pausa.

— Di’ al Giovanni che vada a pregar mio padre di venir.... da me,
stasera. Quanto a te.... non una parola con nessuno!




Vediamo un po’ che cosa abbia fatto Maddalena, dopo il veglione, perchè
quel suo biglietto a Soranzi è abbastanza strano.

In omaggio al vero, riconosciamo che ella ha accettato la prima visita
di Oreste senza alcun secondo fine biasimevole. L’unico suo fine
era precisamente quello di valersi di Soranzi come di un sensale di
matrimoni incaricato di trovare il «marito generoso».

Ella è ben lieta che Soranzi trovi bella e buona sua figlia — questo
vuol dire che s’interesserà, con ardore, per collocarla bene.

Ma la frequenza — quattro di fila — la lunghezza delle di lui visite
le pajon soverchie per un mediatore, oltrechè «compromettenti» —
e il suo genere di conversazione un po’ troppo poetico. Maddalena
s’impensierisce seriamente, tanto più che vedendo la figlia tutt’altro
che indifferente alle premure di lui — premure, delle quali non sa come
combattere l’influenza sul di lei animo, dopo averle presentato Soranzi
come «un distintissimo signore, suo amico d’infanzia e tanto amico
anche del povero papà....»

Il combatterla ora sarebbe pericoloso. Maddalena che è donna, le sa
queste cose.

Bisognava prevenirla, indisporla contro di lui. Si potrebbe, è vero,
con una parola sola, demolire Soranzi; basterebbe dire: — Guarda che
egli è ammogliato — ma allora, Soranzi trovando subitanea freddezza,
s’indispettirebbe, vorrebbe saperne la ragione.... e se ne andrebbe per
sempre — il che è da evitarsi, perchè Maddalena, ora che ha riafferrato
Soranzi, non vuol più lasciarselo sfuggire. In un caso estremo, ella
potrebbe ricorrere a lui, senza umiliazione.

Invece, farà così: interrogherà cautamente Soranzi.... e _se mai_....
ella lo farà ragionare, e, toccandogli le corde del dovere, dell’onore,
ecc., ecc., lo indurrà a diradare le sue visite.... pur non ritirando
la sua protezione.

Quando non lo vedrà più, o ben di rado, Silvia non vi penserà altro.

                                 * * *

Partendo dopo la sua quinta visita, Soranzi dice a Maddalena:

— Spero bene che non le avrai detto che io ho moglie.

— Perchè?

— Il perchè te lo dirò.... _un giorno_.

— Ah! ah!.... e se glielo avessi già detto?

— Disdici.

— Ohe! Soranzi.... avresti per caso delle malinconie pel capo?.... Se
così fosse.... io dovrei rinunciare all’onore....

— Se tu sapessi....!

— Che cosa?

— Senti, Maddalena.... io sono sempre stato, dopo _quel_ tempo.......
l’uomo il più freddo. Mi credevo morto alle passioni. Ebbene.... ora mi
vedi ridotto come un fanciullo, incapace di ragionare.... disperato....
quasi al punto di domandarmi che ne farò della mia vita.

— Senti, Soranzi.... da quella brava donna che sono.... ti dirò: non
venir più.... Ma pensa che hai moglie!

— Ah! non parlarmene.... Ma non sai che da due giorni, vaneggio....
che io odio mia moglie.... tanto che, mi pare che per Silvia.... io
sacrificherei....

— Va.... va.... tu bestemmi.

                                 * * *

_Tu bestemmi_ — ma, non appena Soranzi è partito, Maddalena si sdraja,
nella sua poltrona, pensando alla fatta scoperta. «Soranzi odia sua
moglie, e per Silvia è pronto a tutto».

Sì.... e Maddalena non può ingannarsi....; nel tremore della voce,
delle mani, nel balenìo degli sguardi, ella ha indovinato la passione
vera, possente, quella passione che non conosce ostacoli, e siccome
Soranzi è uomo d’onore — anche i ribaldi hanno bisogno dell’_onore_....
degli altri — così tal passione non è a disdegnarsi.

Se Soranzi non ama sua moglie, potrebbe.... separarsene. — Se ama
Silvia, potrebbe divenirne l’amico, il protettore. — La colpa, dopo
tutto, dice Maddalena, è della Legge. L’uomo è lo schiavo delle
passioni.... e la legge vuol incatenare le passioni, il che significa
incatenar torrenti.... Tanto peggio per la Legge.

Se Soranzi farà _questo_, è certo che io mi troverò al coperto per
sempre. Quanto a Silvia.... ella sarà ben grata a sua madre.... Maggior
felicità potrebbe forse darle altro uomo.... se ella amasse Soranzi? —
Restano la società e la moglie....; ma la società è composta di tanti
individui, di cui ognuno farà molto bene pensando ai casi suoi.... del
resto, padroni! Non renderanno perciò meno felici Soranzi e Silvia, e
non torceranno un capello a me. — Quanto alla moglie, poi, se non sa
farsi amare.... io non so proprio cosa farci!

                                 * * *

Aggiustati, così, i conti colla propria coscienza, Maddalena si accinse
all’opera.... Opera facile — non c’era che da secondare tacitamente,
mantenendo tuttavia, per decoro, una certa vigilanza che, mentre non
doveva nuocere all’_essenza_, doveva rendere impossibile la _forma_....
finchè, Soranzi scoppiando, non si sarebbe dato, piedi e mani legati, a
Maddalena.

Naturalmente, occorreva qualche incoraggiamento indiretto, onde le
impressioni si disegnassero più presto e meglio nel cuore di Silvia.
Questo ella ottenne con dei brevi soliloqui fatti, quasi non avvertisse
la presenza della figlia.

Un giorno, per esempio, esclamava:

— Che bontà quel caro Soranzi, che ingegno, che spirito, che
distinzione! —

Un altro:

— Quello è proprio l’uomo che _andrebbe bene_ per Silvia. Io non darò
mai consigli a mia figlia.... perchè il cuore è libero.... ma se mia
figlia me ne chiedesse.... —

Un altro ancora:

— Quanti anni può avere Soranzi?.... Quaranta, mi pare.... Non se
gliene darebbero trentacinque.... proprio, la bella età dell’uomo....
di cui una donna può fidarsi.... —

Una sera poi le disse:

— Mi pare che Soranzi non ti guardi di malocchio.... eh! briccona! — e
tu?.... Ah! non vuoi rispondere.... diventi rossa!.... Basta.... fate
voi. —

                                 * * *

Una fanciulla, che è già ben disposta a favore d’un uomo che la
corteggia.... non ha bisogno di molta esca per accendersi — se poi
vede che la madre è fanatica per quell’uomo.... non ha più difese
di sorta.... e non cerca difesa.... come non ha alcun turbamento di
coscienza, perchè ella sa già d’aver una complice.

La coscienza dei figli, quasi sempre, non è che la coscienza delle
madri.

Era un piacere intenso ma tutto intellettuale quello che provava Silvia
durante le prime visite di Soranzi. Ben arrivato quel bel signore
che veniva a rompere la monotonia della sua esistenza. E poichè egli
aveva facondia, esperienza della vita, l’abilità dell’uomo di mondo
ed il fuoco dell’innamorato, non poteva che sedurre la mente della
giovinetta, nell’età in cui, sebbene inconsciamente, si è tanto avidi
di impressioni nuove e di emozioni.

Il cuore non aveva ancor palpitato, ma palpitò subito.... quando
Maddalena cominciò a delirare per Oreste.... Ella non si diceva che
era l’amante di Soranzi.... ma lo amava.... — non si diceva che egli
l’amava, ma sentivo d’essere, per lui, l’oggetto d’un culto. Non
v’erano dichiarazioni, perchè non ve ne potevano essere, ma gli occhi
di lui avevano tal eloquenza, che ella, or arrossiva, or si faceva
smorta e, lui partito, restava lunghe ore pensosa.

Quando Maddalena vide che Soranzi, accortosi della muta corrispondenza
di Silvia, si faceva.... poco prudente, pensò che era tempo di
richiamarlo al dovere, _in modo_ che egli, trovandosi al muro, avesse a
prendere una decisione.

— Insomma, Soranzi, come la facciamo qui? — gli disse, — Per Bacco,
abbi un po’ di coscienza.... Io ho paura che tu mi faccia innamorare
la figlia.... e poi.... cosa succederà? Io t’ho già fatto capire.... ma
vedo che tu vai avanti per la tua strada.... e io ti dico: fermati!

— Fermarmi? non veder più Silvia? ma ti pare possibile? Ma piuttosto....

— Taci....

— No.... piuttosto.... mi divido da mia moglie.

— Ma tu sei pazzo.

— E allora cosa vuoi ch’io faccia? Io sento che se continua così,
finirò ad uccidermi.... Ma.... bada bene che in tal caso.... Silvia non
sarà d’altri! —

Maddalena, a queste parole, diè un passo indietro e stette come
atterrita — mentre, nel suo interno, gioiva.

Per alcuni minuti sembrò che non potesse trovar verbo, tanta era
la sua commozione — poi disse, smozzicando, con accento di dolorosa
rassegnazione:

— Tu vuoi rovinarmi.... Ebbene.... fa pure.... Noi, già, siamo due
povere donne senza difesa.

— Io voglio render felice la Silvia, contenta te per sempre! — fe’ con
slancio Soranzi, il quale, finalmente, vedeva rimossi gli ostacoli,
vicino il compimento de’ suoi ardenti voti; e, strettale con forza la
mano, uscì precipitosamente giubilante.

Maddalena, rientrando, abbracciò strettamente Silvia, baciandola e
ribaciandola. Silvia la guardò maravigliata, sorridendo, e le disse:

— Che cos’hai?

— Nulla.... so io!

                                 * * *

L’indomani, si attendeva Soranzi — non sapremmo dire chi lo desiderasse
di più — ma non venne. Pranzarono più tardi del solito e male. — Non
capisco.... non capisco: — borbottava, di tanto in tanto, Maddalena.

Il giorno seguente, l’attesero ancora.... e ancora mancò. Neppure il
terzo dì, comparve, nè il quarto, nè il settimo. Maddalena sbuffava, ed
il suo occhio aveva dei lampi sinistri.

Silvia non parlava, ma ogni giorno diveniva sempre più mesta, nè
toccava quasi cibo.

Maddalena la guardava e cominciava a sentire dei rimorsi. — Se Soranzi
non tornasse più.... e la figlia morisse di passione.... Uccisa da sua
madre!.... No.... no! — Ella non pativa più scrupoli d’alcun genere....
ma, efferata non era ancora.... per lo meno, fino a tal punto.

D’altronde, la figlia, dopo che il mondo l’aveva abbandonata, era
divenuta una necessità morale per lei. Non v’era merito, ma era così.

La mattina dopo, uscì, e recatasi a casa Soranzi, domandò al portinaio
se il signor avvocato fosse assente o ammalato.

— Nè assente, nè ammalato — fu la risposta.

— Non capisco.... non capisco — ripeteva fra sè Maddalena, tornando a
casa. — Che fare?

Madre e figlia lavorarono silenziose, sospirando. Verso le quattro,
Silvia s’alzò e disse con voce velata:

— Scusa, mamma.... io vado a letto.

— Perchè, Silvia?

— Perchè.... non so.... mi sento male.

— È debolezza, sono otto giorni che digiuni, si può dire. Prendi
qualche cosa....

— Impossibile.... credi.

— Bene.... va pure.... io esco un momento.... Non temere, torno subito,
spero portarti a casa una buona medicina.

— Quale?

— So io.... —

Fu allora che scrisse e portò quel biglietto, che mise sossopra casa
Soranzi e richiamò Oreste presso Maddalena.

                                 * * *

Quando Maddalena, alle sei e mezzo, sentì quella scampanellata, balzò
in piedi, con un ruggito di gioja.

— Ah! sei tu.... finalmente! — fece, aprendo con furia — ci voleva
proprio che morisse!

— Perdona.... se tu sapessi.... Dov’è?

— Qui a letto.

— Ah!.... —

Silvia giaceva assopita.

Cogli occhi chiusi, col nuovo pallore delle guance smunte, ancor rigate
di pianto, aveva qualche cosa d’etereo, che destò in Oreste la più
profonda pietà.

Allora egli sentì che quella creatura lo distaccava da tutto il mondo.

— Vedi? — gli disse Maddalena. Poscia si mise ad accarezzare la fronte
della figlia e chiamò dolce, dolce:

— Silvia.... Silvia.

— Che vuoi?.... — sospirò quella, aprendo gli occhi, poi, visto lui: —
Ah! — e il suo volto si suffuse di subito rossore.

— Sei guarita, _adesso_?.... — continuò la madre sorridendo.

— Sì.... — fe’ Silvia, guardando lui con riconoscenza.

— Allora, prenderai qualche cosa.... e anch’io con te, — perchè devi
sapere — aggiunse voltasi a Soranzi — che, in questa casa, sono otto
giorni che non si mangia più o quasi. —

Maddalena uscita — Oreste non potè più frenarsi.... curvossi e depose
un ardente bacio.... il primo bacio, sulle labbra della fanciulla, che
ebbe un brivido e chiuse gli occhi.

— Tuo.... tuo per sempre! — le susurrò Oreste con passione — poi si
tolse di là...., sentiva offuscarsi la ragione, ed ebbro, vacillante,
raggiunse Maddalena.

— Sai la bella novità?.... — disse Maddalena alla figlia, quando
rientrò nella di lei camera, con un tavolino, su cui era pronta una
refezione — dopo domani, partiremo per la campagna. Soranzi ci invita a
passarvi la primavera, in una villina, che mi dice essere un _bijou_.

Silvia giunse le mani e levò gli occhi al cielo....

Ma non pregava perchè.... era esaudita.




Rientrando in casa, Soranzi, quella sera, trovò Giovanni in anticamera
che lo attendeva e che gli porse una lettera, dicendogli gravemente:

— La sua signora non c’è; è uscita col suo signor padre.... lasciandomi
questo biglietto da consegnarle, immediatamente, al di Lei ritorno.

— Va bene — disse secco Soranzi, dirigendosi verso lo studio, in cui si
rinchiuse al solito.

Quindi, aperse e lesse:

      «Caro genero,

  «Se hai dei dolori morali, perchè vuoi che abbia a soffrire la mia
  povera Costanza, la quale non ti ha mai cagionato il benchè menomo
  dispiacere in quattordici anni di unione?

  «Le hai detto di _regolarsi come crede_....?

  «Spiegati.

  «È interesse di tutti, anche tuo, che simili scene disgustose —
  senza ragione apparente! — non abbiano a rinnovarsi — e certamente
  si devono poter evitare.

                                                   «_Tuo suocero_.»

                         _Risposta di Oreste._

      «Carissimo,

  «Sì, mi spiegherò.

  «E mi sarei spiegato con mia moglie questa sera stessa, anche
  non invitato, perchè non ne potevo più e perchè.... mi ripugna
  la odiosa e ridicola commedia del marito che _fa_ l’uomo rigido,
  l’uomo dei principi, l’uomo morale, il cascante colla moglie, alla
  luce del giorno — mentre tiene una o più amanti nelle tenebre.

  «No, io disdegno ogni finzione, ogni ipocrisia — ed ho il coraggio
  di dire: Ieri io era un buon marito — oggi non lo sono più!

  «Tu dirai che io sono un uomo disonesto, perchè calpesto i miei
  doveri, perchè dimentico i miei giuramenti, perchè rendo infelice
  la tua buonissima figlia — ed io ti do ragione. Ragione, perchè sei
  padre, perchè realmente è una enormità.... ma ti dico:

  «Se tu sei da tanto da strapparmi questa passione dal cuore, se
  tu sei da tanto da rimettervi il primiero affetto che nutrivo per
  Costanza.... avanti!

  «Riesci e io ti benedirò.

  «Ma, hai capito — non di consigli ho bisogno, ma di tanaglie....
  Dio, io non ci vedo più.

  «Scusa, mio caro, se io ti scrivo in questo modo, se io ferisco
  così crudelmente il tuo amore di padre.... ma credilo, io mi sento
  proprio impazzire....

  «E io l’amo sempre, vedi, tua figlia — ed è questo che rende più
  orribile ancora la mia posizione, più intollerabile l’esistenza,
  perchè io non posso pensare a quell’angelo, senza odio di me
  stesso — non posso, senza disprezzarmi, ricordare che io sono
  stato villano, inumano con lei.... — ma la sua presenza è la
  condanna della mia passione, ed io devo fuggire per non veder più
  quell’eterno, vivente rimprovero.

  «Tu, l’uomo onestissimo, che, in tutta la tua esistenza, non
  hai mai avuto un istante d’esitazione nel compiere il tuo dovere
  — non solo non comprenderai, ma anche riuscendo a comprendere,
  rifiuterai d’ammettere che un uomo della mia età, e del carattere
  che tu conosci, possa calpestare improvvisamente tutto, per seguire
  una.... gonnella!

  «Gli è perchè tu non sai in qual modo io sono arrivato a questo
  punto.

  «Io so che, quando l’anima tua si aperse al primo amore, tu avesti
  anche la più ampia soddisfazione che il cuore umano possa bramare.

  «_La_ amasti.... e _la_ ottenesti!

  «Il tuo cuore si conservò puro, così, la tua mente conservò tutte
  le sue illusioni, il sangue una perfetta calma — e vivendo della
  vita che era il sogno della tua giovinezza, tu potesti non vedere e
  non curare i pericoli di cui è sempre irta l’esistenza di tutti....
  — ma io?!

  «Io potei, a mala pena, sognare, qualche istante, questa vita
  del cuore, che è indispensabile agli uomini, uomini come noi,
  s’intende, incorrotti. — Sognare, dico, perchè la donna, per la
  quale mi struggevo, dapprima mi fu rapita — e quando, incontratala
  una seconda volta, avrei potuto possederla.... mi fu tolta, ancora,
  da una tremenda sventura.

  «Non chiedermene di più, perchè, ne soffro troppo.... soffro,
  perchè penso che se allora i miei voti fossero stati appagati,
  io non sarei ridotto a questo punto — soffro, perchè quella
  donna, delusa, allora, al par di me, ora è diventata un oggetto
  spregevole, mentre, a me unita, sarebbe ancor una donna onesta —
  soffro, perchè non posso risparmiare Costanza!

  «Tu dirai: ma adunque, perchè sposasti mia figlia?

  «Ti rispondo: — Ero in uno stato di prostrazione morale — il mio
  cuore non batteva più — mi sentivo profondamente, amareggiato e
  disgustato di tutto — vedevo, innanzi a me, una lunga vita morta.

  «Tua figlia mi apparve come un angelo di consolazione, come una
  suora di carità, che avrebbe potuto, col balsamo della sua anima
  soave, guarire l’anima mia.

  «Guarii sì.... ma non vissi.

  «Tuttavia, non fui egoista.... Commosso all’affetto che tua figlia
  portava a quest’uomo freddo, insensibile, mi forzai, per non
  renderla infelice, ad aver, almeno, l’apparenza d’un altro uomo. Fu
  uno sforzo che mi costò.... e guaj per ambedue se mia moglie non
  fosse stata Costanza.... ma ella esigeva così poco.... Le bastò
  ch’io mi mostrassi _amabile_.

  «A te.... non fui onesto?

  «E credo che se la nostra unione fosse stata benedetta.... forse
  il mio cuore si sarebbe sgelato davvero e tutto — ma, nemmeno un
  figlio venne a rallegrare la nostra casa e tanti anni scorsero in
  un’atmosfera di tiepida cortesia.

  «Si nasce per questo?!

  «Ah! no — e io lo sentivo tanto che volli essere quello che non
  ero.... — volli essere ambizioso, volli fare l’uomo pubblico con
  tutte le sue piccole vanità, le sue passioncelle, e vi misi il
  maggior ardore. — Si trattava di riempire tutto il tempo che io
  doveva, per forza, starmene sulla terra! — Riuscii.

  «Mi credeva sicuro del fatto mio, quando.... bastò una visione a
  distruggere tutto e ad attirarmi, colle sue irresistibili lusinghe,
  in un mare di fuoco.

  «Ora vi sono — brucia il mio sangue, brucia l’anima mia.... dovrò
  starvi finchè non sarò consunto.

  «E non credere che io non abbia lottato.... — ma è stato inutile.
  Natura non si delude impunemente. Il mio cuore e il mio sangue
  essendo stati violentati per tanti anni — le potenze misteriose,
  nell’inerzia si sono moltiplicate, agglomerate, fatte giganti.... —
  ora, esse voglion battaglia....

  «Non rileggo.... a che varrebbe d’altronde?

  «Sono come istupidito.

  «L’uomo che ha vissuto, comprenda questa immensa miseria umana e
  consigli mitezza al padre offeso. Ma se il magistrato deve cercar
  pena condegna.... pensi che chi pare carnefice.... è forse solo una
  vittima.

  «Del resto, mi sottometterò a tutto.

                                                    «_Tuo genero_.»

Lo suocero rispose:

  «L’uomo ha compreso. — Il padre non può essere più severo della
  figlia.

  «Ammira questa donna, che, colpita nel più profondo del cuore....
  trova ancor modo di sorridere — ben mestamente.... è vero!
  — dicendo: — Io vedo nell’anima sua e compassiono. È vittima
  d’un’illusione. Guarirà. Aspetterò rassegnata sinchè egli torni a
  me — perchè egli tornerà! —

  «Noi partiamo per la campagna, ove resteremo finchè....

  «Ti regolerai in modo che nulla trapeli di questo momentaneo
  dissapore.

  «Dico momentaneo, perchè, tutto ben ponderato, credo che mia figlia
  finirà coll’aver ragione.... Purchè non finisca, prima, di....»




Era il crepuscolo d’una sera d’aprile.

Nel cielo purissimo, uscivan le prime stelle. Respirando quell’aria
tiepida e olezzante, i giovani sentivansi agitati da strani sussulti,
e.... gli altri ricordavan, melanconicamente, il tempo trapassato delle
vibrazioni simpatiche.

Nella graziosa villina che, da alcuni giorni, un signore aveva presa
in affitto, sulla sfonda del piccolo lago di V...., regnava un perfetto
silenzio.

Ma non era deserta.

In giardino, seduto, presso la vetriata semiaperta, un uomo tremava
convulsamente e guardava smarrito il cielo con occhi lagrimosi.

A pochi passi da lui, nella sala, giaceva una giovinetta svenuta.

Ad una finestra del secondo piano si vedeva del fumo e una massa bruna.

Aveva forme di donna.

Quella.... donna fumava tranquillamente la sua _cigarette_.

                             . . . . . . .

Tutto ciò è orribilmente immorale — ma noi saremmo molto lieti,
se, in tutti i casi in cui i genitori vendono le loro figlie.... la
paura della fame fosse, da una parte, l’incentivo al delitto.... e
dall’altra, vi fosse la passione vera.

Ma, come sa chi ha viaggiato attraverso questo gran mondezzajo di carne
umana — in genere, non si vende che per ingordigia o per assicurarsi la
poltronaggine. — Quel lavoro costa tanta fatica e rende così poco; e i
bisogni sono tanti! —

Vi sono poi le vendite legali, ossia per contratto.... di nozze —
ma quelle sono vendite sacre.... e la moralità pubblica, che vede
_rispettate_ le convenienze sociali, s’inchina.... «Mah! là.... col
matrimonio si fa la famiglia!» Si è venduto.... è vero — in quella
casa potranno esservi torture, lagrime, odj, mostruosità, ribellioni,
tradimenti, crimini.... ma sulla casa sta scritto: — _Famiglia_. — E ci
dite poco voi?!

Dopo tutto, consoliamoci, pensando che nè la morale, nè i romanzi non
impediranno mai a nessuno di sentirsi il capriccio di comperare. E
quando uno compera, trova sempre chi vende. E guaj se l’_industria_ e
il _commercio_ rovinassero! Povero mondo.... allora!

                             . . . . . . .

La fiducia espressa da Costanza nel ravvedimento del marito sarà parsa
più che arrischiata. Che essendo perfettamente onesta, ella non potesse
credere alla serietà di quel deviamento, sta bene — ma che avesse
a promettersi il ritorno del colpevole emendato, ecco quello di cui
sarebbe difficile capacitarsi, quando non si pensasse che la gente tre
volte buona è sempre.... maravigliosa.

Una moglie buona, soltanto due volte, doveva piuttosto temere che,
preso il volo e il gusto alla vita indipendente, non avesse, secondo
ogni probabilità, a preferire il cambiare d’oggetti al ritornare sotto
il tetto conjugale.

Ebbene, invece, le parole di Costanza furono profetiche.

V’è una chimica anche in amore e, guai se gli elementi non hanno
proprietà che possano combinarsi. Pensate alle migliaja di matrimonj
fatti a furor di cervelli, e.... sciolti l’indomani o quasi, con egual
furore — o peggio che sciolti.

La mente ricorre, involontariamente, a certe esaltazioni al trono fatte
a furor di popolo in.... amore — coll’immediato correttivo di quattro
pugnalate, visto che l’esaltato di jeri era d’ostacolo alla nuova
esaltazione del domani.

Eppure il furor di jeri era sincero! Almeno....

Ma, veniamo ad Oreste, il quale, quando scrisse quella bella lettera
al suocero, avrebbe dato certamente del pazzo a chi gli avesse detto
che egli era vittima di null’altro che d’una illusione prodotta da una
straordinaria effervescenza del sangue, e che ne sarebbe presto stato
persuaso da sè stesso.

Non bastava che il fuoco acceso fosse furioso — eran necessarj anche
gli alimenti per mantenerne la violenza — e, invece, difettarono,
mentre sopravennero in copia materie, le quali non potevan che
spegnerlo.

La convivenza di quel tre esseri era un assurdo. Se Soranzi non lo
sentì _prima_, lo sentì _dopo_.

Noi possiamo valerci di qualunque mezzo per arrivare al possesso d’una
donna.... purchè quel mezzo resti poscia invisibile. Ora, Maddalena
sarebbe sempre presente!.... Maddalena, che non avendo più bisogno
di fingere nè con l’uno nè coll’altra, si esprimeva col suo cinismo
abituale. Ma questo era intollerabile, oltrechè disonorevole pel suo
stesso sentimento — questo sfigurava persino la Silvia, la quale non
ci aveva colpa, ma non poteva impedire che l’aureola infernale, da cui,
agli occhi di Soranzi, appariva cinta la testa di Maddalena, lasciasse
cadere su di lei una luce uggiosa, a dir poco.

Un altro acerrimo nemico di quell’amore era il valore intrinseco di
Oreste, di fronte al non valore di Silvia. Oreste vide subito che
quella fanciulla era niente altro che bella. Forse per l’estrema
giovinezza, o per l’insufficiente educazione, o per l’ignoranza della
vita — come essere sociale era zero. Tutto quello ch’essa poteva fare
per lui, pel suo amore, era.... abbracciarlo. Era molto, ma troppo poco
per un uomo del carattere, dell’educazione e dell’età di Soranzi.

Bella bambina.... ma bambina.

Si poteva educarla — ma corrisponderebbe poi alle cure? — La educherò
io, — si disse per un momento, ma ne comprese tosto l’impossibilità.

Forzato a tener celata al mondo la sua conquista, come educare....
quando l’educazione vera sta nel viaggiare attraverso la vita degli
altri?

Come educare.... quando quella madre distruggerebbe sempre l’effetto
delle sue serie ed oneste parole?

Ed egli continuerebbe dunque a vivere così, — per finire fra quelle due
donne, spregiato e spregevole a’ suoi stessi occhi?

A peggiorare ancora la situazione s’aggiunse, dopo un mese, il timore
per Oreste che l’amore di Silvia non fosse che una fiamma prodotta
dall’età e dall’occasione.... e per conseguenza il pensiero che
qualunque altro uomo «presentabile» messole al fianco dalla madre le
avrebbe fatto la medesima impressione. In ciò non s’ingannava, come si
è potuto agevolmente indovinare.

L’animo di lei, infatti, non aveva alcuna di quelle manifestazioni
dinotanti la miracolosa metamorfosi, che è la prima opera del primo
amore.

Un incidente imprevedibile venne poi a dare l’ultimo colpo all’affetto
già incertissimo di Oreste e a fargli prendere la risoluzione di
troncare per sempre ogni rapporto con quelle due donne. Un giorno,
Maddalena, per cui la temperanza non era forse la virtù principale....
passati oltre il solito certi limiti, già tutt’altro che limitati, non
sapendo più bene quello che si dicesse, mise fuori dei progetti e si
permise delle sollecitazioni, che fecero balenare alla mente di Oreste
il sospetto che egli fosse stato la vittima della congiura di due
furbe matricolate.... S’ingannava.... ma il sospetto v’era — e siccome,
quanto più un sospetto è irragionevole, tanto più facilmente diventa
in breve una certezza, da cui non si riesce a liberarsi, egli fuggì da
quella casa, che da tal momento diventava un inferno.

Una mattina non lo trovarono più. Aveva lasciato un biglietto, in cui
diceva che i suoi affari rendevano necessaria per alcuni giorni la sua
presenza in città — intanto non si movessero dalla villa....

— Ha fatto bene — disse Maddalena — questo terzetto cominciava ad
annoiarmi. Un po’ d’intermezzo non fa mai male. —

Otto giorni dopo, quando lor pareva che l’intermezzo si prolungasse di
soverchio, giunse alla villa un vecchio signore di venerando aspetto,
il quale chiese di parlare colla signora Maddalena, da solo a sola.

Quando ella sentì dal suocero di Soranzi — chè era lui — che bisognava
rinunciare a rivedere Oreste, per le tali e tali ragioni, montò su
tutte le furie. Un altro individuo avrebbe preso il suo cappello
e battuto in ritirata, per paura di qualche brutto servizio. Ma il
suocero era tetragono e troppo interessato, d’altronde, al miglior
scioglimento di quella commedia, per lasciarsi intimorire. Alla prima
sosta che Maddalena fece per prender fiato, disse con flemma due
paroline, che le tolsero la voglia di continuare sul medesimo tuono,
e, quando la vide più trattabile, seppe farle comprendere che il
miglior partito — anche perchè il più utile — era per lei quello di
rassegnarsi.... sotto date condizioni.

Maddalena, vedendo che non v’erano più speranze, pensò solo a far
pagar cara la sua _rassegnazione_ — e crediamo che Soranzi abbia dovuto
ricordarsene per un bel pezzo!

                             . . . . . . .

Dopo, la madre si trovò sulle braccia la figlia abbandonata, alla quale
bisognava pur rivelar tutto.

Come fare? La ragazza era ancora nel primo sogno d’amore, e il
destarla, per sorpresa, poteva essere pericoloso. Ora, Maddalena, che
aveva fatto il primo passo nella via della speculazione — e a lei era
costato pochissimo anche quello — non voleva, per niun conto, che il
dolore avesse, non che ad avvizzirne, pur a sfiorarne la bellezza.

Non v’era che un mezzo solo — rendere ridicolo e odioso Soranzi agli
occhi di Silvia — e se ne valse, e si può agevolmente imaginare s’ella
trovasse le parole acconce.

Contemporaneamente — per non distruggere, senza edificare — la erudiva
nella scienza della vita, nella _sua_ scienza, e con tale accanimento,
che l’anima della povera fanciulla, in breve, non ebbe più alcun
pudore.... e cominciò a sogghignare, come sua madre.

Se Soranzi, per caso, fosse ritornato, a tanto mutamento avrebbe
creduto di sognare o d’aver sognato prima.

Il guasto era talmente profondo, che quando Maddalena le rivelò che
Soranzi era ammogliato, esclamò: — Tanto meglio, così sarò più libera!
— e quando, a certi sintomi, essendosi compreso che madre natura
non s’era data alcun pensiero delle convenienze e aveva fatto il suo
dovere, nacque la discussione se fosse da preferirsi l’_arrischiare_
o il _sopprimere_.... si decise di comune accordo che, tutto ben
considerato, era meglio....

Fortunatamente la Natura medesima parve preoccuparsi della questione di
moralità, e ribellandosi.... a sè stessa.... dimostrò l’inutilità, pur
di tentar un delitto che avrebbe potuto costar molto caro agli stessi
rei!

Fuggiamo, fuggiamo da queste madri.... per ridere, che davvero
farebbero piangere, se gli occhi, troppo abituati allo spettacolo
di una folla di vergini che, in un batter di ciglio, qualunque sia
l’educazione ricevuta, diventan cortigiane.... potessero ancor sentirsi
offesi.

                             . . . . . . .

Agitiamo l’incensiere, purifichiamo, profumiamo.

Era scorso un mese all’incirca dal giorno in cui il suocero, compiuta
la sua missione, era tornato presso la figlia, in campagna.

Una sera, verso le undici, Soranzi stava scrivendo al suocero. Non
aveva ancor avuto il coraggio di scrivere a Costanza, ma, all’indirizzo
del primo erano già partite trenta lettere, che finivano tutte colle
parole «lavoro e spero».

La penna aveva vergate, per la trentunesima volta, quelle parole,
e v’aggiungeva queste altre «comincio a star male,» quando l’uscio
s’aperse e una bianca visione apparve sulla soglia.... Soranzi,
al lieve rumore, alzò lo sguardo e trasalì di gioja.... ma non si
levò....; attendeva tremante la prima parola per sapere se gli era
concesso gettarsi a’ suoi piedi per adorarla.

Ella mosse verso lui lentamente — e non tremava meno.

— È l’ora del tè.... — balbettò, quando gli fu vicina, con un filo di
voce. Era l’emozione del perdono che ella accordava.

Soranzi non potè proferir accento, tanto la sentì grande.

S’alzò — ella gli porse la mano, e, silenziosi ambedue, uscirono.... e
s’avviarono verso una nota portiera.

— Come....? — mormorò Soranzi fremente di voluttà.

— Il tè è servito qui.... stasera. —

Ella rimosse la portiera ed entrarono.

Le finestre erano aperte; dal giardino venivano onde d’effluvj.

Lontan lontano, gemeva una romanza.

— Che aria pura.... sana.... _questa!_ — esclamò Soranzi, giungendo le
mani.

— Respiriamola sempre?....

— Oh! sempre.... —

Assicurano che non si possa dire: «nè mai nè sempre,» ma Soranzi potè
sempre dire di non essersi illuso quella sera.

Ci hanno riferito che Costanza, qualche mese dopo, benedisse quella
momentanea sospensione di vita conjugale, perchè, quando fu ripresa, si
potè ottener quello che prima s’era aspettato tanti anni invano.... Il
nonno lo chiamò il figlio della riconciliazione.

Se c’è qualche matrimonio infruttifero e se l’esperienza invoglia....

Ma, se i mariti si rassegneranno, non crediamo che le mogli avranno il
coraggio di ripeterla. È un’esperienza troppo fisico-chimica.




LA FIGLIA DI SUA MADRE.

_Storia semplice._


I.

MADD. Oh! ecco qui il nostro caro signor ragioniere. Come va, eh? va
bene?

RAG. (_che, sia detto di passaggio, è molto invecchiato_) Bene....
Grazie.

MADD. Proprio l’uomo della precisione.... Scommetto che, colla solita
puntualità, Ella mi porta gli interessi del semestre.

RAG. Appunto.... Anzi, come era mio dovere, io sono già venuto il due
luglio.... ma Loro erano in campagna....

MADD. Ah! sicuro.... eravamo proprio in campagna.... Cosa vuole.... la
mia Silvia, in aprile, si sentiva poco bene.... Sa! benedette ragazze,
viene quel tal tempo nella vita....

SILVIA (_arrossendo, con fatica_). Mamma....

MADD. Eh! che cosa c’è di male!?

RAG. E dove sono andate.... se è lecito?

MADD. Oh!.... abbiamo girato....

RAG. E adesso sta bene la signora Silvia?

MADD. Adesso sta benissimo.... Ma, perchè la tratta da signora.... Ella
è sempre il suo tutore.... e per Lei, la Silvia deve essere sempre una
bambina.... è vero che Ella è un tutore che fa il prezioso....; non La
si vede mai!

RAG. Cosa vuole.... gli affari!.... creda, un minuto che è un minuto
non l’ho mai a mia disposizione. Che bella giovane s’è fatta sta
Silvia! Quasi quasi.... si può prepararle la schirpa.... perchè da un
momento all’altro, già....

MADD. Ah! per carità.... non me ne parli! Quando io penso che verrà
quel giorno.... (_sospira due volte_)

RAG. Capisco che alla mamma possa rincrescere.... ma già.... è
il destino delle ragazze.... E pare che la mamma non abbia fatto
diversamente, eh! eh! eh!

MADD. Senta.... non dico: pur troppo — perchè, altrimenti, non avrei la
mia Silvia, ma, del resto....

RAG. Via, non stia a dir male del matrimonio che, dopo tutto....

MADD. Io dir male del matrimonio a mia figlia....? Tutt’altro.... tanto
è vero che.... ma acqua in bocca pel momento.

RAG. Come.... come.... c’è qualche novità?

MADD. C’è.... e non c’è.... A dir il vero, non sappiamo nemmen noi che
cosa pensare. Ma.... aspetti che ora mi vien un’idea.... Ma sicuro!
Ella è proprio arrivato a proposito per rendermi un grande favore....
se vuole....

RAG. Dica, dica.

MADD. Anzi, Ella deve volere, perchè essendo tutore, ne ha, dirò così,
un obbligo sacro di coscienza.... Ma veniamo al concreto.... Sappia
adunque che c’è un giovinetto.... guardi guardi la Silvia come diventa
rossa.... come scappa!.... ah! ah!

RAG. Non scapperà sempre!

MADD. Dunque, c’è un giovinotto che abbiamo conosciuto giorni sono in
_wagon_, tornando dalla campagna. S’è scambiato qualche parola.... ma
sa.... proprio indifferente, come si usa fra viaggiatori. — Ebbene....
cosa vuole! pare che la Silvia gli abbia fatto colpo.... Da quel giorno
si è messo a passeggiare per questa via, guardando sempre le nostre
finestre.... e non siamo mai uscite una volta, senza incontrarlo.
Per alcuni giorni, si è limitato a salutarci — fra parentesi, saluta
molto bene — dopo, ha domandato alla portinaia che gente siamo.... ed,
infine, jeri ha lasciato il suo biglietto di visita, con una riga, in
cui ci prega di fargli l’onore di riceverlo stasera.... Cosa ne dice?

RAG. Che persona è?

MADD. Il giovine è di bell’aspetto.... veste signorilmente, e pare una
persona educatissima.... ma Lei, signor ragioniere, sa che le apparenze
ingannano, ed il favore che io vorrei da Lei, sarebbe precisamente
questo.... che mi sapesse dire, cioè, che cosa vi sia di solido sotto
tali apparenze.... quindi come stiamo a denari.... a carattere.... e a
famiglia.... ah! la famiglia, sopratutto....

RAG. Eh! s’intende....

MADD. E poi già Lei è un uomo di polso, e non occorre dirle cosa ci
vuole.

RAG. E il suo giovinotto si chiama?

MADD. Si chiama Augusto Livi, e abita in casa Farinelli.

RAG. Basta così.... lasci fare a me. Ella intanto lo interroghi. Noi,
poi, facendo il confronto di quanto avrò saputo io con quanto avrà
detto lui, vedremo se il giovine è sincero....

MADD. Benissimo.... E quando crede di potermi favorire?

RAG. Oh! Dio.... fra un pajo di giorni. Se la famiglia è assolutamente
buona, si fa prestissimo a saperlo. Gli è quando le informazioni sono
vaghe, incerte.... che comincia il difficile....

MADD. Speriamo sia buona!

RAG. Speriamo....; a rivederci.

MADD. A rivederci.... Silvia....! adesso puoi venire.... Saluta il
signor ragioniere.

RAG. Mille augurii, cara Silvietta.

MADD. Oh! è un po’ troppo presto ancora.

RAG. Eh! il cuore mi predice bene. Nuovamente.

MADD. Nuovamente — e grazie intanto. Quando tornerà, poi, se avrà del
buono.... ne beveremo una bottiglia.... mah!

RAG. Ne beveremo due.

Ne bevettero tre!


II.

Le informazioni non possono essere migliori.... e, quel che è proprio
consolante, al cuore d’una madre.... d’una sposa, consonano con tutto
quanto Augusto ha detto dell’esser suo e della propria famiglia.

— Egli è figlio unico di madre vedova, colla quale vive. Sono venuti
dalla città di X.... in questa, da soli tre anni, dopo la morte del
rispettivo padre e marito. La sostanza è di quattrocentomila lire e
vi sono molte speranze tutt’altro che incerte. Madre e figlio vivono
come due colombi e non hanno relazioni di sorta, all’infuori del loro
banchiere e del padrone di casa. Solo, di tanto in tanto, arriva dalla
provincia qualche parente per vederli e tosto ripartire.

Il giovine, benchè ricco, non ama l’ozio.... è impiegato, come
dilettante di commercio, presso il suo banchiere.... e un uomo occupato
è sempre miglior marito d’un altro che fa il vagabondo.

Insomma, è un partito d’oro.

Nulla di più onesto, poi, di più leale, di più ingenuo di Augusto.

— Ah! è il mio ideale.... — esclama Maddalena, a queste ultime parole
— perchè, per la mia Silvia, abbiamo appunto bisogno di un giovine
onesto, leale e sopratutto ingenuo! —

Quel caro signor ragioniere non trova che dell’entusiasmo materno,
nel tuono con cui Maddalena proferisce tal frase e nello sguardo che
l’accompagna rivolto alla figlia.

Noi possiamo aggiungere che Augusto, a ventitrè anni, ne sapeva di
questo mondo, quanto voi ne sapete di quell’altro. A mantenerlo in tale
ignoranza, aveva contribuito massimamente sua madre che, paurosa di
tutto, gelosa di tutti, se l’era sempre tenuto cucito alla gonnella.
Gli aveva fatto dare una buona educazione, ma in casa — e non gli aveva
mai permesso un’amicizia.

Egli era già il di lei cavaliere, vivente il marito — figurarsi poi,
dopo. Parevano madre e figlio.... Siamesi.

Questo metodo d’allevamento sarà buono.... ma pei bachi.

D’una delicatezza femminea, nel modo di vivere, di vestire,
d’esprimersi.... preferiva i canditi al _beef-steak_, le foggie
suggerite dalla caricatura alle comode indicate dal buon senso, non
parlava, pispissava sulla _punta_ delle labbra.... e le sue dita
parevano sempre occupate in lavori al _crochet_.

D’una sensibilità tanto spinta che era morbosa; alla vista del
più indifferente maluccio, al racconto della più lieve disgrazia,
minacciava deliquio.

Aveva molte idee umanitarie, fra cui due principali, anzi maniache:
— il ricovero pei cavalli invalidi — e il _paletôt_ pei cani
nell’inverno.

Pareva non si fosse mai accorto che ci fossero donne a questo mondo.

La prima volta che se ne accorse fu quando, nel ritornare in città,
dopo aver fatto visita ad uno zio convalescente, si trovò vicino a
Silvia, in _wagon_ — e al buon ragazzo non venne altra idea che quella
di sposarla, come se tutte le donne si potessero sposare.

Cioè, un ladro può sposare una ladra, un ladro può sposare il suo
femminile.... ma non incrociamo san Luigi con Messalina.... e via
discorrendo, come diceva quel tale.

La madre di Augusto disse subito di sì.

Poichè a quel benedetto sangue non si era potuto impedire di bollire,
meglio il matrimonio che esporre, con un divieto, il figlio alle tristi
influenze della vita mondana.

Semplice, oca ella stessa, non capì niente nè di Maddalena nè della
figlia, anzi, Silvia le sembrò un capolavoro di ingenuità!

Avvicinandosi il giorno delle nozze, Silvia disse a Maddalena:

— Ma di’ un po’, mamma.... vuoi dirgli proprio _nulla_?

— Di che cosa?

— Ma sai bene, _siamo state in campagna_.

— Oh! oh! Non ci pensare tu adesso a queste cose.... Provvederemo
a suo tempo. È tanto ingenuo che sarebbe un vero peccato togliergli
un’illusione.... Perchè i bambini credono al _Bambino_? Perchè non
sanno che non c’è. E non sono felicissimi egualmente? —

Si fecero le nozze.... e Maddalena volle accompagnare la figlia nel
viaggio, perchè il dolore del distacco le era intollerabile.

Egli bevette il dolore, bevette molto a pranzo — _uno_ dei
provvedimenti, questo — e bevette....

E infinito è il numero dei.... bevitori. Ed è col far bere che tante
donne.... mangiano.


III.

Augusto è il più felice dei mariti. Quando egli dice: «mia moglie,»
gli si inumidiscono gli occhi, — egli canta incessantemente le lodi di
lei...., pare che al mondo vi sia una moglie unica, la sua.... insomma,
è una vera noja.

La prima donna ch’egli ha potuto avvicinare, l’ha amata, l’ha avuta —
egli ha tutte le illusioni — ecco perchè è felice.

Quanto a Silvia, un po’ per indole, un po’ a cagione del noto
assaggio, proclive al genere forte, sulle prime s’è divertita con
quell’uomo-donna.... ma se n’è ben presto infastidita.

Quando sono sul declinare, le donne s’interessano per gli uomini
ingenui — ma nell’età in cui esse sono ancora angeli, non amano che i
demoni.

Fra Silvia e sua madre si fanno le più grasse risate alle sublimi
bambinate che l’amore inspira al povero fanciullo — si coprono di
ludibrio le sue _poesie_....

Quand’egli è in casa, si frenano a stento gli sbadigli, ma si finge
tuttavia di amarlo, di adorarlo, lo si chiama coi più teneri nomi, non
esclusi i francesi: _petit chat — chou — bibi_ e _titi_.... il che per
lui è miele profumato.

Siccome Silvia dice che un uomo come lui, il quale _batte_ il
commercio, deve avere delle relazioni, deve ricevere.... egli si tira
in casa i compagni di studio e i loro amici. Silvia, dal canto suo,
invita le signore Mantovani, i loro congiunti e le loro conoscenze.
Ecco fatta la vera famiglia-società.

In breve tempo, la casa è un porto di mare, in cui si viene e si va,
in cui ognuno fa il piacer suo. Si balla tutte le sere e qualche volta
anche di giorno, si gioca, si fanno dei graziosi proverbi misti, nei
quali i versi non sono martelliani e la prosa è scorrevolissima.

Augusto, il semplice, si diverte come un matto a tutto quello che
vede e sente o che sua moglie gli racconta. — Egli si diverte tanto
più schiettamente, perchè Silvia, svelando le magagne o schernendo il
ridicolo degli altri, non trascura di parlare de’ suoi principj, del
suo buon senso. — Così giovane, ella è d’una austerità tale — dice lei
— che guaj se alcuno....! —

La madre di Augusto, a poco a poco, ha aperto gli occhi; impensierita
a tanto sperpero, scandalezzata a quella folle esistenza, vorrebbe coi
consigli e coi sermoni.... ristaurare l’ordine, le modeste abitudini,
ecc., ma, fiato gettato.... Augusto, che non s’è mai divertito, un’ora
sola, in vita sua, prima del matrimonio, ci piglia troppo gusto alle
attuali pazzie, per far buon viso alle prediche, che egli trova anche
ingiustissime, perchè «alla fin fine, non si fa niente di male.»

Sua madre non vuol darsi per vinta, vuol perseverare nel
moralizzare.... ed egli cessa di vedere sua madre.

Egli è diventato figlio di sua moglie.

Dopo otto mesi di matrimonio, Silvia non ha ancor forato il contratto
nuziale, ma, penetrata nei misteri della vita delle amiche, comincia a
guardar sul pomo....

Talvolta, assorta nella contemplazione dei colori di quelle mele,
fantastica anche sui varj sapori.

È certo che una giusta maturanza sarebbe la preferibile. — Ma, una
maturanza anche un po’ passata ha pure i suoi pregi.... ai quali,
una curiosità non ancor soddisfatta, dà un valore maggior del
reale. — E la frutta che, a rigore, sarebbe acerbetta.... è forse da
disprezzarsi?.... È così stuzzicante!

— Sì, tutto va bene, ma si arrischia troppo. C’è la posizione di
mezzo! Andiamo avanti così.... prima di decidere, bisogna rifletter
seriamente. —

I due migliori amici di Augusto — gli altri ne hanno uno, egli due, ne
ha di migliori! — sono suoi compagni di studio, Orlando e Diodato, e
la loro amicizia è diventata un’abnegazione, un completo sacrificio,
dacchè egli li ha introdotti presso sua moglie.

I due migliori sanno più degli altri far ridere la vaga Silvia, che,
pertanto, li preferisce. Ambedue la corteggiano, ma siccome, quando c’è
l’uno, c’è anche l’altro, così, a guisa d’una pariglia, corrono sempre
insieme; nessuno può oltrepassar l’altro.... Ma, uniti, non possono
arrivare, e questo fa sì che si conservano sempre amici.

Viene la stagione dei bagni, e Diodato può partire con Augusto, colla
signora e con altri. — Orlando, invece, trattenuto dall’impiego, non
può muoversi. Orlando capisce tanto l’importanza di quelle bagnature
che lavora sott’acqua per far trattenere Diodato e accordare a lui,
Orlando, il permesso di partire. Ma Diodato, che è buon intenditore, fa
l’ammalato, per cui è forza lasciar andar lui pel primo.

Orlando si rassegna a malincuore, e spera nella virtù di Silvia.

Speranza fallace.... due settimane dopo un bollettino sanitario privato
gli porta una cruda notizia....

V’è stato un naufragio....; eppure il cielo era sereno, non soffiava
vento ed il mare era calmissimo.

Il bollettino cominciava così:

«Augusto è imperatore....»


IV.

— Non mi resta che soppiantarlo, al ritorno — sospira Orlando.

Ma, al ritorno, non gli resta che pulirsi la bocca. Silvia è una virtù
di macigno.

È diventata una donna seria, sdegna quasi ridere e, quando c’è Diodato,
sdegna anche parlare.

Orlando, che non sa se capisca troppo.... oppure niente affatto, dice a
Silvia:

— Diodato L’ha forse offesa qualche volta.... per caso?

— No, perchè?

— Ma, non gli parla mai....

— Le dirò...., alle volte ha uno spirito che per gli orecchi di una
signora non è il più gradito.

— Vedo — fa Orlando tutt’altro che persuaso.

Un altro giorno, tenta far parlare Diodato con delle mezze allusioni
maliziose.

— Spiegati meglio — dice quello — perchè, davvero, io non capisco dove
vuoi andare a finire.

— Volevo farti capire che so una cosa, che con tutta la nostra
amicizia, tu non mi dici.... Tu sei l’amante della signora Silvia.

— Io? — fa Diodato cadendo dalle nuvole.

— Almeno tutti lo credono.

— Sono il suo amante quanto.... te.... Ma dico.... se tu mi tasti,
così, per sapere se io posso essere tuo rivale.... non darti alcun
pensiero di me.... Avanti, avanti pure. Libero è il campo.... almeno io
lo credo. —

Una sera, Augusto dice ad Orlando:

— Vuoi venire ad accompagnarmi domani qui fuori qualche miglio? Vado a
vedere un villino che m’hanno proposto. Doveva venire anche Silvia, ma
si sente poco bene e non vorrei che.... —

Orlando guarda Silvia, e gli pare che stia meglio di lui, che sta
benissimo.

— Viene forse anche Diodato? — domanda.

— Gliel’ho detto, ma non può.

— Mi rincresce che vai solo.... perchè, neppur io posso muovermi.

— Ho capito! —

Orlando, si dice che stavolta ha scoperto decisamente il mistero.... e
l’indifferenza di Silvia e di Diodato gli pare ancor più studiata del
solito.

L’indomani mattina, Orlando va a casa di Diodato, il quale non mostra
alcun piacere per tale visita.

— Vieni con me a far una bella passeggiata?

— No, grazie, ho un impegno.

— Vedo.... allora andrò solo.

— Buon divertimento.

— Altrettanto. —

Orlando va a casa di Silvia. È mezzogiorno.

Silvia sta per uscire, e mal dissimula la noja che prova nel vedere
quel signore.

— Scusi — comincia Orlando, giojoso in cuore perchè certissimo d’essere
giunto in tempo per impedire un abboccamento — scusi, non avrebbero
trovato per caso il mio portafogli?

— No....

— Oh! diavolo.... credevo proprio d’averlo smarrito qui jeri sera.

— Mi rincresce.

— Anche a me.... non tanto pel denaro, sa bene.... quanto perchè è un
regalo. — Esce?

— Sì....

— E dove va di bello, se è lecito?

— Vado da.... mia madre.

— Oh! bene.... se mi permette, La accompagnerò.... è appunto qualche
tempo che non ho il piacere di vederla. —

Se Orlando sapesse cosa vuol dire l’occhiata che gli dà Silvia!

— Mi rincresce — risponde la signora — che Ella si incomodi, tanto più
che io farò un giro lungo.... Devo prendere dei guanti.... e qualche
cos’altro.

— Niente di meglio.... Io sono appunto disoccupato.... farò il giro
anch’io e compereremo insieme....

— Oh! Dio.... che....

— Vuol dire che nojoso?...

— No.... volevo dire che dolore a questa gamba.... l’aveva anche jeri,
ma credeva se ne fosse andato.... Era proprio destino che oggi non
dovessi uscire....

— Allora — continua spietatamente Orlando — rimarrò a tenerle
compagnia. —

Silvia gli lancia un’altra occhiata velenosa, dicendo, non senza un
lieve tremito:

— Le sono molto obbligata.... ma La prevengo che si annojerà assai con
me, perchè oggi è una cattiva giornata.

— Povera donna....

— Permette che legga?

— Ma s’imagini.... Anzi.... leggerò anch’io.

— Quest’uomo vuol farmi morire! — pensa Silvia, la quale si mette a
leggere e non dice più una parola.

Egli fa altrettanto. Ha deciso di non muoversi, finchè non venga
qualche visita, a cui dirà in faccia a Silvia che la signora per quel
giorno non può uscire.

Passa circa un’ora.

Scampanellata.

Silvia trasalisce suo malgrado. Orlando fiuta.

Compare la cameriera, che dice con sorriso misterioso:

— C’è qui quella signora....!

— Quale?.... Ah! vedo.... pregala di accomodarsi nel mio gabinetto....
Tu va pure in chiesa, se vuoi.... Signor Orlando, permette che mi
trattenga un momento con quella signora?....

— Anzi.... io La aspetterò.

— Grazie — e Silvia esce esasperata, invocando un fulmine
sull’indiscreto.

Orlando, rimasto solo, non credendo niente affatto che sia venuta una
signora, vuol sapere chi è. — Ce ne fosse un altro? — pensa. Apre pian
piano l’uscio che mette in anticamera e tende l’orecchio.

Non s’ingannava, si ode un dialogo bissessuale concitato dal gabinetto,
ma non si può capire. Allora, in punta di piedi, va presso quell’uscio
e origlia.

Felice Orlando! finalmente viene a sapere chi sia Orlando.

La voce di SILVIA (_fremente_) — È un’ora che è qui quell’imbecille!
Se tu sapessi quel che ho fatto per levarmelo da’ piedi.... ma non c’è
stato verso. Pare inchiodato. Si direbbe quasi ch’egli sappia qualche
cosa.

La voce di DIODATO, la quale solletica gradevolmente il nostro Orlando.
— Impossibile.

SILV. Mi rincresce per te...., povero angelo!

DIOD. Una giornata così propizia.... e perderla!

SILV. Cosa vuoi farci.... abbi pazienza.... ci vedremo domani alle tre.

DIOD. Bene.... ricordati di prendere una carrozza.... L’altro giorno,
sei stata troppo imprudente.

SILV. È vero.... non lo farò più.

DIOD. Addio.... cara.

SILV. Ad.... dio.... no, no.... va.... domani.

DIOD. Dove mi spingi?

SILV. Ti faccio scendere per la scaletta. Non si sa mai.... —

                             . . . . . . .

Quando Silvia rientra nella sala, trova Orlando che sonnecchia.

— Buona notte.... — gli grida tutta gaja.

— Oh! scusi!.... Che ora è?

— Per bacco.... è tardi.... devo per forza levarle il disturbo....

— Cosa dice mai....

— Al piacere di rivederla.

— Aggiunga: Presto....

                             . . . . . . .

— Troppo compita! —

                             . . . . . . .

Tornando a casa, Augusto trova dal portinajo questo biglietto.

      «Caro amico,

  «Stasera alle dieci, ti aspetto al solito caffè, devo chiederti un
  gran favore.

                                              «Tuo affezionatissimo
                                                         «ORLANDO.»

La sera alle dieci.

Augusto, entrando nel caffè. — Non potevi venire a casa mia a chiedermi
il gran favore?

ORL. Gli è perchè, invece di chiederlo.... devo.... Un momento....,
prima è necessario che tu stesso mi consigli cosa devo fare.... perchè
io non voglio rimorsi.

AUG. (_ridendo_) Rimorsi?

ORL. Senti.... dimmi un po’.... Se tu avessi un carissimo amico
innamorato alla follìa di una donna e degno di essere da lei riamato,
e venissi a scoprire che mentre ella finge di amar lui, ne ama un
altro.... tu che cosa faresti, quando tu fossi il solo a possedere tale
secreto?....

AUG. (_pensoso ma senza sospetto_) Scusa.... si tratta di qualche
nostro amico?

ORL. Supponi....

AUG. Non ti domando nemmeno chi è.... perchè sono cose delicate....
Dimmi piuttosto: quella donna è sua moglie?....

ORL. Ma.... questo non importa, quando si ama, o moglie o no....

AUG. (_serio_) È vero. Ebbene, in tal caso.... io, da vero amico,
direi a quel marito.... guarda che tua moglie t’inganna.... ma gliene
darei, in pari tempo, la prova. Altrimenti sarebbe inutile e sciocco il
parlare.

ORL. Ti ringrazio del consiglio e lo seguirò. Era il favore che
m’occorreva. —


V.

Augusto, tornando a casa, pensa alle parole di Orlando:

— Chi sa che razza di donna è.... perchè se egli è degno del suo
amore, e invece...., allora bisogna dire.... Eh! è una disgrazia come
un’altra. Basta.... chi ci ha da fare, vi pensi.... e noi andiamo
subito a casa...., se no, la Silvia non può prender sonno.... Cara
Silvia.... —

La cara Silvia, invece, caso straordinario, dorme digià.... o finge
dormire.

Egli si corica con tutti i riguardi per non svegliarla — poi, sta
un’ora a contemplarla amorosamente, mormorando: — Come è bella! Chi
sa qual sogno poetico ella gode in questo momento. Come sorride! Mi
ami....? mi amerai sempre? Non farai come quelle altre che fingono
d’amare.... e poi....? No.... tu non puoi ingannare chi è degno
del tuo amore.... Infatti.... se si tradisce chi merita amore....
che cosa si farà ad un marito che si rende odioso.... ad un marito
scellerato....? —

                             . . . . . . .

L’indomani, Orlando, Augusto e Diodato lavorano alla banca. Verso le
due pomeridiane, Diodato, con un pretesto qualunque, se ne va.

Orlando si avvicina lentamente ad Augusto e gli dice:

— E tu non vai?

— Dove?

— Non segui Diodato?

— Perchè?

— Hai presente quello che t’ho detto ieri sera....?

— Sì.

— Ebbene, questo tradimento mi fa tanto orrore che io non posso tacere.

— E tu parla....

— Ma dunque, non capisci ancora....?

— Capire.... che cosa? — il povero ragazzo si fa smorto e guarda
l’amico con occhi smarriti.

— Hai del coraggio.... coraggio morale?

— Credo....

— Ebbene, va all’abitazione di Diodato, appóstati in modo da non essere
veduto da alcuno....; alle ore tre arriverà una carrozza.... ne uscirà
una donna....

— E quella donna....? — balbetta Augusto, con voce fioca.

— Va, non perder tempo.... t’ho già detto troppo. —


Alle tre, una carrozza si fermava davanti all’abitazione di Diodato.
Pochi minuti dopo, la gente s’affollava alla porta di quella casa
intorno al cadavere d’un giovine signore, che s’era precipitato da una
finestra, al terzo piano.

Caso stranissimo, inesplicabile — pel momento — quell’appartamento
era vuoto, la sala era tutta sossopra, sedie rovesciate, porcellane
infrante — si vedevano delle gocce di sangue sul tappeto, l’uscio della
sola camera che avesse la finestra aperta, sulla via, era chiuso e la
chiave non si trovava. Nessun inquilino aveva udito niente — e la casa
non aveva portinajo.


Il giorno susseguente, un giovine si presentava al questore per fare
una deposizione importante.

Era Diodato e aveva una mano fasciata.

«Egli aveva dovuto usare della forza e rinchiudere quell’energumeno in
una camera per salvare una povera donna.»


Quando Maddalena seppe da Silvia quel che era avvenuto, esclamò:

— Tu sei una stupida,... e lui.... e lui....! Val proprio la pena
d’ammazzarsi per così poco.... Per fortuna, gli altri hanno più buon
senso, se no.... povero mondo.... e povere donne! —


Le due femmine, messo insieme il bello e il buono, partirono alla
volta di Babilonia, per ingrossarvi la «grande armata» delle donne che
ridono.

«Una donna è sempre onesta dove arriva per la prima volta.» — Era un
aforismo di Maddalena. Quando poi questa donna sa fare la madre nobile
ed ha con sè una figlia tanto valente....

Del resto, noi non ne sappiamo altro.


La misera madre d’Augusto perdette la ragione — ma la sua è una pazzia
dolce. Sorride sempre e canticchia spesso:

    «Bella figlia dell’amore.»

Era il motivo favorito di Augusto.


Giulio e Severina, abbandonati gli affari, si sono ritirati in un
villaggio appiè delle Alpi.

Sembrano due barche di adipe. Cosa vuol dire il cuor contento! È
vero che sono molto ricchi. Cominciata, sapete come, tale fortuna,
s’ingrossò poi col gioco. Satolli, ora, provano che la farina del
diavolo va.... in polenta. Sicuro; essi si divertono a far la parte
della Provvidenza, nel villaggio. — Giulio è fabbriciere, predica
il lavoro, la religione, la morale, e dice sempre: — Vedete me e mia
moglie? eravamo due poveri Giobbi, ma ora, _col sudore della nostra
fronte_, siamo quel che siamo. Imitate, ragazzi miei, imitate, e Dio
benedirà i vostri sforzi come ha benedetto i nostri. —


  FINE.

_PS._ Volevamo lasciarla nella penna, ma è così.... comica, che la
lasceremo, invece, uscire:

_Quell_’individuo che aveva cominciato a recitare _quello_ sproloquio
funebre, nel cimitero, sulla tomba di Livi, era.... _quell’imbecille_!

A proposito.... se date dell’imbecille a uno che lo merita sul serio,
potete star certi che se ne vendicherà sanguinosamente.




_Altri Romanzi dello stesso Autore:_

UN AMORE A FONDO PERSO. Un volume.

EVELINA O IL PRIMO ROMANZO D’UNA MOGLIE. Un volume.

                                 * * *

PASSIONE MALEDETTA. Un volume elegante di 470 pagine — Edizione Brigola.

  Salutato, al suo apparire, con entusiasmo, da una parte —
  fischiato, vilipeso, calunniato, dall’altra — questo romanzo ha
  avuto un successo di scandalo, al quale l’Autore non mirava certo.

  Esprimere passioni, idee, aspirazioni dell’epoca nostra e della
  nostra società, con tutti i colori della realtà — senza palliativi,
  senza menzogne — ecco il suo unico scopo, ch’egli avrebbe
  conseguito, se, come dichiararono i suoi stessi avversarj, la
  _Passione Maledetta è primissima ed audacissima espressione del
  realismo_.

  L’Autore non si difende, _qualunque_ sia stato il sistema
  d’attacco, essendo convinto che, per chi sa leggere, il suo libro
  si difende da sè.

  Dichiara solo altamente — ma, soltanto, alla gente di buona fede
  — che, ben lungi dall’essere immorale, contiene molte e preziose
  moralità — e qualche critico _onestissimo_ lo provò ad esuberanza.

  Circa la questione poi se la prima giovinezza possa o no leggere
  questo romanzo, l’Autore è d’avviso che non debba leggere nè questo
  nè alcun altro romanzo.

  Ogni cosa a suo tempo, cominciando dal coltello, che i bambini non
  devono nemmeno toccare.

Sì vende in Milano dalle librerie Brigola — Galli e Omodei — Fratelli
Dumolard — presso l’Agenzia del Giornale _Il Sole_, e, fuori, dai
principali libraj

                          _al prezzo di L. 4._





Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





*** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MADRI.... PER RIDERE ***


    

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or any Project Gutenberg™ work, (b) alteration, modification, or
additions or deletions to any Project Gutenberg™ work, and (c) any
Defect you cause.

Section 2. Information about the Mission of Project Gutenberg™

Project Gutenberg™ is synonymous with the free distribution of
electronic works in formats readable by the widest variety of
computers including obsolete, old, middle-aged and new computers. It
exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations
from people in all walks of life.

Volunteers and financial support to provide volunteers with the
assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg™’s
goals and ensuring that the Project Gutenberg™ collection will
remain freely available for generations to come. In 2001, the Project
Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure
and permanent future for Project Gutenberg™ and future
generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary
Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see
Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org.

Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation

The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit
501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the
state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal
Revenue Service. The Foundation’s EIN or federal tax identification
number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary
Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by
U.S. federal laws and your state’s laws.

The Foundation’s business office is located at 809 North 1500 West,
Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up
to date contact information can be found at the Foundation’s website
and official page at www.gutenberg.org/contact

Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg
Literary Archive Foundation

Project Gutenberg™ depends upon and cannot survive without widespread
public support and donations to carry out its mission of
increasing the number of public domain and licensed works that can be
freely distributed in machine-readable form accessible by the widest
array of equipment including outdated equipment. Many small donations
($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt
status with the IRS.

The Foundation is committed to complying with the laws regulating
charities and charitable donations in all 50 states of the United
States. Compliance requirements are not uniform and it takes a
considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up
with these requirements. We do not solicit donations in locations
where we have not received written confirmation of compliance. To SEND
DONATIONS or determine the status of compliance for any particular state
visit www.gutenberg.org/donate.

While we cannot and do not solicit contributions from states where we
have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition
against accepting unsolicited donations from donors in such states who
approach us with offers to donate.

International donations are gratefully accepted, but we cannot make
any statements concerning tax treatment of donations received from
outside the United States. U.S. laws alone swamp our small staff.

Please check the Project Gutenberg web pages for current donation
methods and addresses. Donations are accepted in a number of other
ways including checks, online payments and credit card donations. To
donate, please visit: www.gutenberg.org/donate.

Section 5. General Information About Project Gutenberg™ electronic works

Professor Michael S. Hart was the originator of the Project
Gutenberg™ concept of a library of electronic works that could be
freely shared with anyone. For forty years, he produced and
distributed Project Gutenberg™ eBooks with only a loose network of
volunteer support.

Project Gutenberg™ eBooks are often created from several printed
editions, all of which are confirmed as not protected by copyright in
the U.S. unless a copyright notice is included. Thus, we do not
necessarily keep eBooks in compliance with any particular paper
edition.

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facility: www.gutenberg.org.

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