The Project Gutenberg eBook of Madri.... per ridere This ebook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this ebook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. Title: Madri.... per ridere Author: Cesare Tronconi Release date: October 9, 2025 [eBook #77018] Language: Italian Original publication: Milano: Galli e Omodei, 1877 Credits: Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at https://www.pgdp.net (This book was produced from scanned images of public domain material from the Google Books project.) *** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MADRI.... PER RIDERE *** CESARE TRONCONI MADRI.... PER RIDERE ROMANZO MILANO GALLI E OMODEI, EDITORI-LIBRAJ Galleria Vittorio Emanuele, 17 e 77. — 1877. PROPRIETÀ LETTERARIA Stab. tip. Molinari e Socj. A FELICE CAMERONI A FERDINANDO FONTANA Allora non si usavano ancora i _treni-omnibus_. Quattro becchini o quattro conoscenti andavano bravamente sotto la bara e via se la portavano al cimitero. Non di rado, i latori di voi — per modo di dire — di voi presente-passato, erano precisamente quegli amici o parenti che vi avevano rotto le scatole al punto da ridurvi fra quelle assi e dicevano di portarvi con piacere per consolarsi del dolore di avervi ammazzato. Con ciò non si vuol fare alcuna maligna allusione a coloro che quella mattina portavano o accompagnavano un cataletto al più lontano dei carnaj suburbani. — Non osiamo scrivere: _all’ultima dimora_, dopochè la stoltezza umana, non contenta abbastanza di tormentare certuni quando sono vivi, non vuol lasciarli tranquilli neanche quando sono morti. Stoltezza tanto di buona fede, che piuttosto di non trasportare qualche osso, se non ne trova, supplisce con surrogati.... e, in un caso disperato, è certo che ne fabbricherebbe apposta! Il dolore di quegli amici e parenti era proprio sincero. Al defunto avranno forse goduto più d’un pranzo, n’avranno sempre parlato bene il meno possibile, ne avranno corteggiato la moglie, avranno giocato dei tiri alla sua borsa — questo che cosa significa? — ma egli era stato tanto buono — tutti ora n’erano persuasi — e la di lui fine tanto miseranda e acerba — aveva venticinque anni! — che nessuno, per quanto apatista, poteva non sentire compassione. Alcune guance, specialmente di donne, erano rigate di lagrime.... ed erano lagrime sincere.... perchè il morto non aveva dato ordine di pagarle.... e i superstiti meno ancora. Entrato il convoglio nel camposanto, si diresse verso la fossa assegnata al nuovo ospite e intorno a quella si dispose in cerchio, attendendo. Si sapeva che un amico doveva leggere alcune parole. Infatti un giovinotto sui trent’anni levò un foglio, tossì, diede un’occhiata in giro, compose il volto a gravità dottorale e finalmente cominciò: «Aveva ragione Leopardi, il quale scrisse: «Amore e Morte . . . . . . . . . . . . . . . . . . «Cose quaggiù sì belle «Altre il mondo non ha, non han le stelle, «ma doveva aggiungere che, quando si perde il primo di questi beni, l’altro è l’unica speme che ci resta.... e che l’affrontarla è pur una gioja sovrumana.... «Colla morte soltanto ci è dato salvarci dal dolore! «Ma chi ci avrebbe detto solo domenica scorsa, quando, ricco di salute e di forza, tripudiava con noi ad agape fraterna, che oggi avremmo dovuto riunirci intorno alla sua tomba per dargli l’estremo _vale_? «Chi ci avrebbe detto, quando egli ne parlava commosso delle sue domestiche gioje....» Qui l’oratore — se volete dar tal nome a chi leggeva con coraggio non invidiabile uno dei soliti stravecchi esercizj di retorica — alzato lo sguardo a caso, mentre prendeva fiato, s’interruppe repentinamente.... e additò nella direzione dell’uscita del cimitero, dove erano apparse due ombre negre. Tutti guardarono ed ebbero un moto di sorpresa e di repulsione. L’oratore, allora, con voce bassa e severa, mormorò: — Sarebbe un profanare questo sepolcro il permettere che quelle due sciagurate avessero ad unirsi a noi per ascoltare l’espressione del nostro dolore.... Andiamo.... e che Dio.... — Egli s’interruppe per interrogare i visi degli astanti, e vedendoli tutti addolorati ripetè con forza e sensibile reticenza: — .... Che Dio abbia di loro pietà.... se pur la meritano. — E i convenuti si sciolsero silenziosamente, le teste chine, disperdendosi fra le croci ed evitando — taluni non senza affettazione — di incontrarsi colle due donne che con la loro comparsa inattesa avevano disturbato la mesta cerimonia. Una vecchia lettera, che fa parte dei documenti da noi raccolti prima di accingerci a questo lavoro, contiene informazioni sur uno dei personaggi principali del racconto — informazioni che noi crediamo dover nostro di dare in tutta la loro crudezza per risparmiare a certi benevoli la fatica d’accusarci della malsana, prava compiacenza d’inventar caratteri ultraperversi. Grazie a quel Dio che ci ha creati, della perversità ve n’è quassù fin che se ne vuole, e non c’è proprio alcuna possibilità d’inventare nè più nè peggio di quello che già esiste. Queste informazioni dovevano servire — pare — per qualcuno che aveva delle idee oneste, ossia conjugali — se su Maddalena o sulla di lei figlia, non sappiamo, la lettera non portando data — e chi le diede era certamente ben informato. Crediamo fosse anche un galantuomo.... ma su tal punto penserete quel che vorrete. Copiamo: «Leggi adunque bene! «Maddalena è una di quelle disgraziate creature che non si dovrebbero mai conoscere, anzi neppur potere sospettare possibili. Il solo sapere che simili esseri non sono una finzione da romanziere, ma esistono realmente ed agiscono.... è una corruzione del nostro spirito e del nostro cuore, perchè, alla fede nel bene, sostituisce il dubbio terribile che quaggiù vi siano solo gradi maggiori o minori di depravazione — più o meno abilmente mascherati — e che il bello morale assoluto sia una pura fola. «Quando si è conosciuta una Maddalena, tu potrai incontrare anche una vergine angelica.... garantita e ti verrà egualmente il sospetto che quell’involucro celestiale racchiuda un’anima di fango. Concederai che quell’anima non ha ancora agito secondo la sua natura, ma dirai subito che gli è soltanto perchè sinora è sempre stata nell’impossibilità d’agire.... e che del resto aspira unicamente e con tutto l’ardore a quell’istante in cui potrà agire liberamente. «Insomma, quando si è conosciuta una Maddalena.... la donna — nel consolante significato che noi avevamo sempre dato a tale parola, perchè va unito a quegli esseri che portano i soavi nomi di madre, di sposa, di figlia — non esiste più.... esiste soltanto una spaventevole macchina, la quale stritola tutto che di umano ha la sventura di toccarla. Allora tu non vorresti più essere nè figlio, nè marito, nè padre — perchè Maddalena è il MALE. Il male cinico, audace, insultante, aggressivo, perchè non solo vuol essere.... non solo vuol parer tale, ma aggiunge la sfida a tutto ciò che è BENE.... come a dire: io ho il coraggio di essere quello che sono, perchè è così che si deve essere, e tu, sedicente virtù, non sei che ipocrisia o imbecillità. * * * Sì, Maddalena fu il male, ma avrebbe forse potuto anche essere il bene, se nel punto più importante, e quasi sempre decisivo nell’esistenza d’una donna, ella non avesse ricevuto una di quelle lezioni che sconvolgono mente, cuore e sangue, e vi trasformano un individuo di punto in bianco. Diciamo questo, col solito _forse_, più per tentar di spiegare che per rendere simpatico il personaggio, nonostante i suoi torti.... lasciando che le lettrici la giudichino come meglio credono — a voce — per confessare poi fra sè stesse, se nella tale e tal’altra circostanza avrebbero agito in modo diverso o egualmente o peggio. * * * Se la morte di Cesare fu preceduta e quindi, come dissero, preannunziata da stranissimi fenomeni — la nascita di Maddalena fu accompagnata da un incidente che fornì materia a dir molti spropositi alle varie donnicciattole che, raccolte nella cucina, una sera di gennajo, attendevano ansiosamente quel primo vagito, il quale doveva annunziare l’arrivo, nel mondo, del Messia di casa Papetti. — Fra parentesi diremo che quel Messia, per essere il benvenuto, doveva essere una femmina. Così volevano mamma e papà, e guai a lui se si fosse presentato colla solita sconvenienza che si nota nei maschi. Or bene, nel punto stesso in cui papà Ildebrando, spalancato con furia l’uscio della cucina comparve gridando gongolante e lagrimante: — È una fiiiglia!... è una fii.... — proprio allora, con gran fracasso, volò in frantumi un vetro della finestra, sfondato da un grosso gatto nero che cadde sulla tavola apparecchiata pel desinare. Ma siccome, precipitando, aveva rovesciato bottiglie e bicchieri.... scoppiò un gridò generale acutissimo di spavento e di furore, e tutte le mani si congiunsero in un: Santa Madonna! — Il gattone allora, esterrefatto per la sua stessa caduta, alla vista di un paese nuovo, di tante ignote femmine e di quell’uomo che già alzava minaccioso un bastone.... piroettò roteando i giallissimi occhi, cercando anelante una via di scampo — ma non vedendone alcuna, perchè già tutti gli si serravano addosso, da vero gatto spiccò un salto trasvolando una spanna sopra la cervice del signor Papetti, la di cui legnata, non più trattenibile ormai, rovinò sulla tavola con immenso frastuono di piatti e di bicchieri infrangentisi contro il suolo.... e, quel che portò al colmo il terrore degli astanti, colla rottura dell’ampolla dell’olio e della saliera, il cui contenuto si sparse tutto sulla tovaglia. Pur troppo il disastro fu completo, e noi rinunciamo a descrivere la scena di desolazione che susseguì, a riferire le bestialità che proruppero da quelle bocche. Vi basti sapere fra le altre lepidezze che il gatto nero «era certamente venuto dall’inferno per portar l’anima alla neonata, e che l’olio e il sale versati erano il più certo segno che grandi sventure attendevano casa Papetti.» Si giuocarono naturalmente molti biglietti al lotto, che dovevano guadagnare immancabilmente.... e infatti non colpirono nemmeno un ambo. Del gatto nero non si ebbero più notizie. * * * Ildebrando Papetti era un impiegato di Dogana che dal governo percepiva un onorario molto modesto, ma che sapeva aiutarsi. Certi mercanti della piazza, che lo trovavano compiacente nelle dichiarazioni delle merci da daziarsi, gli dimostravano la loro gratitudine con strette di mano che gli facevano un piacere infinito. La malignità non cerchi più sottintesi di quelli che vi sono. Del resto, prima vi fu da pensare ai viziucci della gioventù — dopo, a prender moglie — in seguito, a mantenerla bene — più tardi, ai nascituri — dunque! A quarant’anni sposò Caterina, la figlia della portinaja, che ne aveva trenta. Bella coppia! Egli alto, secco, già curvo, già grigio, avvizzito, affumicato dall’eterna pipa di porcellana, colle occhiaje muffite — sempre strozzato da un fazzoletto bianco a sestupla pressione — senza occhiali, tuttavia. Ella di media statura — quasi — grassoccia, linfatica, col volto di un roseo incerto, giornaliero, che ad un conoscitore avrebbe dato da pensare, coi capelli biondi di una rarità incontestabile, con due pupille che vi parevano bianche e con un seno.... molto morale — alla qual moralità di solito si preferisce la turgida immoralità. Ma era buona e cretina come dovrebbero essere tutte le donne destinate alla parte di massaja. Dire le sue orazioni, andare a messa, predica e benedizione, ai tridui, alle novene ai mesi di Maria, osservare le feste di precetto, dire la sua terza parte del Rosario quando occorreva o.... per passar la sera, non sapere che cosa è un libro, meno il _Manuale di Filotea_ o altro della stessa forza, non avere un’idea di ciò che è spirito, aver orrore della parola capriccio, tener in bell’ordine la casa, essere sempre pulita, ma vestita come una lavandaja vecchia, fare il suo dovere conjugale, applicare bene mignatte, polentine e.... altre consolazioni — insomma, un ideale! E per questo si amavano, perchè innanzi tutto egli era un uomo dell’ordine, ossia di quell’ordine che aveva trovato fatto venendo al mondo. Questo amore tuttavia, benchè si conoscessero già da cinque anni, quando si sposarono, chi sa se sarebbe mai nato senza un certo avvenimento che stiamo per sapere. V’era una gran stima reciproca — egli ammirava, anzi, il di lei amore al lucido — ed ella il di lui vivere regolato come il suo orologio e specialmente i costumi morigerati. In cinque anni egli non aveva ricevuto nè una lettera nè una donna. Ma siccome ella pareva non avesse mai avuto tempo di pensare all’amore — ed egli vi aveva forse rinunciato — e fors’anche a motivo dell’abisso fra le due posizioni — il fatto sta che con tutta la stima e tutta la facilità di vedersi e parlarsi — egli, più che «buon giorno» o «buona sera», oppure «che tempaccio!», o «bello quel merlo!», non aveva mai detto. Una mattina Ildebrando, uscendo di casa, vede sotto il portico Caterina che piange disperatamente, attorniata da alcune portinaje e serventi della vicinanza, le quali fanno del loro meglio per consolarla. — Perchè piange, signora Caterina? — fa egli appressatosi. Ma siccome Caterina singhiozza senza poter parlare, una donna dice: — Piange perchè le è morta la mamma stanotte.... sicuro, poverina. — Oh! — ma se stava benissimo jeri sera! — Mah! un colpo.... — Oh!... questo mi fa proprio dispiacere.... Basta! si faccia coraggio.... e pensi che, giù, un po più presto.... un po più lardi.... pur troppo! — e Ildebrando se ne va brontolando e scrollando capo e spalle. Per tre giorni il nostro impiegato è preoccupato, concentrato, accigliato — tanto, che i colleghi gli domandano se medita un delitto. — Forse.... se lo posso! — risponde con sorriso sinistro. I colleghi non vi badano e dicono: — Bene.... se mai ha bisogno di qualche ajuto.... — Non dubitino, signori..., basto io. — Il suo accento è beffardo — gli amici si guardano e se ne vanno, formando dei dubbj sullo stato di quel cervello. Ma niente paura. Ildebrando si presenta il quarto giorno col volto rischiarato, sereno, anzi ilare, il che è fenomenale in lui. Gli è che un’ora prima, entrato dalla Caterina, le ha detto tutto a un fiato, passando dal Lei al Voi: — Caterina, voi ora non potete più da sola continuare a fare la portinaja. È una grama vita.... e non resistereste, perchè, se siete giovane ancora, non siete niente affatto robusta.... e mi farebbe male se vi vedessi soffrire. — Vi propongo una cosa. Voi siete sola al mondo.... e solo sono io.... Se non vi spiace.... andiamo! venite su con me al terzo piano. — A servir Lei? — ha fatto Caterina, sorpresa, con uno sguardo e un accento pieni di riconoscenza. — A servir me!? Ma vi pare che io potrei proporvi una cosa simile? Che direbbe il mondo? — Ma dunque? — e il di lei viso esprimeva un’ansia estrema. — Ma dunque, voi siete una buona donna.... sì.... volevo dire una brava ragazza. Se avete la stessa opinione di me.... sposatemi ed è bell’e finita. — Oh! signor Papetti!... — ha esclamato la poveretta tutta lagrimosa, colla mente quasi fuor di questo mondo a quel colpo fulmineo di fortuna, dopo tanta sventura. — Non ditemi più Papetti, ditemi il mio nome.... Sicchè quale risposta mi date?... Fate presto, perchè è tardi, e coll’ufficio non si scherza.... Sicchè.... sì? — Oh! signor Ildebrando.... io sarò la sua serva.... — Che serva d’Egitto!... mia moglie...! Su.... su.... che diavolo fate? inginocchiarvi? — e, commosso anche lui, ha detto in fretta: — la cosa resti fra noi, per ora; penserò io a tutto.... voi non dovete neanche muovervi. Per domani vi sarà una portinaja nuova. — Come! Di già provveduto? — E volevate forse che vi lasciassi qui un giorno solo ancora? — Ah!... — Addio! — Tre mesi dopo Ildebrando conduceva al suo domicilio la sposa, e siccome egli era un po.... brillo, trovò naturale, aprendo l’uscio, di dire a Caterina: — Questa è la casa.... ora bisogna mettervi dei figli. — Ma i figli si fecero aspettare.... cinque anni. Dirvi che lei era sospirosa, e lui di pessimo umore, vedendo scorrere tanto tempo inutilmente, è dir poco. — Ma sono io.... o sei tu? — grugniva egli di tanto in tanto. — Tutti e due — mormorava Caterina sommessamente, poi con rassegnazione! — È il Signore che vuol così.... — Il Signore! — gridava allora Ildebrando picchiando col pugno sul tavolo, ma non finiva, perchè essa impallidiva sempre orribilmente alle bestemmie. Ma chi faceva montare in bizza il povero Papetti, al punto, certi giorni, da perderne l’appetito e diventare verdognolo, era il suo capo-ufficio, il quale quando era di buon umore si degnava chiedergli notizie «della sua numerosa prole, se studiavano, se ora lasciava finalmente riposare quella povera donna....» insomma, una canzonatura non più finita. Ma gli è che quando Ildebrando aveva preso moglie, aveva promesso mari e monti in fatto di paternità, e invece.... — Vede.... — gli disse un giorno il suddetto capo-ufficio — se avesse studiato, da ragazzo, la grammatica, queste cose non Le succederebbero. — Come dice?... — Ma sì.... nominativo come è, non sa essere dativo abbastanza da poter diventar genitivo; così merita l’accusativo d’essere all’ablativo, e si vede ch’Ella non era vocativo pel matrimonio. — Grazia! grazia! — gridò l’infelice che, come avrete capito, non era certo un uomo di spirito, e fuggì più curvo del solito come oppresso del ridicolo che si rovesciava su lui. Ma quando una certa mattina d’aprile, mentre Ildebrando stava calzando gli stivali, udì un grido di gioja che veniva dalla camera attigua — e domandato burbero: «Che cosa c’è?» Sentì rispondere: «Ci sono!» e seppe subito cosa voleva dire quel _ci sono_ — non potè a meno di esclamare pensando al suo capo-ufficio: Son vendicato! — E non appena lo vide, gli disse, ma lentamente, con tutta l’ironia che gli riuscì di trovare, assaporando a centellini la sua vendetta: — Sa.... sa.... mia moglie vuol farmene una delle sue.... Pare che saranno due. Pazienza! — E non mancò di ripeterglielo.... tutti i giorni! per quel tal numero di mesi. Il capo-ufficio se la pigliò in pace e attese l’istante della rivincita che non mancò. Quando Papetti venne ad annunziare che gli era nata una figlia, il capo-ufficio gli disse con accento di scherno schiacciante: — Pœuh!... anche quella è nata in sbaglio.... — Come, in sbaglio?! — O sarà.... merce di contrabbando.... — non c’era cattiveria; bisogna ricordarsi che parlava un doganiere. — Come, contrabbando?! — La sfido.... ad averne un’altra. — E io accetto! — Vedremo! — Il capo-ufficio fu profeta — non si vide più niente — ma non se ne parlò altro. Il gioco era già stato abbastanza lungo, e, diciamolo pure, d’una gajezza lagrimevole. Un buon osservatore, che avesse potuto seguire Maddalena, passo per passo, ne’ suoi primi anni, avrebbe scrollato il capo e detto per lo meno: Non ci capisco nulla! Non che ella fosse, come si dice dei bimbi, «cattiva» — tutt’altro — ma era qualche cosa di peggio — non era, non fu mai una bambina. Guardate quale anomalia. Nei primi sette mesi succhiò da sola tanto latte che avrebbe bastato benissimo per due. Fortunatamente la balia ne aveva per quattro. Succhiare e poi.... succhiare — pochissimo dormire — un dimenarsi senza posa — una grande insofferenza delle fasce ed una maggiore dell’oscurità. Luce, aria! — Tollerava solo e per pochi istanti ancora le braccia della balia. D’essere presa da altra gente nè baciucchiata, non voleva saperne. Rotolarsi sull’erba, nella polvere e, a preferenza, nel fango, ecco i suoi gusti. Nell’ottavo mese dimostrò, con sorpresa di tutti, una certa ripugnanza al capezzolo. Nel susseguente s’era già svezzata da sè. Di dieci mesi passeggiava, e una magnifica foresta nera le copriva la testolina. Ad un’età in cui i bimbi non si sa quasi neanche che esistano, ella era la meraviglia della corte, che le diede ben presto il soprannome di _tosa di bronzo_. E lo meritava. Chi aveva mai avuto occasione di notare ch’ella soffrisse o godesse? Chi aveva mai veduto una sua lacrima o un suo sorriso? Seria, con movimenti ricisi e sicuri — non desiderava, voleva — non chiedeva, prendeva — occorrendo, strappava — il suo capriccio era il suo diritto. Al di lei cospetto, i bimbi più deboli sentivan paura — i più forti, rispetto o stupore — e i grandi, si lasciavan soverchiare per divertimento. La Caterina avendo sofferto una lunga malattia in quel tempo, fu forza lasciar Maddalena presso la balia fin verso i due anni. Quando la madre potè finalmente farsela portare in città, fu deciso che lo stesso giorno dell’arrivo della balia sarebbe anche quello della di lei partenza. Si temeva che se si lasciavano prendere alla Lena le abitudini cittadine nelle braccia della balia, venendo poi quel giorno in cui si dovrebbe pur separarle, la Lena non avesse a far il diavolo e a costar noje e insonnie infinite. Qual vano timore! La povera donna piangeva staccandosi dalla sua Maddalena, e la sua Maddalena, infastidita, le volgeva le spalle per occuparsi d’un cagnolino che faceva una gran festa ai suoi dolci. Chi sa che cosa c’era in quel cervellino! Si può dire che fino ai quindici anni visse come una lumaca, indifferente per tutto quanto l’attorniava, per tutto quello che interessava gli altri, cominciando dal giocare e dai giocatoli, non curante persino di sè stessa, ad un punto che sembrava nata senza vanità! Obbediva come una macchina ai genitori, riceveva le loro carezze, ma non le ricambiava che richiesta, asciutta, fredda.... per liberarsi d’una noja. Una cosa da morir dal ridere.... quel soldo di cacio si dava alla solitudine e alla meditazione. Quando cominciò a frequentare la scuola, in quella gran festa dell’infanzia che è appunto la scuola, avrebbe forse potuto aprirsi il calice di quell’anima, ma una circostanza impedì che alcun raggio d’amore vi cadesse sopra, e così restò sempre chiuso. Pertanto non potè mai gustare alcuna di quelle gioje, non potè mai sentirsi trasportata da alcuno di quegli entusiasmi infantili che amicano una piccola creatura all’umanità e ne foggiano a poco a poco un essere sociale. Per Maddalena volevasi una scuola con una maggioranza di ragazzine della di lei condizione, all’incirca. Là, non essendovi quelle disuguaglianze che tanto fanno soffrire i bambini, avrebbe trovato sorrisi, amicizie, trasporti, ed ella si sarebbe forse, o almeno in buona parte, trasformata. L’importante è dare o cambiare l’intonazione ad un carattere — il tempo fa poi il resto. Invece i genitori, che ne volevano fare una damina, la misero in una scuola nella quale non v’erano appunto che damine in erba. — «Così — dicevano — prenderà subito le maniere della migliore società e avrà delle amiche le quali le faranno onore e potranno anche giovarle col tempo.» Giustissimo! ma allora bisognava mandarla vestita con eleganza, all’ultima moda, e farla accompagnare dal servitore o dal maggiordomo. Invece la mandavano vestita con una economia ridicola, di stoffe che sapevano di rigattiere un miglio lontano e in cui si vedeva, ad occhio nudo, la lotta accanita dell’ingegnosità materna contro i colpi del tempo, e contro la crescente pressione delle membra in continuo sviluppo. Permettevano che l’accompagnasse una donna senza sciallo, senza cappellino, la quale pareva una serva, aveva i tradizionali movimenti della portinaia frettolosa e curiosa, e che Maddalena — orrore! — confessava essere sua madre. Ma era una mamma quella? Tutt’al più era una stonatura nel genere madri. Maddalena produsse proprio lo stesso effetto che un cane in chiesa, in quella scuola, e come un cane fu trattata — ma stavolta il cane non guaì, nè si raccomandò alle gambe. I bambini, di solito, quando si trovano esposti al dileggio e alle busse dei compagni prepotenti, perchè ricchi o nobili, o hanno forze per vendicarsi, e allora.... guai ai dileggiatori, guai ai maneschi — o sono troppo deboli per reagire, e allora si rassegnano alla loro sorte e cercano ogni mezzo per renderla meno dura.... Si fanno quindi umilissimi servitori delle loro Eccellenzine. Se ne ricevono un calcio od uno schiaffo, frenano una lagrima e trovano un sorriso — se sentono una bestialità, e ne sentono molte, gridano: «Oh, bello!» — se vedono una crudeltà, ridono a crepapelle, e così via, sinchè a furia di umiliazioni, di strisciamenti, di adulazioni, di leccature.... riesce loro di ingraziarsi qualcuno di quei piccoli semidei, sotto l’egida dei quali possono poi restare impunemente anche cogli altri, che li tollerano per lo meno fino al giorno degli esami. S’intende che l’indomani di quel giorno, so loro avviene d’incontrarli, non li ravvisano più. Maddalena non era nè un lupo nè un agnello, ma provò che, se avessero voluto, per caso, farne un agnello, avrebbero trovato il lupo. Quando — e fu subito — si vide noncurata e derisa da tutte quelle dame in sessantaquattresimo, quando sentì il coro di scherni e di motti su quella «portinaja di sua madre,» le guardò di traverso — niente altro — e fece chiaramente intendere col suo contegno che voleva essere un’estranea per tutte, evitare qualunque contatto. Questo, sulle prime, non garbò alle signorine, che volevano, non già una ribelle, bensì una schiava, un zimbello — ma uno schiaffo sonoro che Maddalena lasciò andare sulla guancia d’una tristerella più zanzara delle altre, la quale un giorno le aveva detto: «Tu.... puliscimi le scarpe», levò a tutte la voglia di divertirsi, visto che le spese non toccavano a lei, e la lasciarono sola. Si limitarono, a motivo della di lei taciturnità assoluta, a chiamarla — fra loro, s’intende — la _dentistretti_. Era tutto quello che il loro odio poteva osare.... a rispettosa distanza. Così Maddalena, della sua inferiorità s’era fatta uno sgabello di superiorità, e le guardava tutte d’alto in basso. Tale posizione fattasi da sè stessa non contribuì certo a guadagnarle i favori della signora direttrice, in coda alla quale venivano ostili del pari, naturalmente, le maestre e i professori. Unico il catechista cessò d’esserle avverso, ma solo l’ultimo anno, quando Maddalena, benchè di bassa estrazione, aveva già qualche cosa di appetibile che le altre non avevano. Di premj non gliene diedero mai uno. Ed era forse quella che ne meritava di più, perchè mostrava un ingegno pronto e vivace. Sembrava che per lei le difficoltà non esistessero. Ma siccome le sue risposte erano secche, buttate là senza grazia, non le fruttavano alcuna lode. Anzi, si diceva: «Non è che un pappagallo.» Come mai avrebbe potuto essere morbida, graziosa, sapendosi a tutti in uggia, e avendo in uggia tutti? Finalmente spuntò il giorno degli ultimi esami. Maddalena, preso e arrotolato senza molto riguardo il suo «attestato», uscì da quelle aule senza salutare alcuno, e dicendo fra sè, all’indirizzo di tutti: «Speriamo di non incontrarci altro.» Aveva quattordici anni e mezzo, non aveva un’amica al mondo, non sentiva alcun desiderio di trovarla, odiava le sue coetanee, non aspirava a nulla, noncurante di tutto, sempre fredda — un’anima vuota. I genitori avevano una mezza velleità di farle continuare gli studj, onde avesse a riuscire una istitutrice buona per l’alta società, ma siccome Maddalena fece capire che non vi aveva alcuna disposizione: «Già — dissero — è meglio che diventi una brava donna di casa; maestre ce n’è d’avanzo lo stesso.» E per qualche tempo _parve_, infatti, fosse una di quelle fanciulle che vengono cresciute in casa precisamente a prepararsi al matrimonio.... sul serio. Attendere alla casa, cucire, ricamare: ecco la sua vita — seguire la madre alla chiesa, ecco l’unica sua distrazione. Non pareva nemmeno accorgersi che vi fosse un mondo — e, come da bambina, la sua più grande compiacenza stava nella solitudine e nella meditazione. Strana cosa, non leggeva — si sarebbe detto avesse un mondo in sè, il quale assorbisse tutta la di lei attenzione, non lasciandole pensiero d’altro, neppure della sua bellezza.... che non poteva non vedere. — Crediamo fosse ancora perfettamente innocente, ossia ignorante, ma il suo cervello doveva lavorare.... perchè quando veniva qualche uomo in casa, ella non cercava più la solitudine — e se era nell’altra camera, ne usciva e stava a guardare quegli uomini. In quei momenti ella era, per verità, tutta composta, il suo volto era impassibile, non parlava, o rispondeva, a stento, puri monosillabi — ma il di lei sguardo, benchè freddo, vitreo, era fisso, inquisitoriale. Ma chi si occupa dello sguardo d’una ragazza? L’importante era che Maddalena fosse una perfetta donna di casa — e a diciassette anni la era, e la più raccomandabile per quanti la conoscevano — quando in casa Papetti, nella casa della pace, della calma, del lavoro e della religione, avvenne una rivoluzione, che ebbe gravissime conseguenze — non solo — ma provò anche come dove si vede cenere, talvolta non v’è soltanto della cenere. Da qualche mese era avvenuto in Maddalena un tal mutamento, che i suoi genitori non avevano potuto a meno di avvedersene. Sul volto, per lo innanzi così sereno e fresco, erano comparse le prime occhiaje, ed ogni giorno si facevano più fosche. Tre rughe verticali, tre solchi, che ogni dì s’approfondivano sempre più, erano venute a deturpare la levigata fronte fra le sopracciglia. V’erano delle stranezze nel suo contegno, e le nuove sue abitudini, proprio poco belle per una fanciulla che aveva sempre vissuto con una regolarità e una frugalità veramente esemplari, impensierivano molto i poveri Papetti. V’eran dei giorni in cui non toccava cibo...., in altri, invece, veniva presa da una voracità straordinaria. Essa, che aveva sempre mostrato ripugnanza per le bevande un grado più spiritose dell’acqua, e, in genere, per i sapori forti, ora ricercava avidamente vino, caffè tostato, liquori, agrumi.... E si fosse fermata là!.... ma corrotto, eccitato alla frenesia il senso del gusto, ella aveva ricorso al sale e a certe droghe, che dovevano bruciarle le viscere e il sangue. V’era poi il gran guajo che l’uso palese — già soverchio per una giovinetta, e veniva molto biasimato, combattuto, impedito in tutti i modi possibili dai genitori — era un’inezia in confronto dell’abuso secreto di quelle sostanze corrosive o incendiarie. V’erano giorni in cui si mostrava in preda ad una irrequietezza irrefrenabile, e allora le sue pupille sfavillavano, dalle labbra accese sgorgava la parola rapida, impetuosa, or stridente, or squillante, e allora.... che vivacità di movimenti, che smania di lavorare, di uscire, di correre....! — e ve n’erano altri che ella passava sdrajata sur un’ottomana o girando per le stanze lentamente, languida, accasciata come una convalescente, ed il suo occhio non aveva che una luce smorta, immota, ed il labbro scolorato, aperto, pendente, non dava nota. Dimagrava a vista — le sue carni scottavano.... Che cos’aveva? Una persona sola avrebbe potuto dirlo, Brigida, la fantesca — ma quella non fiatò. Anche senza il divieto di Maddalena non avrebbe parlato; temeva di compromettersi e di venir cacciata. La madre interrogò la figlia con tutta quella cautela che le pareva occorrere, ma senza alcun risultato. — «Non ho nulla, sto benissimo.» — «Mi fai ridere.... che cosa devo avere?» — «No, neanche questo.» — Ecco le risposte di Maddalena; ma siccome, nonostante le di lei assicurazioni, il peggioramento continuava, si fece venire il medico, il quale disse.... tutto quello che poteva e doveva dire, ossia che era tempo di darle marito. — Come.... così giovine!? — esclamò Caterina. — Mah! per certe donne è troppo presto a venti e per altre è già tardi a quindici...; m’intendono? — E dove andremo a pescarlo noi il marito, se non viene? — brontolavano i Papetti, udita tale ricetta, e da quel momento si fecero pensierosi e tristi, fantasticando a due sul da farsi per riuscire a trovare questo benedetto marito, che solo poteva spegnere il fuoco consumatore. Ma la cosa non era delle più facili. Nel mentre essi volevano con tutta l’anima la felicità della figlia, avevano al solito le grandi pretensioni e tutte le paure delle piccole borse. Maddalena aveva nientemeno che diecimila lire di dote — messe insieme soldo a soldo — dunque volevasi non un rompicollo, bensì un galantuomo posato, con qualche cosa di suo.... se al sole, tanto meglio — con un buon impiego e relativa pensione in prospettiva per la vedova. E lì ufficiarono parenti e amici perchè avessero a battere la campagna, oltre la città, a fin di scavare il suddetto galantuomo — ma ogni ricerca fu vana. — Tanta roba si vuole per diecimila lire? — rispondevano le designate supposte vittime — troppo onore! — Ma veda almeno la ragazza.... quando l’avrà veduta.... vedrà che merita tutto. Proprio la migliore delle figlie, piena di timor di Dio... non come tante altre, che.... una lavoratrice poi! E la famiglia!! ma la fami........ — Sì sì, tutto quello che si vuole, ma diecimila lire sono proprio poche — e i parenti e gli amici tornavano mortificati come i bravi di Don Rodrigo, ossia come segugi che, ecc., ecc., co’ musi bassi e con le code ciondoloni. Ma se talvolta più si cerca e meno si trova, tal altra, quando meno ce l’aspettiamo, la fortuna ci favorisce spontanea. Una bella sera, mentre il padre sventurato si trovava al solito _cafferino_ a centellinare il non meno solito _agro caldo_ del vecchio impiegato di tutti i tempi, un tale, di cui il dilettevole gioco del dominò aveva procurato la conoscenza a Papetti, venne fuori con delle querimonie sull’esistenza di quell’uomo che è condannato a vivere senza famiglia, solo come un cane, ecc., ecc. Come ben si può imaginare, il nostro genitore prese la palla al balzo e disse subito: — E perchè non prende moglie? — Eh! perchè sono vecchio! — Vecchio lei? ma so ben che mi scherza! — Sicuro che son vecchio.... sono vedovo ed ho quarant’anni.... — Proprio la bella età per.... sicuro! — Ah! certo.... che.... non dico.... ma già le fanciulle voglion qualche cosa di meglio. Il nostro impiegato, anzi _ex_, perchè da due anni circa era stato giubilato con paga intera, il nostro Ildebrando dunque lasciò cadere il discorso.... ma era una furberia — e l’indomani sera comparve al caffè un po’ più tardi dell’usato in compagnia di Maddalena. Era la prima volta che egli conduceva colà sua figlia. L’amico c’era.... e capisse o non capisse l’intenzione.... trovò la ragazza di suo gusto, e lo disse al padre, che allora ricondusse più volte Maddalena. Dopo qualche giorno di occhiate, di mezze parole, di quarti di sospiri, la chiese in isposa, e ottenne un consenso entusiastico dai genitori e il più secco e sarcastico dei no da Maddalena. Il povero aspirante mise la coda fra le gambe e fuggì come un cane sorpreso da una doccia bollente, cambiò caffè, quartiere.... non lo si vide più. — Ma come si fa a lasciarsi scappare un partito simile? — gridavano tutto affannosi e lagrimosi i buoni Papetti, colle mani giunte, picchiandosi sulle ginocchia e gli occhi rivolti al cielo. — Figurarsi, il maggiordomo, l’uomo di confidenza del Principe di Moka che gli dava tutto quel che voleva e anche quello che egli, il Principe, non sapeva di dargli. Un uomo ancor fresco, ben conservato, vedovo sì, ma senza figli, che aveva giù messo da parte, che continuava a metterne, e che alla morte del Principe.... chi sa!.... — Non seccatemi altro! — interruppe a un tratto Maddalena, la quale aveva ascoltato fin là fredda, impassibile al solito, ma con un aggrottamento di ciglia e un agitar di piedino che volevano certo significar qualche cosa. E levatasi, mosse con maestà da mima verso la sua camera. Era la prima volta che la figlia osava assumere un’aria rivoltosa e, quel che è peggio, autocratica! I genitori, il primo momento, percossi, ma tuttavia non credendo alle proprie orecchie, corsero dietro la ribelle gridando: — Ma Lena... figlia mia... cosa dici? — Niente! — ribattè seccò Maddalena, facendo fronte-indietro sulla soglia — dico soltanto che se non mi lasciate stare, io me ne vado! — Ed entrata allora nella camera, vi si rinchiuse a chiave. Maddalena s’era rivelata improvvisamente quella che era. I poveri Papetti si guardarono raccapricciando, sbalorditi, poi piansero, strillarono.... e poi.... e poi tacquero, si rassegnarono, e da quel giorno furono gli umilissimi servi della figlia...., la quale s’era fatta per sorpresa indipendente e signora, insegnando come si fanno i colpi di Stato. E siccome tutto ciò è poco chiaro, andiamo a far un po’ di luce. Come certi negozj, che verso strada sembrano servir per un traffico e poi nel retrobottega servono per.... tutt’altro — così vi sono delle fanciulle, che apparentemente hanno una condotta irreprensibile, proprio secondo tutte le regole adottate, e poi hanno un.... retro-bottega. Nel mentre, stando a quel che si vede, una di tali fanciulle conduce un’esistenza monotona, insignificante, precisamente puerile — in cui non trovate che innocenti sollazzi, confetti, fiori, in cui la più grande emozione sembra quella d’una vestina nuova e di quattro salti con accompagnamento di frittelle — ella ha, o, per meglio dire, si procura, se lo vuole, se lo può appena, una.... retro-vita, la quale, per poco che la fanciulla sia prudente, si sottrae a qualunque sindacato. Non entreremo in particolari per ragioni facili ad indovinarsi ed anche per non sembrar posseduti dalla smania di generalizzare. Ci occuperemo solo del caso speciale di Maddalena, e ancora, non senza aver premesso che, se i particolari appunto della retro-vita delle ragazze in discorso fossero conosciuti o, se più vi garba, se si volesse farne materia di studio, se ne trarrebbero delle deduzioni che influirebbero a modificare di molto l’educazione della donna — per cui essa crescerebbe più sinceramente ingenua, mentre l’ingenuità or non copre che la così detta malizia, alla quale i bambini e gli sciocchi danno tanta importanza — per cui essa sdegnerebbe mentire, mentre ora che vi è forzata.... trova precisamente, in un apparato di menzogne, il mezzo di far la sua volontà — beffandosi di tutti — per cui, infine, vivrebbe più serena e tranquilla, mentre ora è in preda a malsane curiosità ed a fantasticherie.... poco azzurre.... per non dir altro. V’è una famosa scienza che vien ritenuta pericolosa, dannosa per le ragazze — ma è pericolosa, dannosa, solo ora, perchè se ne fa un mistero altissimo. Invece di costringere la donna a scoprirne da sè gli arcani.... insegnatele voi stessi quella scienza, con linguaggio aridamente scientifico, all’aprirsi della sua mente, e vedrete che non le farà nè freddo nè caldo.... precisamente come l’abbicì. E allora forse non vi saranno più tante fantasie sregolate, sfrenate — non vi saranno più tante morenti d’etisia. Ma lasciamo le fanciulle in generale e veniamo a Maddalena. La casa, o, per esser più esatti, il casamento in cui abitavano i Papetti, aveva due cortili. Il primo era piccolo ma civile, come si conveniva alla parte di fabbricato prospiciente la via; il secondo, invece, si poteva quasi chiamare una corte rustica. L’esservi una stalla e un pollajo gliene davano, se non altro, l’odore, e il suolo ineguale e tutto mal ciottolato, senza un pensiero al mondo dei poveri bipedi, che avrebbero dovuto arrischiarvisi, diceva chiaro che si era pensato solo ai quadrupedi. Nell’androne, che dal primo metteva nel secondo cortile, v’erano due aperture, una a destra, l’altra a manca, che lasciavan veder le scale al servizio della parte posteriore del casamento, il quale aveva anche due ale. L’ala sinistra, come il corpo, aveva tre piani oltre il terreno — mentre la diritta era a un sol piano, che non si poteva dir terreno, ma che era molto basso. Quell’ala doveva essere una qualche precauzione di un antico proprietario, marito molto geloso de’ suoi diritti. Dal fabbricato si vedeva un gran giardino al di là del muro, che correva fra le punte delle ale. La scala a sinistra, che saliva a chiocciola, serviva la parte alta — corpo e ala —; la scaletta a destra, di soli quindici gradini, saliva diritta all’uscio dell’unico e microscopico appartamento che si trovava nell’ala rispettiva. I Papetti abitavano nell’ala a sinistra, ma non più al terzo piano — da qualche tempo, cominciando a pesar gli anni, eran discesi al secondo. * * * Un anno e mezzo circa prima che Maddalena facesse quella bella scena alla quale assistemmo, era venuta ad occupare l’appartamentino dell’ala destra una donnina tutta sola...., ossia con una cameriera a doppio uso. Era costei una sedicente vedova. Poteva anche essere vedova realmente, ma siccome il marito pareva essere sempre stato morto, così il «sedicente» sta bene. La mattina le avreste dato trentacinque anni — dopo le due pomeridiane non più di trenta — e la sera anche venticinque. Di notte, all’oscuro poi.... ma questo non lo sappiamo. Era bellina, il che vuol dire anche bruttina — ma era simpatica. Una personcina delicata, che non porgeva esuberanze, ma non aveva neanche deficienze — capelli neri, carnagione brunetta — e in tutta lei, ma specialmente nello sguardo, modestamente provocante, e nel sorriso misterioso continuo a fior di labbro.... un certo non so che, per cui una donna sembra dir tacendo: «Io so che ci sono, e quando voglio, qualcuno se n’accorge.» Del resto, per la maldicenza non v’era niente da dire sul di lei conto. Riceveva pochissimo, nelle ore d’etichetta, e tutte persone _comme-il-faut_. Erano alcuni eleganti attempati.... _amici del suo povero marito_, e alcune signore, che apparentemente dovevano appartenere anche esse alla categoria delle vedove sedicenti e seducenti. Tutta gente ben vestita, che andava e veniva senza far chiasso e senza dar nell’occhio. Una cosa sola si sarebbe potuto notare, ed è che delle visite mascoline non era mai accaduto che una s’incontrasse da lei con un’altra.... ma per notar questo, bisognava essere ben cattivi. La sera ella non riceveva alcuno, tranne un giovinotto — ma era un suo _fratello_. Tutto questo, che è pochissimo e insignificante, lo si sapeva dalla portinaja, che lo teneva dalla domestica della vedova in discorso. Teneva anche che era buona buona ed aveva nome Severina. Un freddurista dirà che è un bel nome per una signora.... e punto scoraggiante per gli audaci. Severa sì.... ma al diminutivo.... Lasciatelo dire. * * * Nei primi cinque mesi la signora Severina parve aliena dallo stringer relazione con un inquilino. O amava la solitudine, o doveva aver delle ragioni per conservarsi perfettamente libera, cosa difficile quando si hanno delle conoscenze nella stessa casa in cui si abita. Doveva anche essere, a giudizio dei vicini, una donna tutta sacra alla memoria del marito, perchè di carnevale non era uscita nemmeno una sera e perchè nessuno sembrava gradirle, mentre si sapeva che v’erano dei signori.... ma proprio signori, i quali se ne occupavano moltissimo. Lettere non ne mancavano, la portinaja era stata importunata.... le lettere erano state consegnate — ma una faccia nuova in tutto quel tempo non s’era ancor vista passare. Si era ardito persino di corrompere la cameriera, ma essa.... aveva accettato le mancie, ridendo, e non solo non aveva mai riportato una risposta favorevole.... ma neanche una sfavorevole. — Sono matti tutti! — diceva la cameriera alla portinaja — la mia signora non può pensare ad alcuno. — I vicini, specialmente qualche giovinotto, incontrando Severina, la salutavano per tentar di ottenere un ricambio, che potesse servire di primo gradino alla solita scala — ma fatica gettata — ella non vedeva mai. V’era tuttavia un’eccezione. Maddalena, che s’era imbattuta qualche volta in Severina o nell’uscire o nel rientrare, aveva veduto sul suo volto un dolcissimo sorriso di simpatia, che era proprio tutto per lei Maddalena — ma essa era sempre seria e non aveva mostrato di accorgersi di quel sorriso. La sua selvatichezza non era ancora stata vinta da alcuno. Un giorno però Maddalena, dopo che Severina le fu passata a fianco, guardandola colla solita espressione, non potè a meno di rivolgersi ad osservare quella elegantissima figurina, dalle movenze vagamente ondulanti, la quale andava lasciando dietro sè un profumo delicatissimo, strano, senza nome, così penetrante, che pareva scendere al cuore. Tale almeno fu l’effetto che produsse in Maddalena, per la quale era una novità. Per la prima volta ella si era soffermata pensando a quella signora, e aperte le labbra aspirò l’aria tutta odorante per esalarla quindi in un sospiro. Si sarebbe detto che v’era magìa. Maddalena, che non aveva mai desiderato un’amica, da quel momento sentissi attratta verso Severina....; e il miracolo era stato fatto da un semplice profumo! Maddalena non avrebbe potuto dirne allora la ragione — ma la ragione vi era. Ella sdorava già la pubertà.... e quel profumo, penetrando in lei, vi aveva vellicato per la prima volta il recondito senso della voluttà. Salita, ritiratasi nella sua camera, aperse la finestra, e appoggiatasi col fianco al parapetto, là stette tutta mesta guardando quel cortile, quel giardino, quelle mura.... Tutto era deserto, tutte le finestre chiuse, lo spazio era inondato da una luce pallida e fredda; non giungeva altro romore che quello lontano alternato di un martellar di scalpelli nella via. Per la prima volta, guardatasi attorno, sentì uggiosa, pesante quella solitudine, che ella stessa aveva pur voluta fino a quel giorno — per la prima volta sentì un bisogno di respirare a pieni polmoni, e una forza nuovissima trascinarla al romore, alla folla, al mondo, alla vita — per la prima volta le venne in mente di mirarsi nello specchio.... ma, corsavi, fece una smorfia, perchè si vide pallida e quasi brutta. — Però, fermatasi alquanto, toccati i capelli, aperto un tantino l’abito, lì sotto il mento, fatto il confronto fra sè e Severina, provandosi a sorridere, finì a sorridere davvero. Aveva trovato che se anche Severina fosse stata mal pettinata e peggio vestita come lei, sarebbe stata forse più brutta di lei.... quindi passando al viceversa.... sperò poterla superare. Ma come fare, con chi consigliarsi, ella che non conosceva alcuno? Dire ai genitori: — D’or innanzi, voglio farmi bella, divertirmi, vivere — le pareva una enormità. A chi ricorrere dunque per ajuto a fine di raggiungere il suo scopo per altra via? Un mezzo solo v’era, fare la conoscenza di Severina, che certo doveva essere una maestra eccellente, e l’avrebbe istrutta in tutto, e fors’anche avviata nel principio di quel labirinto intricatissimo che le pareva, ed è infatti, la vita. Ma come riuscire a far la relazione di Severina? Offrirsi? Pregare? Questo ripugnava al di lei orgoglio.... tanto più che fra le possibilità v’era anche quella di un rifiuto. Non restava che attendere dal caso una occasione favorevole per avvicinare la signora e afferrare tale occasione. Ma per quanto Maddalena spiasse, l’occasione non si presentava. Severina restava invisibile, pareva non uscisse più. La fanciulla si cuoceva d’impazienza, e casa sua le diveniva ogni giorno più antipatica. Ma finalmente quel benedetto tempo, che se, tutto toglie, apporta anche tutto, permise alle sue speranze di rianimarsi. Spuntato aprile, le vetriata dall’appartamento di Severina si schiusero ai soavi zeffiri, alla gaja luce della primavera — e la desiderata signora cominciò a far delle apparizioni sul suo terrazzino. Maddalena allora cominciò dal canto suo, a passare, lavorando, alla finestra tutto il tempo di cui poteva disporre. Non occorre dire che ogni qual volta Severina si lasciava vedere, Maddalena smetteva di lavorare e si sporgeva fuor della finestra per attirare la di lei attenzione.... ma questo pareva difficile. Tuttavia, or col tossire, or col cantare, or col muovere la sedia o il tavolino.... fece tanto che un giorno Severina alzò gli occhi al secondo piano, e siccome la fanciulla scorse sul di lei volto il medesimo dolce sorriso, così sorrise anch’essa subito, chinando il capo. Da quel dì Severina prese l’abitudine di guardar, al secondo piano, quella ragazza, che lavorava sempre, e il di lei viso esprimeva, oltre che simpatia, compassione. Si salutavano sempre, tuttavia per qualche settimana le cose non progredirono. Ma poi una specie d’occasione non tardò a presentarsi, e Maddalena non se la lasciò sfuggire. Affacciandosi alla finestra, vide una novità sul terrazzino della signora. Un giardiniere vi stava disponendo con arte del vasi di fiori, che due facchini scaricavano nel cortile da un carro e portavano su. Erano fiori delle specie più vaghe e più fragranti. Maddalena, anche per l’attrazione simpatica che v’è sempre fra la giovinezza e i fiori, ma, innanzi altro, per tentare Severina, si mise a batter le mani in atto di gioja e maraviglia, cosicchè la signora levò lo sguardo e sorrise a Maddalena, la quale le fece un bell’inchino sporgendosi tutta come se volesse osservare più da vicino, odorare quasi l’olezzante famiglia. Severina, o indovinasse finalmente il desìo che cuoceva la fanciulla — o avendo ella stessa la medesima brama, vedesse opportuno il momento per iniziare conoscenza meno superficiale — il fatto è che, spiccata una bella rosa, la offrì, col gesto, a Maddalena. Quella arrossì di piacere, e rispose con altro gesto che voleva dire: «Gradisco ma non so come pigliarla.» Allora Severina non esitò più e le fe’ cenno che andasse da lei. Maddalena non se lo fece ripetere, e detto alla madre, per aver un pretesto di scendere: — Vado a prender un po’ d’acqua, — giù a precipizio per la scala, su per quell’altra, da Severina. La signora l’attendeva sull’uscio e raccolse con un: «Brava!» e con un bel bacio in fronte. * * * — Ma, Maddalena.... dove sei? — fe’ Caterina alla finestra, cinque minuti dopo, non vedendo tornar la figlia. — Sono qui! — rispose Maddalena comparendo sul terrazzino, unita a Severina, che con un braccio le cingeva il fianco. — Permette? — disse Severina alla madre della fanciulla. — Ah! ma guarda.... guarda un po’ quella sfacciatella....! — esclamò Caterina tutta sorpresa, ma non senza piacere. — Non la sgridi, la prego — continuò la signora — sono stata io.... — Ah! non dico.... anzi.... obbligata.... ma doveva chiedermi il permesso.... — Me la lascia un momento ancora? — Ella è ben buona, sa!... se non è capace di dir due parole in croce! Basta.... faccia lei! — Grazie. — Maddalena rientrò in casa, mezz’ora dopo, tutta infiorata e con una sacchettina che «la signora le aveva data espressamente per la mamma.» Quando Caterina sentì queste parole, le vennero le lagrime, e a Maddalena, che, dopo averle cantate le lodi della signora, le domandò se l’avrebbe lasciata ancora andare da lei, rispose tutta felice: — Ma sì.... va.... è una signora come si deve, e non ti può che far bene. — Come sono mai certi genitori e specialmente certe madri...., purchè i loro figli ricevano gentilezze in una casa, non badano più che tanto se convenga, poi, sotto _tutti_ i rapporti, lasciarli andare in quella casa. E su questo proposito, senza che aggiungiamo altro noi, quelli e quelle che non sono più ragazzi, informino. Se il primo giorno Maddalena si fermò mezz’ora dà Severina — il secondo vi passò un’ora, il terzo una mezza di più.... e ben presto la durata media delle sue visite fu di due ore. L’effetto di quelle visite fu tale — in Maddalena avvenne in breve tempo una trasformazione così grande, che i Papetti ne furono maravigliatissimi. Come.... la loro Lena, che pareva esser nata selvaggia.... in pochi giorni s’era civilizzata (_sic_)? — Come, quella Lena, che non parlava mai ed aveva un contegno da monaca.... si degnava d’esser gaja, si degnava di conversare affabilmente coi propri genitori? — quella Lena, che fin allora s’era sempre pettinata come una vecchia beghina, i capelli scendenti a guisa di cortina, tanto da nascondere per metà le sopracciglia, che parevano incollati sulle tempie e sapevan di sego, ora non si presentava che acconciata con leggiadrìa, emanando un olezzo gratissimo esotico? — quella Lena, infine, che aveva sempre portato l’abito meschino d’una.... _stellina_, nè mai pareva aver pensato a mutar foggia e stoffa, ora si abbigliava, studiava il figurino della moda, ne seguiva i consigli? Davvero che la metamorfosi era sorprendente — e i Papetti ne gongolavano e appagavano, incoraggiavano anzi le fantasie, per quanto costose, di Maddalena, che la rendevano bella, bella come essi non avevano mai supposto potesse divenire — stella fulgente!... diceva papà — pensando che in tal modo le sarebbe più facile di destare il capriccio in qualche gran signore, che, s’intende, la sposerebbe. E a quelli che si maravigliavano, a ragione, di tanta e improvvisa novità, dicevano: — Prima andava bene come andava, perchè le ragazze devono venir su modeste, senza tante idee inutili — ora è giunto il suo tempo.... faccia anche lei quello che richiede la sua età.... la sua posizione. Secondo il loro convincimento, Maddalena aveva una _posizione_! Se il trovarsi in certi ambienti è sempre pericoloso per qualsiasi età, è perniciosissimo, indubbiamente, per un’età giovanissima. Apprendendo la scienza della vita a grado a grado, non si muterà natura, se la natura ha certe propensioni decise, ma si potrà imparare ad evitare la sfrenatezza siccome anti-igienica e nociva nell’opinione pubblica; si potrà imparare a conservare la _forma_, non foss’altro, per rispetto di sè stessi.... — parliamo di chi ci tiene al rispetto di sè stessi. — Ma apprendendo tutto in un sol colpo, a sedici anni, si corre un gran rischio di perdere la testa — o, per lo meno, di guastarsela in modo che, dopo, la è questione semplicemente d’occasione — per cominciare — e in seguito si fa della vita un’occasione sola. Sedici anni.... proprio l’epoca climaterica, in cui il sangue ricchissimo comincia a far sentire la sua possanza scagliandosi a ondate sul cuore o sul cervello — in cui il sistema nervoso comincia a tiranneggiare il corpo, a ridersi dei nostri principj, della nostra educazione, se abbiamo ricevuto quella che si chiama buona, e a uccidere quella volontà che dovrebbe essere il frutto delle nostre convinzioni, facendone sorgere altra.... certamente più naturale, ma forse poco parente della signora Morale, che conoscerete probabilmente come la conoscono i moralisti.... di vista. Non sappiamo se il lettore alle parole: _certi ambienti_ avrà detto: «Non capisco.» Si ricordi del come gli abbiamo presentato Severina. Se non ha capito primo, capisce adesso? — No. — Bravo; allora vada avanti e capirà. L’appartamentino di Severina si sarebbe potuto definire il nido della voluttà — perchè tutto, dalle combinazioni dei colori delle tappezzerie e delle cortine, dalla morbidezza delle stoffe alla varia luce che in un certo gabinetto non pareva più luce, al profumo indefinibile e snervante — quel tal profumo — che impregnava l’atmosfera, dalle caste arditezze dei quadri mitologici agli intrecciamenti e alle contorsioni spasmodiche di bronzi rivali o copie dell’arte antica.... tutto era blandizie pei sensi. E all’anima sembrava che da ogni mobile, da ogni tela, da ogni bronzo uscisse una voce sommessa, insinuante, misteriosa, che diceva....: Ama. — Non si poteva restar seduti impunemente in quella penombra....; era una malìa; la ragione s’oscurava, gli occhi si chiudevano.... era necessario balzar in piedi, fuggire. Ma si potevo volere? — si voleva potere? Il sorriso di Severina sarebbe qui una buona risposta. * * * Noi siamo figli dei nostri padri e delle nostre madri — pare impossibile, non è vero? — e talora in fatto di padri.... abbiamo del lusso — ma realmente noi siamo figli di chi sa impadronirsi e dirigere l’anima nostra. Qualche volta siamo figli di nostro padre o di nostra madre e anche d’ambedue, quando essi, avendo la coscienza e l’amore della loro missione, s’impadroniscono appunto dell’anima nostra, e, gelosissimi del loro potere, non permettono mai ad alcuno di condividerlo — e allora, o bene o male, riesciamo moralmente l’imagine o dell’autore o dell’autrice o quella fusa d’entrambi ripetuta. Ma è raro, perchè, generalmente, tenerezza per la missione educatrice — che comincia un po’ prima e va un po’ più in là del mandare a scuola — non c’è strabbondanza. — E allora riesciamo figli o della cameriera o del vicino di casa, o del primo amico o di qualche prete — e se non di qualcuno fra questa gente, certo del primo o della prima amante. Avviene anche a certi individui privilegiati, i quali si trovano moralmente abbandonati, o quasi, a sè stessi; che, senza saperlo, si sottraggono a qualunque influenza.... e riescono invece figli del loro tempo. Se in quel tempo poi v’è crisi nelle idee del secolo, possono riescire persino uomini di spirito — ma se non c’è crisi, non possono diventare che uomini spiritosi. Quando le idee nuove danno battaglia campale alle idee vecchie, chi si batte pel trionfo delle prime è un uomo di spirito. Quando battaglia, per lo meno visibile, non c’è; ma si sa beffarsi delle idee correnti, che si riconoscono false e ridicole, si è uomini spiritosi. Chi è figlio solo di suo padre e di sua madre non sarà mai un uomo di spirito e neppure un uomo spiritoso, perchè i padri e le madri, in genere, amano fabbricare dei.... cretini. In questo, per essi, sta la vera propagazione della razza umana e.... per Dio!... le scuole li secondano bene e compiono l’opra. * * * Siccome Ildebrando e Caterina non avevano saputo veder altro in Maddalena che una macchinetta di carne, cui basta impinzare di cibo, coprire e mandare a scuola — e non avevano mai pur sospettato la possibilità, il dovere di una cura dell’anima; così avvenne che Maddalena dovette riescir figlia di Severina, la quale non vi mise, del resto, alcun proposito di corruzione. A lei bastò d’essere Severina. Per la mancanza d’altri principj e di esperienza da opporre a quella scuola, per la sua natura e per l’età, Maddalena era già terreno ben preparato per certa coltivazione. — Restava solo da lasciarvi cadere la semente. Fin dal primo giorno Severina aveva parlato a Maddalena come si parla ad una donna già donna — con una perfetta indifferenza di soggetti, come si discorre della pioggia e del bel tempo. Dai particolari della _toilette_ a quelli della più intima igiene — capitolo speciale — dai commenti liberissimi sui fatti diversi riportati dai giornali alle discussioni sulle passioni descritte nei romanzi, aggiunte le chiose sulle situazioni più.... interessanti — tutto aveva il colorito d’una realtà così semplice che Maddalena non poteva a meno di sorridere, prendendovi un piacere infinito. Ella si diceva che sino a quel tempo era stata così chiusa in sè stessa, solo forse perchè non aveva mai sentito parlare. Quello di Severina soltanto le pareva un parlare. Da Severina seppe che il cuore d’una donna è un valore nominale inutile, spesso dannoso a lei — che il valore reale corrente, e il solo quindi che le dà valore e le torna utile, è la sua _toilette_. Una bella donna con un bel cuore, ma senza una bella _toilette_, è nulla in confronto d’una donna anche bruttina ma molto elegante. Da Severina seppe che gli uomini, in genere, colle donne, o fanno il tiranno o fanno l’imbecille. Fanno il tiranno con quelle poverine tutto cuore, senza fiele, che, cresciute per il sacramento, non conoscono che la sommissione, il lavoro e la rassegnazione — fanno l’imbecille colle furbe, che hanno il talento della pelatura, amano l’ozio, la vita gaudente.... e mettono alla porta chi vien fuori di tempo, solo perchè ne ha il diritto.... o, per lo meno, crede d’averlo. Da Severina seppe che gli uomini, sempre in genere, cercano nella donna un talento solo: _l’arte di_.... — scusate, ma non ricordiamo la parola. A farla breve, in poco tempo Maddalena ricevette tante lezioni da potersi dir maestra.... se non altro, in teoria. Le mancava la pratica, ma sulle prime pareva non curarsene. Anzi affettava un tal disprezzo per l’uomo, che, alla sua età, faceva ridere. Mentre le altre fanciulle, a seconda del grado maggiore o minore di modestia o di ipocrisia, sol che vedano un uomo simpatico, gli piantano in faccia due avidi occhi o gli lasciano andare, così di traverso, quella timida occhiatina che dice tante cose; Maddalena non si degnava di guardar alcuno, qualunque fosse l’eleganza o la bellezza di chi passava. Li vedeva, s’intende, ma il suo sguardo sembrava fisso, diritto, sur un punto invisibile, che non aveva nulla d’umano. E come andava! Marciava. Impettita, la bocca sdegnosa, con passo fiero, piuttosto lungo, sempre eguale, non curante i miseri mortali che incontrava, lasciando cader solo uno: _stupido!_ se alcuno, per caso, abbagliato dalla di lei bellezza, osava fermarsi, susurrando una frase d’ammirazione. Ah! sì, Maddalena s’era veramente fatta bellissima in pochi mesi, dacchè aveva apprese e praticate tutte le arti, diremo così, cosmetiche di Severina, non esclusa quella tanto vantaggiosa per la bellezza, che consiste nel dare ad una buona mensa la debita importanza. E il risultato si vedeva. Tutto quello che doveva spiccare.... spiccava — e il suo catechista, se l’avesse riveduta allora, con quanto fervore avrebbe esclamato: _Oh! virgo potens! — Oh! causa nostræ letitiæ! — Oh! vas insigne devotionis! — Janua cœli!_ * * * Un giorno Severina, la quale aveva notato la specie di sprezzo di cui Maddalena sembrava onorare gli uomini, sprezzo che faceva contrasto con tutte le varie curiosità onde la giovinetta era presa — le disse: — Non sprezzar tanto, mia cara.... non crederti superiore alle altre donne, perchè tu pure, come le altre donne, hai un cuore, e sei di carne. Sta certa che verrà anche per te il momento di perdere la testa. — Oh! io non m’innamorerò mai. — Perchè?.... — Perchè non posso desiderare alcun uomo, se il mondo è come lo dipingi tu.... Prima di conoscerti, alle volte fantasticavo.... ti dico la verità.... è tanto naturale.... — ma ora che, grazie a te, so cosa è il mondo.... — Che bambina!.... E se trovassi un’eccezione fra questi uomini? — Un’eccezione? — Un uomo può essere il più sciocco o il più malvagio degli uomini.... ma quando una donna lo trova bello.... egli diventa il migliore degli uomini. Le donne credono di amare un uomo per le sue qualità.... come, del resto, anche gli uomini credono di amare una donna per i suoi pregi morali. Non è vero. Si ama quell’uomo o quella donna perchè i suoi lineamenti, e spesso anche solo le altre sue forme, rispondono a quel sentimento del bello che è in noi, e vive ed è in continua agitazione, senza che noi vi riflettiamo, ricercando avidamente delle soddisfazioni. Un artista mi diceva che è il sentimento estetico.... Io non lo credo. Quando penso a quello che sento io, credo invece sia il sentimento del sesso.... Infatti, incontrando una bella donna, io dico solo: «Ecco una bella donna» — è la sensazione purissima dell’occhio che vede un complesso armonico di linee.... Ma quando io incontro un bell’uomo, ossia quell’uomo che, secondo la mia natura, è bello, io sento una commozione, alla quale ti giuro che l’Accademia delle Belle Arti è affatto estranea. — Tu senti una commozione? Dammene una idea.... — Non posso.... non capiresti. La stessa tua domanda mi mostra lo stato dell’anima tua. Essa desidera, essa attende.... ma egli non viene. Tu non sai chi egli sia, nè dove possa trovarsi. Forse verrà domani.... forse fra un anno.... fra dieci.... venti.... forse non verrà mai. — Ah! non dirlo.... — Vedi.... come ti sei tradita! Il tuo disprezzo per gli uomini è il disprezzo di certi giovinetti per le donne. Non potendo ancora sentire, non possono comprendere quello che sentono gli altri, e per ciò solo credonsi invulnerabili e compassionano o deridono chi cade. Ma viene anche per essi il giorno terribile.... E se non viene.... tanto peggio! Allora, che vita miserabile! — Dunque ora siamo intese, e quando verrà, dimmelo. — Io lo cerco nella folla e non lo trovo. — È un errore il cercare. Alla tua età si ha un ideale che non si saprebbe forse nemmeno dire come sia fatto.... È un po’ di tutti.... e non è niente di nessuno.... È.... è.... quando verrà, tu dirai: «Eccolo.... è lui!» — e ti parrà d’averlo sempre conosciuto. — Severina aveva ragione, e Maddalena desiderava ardentemente di poter esclamare qualche giorno, magari presto.... «Eccolo, è lui!» — ma non sperava molto. Intanto continuava a marciare sprezzante: dicendo fra sè: «Possibile che fra tanta gente non vi sia quello che voglio io?» Erano le quattro di sera di una tiepida giornata di novembre, e le nostre amiche uscivano dalla cancellata dei giardini, quando Severina sentendo sul suo una leggiera pressione del braccio di Maddalena, domandò: — Che cosa c’è? — È strana! sai che quasi quasi direi.... — Maddalena non potè finire. Un giovine signore, incontrandole in quel punto, s’era fermato salutando rispettosamente la fanciulla e prendendo la mano di Severina. — La signora Maddalena mia vicina ed amica — fe’ Severina, presentando — mio fratello.... — Il fratello disse poche parole, poi risalutò e si allontanò. A Maddalena erano parse insignificanti le frasi che Severina e quel signore avevano scambiate. Severina non vide che quel signore aveva guardato più volte a lungo negli occhi di Maddalena — nè che questa aveva sopportate con sufficiente fermezza quelle occhiate, e aveva sorriso all’ultima che egli, staccandosi, avevale lanciata. — Ti piace mio fratello? — fe’ scherzando Severina, non appena fu sola coll’amica. — Visto che è tuo fratello, ti dirò che mi piace! — rispose Maddalena, ridendo. Severina non seppe resistere, e ne disse tutto il bene che ne pensava — e non era poco. — Non l’ho mai veduto da te.... — notò Maddalena. — Non viene quasi mai.... e quelle poche volte che viene.... è di sera. — Ah! — Qui dobbiamo avvertire che se pareva esistere, ed esisteva anche, grande intimità fra le due amiche, v’era però una specie di regolamento.... di etichetta, diremo, che Severina non aveva imposto, ma che la finezza di Maddalena aveva compreso sin dal principio, regolamento ch’ella si sarebbe ben guardata dall’infrangere, e l’osservanza del quale ella capiva essere forse la condizione principale della loro amicizia. L’una aveva saputo farsi intendere, parlando sulle generali — e l’altra aveva inteso bene. Ella sapeva che Severina riceveva solo in certe ore — e in quelle ore non aveva mai trovato nessuno da lei. Sapeva che Severina non voleva far visita ad alcuno per non riceverne. — Aveva fatto un’eccezione per lei, Maddalena — e basta. In questo, Severina era stata molto morale — o molto prudente, per ragioni d’interesse tutto suo? Sul punto di lasciarsi, quello stesso giorno, Severina, ricordando certe parole di Maddalena, domandò: — E che cosa volevi poi dire, poco fa? — Quando? — Ma sì.... quando hai esclamato, mi pare: «È strana.... quasi quasi direi....» — Ah! aspetta.... — fe’ Maddalena con sforzo per raccapezzare.... — ma.... non mi ricordo proprio più. — Bè! me lo dirai un’altra volta. Addio. — Maddalena aveva mentito. Se ne ricordava benissimo — ma se prima avrebbe parlato e volentieri, ora non voleva più parlare. Forse col tempo, se.... Gli è che, prima, avendolo per un ignoto qualunque che passava ignoto a lei e alla compagna, coll’esclamare: _Eccolo, è lui!_ non avrebbe fatto che esprimere un’impressione nuovissima per lei — egli sarebbe tosto scomparso per sempre e l’impressione si sarebbe cancellata, lasciando tutt’al più un lieve rammarico di brevissima durata.... — ma ora, come esprimere quell’impressione alla sorella di suo fratello? E se Severina parlasse? E se il fratello dicesse per caso, ridendo, d’aver pensato in veder lei, Maddalena, per la prima volta: _Eccola, non è lei!_ — quale disfatta pel suo amor proprio, quale punizione del dispregio ch’ella aveva sin allora affettato per gli altri uomini! Il primo da lei desiderato, che.... la rifiutava! — No, no, tacere e attendere. Nello stesso modo che con un po’ di pazienza — si diceva — sono riescita a conoscere Severina — con un altro poco riescirò a conoscere suo fratello.... e ciò non mancherà, se l’impressione che io ho prodotta in lui è simile a quella ch’egli ha prodotto in me.... Dovrà essere precisamente lui quello a cui io sarò indifferente, quando tutti si fermano quasi estatici a mirarmi al mio passare? — Guardossi nello specchio, provò il sorriso col quale lo avrebbe salutato, incontrandolo la seconda volta — e allora sperò. La notte tuttavia non fu senz’ansie. Quando avrebbe potuto rivederlo? e che sarebbe avvenuto poi?.... e.... e.... tutti quegli e che crea il sogno nella veglia, in cui si scorge da lungi una realtà possibile e si hanno ancora tutte le incertezze, per non dire i timori che non si tratti appunto che d’un sogno. * * * L’impressione poteva essere effimera, poteva aver fatto nascere un puro capriccio, ma era stata forte da ambe le parti. Chi poteva muoversi — l’uomo — cercò tosto chi non poteva muoversi, la donna, alla quale, per molte ragioni, non era permesso far un sol passo per cercare. Ecco, come, l’indomani mattina, Maddalena uscendo con Brigida, la domestica, per la provvista giornaliera, s’imbattè nel giovine signore. — Ma l’incontro fu per lei così improvviso, ch’essa non ebbe tempo neppur di pensare a fargli quel tal sorriso studiato il giorno prima. Scossa, confusa, chinò il volto tutto di bragia e passò. E fu il miglior saluto. Si rividero così una, due, quattro mattine di seguito.... ma, preparata allora, ella potè rispondere al di lui saluto con una grazia e con un sorriso, che dovevano scompigliare quel favorito fra i mortali. Maddalena, dopo aver incontrato tre volte il giovine signore, s’aspettava che, da un momento all’altro, Severina avesse a dirle: — Sai, mio fratello ti ama e mi ha incaricata di esaminare il tuo cuore. — Ma vedendo che Severina non solo non toccava quel tasto, ma non si lasciava sfuggire alcuna allusione, per quanto lontana, ad una possibilità di simpatia fra i due giovani — il quarto dì perdè la pazienza e volle esplorare il terreno. Come un bravo esploratore, cominciò tuttavia molto guardinga — tanto temeva ancora: — Questa mattina ho incontrato tuo fratello. — Ah! sì? — fe’ Severina con indifferenza. — È la quarta volta che lo incontro.... — Come!? Da quando? — esclamò Severina, che non potè frenare un moto di sorpresa, e nel cui sguardo Maddalena vide con stupore qualche cosa di feroce che la colpì e la rese ancor più cauta. — Almeno mi pare che sia lui, tuttavia posso ingannarmi.... — poi, dopo un momento di silenzio: — Ha moglie tuo fratello? — Non l’ha e non la prende! — disse seccamente Severina lanciandole una occhiata sospettosa e scrutatrice. — Fa bene! — fu pronta a dir bravamente alto Maddalena, continuando poscia fra sè: «Ho capito. Egli sarà ricco e si avrà paura che sposi una ragazza povera o quasi. Prudenza allora, e lavoriamo sotto acqua. Chi sa che un giorno io non venga a dirti: Severina, gioisci con me; tuo fratello mi sposa. — Se ciò avverrà, come io farò di tutto perchè avvenga, t’assicuro che te l’annuncerò con tutto il giubilo che si deve avere quando si finge dar per lietissima una notizia che si sa dover tornar molto dolorosa.» — Io farò di tutto perchè avvenga — aveva detto Maddalena, e cominciò subito l’indomani a far qualche cosa, col dare al suo sguardo un’espressione che era un invito. Brigida aveva ricevuto inoltre delle istruzioni — e quando il giovine signore si avvicinò, la fantesca scomparve nella bottega del droghiere. Questo gioco, ripetuto il giorno successivo, fece capire al giovine che non si trattava di caso e ch’egli poteva ardire. Onde ardì subito. All’incontrar la giovinetta sola, vedendone lo sguardo più che mai incoraggiante, si fermò, e salutandola come si saluta una duchessa: — Buon giorno, signorina.... Vorrebbe lasciarsi salutare! — Troppo gentile — (pausa, in cui si guardavano sorridenti, egli incerto, ella provocando tutto) poi: — Va da sua sorella? — Il giovine non potè a meno d’arrossire, e balbettò: — Da....? ah! sicuro.... da mia sorella.... A proposito, non ho mai avuto il piacere di incontrarla da Severina. — Non vado mai da lei la sera. — Ed Ella sa che io vi vado di sera? — Sì, me l’ha detto sua sorella. — Allora v’andrò di giorno. — Non glielo consiglio.... Non credo che sua sorella sentirebbe un gran piacere se ci vedesse incontrarci. — Come fa a saperlo? — L’ho capito. — Ed Ella è indifferente a questo? — A.... cosa? — Alla contrarietà che Severina mostrerebbe, secondo Lei, se sapesse che ci siamo riveduti.... — Ma.... — e fingeva incertezza guardando il suolo. — Dica pure.... — Non.... so.... — e continuava il gioco. — Allora glielo dirò in altro modo. Se mia sorella fosse contenta che io La incontrassi.... Ella cosa ne penserebbe? — Non.... so.... — ma stavolta lo sguardo si levò timidamente, amoroso, sul volto del giovine, quasi a supplicarlo di non crederle. — Pensandovi qualche tempo.... potrebbe riescire a saperlo? — E.... poi? — Ella si guardava d’intorno quasi smarrita. — E poi.... vedremo. Intanto non dica niente — se crede — del nostro incontro a Severina. La mia famiglia ha una gran paura che io pensi a maritarmi.... gliene dirò poi le ragioni. Del resto, io sono padrone di me stesso.... Ma forse, per una prima volta, ho già abusato della sua bontà.... Se è così.... creda.... glielo dico sinceramente.... creda che io bramo solo di abusarne al massimo grado. — E con questo scherzo, ridendo, si lasciarono. Si rividero.... si parlarono..., molto si parlarono, per ripetersi che si amavano. Vediamo un po’ addentro in questo amore.... Vi sono tante specie d’amore! Non v’è forse anche l’amore senz’amore? Chi era, innanzi tutto, il giovine signore, per il quale Maddalena aveva provato i primi palpiti? Vi sono dei giovinotti che fanno la bella vita, ossia odiano ogni lavoro, vestono bene, mangiano meglio, si vedono dappertutto dove c’è qualche cosa da godere, che sulle labbra hanno sempre il sorriso dell’uomo felice, fra le labbra uno zigaro di contrabbando, cui non mancano mai venticinque centesimi per il _vermouth_ o per l’_absinthe_ — e che non hanno rendite accertate. Per lo meno, nessuno le conosce. Infatti, sostanza propria non ne hanno mai avuto, meno qualcuno che ha, o si dice abbia consumato, qualche migliajo di lire slanciandosi nel mondo. Sia come si vuole, la loro fortuna è ora composta soltanto di debiti, ma a guisa dei grandi Stati, a cui essi commettono la spiritosità di paragonarsi, tali debiti sono per essi una fonte di credito. La loro ricetta per pagare i debiti è la solita: i vecchi non pagarli. — i nuovi farli diventar vecchi. Hanno delle amanti di tutti i generi, specialmente del peggiore.... che non è il meno abbondante — e nel numero si trovano anche delle donnine a modo, la cui onestà ha avuto un istante di.... sonnolenza, come si trovano delle donne che non aspettano più i cinquanta, ma che li hanno dimenticati. La vecchiaja deve pur esser consolata, se si vuol guadagnare.... il cielo. Non sono precisamente lenoni o cinedi, o mantenuti o buffoni.... nel senso medioevale.... sono un _consommé_ di tutto questo. Anche la parola _parassiti_ è un po’ troppo bassa per qualificarli.... perchè sono piuttosto _invitati_ che mendicanti. Diremo: son gente che _san fare_! San fare colle donne, le quali hanno sempre un estremo bisogno di ridere, e talvolta — _en petit comité_ — anche di sghignazzare. San fare cogli amici ricchi — non apprezzano che la società degli amici possidenti.... molto possidenti — i quali, annojati o sciocchi, hanno bisogno assoluto e continuo di qualche bello spirito che li distragga, si lasci burlare, li burli, li presenti ad una ballerina o ad una.... signora, e partecipi ai loro olimpici sacrifizj notturni. I meno abili, al tempo del bagni e delle villeggiature, restano in città — i più abili partono e non di rado tornano in fondi. Non hanno ricevuto quel che si dice una educazione — ma sul bigliardo, al tavolo da gioco, in stalla e nei gabinetti di Venere hanno imparato tanto, che più di una celebrità scientifica o letteraria, appetto di loro, farebbe la figura di un imbecille o d’un uomo dell’altro mondo. Non pochi sarebbero imbrogliati a scrivere una lettera al sarto.... ma è certo che a una prima rappresentazione d’un’opera, d’una commedia o d’un ballo, la loro sentenza è irrevocabile. Per il ballo, vada; è questione di piedi. Questo è quello che si vede di tal sorta di gente, dai diciotto ai trentacinque anni circa. Dopo, chi muore logorato dagli eccessi — chi s’imbarca sul mar conjugale con una invidiabile indifferenza per le avarìe che la nave ha già sofferte.... e potrà soffrire in seguito — chi vivacchia il più onestamente.... che può, sul gioco — chi si fa mentore di qualche rampollo, per sorreggerlo nei primi passi sul sentiero.... della gloria e della virtù — chi si fa.... sensale di connubj più o meno legali — e chi va in galera.... o meriterebbe d’andarvi. I più onesti, i più indipendenti diventano letterati, ossia scrivono tutti i giorni una lettera a qualche vecchio amico — a qualche noto negoziante — nelle quali lettere si è sicuri di trovar sempre le seguenti parole: _Caduto assoluta miseria — supplico filantropia — qualunque tenue elemosina — eterna riconoscenza — lasci risposta portinajo_. * * * Giulio Bindi non era ancor uno di quegli individui di cui ci siamo or ora occupati, ma aveva tutte le buone disposizioni e batteva proprio la via giusta per divenirlo. Ma dobbiamo anche dire che, nato in altra famiglia, egli sarebbe probabilmente cresciuto qualche cosa di meglio. Suo padre era un fiacchissimo uomo, con un carattere ancor più debole. In gioventù era stato sempre schiavo degli amici; quando gli diedero moglie — per strapparlo dalle unghie d’una sgualdrinella, che, fingendo filare del sentimento, non faceva che pulirlo e poi ripulirlo indefessamente — egli, che era abituato a vivere da schiavo, fu spaventato della responsabilità assuntasi; il bastone del comando in casa sua gli sembrò d’un peso insostenibile e scambiò le parti, prendendo volontariamente quella dell’obbedire. Meno male se la moglie fosse stata una donna di buon senso, energica, risoluta, ma essa non era che buona.... Sapeva mangiare, si lasciava vestire, e pel resto si rimetteva a quanto faceva una vecchia cameriera, la quale l’aveva veduta nascere e l’aveva seguita nel matrimonio. Per fortuna quella valeva qualche cosa ed era onesta, se no, povera casa! Nasce Giulio. Che cosa volete riesca con un padre il quale non sa cosa sia volontà, e con una madre la quale dice sempre di sì — gente che ignora cosa deve essere realmente la vita, e non ha altre idee del mondo se non queste: che vi sono delle botteghe in cui si compera il cibo — dei mercanti che vendono gli abiti — e che d’autunno si va in campagna, perchè c’è l’aria fina? Lasciate fare a lui! A tre anni strilla tutto il santo giorno, rompe tutto — a quattro, prova che la favella è stata data all’uomo per dir insolenze. Comanda a bacchetta tutte le più strambe enormità.... Se qualcuno s’avvisasse di resistergli..... come Luigi XIV imporrebbe il suo capriccio collo scudiscio — a otto anni fuma, a dieci vien sfrattato dalla scuola per scandalo. Lo fanno studiare privatamente, perchè finisca d’imparare.... niente — a quindici anni va.... dapertutto.... — A sedici ha già quattromila lire di debiti. Padre e madre, come imbecilliti dallo spavento, lasciano fare...., essi capiscono ch’egli rovinerà la casa, ma come resistere? Essi non pensano che a lagnarsi col terzo e col quarto, ma non sanno fermare il già terribile dissoluto. Uno zio interviene — cerca far capire la ragione, mettendogli sott’occhi tutte le conseguenze disastrose e non lontane, perchè la famiglia è semplicemente e modestamente agiata. Miracolo insperato.... riesce a persuadergli di mutar sistema. Sì, Giulio si pente, Giulio si impiegherà — e sarà presto un uomo come si deve.... Se, finora, è stato il dolor di capo di casa sua.... si sa bene.... gioventù.... quella benedetta gioventù! Ecco Giulio impiegato.... chi sa, chi sa un giorno cosa diventerà?! Che cosa? aspettate sei mesi. Egli ed un amico hanno fatto la conoscenza di due mime.... che, per una certa mimica..., siamo intesi! — Ma ci vuol molto denaro per scritturarle.... e, denaro, nè l’uno nè l’altro ne hanno. Perdersi d’animo per questo?.... Diavolo....! si fa una cambiale falsa! La cosa viene scoperta — fulmine in casa Bindi — chi corre di qua, chi corre di là per vedere, per sentire, per rimediare, per assopire.... e, si intende, per pagare. Giulio è consigliato di dar le sue dimissioni, ed eccolo a spasso tutto il giorno come un virtuoso senza scrittura. Il padre e la madre non fanno che piangere, non mangiano più.... e in breve se ne vanno all’altro mondo. Giulio non perde il tempo a piangere.... fa i conti. — Vendendo tutto, gli restano ancor cinquantamila lire.... A ventitrè anni ne ha già mangiate quaranta in buona compagnia.... e comincia a domandarsi se non gli converrebbe sposar Severina. Egli ha conosciuto, due anni prima, Severina ai bagni e le ha ispirato una forte passione — passione tutta sensuale, se volete, ma quel che è certo è che Severina va matta per Giulio, tanto, che non solo non gli ha mai chiesto niente, ma lo colma continuamente di doni di valore, ch’egli ricambia.... con dei mazzolini di fiori. Giulio non ama Severina, ma l’accetta, primo, perchè come donna non è da disprezzarsi — secondo, perchè egli sa che ella non avrà il cuore di lasciarlo esposto.... alle intemperie, quando saranno sfumate anche le ultime diecimila lire. Come si spiega il pazzo furore di Severina per Giulio? Ecco: in amore, prima di tutto, è difficile spiegare qualche cosa — ma in questo caso si spiega col dire che Giulio era l’ideale d’una fantasia!.... Se scriviamo la parola, gridate all’immoralità. Giulio era un bel giovine — non una perfezione, via....; per esempio, le estremità lasciavano a desiderare — ma aveva nel viso un’espressione così originale che a certe donne dava il capogiro. Quando egli guardava con intenzione una pecorella desiata, si pensava all’Arcangelo Gabriele che, sorridente come un Satiro, le dicesse, non col labbro, col solo sguardo: — Non è peccato, veh! — Uno stimolo.... ed insieme un conforto. Ecco quel che aveva sedotto Maddalena. Cosa singolare, ella fu iniziata alla vita da un profumo e da un sorriso. Il profumo di Severina le aveva aperto l’animo alla voluttà — il sorriso di Giulio gliene aveva dato la sete — e si sa cos’è la sete.... quando non si può bere. * * * Una donna può aver sortito la natura più ardente e saper imbrigliare, se non la propria fantasia, per lo meno i suoi desiderj tanto da poter attendere, senza soffrire, che spunti il giorno delle nozze legali — le sole che le insegnarono essere riconosciute dalla società. Ma per aver siffatta forza d’animo, per mantenersi sempre presente a sè stessa in modo da deludere ogni insidia, in modo da rendersi sorda alle grida del suo sangue, è necessario che, nella sua educazione, vi sia stato qualche cosa che l’abbia messa presto in guardia contro i così detti pericoli. È necessario quindi che le abbiano insegnato quel pudore che in natura non esiste; che, nelle prime letture, vi sia stata una direzione; che non abbia fatto le seconde letture; che abbia avuto la scuola del buon esempio; o che, avendo avuto per caso l’altra scuola, quei mali esempj abbiano partorito tali funeste conseguenze da spaventarla e da consigliarle l’apatia siccome la miglior ricetta per vivere tranquilla. Ma quando una donna cresce senza che le insegnino nulla — senza veder nulla — senza aver appreso niente alla scuola del mondo, formandosi da sè stessa sola il proprio carattere, è molto probabile, diremmo certo, che se non la salvano gli altri, da sè stessa non sappia salvarsi dalle prime seduzioni, e che ella affretti anzi la sua caduta — perchè il suo carattere morale non è che il suo temperamento fisico, l’unico consigliere ch’ella conosca.... senza conoscerlo. Ed è quello che sarebbe avvenuto a Maddalena, solo che avesse conosciuto Giulio prima d’aver ricevuto le lezioni di Severina, la quale, facendo un po’ di fisiologia dell’amore, le aveva insegnato delle cose che per una fanciulla potevano essere utili. — In genere — le aveva detto fra le altre — una ragazza che ha un amante e vuol sposarlo, non deve amarlo che platonicamente. L’uomo essendo cacciatore.... va in giro fiutando per cercare la sua selvaggina, che è la donna. Se la selvaggina pone una condizione al lasciarsi pigliare.... può essere che l’uomo non sappia resistere allo stimolo dell’appetito, e per poter mangiare.... accetti la condizione — ossia sposi. Se la selvaggina invece, sedotta dalle lusinghe del bel cacciatore, trascura di porre la condizione e non vola via, vien presa, cucinata.... e divorata. La condizione della donna nella nostra società è tale che noi dobbiamo dare — nel fare il primo passo — la maggior importanza a quello che per noi realmente non ne ha — o se ne ha una.... è negativa — perchè ponendo sempre quella condizione, molti uccellini dal becco gentile vedono, con grande dolore, un cacciatore dopo l’altro prendere la fuga e restano là sempre sul ramo, essi che, poverini, si farebbero pigliare tanto volontieri.... finchè.... sfiancati dall’ambascia, sfiatati e spiumati.... cadono e spirano. Questo dico — diceva Severina — quando si vuole il matrimonio che nella nostra società assicura la considerazione.... e il pane, anche se si è brutte o si ha perduto la profittevole gioventù. Quando si è disposte a farne a meno del matrimonio, e si ha il coraggio di andar incontro a tutte le incertezze e a tutti i rischi.... allora è un altro pajo di maniche. Ma allora bisogna anche prendere, e presto, l’offensiva contro gli uomini. Severina non credette dover spiegare a Maddalena che cosa fosse quest’offensiva. Maddalena voleva il matrimonio — non solo perchè sua madre aveva sposato suo padre, ma perchè essendo fortemente innamorata di Giulio, non voleva correre il rischio di perderlo col non porre l’accennata condizione. Ma Giulio non accettava. Non poteva — diceva egli. — Uno zio molto ricco l’aveva minacciato di privarlo dell’eredità se mai avesse a prender moglie senza il suo permesso, perchè la moglie voleva dargliela lui. Lo zio ricco c’era infatti, ma guai a Giulio, se dopo l’affare della cambiale avesse osato pur di salutarlo! Ora Giulio — diceva lui — non voleva sposare altra donna che Maddalena, ma bisognava aspettare che lo zio facesse il suo dovere di zio, ossia prendesse un biglietto d’andata.... senza ritorno — ma intanto potevano amarsi!! — Sì, amiamoci platonicamente — diceva Maddalena — cosa che accomodava pochissimo a Giulio, il quale per la fanciulla aveva un forte capriccio, reso anche più acuto dalla certezza assoluta d’esserne il primo amante — ma non comprendeva l’amor platonico e non voleva, nelle sue circostanze, nemmen fermarsi sulla parola matrimonio, visto che per la moglie occorreva un bell’appartamento, una buona tavola, un morbido letto, abiti, cappellini, divertimenti.... tutta roba che costa, e visto che non conveniva rinunciare a Severina, ossia al proprio benessere futuro. * * * Amiamoci platonicamente.... Ma era platonismo quello? Sì, se platonismo vuol dire.... vuol dire.... allora era platonismo per loro come lo è per molti amanti, come lo era per quella tal mamma che diceva: — Nè per.... nè per.... la mamma non sgrida mica.... basta che.... — A noi pare una ipocrisia, una transazione peggiore del così detto male. L’amore, nascendo per mezzo dei sensi ed essendo continuamente servito dai sensi, non può conservarsi perfettamente spirituale. Eliminala la perfezione, siamo ridotti al più o al meno materiale a seconda degli individui — e per quanto riguarda la sua sfera d’azione, alle circostanze, alle paure.... ed anche agli interessi. Or, quando in amore non può esservi il più completo abbandono dell’anima e della materia avvampanti d’una sola fiamma — e si cerca un _modus vivendi_ — l’amore perde affatto il suo carattere sacro e diventa una.... mostruosità. Ah! perchè mai, a questo punto, non possiamo scrivere latino?! Maddalena poteva ancor presentarsi come _Rosiera_, ma il suo spirito s’era corrotto e il suo fisico ne risentiva guasti orribili. — E amava da pochi mesi soltanto! — Ma poteva ella, a lungo andare, uscire vittoriosa da tale lotta? — Noi abbiamo veduto quali fenomeni si manifestassero in lei — che cosa ne pensasse il medico — che facessero i genitori — e infine la ribellione di Maddalena che, quando l’amorosa febbre fu giunta al parossismo, non volle più saperne di subordinazione, di convenienze domestiche. Era pronta a tutto. E glielo disse a Giulio, l’indomani — dopo avergli narrato la scena avuta in casa. — Guarda, Giulio.... io spero che non avrò altre noje di questo genere, ma se mai tornassero ad importunarmi per farmi sposare quell’imbecille.... o chiunque altro...., io ho già deciso.... io lascio famiglia e tutto e vengo con te.... E allora avvenga che vuole.... Io sento che non posso essere d’altri che tua! — Queste parole, che avrebbero trasportato in cielo un vero amante, diedero un colpo mortale al capriccio di Giulio — lo spaventarono tanto che, a sua volta, decise subito in quello stesso istante di troncare ogni rapporto con Maddalena. Ispirare una passione, anche furiosa, lo lusingava, purchè però questo non avesse mai a frastornare i suoi piani. Se Maddalena, come qualche altra di sua conoscenza, si fosse rassegnata, pur con grave suo sacrifizio, a prender marito, serbando viva la sua passione per lui Giulio.... ah! allora sì.... anzi quello era il da farsi, perchè il loro amore sarebbe entrato in una fase novella, nella quale i voti ardentissimi avrebbero trovata larga soddisfazione — ma, Maddalena, che rifiuta un partito conveniente ed è risoluta a rifiutarne quanti altri possono presentarsi, non solo, ma ad abbandonare la casa paterna per gettarsi nelle sue braccia.... per sempre!.... ah! questa prospettiva è spaventevole. — Perdere Severina?.... Ah! non fia mai! Bisognerebbe essere pazzi. E un Giulio commetter pazzie? Ma siete matti? In quel momento, tuttavia, ringraziò con effusione la generosa fanciulla.... le disse che il di lei sacrifizio lo commoveva fin nelle viscere — pianse con lei.... sul crudele destino che li perseguitava, le giurò eterna fede, e la abbracciò e baciò con tale trasporto, che la povera radazza, sentendosi suggere dalle labbra e la vista e la vita, non avrebbe certo ricordato le utili teorie di Severina.... se egli in quel punto, temendo una _buona fortuna_ come la più grande delle sventure, non si fosse imposto un assoluto rispetto.... Maddalena partì compresa d’immensa gioja.... e l’ultima sua occhiata, l’ultima sua stretta di mano dissero a Giulio la di lei profonda riconoscenza. Egli l’aveva risparmiata, quale maggior prova d’amore? Il giorno successivo, Giulio s’appostò in modo da non essere veduto da Maddalena; quando, secondo il solito, ella separossi dalla Brigida, la lasciò continuar sola il suo cammino, e raggiunse invece la domestica consegnandole un biglietto per la giovinetta. Quindi s’allontanò. Egli non aveva altro a fare. _Era libero!_ Maddalena errava tutta mesta e inquieta nella via in cui avveniva regolarmente il suo incontro con Giulio, soffermandosi davanti a questa e a quella vetrina, dando ad intervalli rapide occhiate or in questa, or in quella direzione, per veder s’egli giungesse; per la prima volta Giulio non era il primo al convegno — quando con sua sorpresa sentì la voce di Brigida dirle sommesso: — Prenda....; una lettera per lei. — Una lettera di chi? — Di lui. — Oh! Dio! — e Maddalena, come colta da un triste presentimento, impallidì; poi: — Chi te l’ha data? — Ma lui! — Ma perchè? — Cosa vuole che ne sappia io? — Aspetta — ed entrata in una porticina, aperse e lesse: «Mia carissima, «Perdonami se jeri non ti ho detto che ragioni d’interessi mi obbligano ad assentarmi per qualche tempo.... ma davvero, in quel momento di tanta espansione, io non avevo il coraggio di avvelenare la tua purissima gioja con una sgradevole notizia. «Puoi imaginare se io non farò di tutto per abbreviare la mia assenza! «Quando sarò di ritorno...., credo fra un mese, sarà mia premura d’incontrarti. «Ricordati di me. «_Tuo affez._ G.» Afflittissima, e tuttavia senza ombra ancora di diffidenza nè di sospetto, tornò a casa. Ma, allora, letto, riletto quel foglio, meditando a lungo su ogni frase, per quella temenza che prende sempre chi ama, si turbò. Studiando l’atteggiarsi delle parole, per indovinare, le parve di trovare troppa regolarità. Giulio non poteva sentire alcun dispiacere scrivendo quelle linee.... era freddo. E poi era un esprimersi da uomo innamorato quello? _Quando_ sarò di ritorno.... _credo_ fra un mese.... Quando? Credo? E per un mese egli la lasciava senza nuove — e non ne desiderava di lei? _Ricordati_ di me...? Ed egli? E dove andava? Ragioni d’interesse? La sua mente si perdeva.... Ella ebbe paura e pianse. Ma quel pianto non poteva essere lungo. Quasi subito si rivide, il giorno prima, in compagnia di Giulio, che la rendeva pazzo di felicità — e a quella visione incantevole, ogni timore sgombrò. Era allora la fine d’aprile. Attese con pazienza, con quanto dolorosa pazienza lo dican gli innamorati, che passasse quel benedetto mese. Ma quando fu scorso.... e uno, due.... dieci altri giorni si successero, senza ch’egli comparisse.... allora ella non ebbe più la forza di reggere al tormento, che ogni giorno si faceva sempre più atroce.... e andò a casa di lui. — Il signor Giulio Bindi è tornato? — chiese alla portinaja. — Dice? — Il signor Giulio Bindi. — Non lo conosco. — Ma se abita qui! — Qui non abita nessuno.... nè lui.... nè altri. — A tali parole per lei insensate, Maddalena cominciando a credere di parlare con una demente, disse: — Ma come!... non si ricorda più d’avermi veduta molte volte passare in compagnia del signor Giulio Bindi? — Oh! Sarà benissimo! — e la portinaja ebbe uno strano indecifrabil sorriso — ne passan molte qui in compagnia.... ma qui non si domanda il nome di alcuno. — Ah! Dio.... Permetta che sieda.... perchè io mi sento male. — Maddalena aveva la fronte coperta di freddo sudore, e si sentiva infatti svenire.... Dopo essere stata un momento seduta, appoggiata alla spalliera, muta, il capo chino, gli occhi velati, respirando con affanno.... ripreso coraggio, fissando quella donna, esclamò: — Ma allora...?! — Ma allora — fe’ ruvidamente colei impazientata a siffatta scena, che le pareva incomprensibile — allora questa è una... — Ah! — stridette Maddalena raccapricciando, e balzata in piedi, colle mani nei capelli, fuggì.... — Quante sciocchezze! — borbottò la portinaia sedendo e ripigliando la sua calza. * * * Quando Maddalena fu nella via, avvedutasi che tre o quattro persone s’erano fermate di botto osservandola con curiosità, diventò rossa. Con uno sforzo pensò a darsi un contegno più dicevole per una giovinetta, e tornò a casa — ma tremava tutta, i suoi denti battevano e le labbra erano bianche. I singulti le straziavan la gola, e la sua mente sconvolta così s’agitava: — La sua casa!.... la sua _casa_!.... e io non avevo capito niente? Ma come capire, se io non sapevo niente? Ah! Giulio, tu mi tradisci..... ma se mi tradisci..... guai!.... Un mese.... ragioni d’interessi.... Bugiardo!.... Ah! se ti trovo.... Se.... E ora dov’è? Come potrò rintracciarlo? Come?.... Come.... ah! sì.... sì.... già.... che me ne importa poi a me della sua famiglia.... di tutti i motivi che possono aver la sua famiglia e lui.... e tutto il mondo!?... Sì, andrò da sua sorella.... e.... e per Dio! che allora saprò dove si può andarlo a cercare! — Alla certezza che fra poco avrebbe saputo tutto, si fece un po’ più calma. Ma come sbattevano ancora quelle palpebre! Senza por un minuto in mezzo, giunta a casa, salì immediatamente da Severina e tirò il cordone del campanello. Ma in luogo di vedersi schiudere al solito, udì un leggiero sfregamento nell’uscio, e tosto, all’aperta spia, le apparvero gli occhi inquieti della domestica. — C’è Severina? — Sì.... ma c’è gente.... — rispose quella a bassa voce e con aria misteriosa. — Allora tornerò. Ho bisogno di parlarle. — Torni, sì.... ma domani.... e... più tardi. — Va bene. — La spia si chiuse, e Maddalena scese sospirando. Bisognava attendere ventiquattro ore. Fu bene per tutti che Severina in quel momento avesse gente — se no, alle rivelazioni di Maddalena, chi sa quali scene sarebbero seguite! Allora non vi sarebbe stato certo un incidente che, se mise alla prova la bontà del cervello di Maddalena.... fu anche la medicina che la guarì per sempre del suo amore. * * * La giornata fu tanto lunga e uggiosa per Maddalena, che ella non aspettò la notte per coricarsi. Il crepuscolo cominciava appena quand’ella chiuse, contro il solito, le imposte, e si pose a letto. Le pareva che, circondandosi di tenebre, non solo i suoi occhi, ma anche la mente, potessero cessare di vedere — e riposare. Ma s’ingannava. Le giovanissime e robuste membra avrebbero avuto piuttosto bisogno d’una eccessiva fatica fisica per poter esser fiaccate e ridotte in balìa del sonno. Nella pienezza delle forze, dopo tante commozioni, in un simile stato d’esasperazione, credere che fra le coltri, nell’oscurità, in una calda sera di giugno, il travaglio dell’anima e dei sensi potesse scemare, era un errore, di cui ella dovè ben presto sentire gli effetti. Allora il cervello s’accese, e se prima aveva solo sospettato, temuto il tradimento.... allora Maddalena, senza alcun sforzo, se ne fece una realtà con colori tali che le tolsero ogni lume di ragione. Avvoltata nel lenzuolo, s’agitava sul letto, inconscia di sè, abbandonandosi a tutte le stravaganze che, in quello stato morboso, divenuta preda di sè stessa, la passione le imponeva. Era un delirio. Or inveiva contro Giulio, caricandolo d’improperj — or gli rivolgeva dimande, e poi, come se avesse avuto risposta, gli replicava furiosa.... e il dialogo continuava fra il suo labbro e la sua mente.... Piangeva.... narrava le sue torture.... supplicava e.... s’adirava di nuovo.... ma tosto — le era forse stata detta una parola, una menzogna pietosa.... perdonava, gli rivolgeva i più teneri accenti — il sereno era tornato, rideva, si confessava pazza.... chiedeva scusa. — Seguiva un lungo silenzio, pareva assopito. Ma quindi si ridestava in un nuovo accesso di furore....; il tradimento era provato....! «Sei andato con lei....! Chi è? Voglio saperlo! Voglio ucciderla.... e te pure ucciderò.... ma.... dilaniarti voglio!» Il farneticamento durò più ore.... poi il sonno tanto invocato, e invano, al coricarsi, la colpì fulmineo. Batteva il tocco dopo mezzanotte quando si svegliò. Si sentiva alquanto ristorata — la mente era un po’ confusa, ma calma. Ricordava il patito trambusto, ma con indifferenza....; l’esaurimento di forze la rendeva insensibile al dolore. Aveva solo una sete ardente — accese il lume e bevè. Poi, coll’occhio semichiuso, affaticato, stette qualche tempo appoggiata alla spalliera, immobile, senza pensiero.... A un tratto le parve di sentirsi male, d’essere oppressa dal caldo, di non poter più respirare. Lentamente lasciossi scorrere giù dal letto, e vacillante mosse alla finestra ad aprirne le vetriate. Sedutasi quindi là, respirò avidamente per procurarsi qualche sollievo, ma non ne ottenne, chè non spirava un filo d’aria. Ai primi di giugno, la temperatura era già torrida. Da un mese e più non cadeva una stilla di pioggia. Fra la notte e il giorno unica differenza era l’assenza del sole. La stagione quell’anno era troppo bella, e gli uomini invocavano fulmini e tempeste che li liberassero da tanto felice primavera. Dopo un quarto d’ora d’inutile attendere, Maddalena, non provando alcun refrigerio, stava per tornarsene a letto, quando udì chiudersi forte lo sportello della porta di casa. Ciò non la interessava punto, ma quando vi si aggiunse un rumor di passi nell’androne, vi prestò attenzione. Chi poteva venir a casa a quell’ora? Non era nelle abitudini di alcuno degli inquilini. Severina forse?... Ma il passo era d’uomo.... Il rumore cessò.... L’uomo saliva. Maddalena continuò a porger orecchio, e ben presto la sua piccola curiosità fu appagata. Le imposte di una finestra furono schiuse, e una voce maschile, che veniva dalla camera di Severina, disse: «Ma qui si soffoca!» Maddalena, al suono di quella voce, balzò in piedi, col sangue rimescolato.... e stette un momento, prestando sempre orecchio, tutta ansante, colle occhiaje spalancate. Era.... non era.... non poteva credere.... attendeva qualche altra parola per avere una certezza qualunque. E l’ebbe subito. Un _No_ alto, sonoro, squillò, e vi tenne dietro un argentino riso di donna. Maddalena mandò un gemito. V’era la peggiore, la più temuta delle certezze. Era lui! Allora, sconvolta, quasi demente, corse a soffiare sul lume, poi, a piedi nudi, brancolando nel bujo, riuscì di nuovo alla finestra, e con cautela, per non essere udita, ne socchiuse le gelosie tanto da poter vedere senza essere veduta. Sulle prime le fu impossibile distinguere bene, perchè la notte era chiara, e nella camera il lume era collocato in modo che dalla finestra di Maddalena non si vedeva d’illuminato che una piccola parte del pavimento presso il terrazzino. Ma presto la scena mutò, ossia divenne più ampia e meglio visibile...., troppo. Giulio, che era seduto, celato dal fogliame del terrazzino, si alzò e mosse per entrare nella camera, ma si fermò nel vano della finestra. Parlava con qualcuno, ma non si udiva nulla. Prese quindi il lume, ch’era sur un mobile a lui vicinissimo, e s’avanzò lentamente verso il fondo della camera. Posò il lume sur un tavolino da notte, e si trasse in disparte facendosi invisibile a Maddalena. Allora la camera si rischiarò tutta, e la fanciulla vide il letto, e sovr’esso, in posa languida, colle mani che s’intrecciavano sulla fronte, il seno ignudo, Severina. I suoi occhi parevano chiusi.... parlava a spizzico.... e sbadigliava di tanto in tanto.... sorridendo deliziosamente. A un tratto si scosse da quella specie di torpore, certamente artificiale, e coll’indice accennò alla finestra, ordinando alcunchè. Ma, siccome non veniva obbedita, fe’ un celere movimento ed era per balzar dal letto — ma trattenuta — parve — da una parola o da un gesto, si mise nuovamente a giacere nella posa primiera. Maddalena vide allora ricomparire Giulio alla finestra e, preso il cordone, farne calare la tenda.... Furibonda a tale atto, fu sul punto di gridare.... — ella voleva sapere, tutto sapere, avesse anche dovuto perdere la vita in quell’ora — ma la _speranza_ (!) di non essere delusa del tutto, che ancor restasse qualche spiraglio, le diè la forza di frenarsi. Non _sperò_ indarno; chè se la tenda dapprima scese tutta fino al suolo, un leggier cigolío disse subito che si voleva lasciare un vano in alto per non togliere affatto la possibilità di ventilazione alla camera. Maddalena ebbe quindi la triste consolazione di rivedere la camera fra un interstizio di circa una spanna. Ma di visibile ora non v’era che la parte superiore del letto, poco più del guanciale. — Tuttavia a Maddalena bastava. Essa, dopo qualche minuto, vide Severina con gesto vezzoso chiamare a sè Giulio, come se desiderasse qualche cosa — e poscia, dovendo aver ricevuto un diniego, mettersi a finger di frignare, agitando la mano. Allora Giulio s’avvicinò al letto e porse a Severina il suo sigaro acceso. Quella, non più frignante, soddisfatta, si mise a fumare beatissimamente. Indi Giulio sturò una bottiglia e versò del vino color ambra in due calici, offrendone uno a Severina. Ella si levò reggendosi sul gomito, preso il calice, vi posò le labbra e libò lentissimamente, guardando _lui_. Gli rese poi il cristallo, e, come affaticata, si lasciò cadere il capo sul guanciale, coll’occhio semispento sempre in lui, e col sorriso di chi muore vedendo aprirsi il cielo. Egli si curvò a baciarla, e si rizzò quindi facendo colla mano: — Aspetta. Maddalena, per quanto si tenesse aggrappata con una mano alla ringhiera colla disperazione del naufrago, non poteva più sostenersi. L’altra mano, che teneva socchiuse e a un tempo unite le gelosie, era in tal convulsione che le imposte, come per vento, s’agitavano. E.... un’ora ebbe il coraggio di restar là.... tremante di odio.... grondante di sudore, or gelido, or cocente — ma quando in quella camera, ad un tratto, si spense ogni luce.... anche le sue forze si spensero e cadde inginocchioni come tramortita. — Maddalena! — gridò la madre dalla stanza attigua, destatasi di soprassalto al rumore che la figlia nel cadere aveva fatto, rovesciando la sedia e urtando nella vetriata. La fanciulla con un sforzo eroico ricuperò in un lampo gli spiriti, e potè persino dire con calma: — Che vuoi, mamma? — Ma cosa fai? — Nulla, m’era caduto il libro e sono andata giù a raccoglierlo. — Ma ti pajon queste le ore da leggere? — Ecco, ho finito. — Allora si mosse, si buttò sul letto di traverso e vide farsi giorno, senza che dagli occhi accesi potesse spremersi una lagrima, straziandosi il seno colle unghie per impedirsi di urlare. Quando il primo raggio di sole entrò a dirle che poteva alzarsi.... guardossi le mani.... erano sanguinolenti.... guardossi nello specchio.... si metteva orrore — era una furia. — Fece per scender dal letto.... non potè.... era tutta attrappita e indolenzita. Si cacciò fra le coltri, ove la stanchezza e la luce del dì riuscirono ad assopirla. * * * Quando risvegliossi, era mezzogiorno e più. Sulle prime guardossi intorno smemorata, ma quando il suo occhio posossi sulla finestra ancor aperta.... allora le si presentò alla mente tutta la terribile notte, rivide l’odioso quadro, e balzò dal letto coll’impeto d’una fiera.... Quello doveva essere il giorno della vendetta.... quale, poi, ella non sapeva... ella sapeva solo che voleva vendicarsi — e di entrambi! Ma prima, di Giulio...; vederlo, fingere di ignorare, trangugiarsi tutte le di lui menzogne.... e poi.... e poi.... oh! l’ira l’avrebbe ben ispirata! — Dopo.... avrebbe pensato a Severina. Si vestì per uscire.... ponendo una cura speciale in ogni minuzia della sua _toilette_. Voleva essere bellissima.... onde Giulio avesse a sentire tutta la perdita ch’egli faceva in quel giorno.... sciocco! Stava abbottonandosi i guanti quando fe’ capolino nella camera la madre, curva, gelatinosa, che vedendo la figlia vestita fe’ le meraviglie. — Come!.... ti credeva ancora a letto io.... Sono venuta qua tre volte, ma dormivi sempre, ed io ti ho lasciata stare. Vedi cosa vuol dire legger troppo! Vai fuori? — Sì. — Non fai colazione? — No. — Vuoi che te la prepari? — No. — Vai, senza neanche salutarmi? — Sì.... addio. — Sei sempre in collera per l’affar del matrimonio....? Oh! che tosa.... — Maddalena era già sul pianerottolo e non udiva più. Quando fu abbasso, si fermò, domandandosi dove andava. Ella aveva pensato a tutto fuorchè a questo. Fortunatamente ricordò che Giulio frequentava due dei principali caffè. Là qualcuno avrebbe saputo indicargli il domicilio di lui. E si avviava, quando s’imbattè nella fantesca di Severina, che veniva dalla strada. — Spero che non sarà salita dalla signora — disse quella. — Perchè? — fe’ Maddalena, fermandosi punta da sospetto. — Perchè non avrebbe potuto riceverla. C’è gente anche oggi. — Ah! — e suo malgrado la fanciulla arrossì per tosto impallidire. — È quel giovinotto che è venuto da lei jeri sera tardi? — Come lo sa? — e la fantesca la guardava sorpresa. — Diavolo.... non vi sono segreti fra me e Severina.... Anzi.... prima di uscire voglio salire a salutarli. — Ma.... — Ma che cosa? Lo conosco molto io quel giovine. — E se la mia signora mi sgrida? — Non temere.... Mi credi forse capace di commettere un’indiscrezione? — Faccia lei. — Salirono, la domestica aperse, e Maddalena si precipitò nell’anticamera. — Dove sono? — Là.... — Bene. — Maddalena, coll’occhio sfavillante d’ira e di gioja a un tempo, spalancò l’uscio indicatole dalla servente, e si presentò sulla soglia, colle braccia incrociate sul seno, squadrando Severina e Giulio che stavano a un tavolino facendo colazione. — Ma bravi! — esclamò essa. Giulio si turbò.... ma subito si ricompose. Quanto a Severina, dopo un primo moto di sorpresa, represse la noja che le cagionava quella visita intempestiva, e disse cortese: — Avanti.... avanti. Che buon vento? — Maddalena s’avanzò fino al tavolino. Una convulsione, che si sforzava invano di padroneggiare, le agitava le membra. L’ira e il dolore erano così intensi che voleva prorompere e non poteva disserrar le labbra. S’appoggiò coi pugni alla mensa.... e guardò per qualche istante or l’una, or l’altro. Giulio non diceva parola, e a capo chino attendeva rassegnato la burrasca. Severina, che non capiva nulla, disse freddamente: — Ma di’ un po’, Maddalena, si potrebbe sapere....? — La fanciulla allora ruppe in uno scroscio di riso così stridulo, così spasmodico che pareva pazza.... e fe’, con accento che a Giulio mise i brividi: — Che bravi commedianti siete voi.... per darla ad intendere al mondo!.... Suo fratello! Ah! ah! ah!.... tuo fratello! — Severina guardò attonita Giulio, il quale fece un movimento per alzarsi — ma Maddalena gli afferrò il braccio e lo forzò a star seduto, gridandogli furente: — Se ti muovi.... se dici una parola.... ti schiaffeggio, sai! brutta faccia smorta!.... — E allora, vedendoli ambedue allibbiti e tremanti, sentì come un disdegno supremo di dir altro a simil gente. Guardò per l’ultima volta Giulio, concentrando in quell’ultima tutta la nausea, tutto il disprezzo, quindi volte le spalle ai due, lentamente, dignitosa, grande.... uscì. Era guarita. * * * Due mesi dopo, il signor Paolo Minelli, detto _Minella Bellabarba_, notissimo e grosso merciajo, memore della felicità goduta colla prima moglie, di cui piangeva da dieci mesi la «_Ahi! immatura perdita_» — per regalarsi, cosa di suo pieno diritto, di nuova felicità, sposava, a cinquant’anni, ornato di precoce e perfetta calvizie, la signora Maddalena Papetti.... Precisamente così. Abbiamo detto che Maddalena, dopo quel piccolo e innocuo sfogo in casa di Severina, ne partì guarita. Il disprezzo aveva ucciso in lei amore e dolore.... Uscendo da quelle camere le pareva di non aver mai conosciuto nè Giulio, nè Severina. Felice natura! Buona stoffa! Qualche altra ragazza avrebbe pensato al suicidio — ed ella, non eran scorsi otto giorni che cominciava a ringrassare.... non poteva più vedere il caffè tostato, odiava il sale e gli agrumi, e quanto alle bibite spiritose, si limitava già ad un uso ragionevole. Aveva tutto obliato, tanto che una sera li incontrò per via e non sentì al cuore la più lieve puntura, nè al cervello la più piccola onda di freddo o di caldo. E quando lesse sur un cartellino alla porta che l’appartamento, di Severina era da affittarsi «_anche al presente_,» ebbe un sorriso di compiacimento. — E quando, pochi giorni dopo, Severina traslocò, non volle nemmeno fermarsi in casa, e per poter star fuori tutto il dì, trascinò i Papetti ad una scampagnata, in cui finalmente fu fatta la pace, per sempre, fra le potenze, senza umiliazioni da nessuna parte, ma con abbracci e inaffiamenti analoghi. La sera stavano sotto tutti e tre. * * * A diciassette anni, però, non si caccia un amore senza sostituirvi un nuovo amore o qualcos’altro. Quelle che vanno al Conservatorio, per esempio, possono ingolfarsi nell’arte.... che permette poi molti altri surrogati — ma Maddalena che non andava al Conservatorio? E sentiva un vuoto, un malessere, una impazienza, una noja, una smania senza scopo.... avrebbe voluto non vedersi più in quella città.... cambiar aria.... fare un’altra vita.... Fu allora che si pentì d’aver perduto volontariamente l’occasione di maritarsi. Oh! il suo sacrificio aveva proprio avuto una bella ricompensa! Se quel maggiordomo si fosse presentato di nuovo.... ella l’avrebbe accolto a braccia aperte. Ma ora tutto era guastato, ed il suo orgoglio non le permetteva certamente di mandargli a dire che aveva mutato pensiero. Allora disse: — Il primo che mi capita, foss’anche lo spazzacamino, purchè possa mantenermi, lo sposo. Lodevole risoluzione.... e tutt’altro che rara. E si può anche aggiungere che, sapendosi di una donna che è giunta a tal grado di.... filosofia...., è quasi lecito dire che cosa sarà un giorno. Quando si è in simili disposizioni e si è belle ragazze non si ha che a fare un po’ la civetta e.... lo spazzacamino, con un briciolo di pazienza, si trova. E lo trovò anche Maddalena, e più presto di quanto sperava. Il signor Paolo Minelli.... Un momento.... omettevamo di menzionare un incidente.... insignificante, per verità, in sè stesso, ma che per una certa relazione che ha col resto del racconto, non vuol essere taciuto. * * * I signori Soranzi, proprietarj della casa in cui abitavano i Papetti, avevano un figlio — unico — che si chiamava Oreste, e «faceva» l’ultimo anno di legge all’università. Venuto a passare in famiglia le feste di dicembre, gli avvenne, la mattina del giorno di Natale, d’incontrare Maddalena che, colla madre, tornava dall’aver ascoltato le indispensabili tre messe. Vederla, restar stupefatto e invaghirsene fu una cosa sola. Durante gli studj universitari, egli aveva perduto di vista Maddalena, che prima, d’altronde, e per la troppa giovinezza e per il suo modo di vestirsi e di acconciarsi, non attirava certo lo sguardo. Ma rivederla ora nel fiore de’ suoi vezzi, colla fisonomia animata dal primo amore di cui gustava, solo da un mese, il primo miele, ricordarsi d’un.... bruco e trovare una splendida farfalla.... come non restarne colpito? L’effetto del colpo si vide subito. Ogni festa egli salutava l’università e veniva a bearsi un momento gli sguardi nella bella fanciulla. Egli salutava — ella chinava il capo per quella deferenza convenzionale che ha l’inquilino pel padrone di casa, e tutto finiva lì. Era meno di niente, ma bastava a lui per riscaldarsi sempre più. È quel che avviene a ventiquattro anni. Voleva parlarle.... voleva farsi meglio capire da lei — ma come fare? Ella era sempre accompagnata. Finalmente una domenica — di marzo — essendo per caso sul balcone, vide Maddalena uscire.... sola. Non era scorso un minuto ch’egli si trovava al fianco della fanciulla, tutto ansante, e stava già per levarsi il cappello e dirigerle la parola.... ma ella a quell’atto finse di non riconoscerlo, si fece rossa di dispetto — egli credette di pudore — calò il velo, e affrettando il passo verso una chiesa poco lontana, vi entrò.... Oreste avrebbe fatto molto bene se l’avesse seguita, perchè avrebbe scoperto che facendo le viste di andar in chiesa a prender lezioni di dottrina cristiana, Maddalena entrava dalla porta maggiore.... usciva tosto dalla porticina di dietro, e di là si recava alla casa di Giulio — e tale scoperta l’avrebbe guarito perfettamente. Invece egli si fermò per paura di far paura alla timida cervetta.... e se ne tornò a casa più innamorato di prima. — «Oh! io sono stanco di far questa vita — diceva fra sè — _adesso_ prendo la laurea e poi la sposo. È povera.... ma sono ricco io, e basta.» — Le cose fino al giugno andarono avanti così, anzi peggio, perchè Maddalena non ebbe più occasioni di andar in chiesa all’ora della dottrina cristiana. Ma in giugno, verso la metà, mancando poche settimane a finire il corso, Oreste pensò che era tempo di fare il primo passo. E scritta una bella lettera di dichiarazione, la consegnò alla portinaia, perchè la facesse tenere in gran segreto a Maddalena. Quindi partì. La risposta era desiderata per la prima domenica. La lettera fu consegnata, e Maddalena, per quanto potesse desiderare un buon partito, fu ben sorpresa di vedere che aspirava a lei nientemeno che il figlio del padrone di casa. Da quella brava fanciulla che era, e anche per far presto — avendone abbastanza di quanto aveva passato con Giulio — diede la lettera ai genitori, i quali strabiliarono e piansero di contentezza. Ma la gioja.... ahimè! fu breve. Il padre Papetti, presentatosi al padre Soranzi e mostratagli la lettera del figlio dicendogli «che era venuto per prendere i debiti concerti fra genitori, come è uso in simili casi» — ebbe la sgradita sorpresa di vedersi stracciar la lettera sul muso e di sentirsi dire: — Mio figlio è matto.... Vi rimedierò io.... Spero che, dal canto loro, la cosa non avrà seguito.... altrimenti dovrò pregarli di andarsene da casa mia. — Papetti, esterrefatto, colpito da paralisi, non fu capace di dire più di «Sissignore....» e non si riebbe che quando, restato solo, comprese che si doveva uscire. Il padre Soranzi partì e tornò dopo due giorni — il figlio sospese le sue gite festive — e non se ne parlò più. Il padre Papetti disse in casa con calma e dignità che non avevano potuto intendersi sul capitolo interesse e che quindi non bisognava pensarvi altro. — «Del resto.... meglio! — aggiunse — il signorino è troppo giovane per essere un buon marito; per Maddalena ci vuole un uomo posato. E lo troverai.... sta pur sicura!» Papetti — chi l’avrebbe mai detto? — fu profeta. * * * Il signor Paolo Minelli — detto _Minella Bellabarba_ — stava di casa ed aveva anche, da venti anni, il negozio, precisamente di fronte all’abitazione di Maddalena.... quindi aveva veduto nascere, come si dice, la fanciulla. Più tardi ne aveva ammirato la serietà e la gravità, e diceva sempre a sua moglie: «Se io avessi una figlia, vorrei che fosse come quella ragazza lì.» Ma la figlia non venne mai — anzi, anche la moglie, forse perchè si vedeva inutile, pensò bene d’andarsene anche lei. Rimasto vedovo, dopo qualche tempo sentì che quel gran dolore che aveva messo sul cartellone funerale non lo opprimeva più.... Egli voleva ancora essere addolorato per sempre, e quindi sospirava, parlava continuamente della morta, ne vantava le virtù: — «Una donna come quella!» — ma in sostanza, più che pensare alla trapassata, sentiva delle aspirazioni verso le presenti. Maddalena aveva allora compiuto la sua metamorfosi, e il nostro buon Minelli non potè a meno di restar colpito da quella trasformazione, per cui, conservandosi sempre quella ragazza costumata, seria, grave, ecc., aveva acquistato anche le qualità più appetibili. Quella era la perfezione, perchè ve n’era per il morale e anche per il fisico, e Minella voleva appunto che le due cose non andassero disgiunte. Cominciò dal formar dei desiderj e, ai sospiri per la defunta, mesceva quelli per la viva. A cinquant’anni gli occorreva una ragazza soda. Nulla di meglio di Maddalena, ch’era soda di carattere — e di carni. Ma come aver l’animo di farsi innanzi? Egli la conosceva....; in addietro, per molto tempo le aveva dato anche del _tu_ — ma da qualche anno si stava sul _lei_.... Questo non voleva dir niente, ma egli si sentivo in soggezione. Se non avesse saputo — il Papetti non aveva potuto a meno di sfogarsi con qualcuno e la cosa s’era propalata — se non avesse dunque saputo del rifiuto dato da Maddalena a quell’altro, avrebbe avuto un coraggio da Don Giovanni.... ma così, sebbene si ritenesse ancora.... con poche ragioni, un bell’uomo — tuttavia non poteva nascondersi che cinquanta e diciassette anni, nel matrimonio, stanno male insieme. Si possono tutt’al più giocare al lotto. Ma ogni qualvolta egli la vedeva, la tentazione diveniva sempre più forte.... finchè una notte dovette prendere il partito di commettere la corbelleria.... ossia di tentar di commetterla. Avrebbe rifiutato anche lui....; pazienza! Se non altro sarebbe uscito d’incertezza.... e gli sarebbe sempre restata la consolazione della volpe. Maddalena, dacchè s’occupava tanto della sua _toilette_, andava spesso nel negozio Minelli — per cui il nostro innamorato ebbe presto l’occasione di parlare. Per attaccar discorso, cominciò dal dirle che gli pareva, da qualche tempo, di non vederla più con quella sua amica. Maddalena rispose che aveva capito non esser quella un’amica per lei. Allora Minelli, felicemente ispirato, disse che aveva ragione, perchè una ragazza bella, buona, onesta, laboriosa come lei... insomma, questo.... insomma, quell’altro.... conchiudendo con una frase che doveva servir di addentellato — «Beato chi sposerà una donnina cara come lei!» — Ah! Minelli in quell’istante aveva proprio l’occhio del pesce morto.... il che, con quella stortatura di collo, con quella gran barba nera e quei riflessi di luce sull’eburneo cranio, formavo un complesso abbastanza comico. Maddalena capì che c’era qualche cosa, disse fra sè: — Il mio uomo è forse qui! — e lasciandogli allora piovere lentamente negli occhi uno sguardo languido, affettuoso, disse solo: — Crede? — Ah! sì.... ma bisogna anche aver un coraggio da leone per osar di aspirare alla sua mano. — Perchè? — fe’ essa mostrando grande sorpresa. — Dico così, perchè so che ella ha già rifiutato un buon partito. — Non mi piaceva.... ed io ho avuto un po’ paura. — Con che grazia disse questo. Pareva umiliata del suo stesso rifiuto. Minelli allora, lisciandosi la lunga barba e facendosi pettoruto per mettersi tutto in rilievo — ma balbettando — sentiva avvicinarsi l’istante fatale della sentenza: — Chi sa.... chi sa che cosa Ella desidera!... Chi sa quali pretensioni.... giustissime del resto.... — Io?.... oh! signor Iddio! — Quanta umiltà in quella scrollatina di testa e nello sguardo dolcissimo. Come a dire: «Sono gli altri che devono degnarsi di me.... non io degli altri.» Il povero uomo sentissi conturbato da capo a piedi.... tanto che ella fece un grazioso inchino accompagnato da un «Riverisco,» ed uscì, senza che egli potesse più dir una parola. Maddalena passò tre giorni di fila davanti a quella bottega senza entrarvi, ma ricercando evidentemente collo sguardo il Minelli, che accorreva subito sulla soglia a salutarla.... Ella, che s’era fermata _per caso_ davanti alla vetrina, rispondeva _arrossendo_. Il quarto giorno, Maddalena tornando a casa, verso le cinque, notato dall’opposto marciapiedi che Minelli era solo in bottega, attraversò la via ed entrò. — Vede.... pover uomo? — esclamò sospiroso il merciajo — qui solo come un cane. Mentre tanti hanno moglie e non sanno che farne.... io.... — E perchè non la prende? — Perchè amo una donna sola.... e non so come dirglielo. — È così difficile? — Ah! sì.... è troppo bella! — Maddalena sembrò non capire nemmeno che si potesse trattar di lei — disse solo sorridente e buona: — E allora.... se non glielo dice.... non lo saprà mai. — Poi tacque e arrossì sotto il di lui sguardo luccicante. Egli, dopo un istante d’imbarazzo..... si fece cuore. — Chinatosi, le prese una mano, che stette qualche tempo a contemplare in estasi.... poi si levò lentamente un anello dal mignolo e glielo posò sulla rosea estremità dell’anulare.... e, respirando con affanno, mormorò: — Ecco.... gliel’ho detto.... Ora attendo la risposta. — Ella tacque alquanto, meditabonda, mesta.... poscia con voce commossa e con due lagrime — due perle! diceva Minelli quella sera all’osteria — disse con espressione di riconoscenza: — Grazie. — Indi uscì.... portando con sè l’anello. Minelli era solo, ma gridò come fosse sur un palcoscenico: «Oh! gioja!» Un’ora dopo, egli faceva la sua prima visita ai Papetti — e, come s’è visto, fu un matrimonio a vapore. — Per noi già non occorrono nè informazioni, nè lo studio del caratteri — diceva Minelli. — Ci siamo sempre conosciuti! — Il mattino susseguente la domanda del merciajo, Papetti volle proprio incontrar Soranzi padre e dirglielo: — Sa poi.... mia figlia sposa nientemeno che il signor Minelli. — Perchè niente più? — ribattè l’altro, ironico. — Oh! è abbastanza. — Chi si contenta, gode. Piacere tanto! — e, salutatolo coll’indice, se ne andò. — Che rabbia che ha! — disse Papetti fra sè con una buona fregatina. Quando un uomo prende una donna come moglie, l’ultima cosa di cui si preoccupa — quando pur se ne preoccupa — è l’opinione vera che questa donna abbia di lui e perchè ella acconsenta a sposarlo. Gli basta d’essere sposato, e include nel fatto che ella nutra la «grande stima» e «l’ardente amore per lui». — Ora, quando un uomo si trova nelle condizioni che devono piuttosto alienare da lui, che avvicinargli una bella fanciulla, come mai non si spaventa all’udire che essa acconsente a divenir sua.... tutta sua? E invece se ne rallegra.... e crede che gli altri se ne rallegrino con lui sul serio!? È vero che ve n’è anche di quelli, i quali, quando si sono messi in mente di sposare quella tal donna, la vogliono a qualunque costo.... e la sposano persino sapendo che ella non sa proprio cosa farsene di loro — anzi forse appunto per questo — come se il possedere un corpo inanimato o animato da spiriti ostili e disposto necessariamente alla vendetta, fosse cosa invidiabile. — E voi cosa volete farci? Così noi sappiamo che il signor Minelli condusse a casa la sua sposina, convinto di due cose: — ch’egli era il di lei primo amore e che ella era fior di roba. E Maddalena seppe tanto bene inebbriarlo, stordirlo colla bellezza, colle sue carezze, e colle arti apprese alla scuola di Giulio, che egli vi perdette la testa. Avrebbe dovuto sospettare qualche cosa.... non è vero... a tanta scienza....? ma egli non poteva sospettare; egli diceva semplicemente: — «Questa è una donna!.... altro che la mia prima!» — E siccome non s’era mai trovato a simile festa, — l’abbiamo detto, — perdette la testa. Qui bisogna sapere ch’egli in origine era un povero garzone di negozio, al quale si poteva predire anche.... nessun avvenire. La fortuna volle che a sua madre venisse in mente di farlo entrare in uno dei così detti _oratorj_. — Sono congregazioni di gente di tutte le età e condizioni, la quale i giorni festivi si diverte, prima di pranzo, in una cappella, per quattro o cinque ore, ascoltando delle messe, delle prediche, cantando a squarciagola dei _Magnificat_, dei _Maria Mater Gratiæ_, ecc. — e dopo pranzo, in un giardino.... non troppo all’inglese, giocando ai birilli e alle pallottole — con finale purificazione serale, dei maggiori, all’osteria. All’oratorio un sacerdote prese a voler bene al nostro Minelli, per la di lui dolcezza e ingenuità, coprendolo della sua protezione e, venuto il tempo, gli trovò anche la moglie. Era una fanciulla di trent’anni, discretamente tarlata, se non nella virtù, nel fisico, ma che portava una ventina di mille lire nel grembiale. Dormiva poco, mangiava meno, scopava molto ed era tanto economa da far dire che le mancava persino il cuore di mirarsi nello specchio per paura di sciuparlo. Senza idee al di là della calza, un ghiaccio per quello che di solito infiamma le donne — e infine religiosa. Questo non occorreva nemmen dirlo. Ebbene, un simile matrimonio passò venti anni sereni e tranquilli, in cui se non si contribuì alla propagazione della specie, si misero insieme onestamente altre centomila lire, cosicchè quando Minelli prese la seconda moglie, era padrone di centoventimila lire, oltre l’avviamento del negozio, che ogni anno prosperava sempre più. Sposare Maddalena, e mutarsi il vento e tutto andare a precipizio fu una cosa sola. * * * Con quali idee era entrata Maddalena nel matrimonio? Con nessuna e con tutte. Avrebbe veduto e, a seconda delle circostanze, si sarebbe regolata. L’importante per lei era maritarsi.... per le ragioni che conosciamo. Il marito era ricce.... «Tanto meglio! — si disse — godremo la vita. Ormai già non mi resta a far altro a questo mondo.» E si accinse a godere colla smania con cui vediamo sulla scena un affamato gettarsi sur un pasticcio. Di simpatia, d’amore, di stima, di intime compiacenze della vita di famiglia — non era a discorrersi neanche per baja. Se avesse potuto sposar Giulio quando la sua fede in sè e in lui era intiera, l’amore le avrebbe dato quei principj, quelle convinzioni che occorrono per una donna di famiglia — perchè una donna innamorata è capace di tutto e, non persino, ma principalmente d’essere onesta. Ma l’amore essendole stato strappato dal seno, di sorpresa, con tanta violenza, ella rimase come.... senza un viscere, eppur viva. Ella non fu più una donna. Coll’amore aveva perduto ogni senso morale, ciò che si chiama cuore — e, quel ch’è peggio, senza alcuna speranza di riacquistare nè l’uno nè l’altro. Dunque: marito ricco e godere. E per disgrazia, Minelli, invece di frenarla, si associò a lei a lavorare per la comune rovina. Egli, che durante tutta la sua vita non aveva dato prove che d’energia e di buon senso — trasportato dalla sua folle passione, non diede, dopo le seconde nozze, che prove dì debolezza e di stoltezza. Nonchè rifiutare.... offriva. — Anche le cose a cui Maddalena sarebbe stata indifferente, quasi quasi venivano da lui imposte. «Oggi faremo» — «domani andremo» — «ecco cosa t’ho comperato....» e così via. Non v’era da desiderare. Era già fatto. Niente di meglio per Maddalena. Abiti, giojelli a profusione, gite di piacere, teatri, cene, pranzi, e tutto senza posa al punto che doveva essere un faticare piuttosto che un godere. La casa, che durante il primo matrimonio era arredata con una semplicità quasi campagnuola — vi si vedeva il puro indispensabile e tutta roba di gusto più che tramontato — ora pareva un _bazar_. E il cambiar il vecchio in nuovo aveva costato quindicimila lire. Il ragioniere del signor Minelli vedeva con spavento questo scialacquo crescente, e arrischiava talora una timida osservazione.... Minelli ascoltava, gonfiava le gote, poi si passava una mano sulla fronte.... e le cose continuavano sempre sullo stesso piede — il che vuol dire sempre in peggio, perchè le rendite non aumentavano e non si faceva che consumar capitale. Il ragioniere, vedendo l’inutilità delle sue premure, tacque, lusingandosi che, quando alla chiusura del bilancio sarebbe risultato il guasto profondo fatto da tante follie nella situazione della casa, il signor Minelli avrebbe fatto senno. Ma s’ingannò. Minelli vide, fu malcontento, disse che bisognava fare, che bisognava dire, che sperava anni migliori pel seguito.... ma che quanto alle spese di casa era difficile ridurle.... Però avrebbe fatto il possibile. Si capisce subito che non fece niente. La solita storia. Non v’è alcuno di quelli che si rovinano, che non lo sappiano di rovinarsi, eppure nessuno sa fermarsi a tempo e salvarsi. In che cosa mai sperano? Un fatto che avrebbe dovuto avere le più benefiche conseguenze per casa Minelli, fu invece una cagione di nuove spese, e nulla più. Vogliamo parlare del giorno in cui Maddalena mise alla luce una figlia. Allora si vide alcun che di stranissimo in quella casa. Si festeggiò la nascita con un ricevimento, in cui, fra confetti e vini di lusso, si consumò in poche ore un capitale, si fecero brindisi innumerevoli alla neonata, alla puerpera, vi furono dei versi sulle gioje della famiglia, vi furono complimenti, abbracciamenti e baciucchiamenti senza fine per il papà, per l’avventurata mamma, che il cielo aveva benedetti subito regolarmente.... e poi, buona notte! l’indomani si mise la bambina sulle braccia della nutrice, che partì, e non si parlò più di figlia nè di gioje della famiglia, come se nulla fosse nato....! Le varietà del genere _madre_ sono infinite. Accenneremo solo delle seguenti: Vi sono delle madri-nate che amerebbero i proprj figli anche se il padre fosse la creatura più odiosa, anche se egli si fosse sottratto colla fuga a qualsiasi responsabilità. — Vi sono delle donne che amano i figli, perchè amano il marito — altre che si rassegnano a mantenerli, perchè non si è potuto non averli e li educano perchè un giorno «ne porteranno in casa» — altre infine che odiano la loro prole. Queste ultime non sono donne, sono.... cimici. Maddalena fu estremamente seccata quando sentì d’essere madre. «Perchè avere dei figli?» si diceva. Nelle disposizioni in cui aveva preso marito, e tutta simulazione e affettazione nelle sue tenerezze per quell’uomo, del quale una sola cosa le premeva — «che spendesse per lei» — ella non vedeva a cosa potessero servire dei figli. L’istinto materno aveva forse esistito in lei, ma in tal caso era stato ucciso in germe insieme all’amore per Giulio. Così ella era madre come un bruto qualunque, anzi peggio, perchè aveva generato contro la sua volontà. Questo non lo disse per convenienza, ma lo fece capire quando dichiarò al marito che «non ne voleva più.» Ella voleva essere libera. Ecco perchè, battezzata la figlia, la mandò alla campagna e ben lontano. Il marito diceva qualche volta: «Andiamo a trovare la nostra Silvia» — «Sì.... andremo», rispondeva Maddalena, ma non si andava mai. Non è a credere però che proprio nessuno pensasse alla povera Silvia. Oh! ci pensavano i Papetti, che di tanto in tanto montavano in diligenza e facevano le loro brave quaranta miglia per andar ad abbracciare la bambina.... Ritornavano poi a dire cose meravigliose della sua bellezza e del suo spirito.... ma non sgelavano nulla. Padre e madre avevano ben altro a fare, come stiamo per vedere. * * * Si può farne a meno dell’amore, nella vita, quando si hanno delle ragioni per non volerne sapere, ma non si può trovare bella e neanche sopportabile la propria casa se l’amore non vi regna. Maddalena s’annojò tanto della casa conjugale negli ultimi mesi della gestazione, che si propose, non appena avesse riacquistata la primiera libertà di movimenti, di stare in casa il meno possibile. E tenne, e la prima cosa che volle, tosto che potè uscire, fu non pranzar più a domicilio. — Il marito sulle prime non ne voleva sapere, poi cedette a malincuore, infine si abituò al nuovo genere di vita e fu contento come di tutto il resto. Questa innovazione malaugurata ebbe le più funeste conseguenze. Primo, la casa da quel momento fu casa.... di nome. Non v’era attaccato più niente. Casa volle dire solo: luogo dove si sta a dormire. Secondo, il marito, che già nei primi mesi della seconda unione aveva perduto alquanto della sua diligenza e attività — quando si prese l’abitudine di pranzar fuori, a poco a poco finì col trascurar del tutto i suoi interessi, perchè da principio si stava all’osteria un pajo d’ore, e poi si arrivò a passarvi tutta la sera e quindi anche parte della notte. Si giunse al punto che il tempo bastava appena per smaltire a letto e per riempirsi di nuovo. Un’abitudine poi ne genera delle altre, e, colle molte amicizie di buontemponi che la vita all’osteria procurò a Minelli, egli prese insensibilmente anche l’abitudine ai liquori e specialmente al terribile _absinthe_. Dopo pochi mesi di tal disordinare, non si riconosceva più in Minelli l’uomo una volta robusto e pieno di vitalità. Già era cominciata quell’incuria di sè stesso così propria della gente dedita al bere. La barba incolta e brizzolata, gli abiti sempre gualciti, scuciti, unti....; non si vedeva mai quando eran nuovi. Gli occhi imbambolati, la persona accasciata, incapace di celeri movimenti. Solo quando aveva trangugiato una dozzina di bicchierini di quelle infernali bevande.... aveva dei sussulti galvanici. Egli pareva rianimarsi allora, ma tosto cascava addormentato col volto di tutti i colori. Risvegliatosi, ricominciava per riaver qualche spirito.... e tosto ricadere. — Perchè bevi così, Minelli? — gli diceva alle volte qualche amico, dolente di vederlo compiere un lento suicidio. — Bevo.... per mettermi in forza.... e per dimenticare. — Che cosa dimenticare? i tuoi affari vanno a gonfie vele, tua moglie ti vuol bene. — Sì, è vero, ma ho bisogno di dimenticare.... capisci....? Bisogna essere qui.... qui nel cuore! — Nessuno ci capiva nulla, per cui si cominciò a dire che il povero Minelli andava impazzando. Che cosa mai aveva bisogno di dimenticare? Eh! aveva bisogno di dimenticare la sua miseria fisica e morale, non voleva vedere il dissesto de’ suoi affari, non voleva vedere la sua imbecillità. Egli voleva vedere una cosa sola.... sua moglie.... e sempre più cresceva la sua passione per lei, perchè ella diveniva sempre più magnifica. La vita dell’osteria le si confaceva! La chiamavan già la «Minella dalle belle spalle.» Aveva il volto freschissimo della prima gioventù e l’opulenza di forme dei trent’anni. Era una di quelle bellezze che quando passano vi strappano una bestemmia. E Maddalena, colla sua influenza, avrebbe potuto salvare Minelli. Perchè non lo fece? Un giorno il padre e la madre le dissero: — Guarda che tuo marito beve troppo.... lo dicono tutti. — È un’esagerazione.... — rispose. — Guarda che gli farà male.... — Ma che! — Ma sì, quando si bevono tanti liquori, si muore abbruciati.... Bel gusto sarebbe per te restar vedova così giovine. — A queste parole ella ebbe un sorriso sinistro.... e scrollò le spalle. Nero abisso in cui non vogliamo nemmeno lasciar cadere uno sguardo. * * * Intanto il tarlo continuava il suo lavoro nella fortuna del merciajo. La voce della sua negligenza, del suo dilapidare s’era sparsa — e, nonostante gli sforzi del suo ragioniere, l’avviamento della sua bottega ne soffriva. Tutti prima erano abituati a vedere il Minelli, ed ora il Minelli non c’era mai o quasi — e quando c’era, pareva stupido. Gli avventori si stancavano. Ad aggravare il male, s’aggiunse una nuova piaga.... i giovani di negozio cominciarono a fare quel tal mestiere.... cosicchè spesso avveniva che certi _articoli_, i quali non erano mai stati venduti, non si trovassero più. Perchè? Ma come? Chi è stato? Il ragioniere sbuffava, sgridava.... ma l’occhio e il braccio del padrone mancavano e non c’era rimedio possibile. * * * E che faceva Maddalena? Un primo amore da ridere aveva fatto di lei una moglie, e quindi una madre per ridere. Che le restava a fare? — Ridere. — Qual miglior modo di divertirsi, che studiare quel mondo per lei affatto nuovo in cui s’era trovata sbalestrata, quasi d’improvviso? Quanto gliene aveva detto Severina era poco in confronto della vasta scienza, e l’aveva messa in viva curiosità di imparare il resto. D’altronde, avesse anche Severina potuto dirle tutto, altro è viaggiare sui volumi dei viaggiatori, e altro è viaggiare colle proprie gambe.... toccare e vedere. In poco tempo ne toccò e ne vide tante che il suo cervello ne fu profondamente guasto. Vi sono degli individui che passano in mezzo a tutte le immondezze e ai delitti senza soffrirne altro che un po’ di noja alla vista e all’olfatto — vi son altri invece cui l’immondezza e il delitto seducono, e non hanno ancor finito di vedere che già sono immondezza essi medesimi o rei. — Altri infine si divertono e imparano.... pel momento.... salvo poi il far più o meno loro pro di quanto hanno appreso — a norma delle circostanze. Maddalena era di questi ultimi. Vedere, pigliar un gusto matto a studiare, a scoprire — e tener a mente. E davvero aveva ragione di pigliarsi gusto. Nella sua posizione e colle numerose amicizie d’ambo i sessi, di cui il matrimonio e la vita nuova l’avevano circondata, ella poteva veder chiaro in tutto questo amalgama stranissimo che si chiama «Società,» niuna classe esclusa. L’osteria è una specie di lavatojo, in cui si mettono in evidenza tutte le macchie della città e della provincia. Non si smacchia mai nulla, è vero — ma in compenso, si scopron delle macchie anche dove non ve ne sono. Minelli aveva cominciato dall’esser solo colla moglie all’osteria, poi vi si era aggiunto qualche amico, poi gli amici degli amici, in modo che in poche settimane la sala o il _berceau_, sotto il quale, a seconda del tempo, si pranzava, bastava appena per «Minelli e compagnia bella.» Fino alla frutta, di solito, tanto più se v’era qualche faccia nuova, si conservava la bussola, si discorreva di cose di famiglia, di affari, di politica, specialmente estera, perchè più facile, ecc., ecc., — poi, a poco a poco, colle libazioni, il termometro saliva e veniva il resto, il vero condimento del pranzo, la più gradita droga, il coronamento dell’edificio, venivano cioè i discorsi lubrici. Si cominciava dai doppj sensi, poi si passava ai sensi semplicissimi, e quindi si mettevano sul tappeto la vita materiale conjugale e le questioni analoghe in tutta la loro crudezza. L’imprudenza dell’uno provocava l’accusa o le giustificazioni dell’altro. Si udivano certi rimproveri che avrebbero fatto arrossire.... un frate.... forse.... Si davano dei consigli che avrebbero ispirato ad un legislatore, delle aggiunte al codice penale. Si facevano dei paralleli.... a cui la storia era affatto estranea, ma che commovevano — v’erano delle liriche ad un dio che nell’antichità si vedeva da per tutto, e che ora si tien celato per render più saporito il suo regno.... perchè egli impera sempre.... Oh! sì — v’era..... v’era insomma la morale come veramente la intende il mondo. Un marito, mostrando sua moglie, diceva: Ecco il mio _sacramento_ — una moglie, parlando del marito assente, diceva: Oggi non c’è il mio _matri_...., cercate fra i _moccoli_ la finale.... quanto a noi non la scriviamo. L’amor conjugale si assicurava non esser possibile perchè _è sempre quella minestra_. I figli, un imbarazzo che fanno diventar brutta la donna e tolgono gli agi alla casa, anzi, precisamente che impediscono di berne un bicchier di più. Le mogli devono essere tanti mobili. I mariti sono copertoni, ecc. Poi venivano le storielle dei barcajuoli, dei curati, dei frati, delle monache, e si discorreva dei _porti di mare_ e delle _famiglie-alberghi_, dove non si arriva mai tardi e si alloggia sempre bene. Il tutto accompagnato da commenti, discussioni, miglioramenti di testo.... V’erano dei momenti in cui si credeva di essere proprio.... in questo mondo. E la società non era cattiva, vedete. Era quella che si trova.... da per tutto. V’era Minelli, dunque, e altri merciaj. V’eran dei commissionarj, v’era un parrucchiere _de la haute_, come diceva lui — un calzolajo del gran _chic_.... per sua sventura, assicurava — un sarto molto ganimede e ballante a cinquant’anni — v’eran degli impiegati senz’ordine e con meno concetto, ecc., ecc., e v’erano, s’intende, le rispettive consorti. Nei giorni festivi, poi, la società era numerosissima. Venivan parenti ed altri amici, fra i quali delle vecchie zitelle che non capivan mai niente, e parlavan del loro gatto — delle vecchie vedove, e anche delle maritate, che si facevan capire senza fatica — dei fanciulli d’ambo i sessi, delle ragazze sboccianti, e delle ragazze già sbocciate alla ricerca.... delle api. V’eran dei giovani di primo, secondo e terzo pelo, che cercavano e trovavano anche dei sollievi alle pene d’ogni età. Prudenza non ve n’era mai troppa, ma quando i bambini morti di sonno s’abbandonavano sulla tavola, e le sboccianti insieme a piccoli tulipani di dodici, tredici anni vagavano fra le ombre a coglier lucciole, e le sbocciate romanticamente passeggiavano in un vialetto dove trovavan sempre qualche furtiva stretta.... di mano — allora nel grosso della compagnia composta di gente spregiudicata, o, come dicasi, «di mondo....» si alzava la gran cateratta e si dava la fuga alle acque.... Ah! ah! che orgia spirituale! Quanti argomenti saltavano in scena che di solito sono roba da medici e da confessori! — quante confidenze in un orecchio.... che tutti udivano! — quante proposte a bruciapelo accolte con schiaffi.... corretti da sorrisi. — E le vecchie e grasse comari, crivelli disusati, avvinazzate, colle labbra grosse e nere pel bere, le guance pavonazze, come se la godevano, come si scompisciavano dalle risa, asciugandosi poi le lagrime della consolazione! Quanti altarini non si scoprivano! — E il marito della tale era innamorato della fantesca, alla quale portava il caffè la mattina, mentre era ancora a letto. — E la moglie del tale aveva.... non occorre dir cosa.... — E il lusso di questa costava tanto e tanto. — E quella buona massaja che aveva fatto la fortuna di suo marito.... colla sola e dolce fatica di qualche sospiro! — E quei due marito e moglie, che erano sempre in tre, al teatro, al caffè, all’albergo.... a spese non del marito! — E quella bella signora che si vedeva sempre così e colà, e che facendosi condurre al caffè dal suo favorito, per non farlo sfigurare al momento di pagare, gli faceva passare di sotto il tavolino il suo portamonete! — Un mercante diceva delle raccomandazioni di certe signore, le quali non vogliono che il marito veda tutto il conto: «Soltanto questo e questo e questo, gli faccia vedere.... il resto lo pagherò poi io!! — Ih! ih! ih! faceva il coro. — Ma e la bella moglie di quel tal impiegato che lasciava i suoi ritratti presso varie _buone conoscenze_, le quali, si incaricavano di far nascere la ricerca dell’originale! — E non è la sola!.... gridava taluno — io ho visto degli _album_! — Oh! bello! Oh! bello! — rigridava il coro. E naturalmente v’era gran varietà di soggetti. Non si limitavano alle cose.... allegre. V’erano anche le tristi. Si parlava degli odj di questa e di quella famiglia — del tal tentativo d’avvelenamento — di certe enormezze incomprensibili — di usure inaudite — di ruberie a man salva — di crudeltà consumate fra le mure domestiche — di infamie senza nome — di mariti che trascurano e peggio moglie e figli, e si fanno rovinare di borsa e di salute fuori di casa — di mogli che.... fanno altrettanto.... Ma alfine bisognava pur muoversi e andarsene a casa. Bello spettacolo quella marcia notturna! Pareva la ritirata da Mosca. Andavano a due, a tre, a quattro, a uno.... Chi barcollava, chi s’appoggiava al muro, chi correva, chi cantava.... tutto. — Chi urlava, chi bestemmiava.... Or non si trovava più questo.... or non si vedeva più quella. Le ragazze erano sempre davanti, molto davanti.... e mezzo stordite da un po’ di vino e dalla veglia ascoltavan commosse le prime dolcezze e facevano imprudentemente le prime concessioni. Qualche moglie aveva suo marito indietro.... e intanto difendevasi da qualche conquistatore.... ma difendevasi male.... e qualche volta, nell’addio, v’era anche una non sempre tacita promessa. Passando vicino a qualche coppia si udivano dei rimproveri.... e guardandoli in faccia non si poteva dire avessero delle ragioni legali per farsene. Intanto la sparpagliata comitiva andava.... andava. Chi entrava di qua, chi prendeva di là.... finchè restavano soli tre o quattro molto cotti... che noi non seguiremo certo. E le cose finivano forse là? L’indomani cominciava la cronaca della notte. Un marito aveva battuto la moglie — una moglie aveva battuto il marito — un marito aveva costretta la moglie a fare, in camicia, il maneggio del fucile — un fanciullo s’era rotto la testa — un giovinetto aveva sbagliato di piano — .... un altro, di uscio, in casa propria — i tali erano così poco ubbriachi che, dopo molte vicende notturne, ora erano tutti a letto ammalati.... A lungo andare, in una compagnia come quella, raccogliticcia, senza scelta, messa insieme proprio a casaccio, non potevan non nascere intrighi, imbrogli d’ogni genere e se di quel che avvenne non si può parlare per non mormorare del prossimo, si può dire però che vi furono scene di gelosia — che vi furono ire di genitori.... Mariti e parenti ingenui, i quali lasciavan ber smoderatamente mogli e fanciulle.... come se il vino potesse produrre nella donna effetti differenti da quelli che produce nell’uomo! Il solo che non diceva mai niente nè di nè a sua moglie era il buon Minelli, il quale anzi la incoraggiava a bere, perchè quando ella aveva il viso acceso e gli occhi, grazie a Bacco, più brillanti — gli occhi di lui del pari alterati dal vino la trovavano ancor più affascinante. Forse Minelli avrebbe rinunciato a compiacenze di tal genere, se il liquido avesse fatto commettere delle sciocchezze a Maddalena, ma ella era sempre la «tosa di bronzo» — non obbediva al vino, lo dominava. Tanto è vero che in sei mesi, neppure la più piccola imprudenza si poteva rimproverarle. Ella si teneva sempre vicina al marito, sorrideva e rideva alle licenze poetiche di tutti.... ma anche sollecitata non apportava il suo contingente. Non era in pubblico ch’ella amava prodursi. Oh! nella conversazione intima con qualche amica, era un altro pajo di maniche. Allora ella diceva delle cose gustosissime. Ma all’osteria, fra i fumi del vino e dello zigaro, quando si era perduta ogni misura, esporsi come gli altri le pareva triviale. L’immoralità le piaceva, ma piccante, di buon gusto, fina insomma. L’allieva di Severina non poteva essere che così. Avvicinandosi l’inverno, Maddalena pensava seriamente a quello che farebbe in carnevale. Nel carnevale precedente non aveva potuto ballare, a motivo della gravidanza — ma si ricordava d’aver giurato allora a sè stessa di compensarsene ad usura nel prossimo inverno. Però il mendicare inviti o il ballare nei teatri non le garbava punto. Una cosa che le avrebbe molto piaciuto sarebbe stato il dar delle feste in casa sua — ma l’angustia relativa dell’appartamento non permetteva di pensarvi. Ed ella voleva divertirsi, ballare, e godere uno splendido carnevale, senza noje, proprio colla perfetta libertà di cui avrebbe fruito in casa. Come fare? — Subito fatto. Una sera Minelli — suggeritrice la moglie — disse che la compagnia era tanto buona che sarebbe stato un vero peccato il lasciarla disperdersi nell’inverno. Gli pareva che, essendo tanto numerosa, si potesse benissimo costituire in Società per dare delle feste da ballo a sè stessa dal primo dicembre alla fine del carnevale. Maddalena aveva pensato e suggerito bene. Il progetto di Minelli fu ricevuto con acclamazioni generali. Otto giorni dopo la Società era costituita e lo statuto, steso da un socio pratico di simili faccende, approvato e firmato. Minelli fu eletto, per riconoscenza, presidente; la Società, in omaggio al gentil sesso, fu denominata: _Delle belle donne_, e il primo dicembre si apersero le sale, con tripudio generale. Si ballava tre volte la settimana alla _Società delle belle donne_. Il martedì e il giovedì, la veglia non si protraeva però oltre il tocco. Il sabato solo, la festa durava fino all’alba vegnente. Maddalena nelle prime feste si abbandonò con tutta la foga della sua gioventù e robustezza in preda alla molteplice voluttà di turbinare fra due braccia d’uomo a suon d’orchestra. Nuova voluttà per lei, chè da quando aveva lasciato la scuola non aveva più mosso piede. Era instancabile e stancava tutti. Eppure non era più pesante di una piuma.... quando danzava. Ma in capo a qualche settimana parve annoiarsi di quel trottolare. Non aveva affatto estinto quella smania nel sangue di un moto continuo e vertiginoso, ma siccome, man mano la stagione inoltrava, le feste si facevan sempre più affollate, si finiva a ballare tutt’al più due minuti ogni mezz’ora e a passar il resto in processione attraverso le sale, sospirando, talora invano, altri due minuti — il che per lei era ultra nojoso. Non avendo delle ragioni particolari per ballare ad ogni costo, preferiva ritirarsi, con qualche amica, nel salotto giallo, riservato appunto alla conversazione delle signore, e che Maddalena chiamava la sua oasi. Infatti, essendo l’ultima delle sale sociali ed avendo l’ingresso difeso da una spessa portiera, vi si godeva una frescura, una quiete, un silenzio ch’erano un vero ristoro per chi veniva dalle torride sale in cui ferveva la danza. Là su quelle poltroncine presso quel tenue fuoco che scoppiettava nel caminetto, coll’accompagnamento della sordina del gas, nasceva spontanea la conversazione e si sentiva il bisogno delle confidenze. Ma è difficile che alle signore, tanto più se belle, venga fatto di restar sole.... Oltrechè la donna ha.... non sappiamo cos’ha.... ma qualche cosa ha certo che attira l’uomo sulle sue orme, quel ritrarsi così in disparte non poteva non destare sospetti e curiosità nei signori uomini, che invasero ben presto il salotto giallo. Sulle prime quelle signore n’ebbero stizza, ma dopo ci pigliarono diletto. La conversazione di molte gentili persone dei due sessi, che avevano a pensar solo a darsi buon tempo, se non era più intima, diveniva certamente più animata ed arguta. Nel salotto giallo si formavano dei gruppi e si scherzava amabilmente. V’era un gruppo però che la vinceva sugli altri per numero e brio — quello della presidentessa. Ella aveva saputo attorniarsi delle donne più sapienti e degli uomini più scettici e più caustici. All’intorno, come spettatori, v’era una schiera di giovinetti del primo corso di galanteria, i quali non dicevano niente per rispetto ai maestri, e che, con quei loro colli torti per l’attenzione e lo stupore, e con quei visi imberbi senz’altra espressione fuor quella delle cravattine bianche, facevan l’effetto delle foglie incurate che circondano un mazzo di fiori. Quanti frizzi! quanti razzi! quante scoperte filosofiche e anche geografiche! Ma ad alta voce si diceva quel che si può dire in una festa da ballo ad alta voce. Quel che si usa dire a bassa voce non lo si diceva che dopo cena, il sabato, fra quei quattro o cinque signori e signore dei più matricolati.... nessun marito presente. Allora si diceva l’indicibile con una grazia, un sapore, un buon gusto, che avrebbero deliziato Fiammetta.... Quello era il campo d’azione di Maddalena.... ma noi non possiamo, sgraziatamente, entrar in particolari, perchè erano tutta gente discreta e non divulgavan nulla, nemmeno una parola! * * * Si dice: _per ballare_, ma realmente le Società che si costituiscono per ballare, si costituiscono _per amare_. Non sofistichiamo sulla parola, che è molto elastica, e può significare tutto quello che si vuole, e conveniamo che non può essere che così. Come, infatti, supporre che gente bella, giovane, ardente, di vario sesso, se ne stia insieme di frequente, per molte ore, volando abbracciata, mangiando, bevendo, ridendo, discorrendo, in un’atmosfera torrida, profumata.... godendo di tutte le voluttà dei cinque sensi, — senza che l’anima prenda un po’ parte alle ebbrezze del corpo? Ora, quando l’anima, ossia questo complesso di fantasia e di cuore, viene riscaldata dalle fiammelle che si svolgono dagli spiriti accesi della materia.... la prima cosa che fa: è _amare_. Preghiamo nuovamente di non sofisticare. Noi abbiamo tanto buona opinione della umanità, da assicurare che riunendo a caso uomini e donne che non si sono mai veduti, e facendoli mangiare, bere e ballare, dopo un’ora — qualche coppia anche più presto — parleranno d’amore, e quindi.... Dunque è naturale che lo stesso avvenisse nella _Società delle belle donne_ e con minore difficoltà, perchè, meno un certo numero di socj nuovi, tutti i membri si conoscevano, come sappiamo, da tempo — e perchè, qualche vincolo più o meno poetico già esisteva o era desiato. Il romanzo di alcune giovinette continuò colla speranza del _buon_ scioglimento, ossia conclusione — cominciò quello di altre — alcune signore ancor oscillanti si decisero — altre che s’erano già decise prima, mutarono avviso — questo non vuol dir che si pentirono! — altre, invece, replicando una volta ancora la prova del fuoco, ne uscirono illese, colla coscienza tranquilla, ma sospirose. Quanto a Maddalena, lo si sapeva che non era una donna facile, ma non si credeva poi che fosse una virtù di ferro, come mostrò di essere in mezzo a tante seduzioni. I giovani più abili e fortunati in fatto di galanteria, tentarono l’assalto.... e furono tutti sconfitti da’ suoi sorrisi beffardi. Nè le adulazioni, nè i sospiri, nè le offerte.... di un’anima! ecc...., nulla le fece impressione. Tanti bellissimi giovani.... e nessuno fu tanto avventurato da farle ripetere quelle famose parole: «Eccolo.... è lui!» Tale inqualificabile indifferenza sorprendeva i respinti, i quali, pratici nel fare i conti sulle esigenze del sangue delle donne e sulle solvibilità dei mariti, trovavano che ella avrebbe dovuto essere molto esigente, perchè v’era poca solvibilità — ma era forza accontentarsi di sorprendersi. Se però Maddalena si mostrava indifferente per tutti i suddetti, non mancava di divertirsi a suo modo. Il suo modo era quello di farsi fare la corte dai giovinetti.... Ella godeva mezzo mondo vedendo i loro ansiosi sguardi frugarla da per tutto, godeva destando sfrenati desiderj, ch’ella incoraggiava con occhiate magnetiche e con parole equivoche.... per poi.... udita una timida dichiarazione, liberarsi con uno scoppio di riso.... o con un consiglio materno, che li faceva diventar rossi rossi, sudare, fuggire. Ma nessuno sapeva nulla di nessuno, perchè nessuno aveva.... alcun che di buono a dire — e così Maddalena, alla sua età, passava per una donna superiore, e Minelli pel marito più invidiabile. Ed ella stessa si credeva invulnerabile, perchè insensibile, ed era certa di poter continuare sempre a burlarsi degli uomini e a ridere delle debolezze delle donne. Ma invulnerabile ed insensibile non voglion dire inaccessibile! Maddalena faceva i conti senza l’imprevedibile e specialmente senza sè stessa. Questo parrà strano, ma se fosse così, lo si vedrà. * * * Una sera, dopo i primi valzer, in quel momento di confusione che nasce in una sala da ballo allo svanir dell’ultima battuta, Maddalena sentì toccarsi il braccio. Era un’amica che, con una delle solite smorfie: — _Chérie_ — le disse — c’è qui il signor Soranzi, che desidera tanto l’onore di conoscerti. — Oh! l’onore è mio.... — rispose con accento di sorpresa Maddalena, rivolgendosi e squadrando il giovine che s’inchinava muto e arrossente.... Quando egli rilevò la fronte, e i loro occhi s’incontrarono, un sorriso benevolo, quale di rado ella ne aveva per gli uomini, le spuntò, e naturale, quasi affettuosa, continuò: — Non siamo conoscenze nuove.... mi pare. — Allora io sono perfettamente inutile qui — disse l’amica, ridendo — ma.... mi raccomando! — e senz’attender altro li lasciò. — Perchè vi siete fatto presentare....? — fe’ Maddalena, posando la mano sul di lui braccio e segnandogli con un gesto grazioso la via da tenersi. — Era incerto sull’accoglienza che avreste potuto farmi. — Che cosa temevate.... da una povera donna? — Temeva che, a motivo di un certo incidente della mia vita.... mi aveste mal giudicato e quindi tenuto il broncio. — Oh!.... che idea! — Se vi foste ritenuta offesa, però, n’avreste avuto tutte le ragioni.... benchè io possa pienamente giustificarmi. — Perchè doveva offendermi? — Ma.... scusate — fece Oreste con sorriso stentato — quale effetto produsse in voi....? — Nessuno.... Cosa volevate mai che sentissi? Mi arriva una lettera inattesa.... in cui un signore, che, sotto tutti i rapporti, io era ben lontana dall’imaginare potesse occuparsi di me, mi dice che.... — Che vi ama! — Sì.... al tempo imperfetto.... adesso è imperfetto.... già! Sss.... ora parlo io.... Ecco la mia oasi, sediamo qui, se non vi spiace. Ma forse voi avete degli _impegni_, chi sa quante signore vi aspettano con impazienza.... — Nessuna m’aspetta, perchè io sono venuto solo per voi.... — Ah! ah! ah! — Non credete? — Credo.... credo.... Torniamo al nostro discorso.... Che vi diceva? ah! dunque.... ricevo una lettera inattesa....; mio padre la prende e va per sapere se quello che c’è scritto sta bene — gli rispondono che sta male.... Cosa volete mai che pensi io?.... penso che chi ha scritto è stato un po’.... troppo giovine.... e buona notte! Tutto è avvenuto così telegraficamente che non ha lasciato traccia.... Davvero, m’è parso un gioco di prestigio. Eccolo qua.... marcia, sparisci.... non c’è più! ah! ah! — Nemmeno una punta di rammarico....? — Ora non posso dirvi nè sì nè no. Se vi dico che la punta c’era.... faccio torto a mio marito.... se vi dico che non c’era.... vi dispiace.... vedete quindi.... — Il giovine stette qualche momento sopra pensiero e mesto, poi mormorò: — Pensare che per pochi mesi soltanto vi ho perduta per sempre! — Non capisco.... ma forse è meglio.... e a che gioverebbe poi capire?.... Ritorniamo in sala? — No, lasciatemi dirvi solo questo..... Ho bisogno d’essere perfettamente giustificato ai vostri occhi..... Via, siate buona, vi chiedo così poco! — Quando io vi scrissi quella lettera.... credetelo.... io vi amava perdutamente.... È inutile che io vi riferisca la scena violenta che ebbi con mio padre... potete imaginarvela... Dovetti cedere! E come non cedere, quando egli minacciò di rinnegarmi piuttosto che riconoscervi per mia moglie? — Ah! è lusinghiero per me! — disse gajamente Maddalena. — Non dovete offendervene.... ogni padre ha le sue idee fisse e non crede alla bontà delle idee dei figli, i quali, secondo i genitori, mancano sempre d’esperienza quando vogliono agire per impulso di cuore. — Il suo rifiuto, del resto, non implicava una opinione sfavorevole a vostro riguardo. — Voglio ben crederlo. — Ah! sì, credetelo.... tanto è vero.... ma questo ve lo dirò dopo. — M’era proibito di allontanarmi dall’università.... ero angustiato dagli studj.... non potei fare alcun passo verso di voi. D’altronde, dopo quel colpo di testa che doveva parervi ben ridicolo, come avere il coraggio di farsi vedere? — Erano scorsi pochi giorni, quando mio padre mi diede la notizia del vostro prossimo matrimonio.... Non vi dico che ho pianto.... perchè ridereste.... — La voce d’Oreste, già tremolante, si spense, ed egli chinò il capo vergognando della sua debolezza. Il suo racconto era stato detto con un accento così ingenuo e sincero, che Maddalena quasi per sorpresa ne era stata interessata, e quando lo vide come avvilito, gli disse cordialmente, per toglierlo d’imbarazzo: — E come mai non vi ho più veduto in tutto questo tempo? — Se non aveste preso marito, io, finiti gli studj, avrei fatto tutti gli sforzi per piegare la volontà di mio padre. E vi sarei riuscito. Avevo il mio progetto e buono! Anche un figlio può minacciare.... basta la minaccia di perdersi! Ma quando seppi che vi maritavate... ricevetti tal colpo che durai fatica a rimettermi un po’ d’ordine nel cervello. Senza l’incubo dell’ultima prova all’università.... che per me voleva dire onore o ridicolo eterno.... non so che avrei fatto! Potete pensare se, finiti gli studj, pensassi pure a toccare questa città.... Viaggiai qualche mese. Quindi, allorchè bisognò pensare al ritorno, tremando all’idea di rivedervi dalle mie finestre, felice con un altro, e di essere un oggetto di derisione per voi.... — Via.... — Scrissi a mio padre che desideravo si traslocasse.... — Ah! ecco il perchè.... — Sì.... abbiamo una casa presso la stazione, siamo andati ad abitar là. Ma allora, quando tornai, sentii subito che non bastava.... era ancor troppo vicino a voi.... e dissi che voleva passar l’inverno in campagna. I miei genitori mi seguirono.... essi comprendevano molto bene lo stato dell’animo mio. Dopo l’inverno, venne la primavera.... seguì l’estate.... e nessuno pensava a ritornare, quando una sventura ci obbligò a lasciar la campagna. Mio padre, che soffriva, già da qualche anno, d’oftalmia, per un aggravamento improvviso, correva pericolo di restar cieco.... Si tornò quindi in città per aver a nostra disposizione i migliori professori.... Ma tutte le cure possibili giovarono a nulla.... — Cieco? — Non precisamente, ma la sua vista è affievolita in modo che non può occuparsi di niente. Ora, tutti gli interessi di casa sono affidati a me. Quel che volevo dirvi poc’anzi è questo: Ora che mio padre è ridotto in così triste stato.... è un altro uomo. Mentre, prima, mi ha sempre distolto da ogni idea conjugale, ora egli vorrebbe che io prendessi moglie, perchè sente che il chiasso e le carezze dei bambini sarebbero per lui un immenso conforto. Non è egli vero che se voi oggi foste ancora libera, io potrei farvi mia ed appagare il vivo desiderio di mio padre? — Ma egli m’ha rifiutata una volta per ragioni d’interesse.... e mi rifiuterebbe ancora. — Non v’ho detto ch’è un altro uomo adesso? Basti dirvi che un giorno in cui mi pregava appunto di prender moglie, avendogli io risposto: — Perchè non me l’hai lasciata prendere allora.... Saremmo tutti felici! — Ma! sospirò.... allora non prevedeva.... e poi era così persuaso che il tuo amore fosse un puro capriccio giovanile, che ho voluto salvarti da un tardo pentimento. — E se adesso potessi ancora sposarla? — È un discorso inutile questo.... ma se tu trovi una brava ragazza.... sia anche senza un soldo.... purchè piaccia a te, sposala! — Non vi pare, Maddalena, che questo sia parlar chiaro? — Sì — fe’ Maddalena ridendo — ma, come dice vostro padre, adesso sono discorsi inutili. — Ora ditemi un po’, come mai vi trovate su questa festa? — Il marito della signora che mi ha presentato è mio amico. L’altra sera discorrendosi, al caffè, del carnevale, mi ha invitato ad _onorare_ queste feste!.... — Ci sono belle donne?.... ho domandato ridendo. — Diavolo, è la _Società delle belle donne_! Abbiamo.... mia moglie.... abbiamo la signora Minelli.... — Non bastava sapere che v’eravate voi....? — Non era una ragione. — Ma diventò una ragione quando mi disse che dopo il vostro matrimonio eravate divenuta ancor più bella. Siccome questo mi pareva impossibile.... ho voluto accertarmene. — Ah! ah! non vi domando se è vero. — Perchè lo sapete.... Sentite, Maddalena! — Sss! — ecco mio marito. — Paolo.... — continuò rivolta a lui che entrava, facendogli cenno d’avvicinarsi. Minelli andò a lei lentamente.... e Oreste lo guardava con dolorosa sorpresa — non lo raffigurava più. Le lunghe, troppo frequenti veglie e i nuovi disordini del carnevale avevano dato un forte crollo al disgraziato. Sembrava un cencio. Curvo, cascante, la faccia angolosa, la pelle giallastra con certi tocchi verdi che dovevan far fremere una donna. Le orecchie senza sangue, parevano essere state staccate e poscia male appiccicate. Era cosa miseranda veder quell’ombra d’uomo, balbuziente, coll’aria imbecillita, venir offrirsi al confronto, colla balda e aitante consorte. — Ho il piacere di presentarti il signor Oreste Soranzi.... — fe’ Maddalena. — Ah! piacere.... — biascicò Paolo, con un inchino sur un fianco. — Lo conoscerai.... È il padrone della casa in cui ha sempre abitato la mia famiglia.... — Ah! vedo.... infatti, adesso mi ricordo. Ma.... è un pezzo che non lo vedo.... Oh! se è un pezzo.... Sicuro.... ma che bel giovinotto s’è.... s’è fatto. — Mi diceva che il suo povero papà ha quasi perduta la vista. — Ohi mi rincresce.... proprio. Che lo saluti tanto il papà.... e anche la mamma.... Oh! venivano sempre in negozio.... E si balla.... si balla? Bravo.... Bravo.... a ben ri.... rivederla. — E cacciatasi una mano in una tasca delle falde.... lentamente s’allontanò. Quando Minelli fu uscito, Oreste guardò fisso, con intenzione, Maddalena, la quale sorrise. — Ho paura che.... — cominciò egli, ma fermandosi tosto già pentito. — Di che cosa? — Ve lo dirò un giorno.... se ve lo dirò....; ora è troppo presto. — Va bene.... sentiremo anche questa.... — Signora Minelli — entrò a dire una voce da basso profondo — vuol favorirmi per la quadriglia....? è promessa, se se ne ricorda.... — Scusi, signor Soranzi, la quadriglia mi chiama.... Eccomi, signor Tabarini.... — * * * Quella sera — martedì — la festa fu breve, e Soranzi non potè dir altro a Maddalena. Contro il solito, essa ballò sempre. * * * _Pensieri notturni di Maddalena dopo quel primo incontro._ Cosa voleva dire Soranzi colle parole: «Ho paura che....?» Che non mi crede felice o che presto dovrò restar vedova? Forse una cosa e l’altra.... Sarebbe un secondo marito conveniente Soranzi.... Ma lo sposerei io? — È ricco, ha modi da gentiluomo, è simpatico, n’ho sempre sentito dire un gran bene fin dall’infanzia.... ma non mi seduce.... Diciamo però la verità.... chi mai potrebbe adesso farmi perdere il cervello....? Se Giulio fosse stato Soranzi o se Soranzi fosse Giulio, quale felicità.... Maledetto Giulio.... * * * _Pensieri come sopra di Soranzi._ Un pensiero solo espresso da una parola sola ripetuta e vegliando e dormendo male: _Maddalena!_ * * * Soranzi non mancava mai ai festini della Società, e tutti dovettero accorgersi che egli vi veniva per l’unico scopo di trovarsi con Maddalena. I giovinotti e i giovinetti noncurati, allora cominciarono a guardar in cagnesco quel signore che non conoscevano, il quale aveva avuto semplicemente a mostrarsi per assorbire tutta l’attenzione di Maddalena e — quel che era orribile a pensarci — fors’anche le di lei simpatie — perchè le loro sedute a due erano d’una frequenza e d’una lunghezza tali da permettere di sospettarlo. — Dunque egli aveva dello spirito? — Però, pensavano che le cose non potevano essere _serie_.... perchè nessun atto, nessun detto meno che conveniente non era mai stato notato, neanche dai più indiscreti. — E tuttavia che si dicevano di così interessante da poter trovar piacere a star insieme tanto a lungo? — E quel Minelli che non ci trovava niente di male! Maddalena, non solo non si curava di quello che si diceva e che non ignorava, perchè o la gelosia dell’uno o la malignità dell’altro glielo avevan lasciato capire — ma pareva facesse a bella posta di tutto per inasprire peggio e gelosi e maligni. Tuttavia Soranzi non progrediva di un punto nella conquista di Maddalena. Ella lo lasciava discorrere di tutto, anche dell’amore in generale, ma quando egli toccava quel tal tasto.... ella faceva deviare il discorso. S’egli insisteva, ella scherzava — e una volta ch’ella volle lasciarsi costringere ad udire una dichiarazione formale, rispose seriamente una parola sola e glaciale: — Impossibile! — Ebbene! — fe’ egli esasperato. — Sia pure impossibile...! Io vi amerò egualmente, perchè non posso vivere che a questa condizione. Avete capito? — Ella non disse nulla, gli lanciò un’occhiata fra lo spaventato e il giojoso, che dovette lasciargli intravedere un lembo di cielo.... e non si lasciò più avvicinare per tutta la sera. Coricandosi poi e pensando a quella escandescenza, Maddalena rideva mormorando fra sè: — Se io resto vedova stasera.... Soranzi mi sposa domani! — Un sospiro del marito giù assonnato attrasse il di lei sguardo su di lui. Allora ebbe un moto di nausea e d’odio, e mormorò ancora: — È una posizione pagata a caro prezzo la mia.... Se.... il Signore volesse ricordarsi di me.... non sarebbe tempo? — Frattanto finiamo d’avviluppare Soranzi.... perchè si sposa una fanciulla, si può corteggiarla maritata.... ma si può non volerla vedova.... Ora con Maddalena non si scherza più! * * * Soranzi non le fece più alcuna dichiarazione, temendo guastare. Egli si teneva certo, del resto, che un giorno o l’altro ella gli avrebbe corrisposto. Questione di tempo. Una donna come Maddalena non poteva non amare. Si vedeva che affettava indifferenza, che cercava nelle distrazioni mondane il mezzo di stordirsi, e rideva perchè troppo fiera per far la vittima, per mostrarsi crudelmente disillusa, disgustata di quel matrimonio contratto per inesperienza. — Ma un giorno doveva venire, in cui la sua pazienza sarebbe esaurita, in cui il suo cuore sentirebbe prepotente, invincibile il bisogno d’amare e d’essere amata. Allora egli sarebbe là.... e la salverebbe. Sì, perchè al suo amore, Soranzi annetteva anche una missione morale. Gli pareva che dandosi ad un altro ella cadrebbe nel fango — mentre, affidandosi a lui, ella sarebbe salva! — È la morale degli uomini innamorati sul serio.... e anche di quegli altri. Avvicinandosi la fine del carnevale, a qualche membro della _Società delle belle donne_, che faceva parte anche di un’altra Società danzante detta _Dei brutti uomini_ — tanto per poter gettar sei notti per settimana in luogo di tre _sole_ — venne in mente di proporre che le due Società avessero a fondersi, per dare unite, nella settimana grassa, una festa da ballo _monstre_. Le due Società rivaleggiavano quell’inverno a chi dava le più splendide feste. Se i membri dell’una si ritenevano, in buona fede, il fiore dei ballerini della borghesia — i membri dell’altra si proclamavano la _crème del bon ton_. Riconoscendosi degne l’una dell’altra, la proposta fu accolta con entusiasmo da ambe le parti, e venne fissato il mercoledì grasso per la festa della fusione o dei _fusi_ o dei _confusi_, come dissero i soliti spiritosi — festa che fu, secondo le previsioni, affollatissima, elegantissima, ecc., ecc. Noi ne faremmo la descrizione, se non l’avesse già fatta allora, subito, l’indomani, un compiacente e riconoscente cronista, il quale pagò la sua porzione.... sproporzionata di _buffet_, col mettere nel suo foglio l’iniziale del nome di tutte le belle donne...., enormità che ebbe per conseguenza una scissura terribile fra le belle e le brutte — con qual delizia dei mariti o in qualsiasi altro modo congiunti, lo dicano quelli che hanno provato le strida dell’orgoglio d’una bella offesa o le atrabiliari, cavernose, tragiche declamazioni d’una brutta conculcata! Ma nè festa nè scissura ci interessano punto. Quel che ci preme è seguir Maddalena, ossia avvicinarci a lei. È una sera che segnerà una gran data nella vita sua e di altri — non si può perderla di vista un solo istante. Eccola nel solito salotto giallo, attorniata dalla sua corte maschile che pende dalle di lei labbra. — Ella ha già dichiarato che non ballerà, perchè s’è fatta male a un piede, l’ultima festa — e perciò s’è messo un abito di velluto nero. Ah! quell’abito di velluto nero.... ossia.... Insomma, il tutto insieme di Maddalena quella sera.... fece un gran male! Era proprio la _toilette_ che più conveniva al suo genere di bellezza e che ne faceva spiccare tutte le rare qualità, come non mai in alcuna delle feste precedenti — anche perchè era la prima volta ch’ella veniva scollata.... fino a quel _punto_. Era il non _plus-ultra_ dell’arte di offrire e dì celare quei tesori.... che in questo mondo fanno sprecare tanti tesori... Su quel seno alabastrino, d’una freschezza che faceva pensare ad una neve rosea, la luce, piovendo dalle lumiere, giocava per mostrare delle trasparenze azzurrine. I suoi capelli avevano delle fosforescenze che parevan dire: — Baciate qui!.... — e tutta lei un profumo che faceva piegar le ginocchia. Gli uomini, guardandola, strabuzzavano e mandavano dei sospiri, mormorando: — Ci vuol pazienza! — e le donne, facendo dei confronti fra loro e lei, sorridevano del sorriso stereotipo delle feste da ballo — e se alcuno vantava le bellezze di lei, il miele che usciva dalle loro labbra, era sempre miele.... ma pareva avesse un po’ sofferto. * * * Chi soffriva più di tutti a quella vista era Oreste, che, appoggiato al caminetto, contemplava, pallido per l’emozione, Maddalena, la quale sembrava non l’avesse ancora veduto. Egli attendeva con intollerabile pazienza che la festa cominciasse, per poter avvicinarsi a lei. Non voleva confondersi nella folla di quegli adoratori.... perchè, quella sera, l’impressione di tanta beltà, sotto un aspetto nuovo, era stata così forte, ch’egli vaneggiava fra sè.... e voleva rinnovare l’attacco.... minacciandola di uccidersi se ella perdurasse a non aver pietà di lui. — — Ma andatevene una volta! — gridava egli mentalmente a tutta quella gente — andatevene, se non volete che io commetta qualche eccesso....! — Finalmente egli fu esaudito.... Giungeva la prima onda di lontane armonie. Una _polka_ apriva la festa. I cortigiani s’inchinarono a Maddalena per correre sul campo di battaglia, ed ella restò sola fra due giovinetti di mezzo pelo. Allora, guardato l’uno e poi guardato l’altro, sbadigliò. — Oh! — fece, dopo, mostrando avvedersi proprio in quel punto della presenza di Soranzi, e sorridendogli con un lieve moto d’invito. — Egli comprese e mosse verso di lei.... — I due giovinetti compresero del pari e mossero verso l’uscita, maledicendo all’importuno. — Proprio adesso — dicevano — che si poteva.... nossignori!.... — Oreste sedè a fianco di Maddalena, e, prendendole la mano, mormorò con voce tremante: — Finalmente!.... — Ella lo guardò seria, poi distolse gli occhi da lui e stette pensosa. Pareva turbata. Era il caldo più sensibile del solito? era il suo stesso profumo.... sempre quel profumo? era l’effetto d’una musica eccitante udita da lungi, in quel silenzio? era un subitaneo moto del sangue ardente, che si faceva giuoco dei di lei propositi.... o era abilità? Probabilmente pensava solo a quello che voleva dire e udire, e perciò dimenticava sempre la sua mano in quella di lui. Ma quando una più forte pressione la fece accorta di tale dimenticanza, si riscosse, parve sorpresa di quell’istante d’abbandono, tornò la Maddalena delle altre sere, ritirò la mano, e, ridendo, disse: — Alle volte non si sa proprio quello che si fa.... — Ecco, vi siete già pentita di avermi reso, un momento, felice. — Come! eravate felice? — Non vi amo io forse....? E quando si ama, non si è felici per uno sguardo, per una stretta di mano? — Siete poco esigente. — Non mi permettete di più. — Che cosa volete mai....? No.... basta! non voglio che parliate. — Ma no.... sentite. — Se dite una sola parola, me ne vado. — Ed io voglio che m’ascoltiate! — egli le aveva afferrato un braccio, ma non era necessario. Ella aveva allora finito di convincersi che non era un semplice capriccio l’amore confessato da Oreste; e quella sera sentiva, per lo meno, la curiosità di un linguaggio ispirato dalla passione. — Ascolto.... — disse freddamente, fingendosi offesa da quella violenza a cui ella pareva assoggettarsi per pura prudenza; e ascoltò cogli occhi al suolo, immota. — Sentite, Maddalena, io sono stanco di vivere a questo modo. Voi dite che non potete amare.... vi fate beffe di tutti, ridete vedendo quali sentimenti ispirate.... è verissimo; ma io non credo che voi non possiate amare. — Amo mio marito.... — disse seccamente Maddalena. — No....! — Si guardarono, egli cogli occhi lampeggianti.... ella peggio che sdegnata, sdegnosa. Dopo una breve pausa, in cui Oreste mise alla tortura il cervello per trovare la maniera di animare quella statua, ripigliò: — Voi non amate nessuno ancora.... tutti lo sanno; ma questo è solo perchè non credete ad alcuno. Quando troverete uno che sappia.... che possa convincervi della veracità della sua passione, voi lo amerete! Ebbene.... che cosa volete che si faccia per convincervi?.... andiamo! qual prova pretendete da me? — Io non pretendo niente. — Guardate, Maddalena, che qualche giorno voi mi ridurrete alla disperazione! — ma tosto calmandosi con uno sforzo, supplicò: — Via, siate buona.... ditemi.... che cosa devo fare per meritare il vostro amore.... Voi diffidate.... voi temete che, appagato ciò che si chiama capriccio.... io non v’abbandoni! Come mi giudicate male....! Guardate se non è vero.... Volete lasciare vostro marito....? volete che partiamo....? Dettate le vostre condizioni.... Tutto io accetterò ciecamente.... Ma non fatemi soffrire di più! — Amo mio marito. — Amate vostro marito.... e m’ascoltate!? — gridò Oreste quasi fuori di sè.... — M’avete trattenuta. — Maddalena.... voi non avete cuore.... — Io non avrei cuore.... se vi amassi. — Ma perchè.... perchè? — Perchè il mio amore vi sarebbe fatale. — E sia fatale!... mi faccia morire! morirò almeno per avervi posseduta.... non perchè forzato a rinunciare a voi! — Addio. — Ella s’alzava. — No.... non voglio. — Oreste la tratteneva di nuovo. — Md voi mi compromettete!... guardate! — Qualcuno era dietro la portiera, la quale oscillava. Maddalena si diede subito un contegno, fingendo abbottonarsi i guanti. Intanto Oreste mormorava: — Perdono! — ed ella rispondeva affettuosa e sorridente: — Siate savio adesso! — Qualcuno era entrato, e quando Maddalena, al fruscìo de’ passi sul tappeto, alzò lo sguardo, trasalì suo malgrado.... Ritto, appoggiato al caminetto, riconobbe Giulio. — Giulio di fronte a lei, che la mirava sogghignando. Oreste s’accorse del moto di Maddalena, e guardò a sua volta quell’individuo. — Ah! vedo — fece egli piano a Maddalena — lo conoscete? — Io.... no.... cioè, non ho alcun rapporto con lui, ma lo conosco di vista. — L’avete veduto forse presso quella vostra amica Severina.... — Appunto. — Lo credevate anche voi suo fratello? — Sì.... sicuro.... come mai avrei potuto dubitarne....? Ma perchè mi fate questa domanda? — Perchè.... ora è suo marito. — Ah! sì....? — e Maddalena pensò con rammarico alla sua vendetta non riuscita. — Sì.... ma.... — Ma cosa? — Ma la maldicenza vuole ch’egli abbia fatto un matrimonio di speculazione.... tutto quello che si può dire di speculazione.... nel senso spregevole. Capite? — Non è difficile. — Voi ne dovreste saper qualche cosa. — Io ho avuto solo una brevissima relazione con Severina. Ai miei parenti non piaceva che la frequentassi; dicevano che non era un’amicizia conveniente.... non so poi perchè. — E voi che pensate di quella donna? — Era una donna gentile. — Ma la vostra opinione quanto a carattere? — Non saprei.... La sola impressione che io ne ho conservata è quella delle sue gentilezze.... ma, come v’ho detto, l’ho conosciuta così poco. — Non avete domandato ai vostri genitori la ragione della loro contrarietà? — Sì.... M’hanno detto che una donna, la quale non ha occupazione di sorta e ama il lusso, non è una buona amicizia. — E dopo il vostro matrimonio non l’avete più veduta? — No.... Ma si potrebbe sapere perchè v’interessate tanto per....? — Ve lo dirò un giorno....! — fe’ Oreste coll’accento di chi ha provato una bella soddisfazione. — Ecco un’altra cosa che mi direte un giorno.... Io voglio sperare che ne verrà una terza e poi una quarta.... — Certo. — Quando? — Un giorno. — Brutto cattivo.... Oh! egli s’è seduto.... Allontanatevi un momento. Forse si ferma semplicemente perchè sospetta.... Quando sarete uscito, s’allontanerà. Del resto, a minuti vi sarà il riposo.... ed è meglio che non ci trovino ancor insieme. — Vi obbedisco.... — E Oreste, che s’era alzato, s’inchinò ed uscì. * * * Maddalena, al moversi di Oreste, lanciò un’occhiata alla sfuggita a Giulio per scoprire sul suo volto se v’era o no qualche sospetto. — Quale non fu la sua ira nel vedervi, e ancor più beffardo, il sogghigno di prima! Offesa, volle respingere l’insulto coll’insulto, e al sogghigno oppose un’espressione di sprezzo, con cui le pareva di doverlo annientare. Fu un’imprudenza. Giulio non capì l’espressione, vide solo uno sguardo insistente, e pensando che Maddalena avesse allontanato Oreste per far posto a lui.... con fatuo sorriso e con una cert’aria di degnazione mosse verso lei.... ma fu un tantino sorpreso quando la vide alzarsi tutta seria e avviarsi verso l’uscio.... — Maddalena.... — pregò egli allora — Maddalena! — Maddalena?.... — fece ella rivolgendosi rapidamente come punta da uno spino, guardandolo fredda e severa. — Sì, Maddalena! — rispose egli insinuante, — che ha troppo spirito per non perdonare un peccato veniale di gioventù. — Mi direste questo davanti a vostra moglie? — Oh! mia moglie!... — L’ebete, triviale sorriso di Giulio nel dir questo, sarebbe stato una rivelazione per Maddalena, quand’anche ella avesse ignorato la abbiettezza di quei due esseri. Ella guardò quell’uomo che aveva tanto amato, e pensò: — Se mai io non avessi scoperto ed egli mi avesse sposata, chi sa cosa m’avrebbe proposto.... o imposto, un giorno! — — Facciamo la pace adunque?.... — e così dicendo, tutto mellifluo s’avanzò d’un passo, stendendole la destra. Maddalena si ritrasse di due, il suo volto esprimeva ribrezzo — e disse vibrata: — Vi proibisco non solo di avvicinarmi, ma anche di lasciar capire in alcun modo, sulla festa, che voi mi conoscete.... altrimenti, guai! — Guai.... che cosa? — fe’ una voce alle di lei spalle. Era Oreste che rientrava e che si fermò sorpreso, incerto, a guardar l’uno e l’altra. Cattiva consigliera fu l’ira a Maddalena in quel punto. Ella non seppe trattenersi, e rivolgendosi a Oreste, gli disse piano con vivacità: — Ve lo raccomando! — Ah! — esclamò Oreste, e guardò Giulio con espressione derisoria. Giulio si fe’ smorto, e volendo punire Maddalena del suo scherno — disse umilmente, con sorriso maligno: — Signora.... se Ella vuol aver la gentilezza di ricordarsene.... noi siamo due vecchie conoscenze.... due buoni amici.... — Maddalena tremò.... Che stava per avvenire? — Oreste la interrogava collo sguardo, in attesa d’una parola, d’un cenno, per farla finita con quel villano. Ella sentiva che il cuore di lui batteva con estrema violenza, e questo accresceva il di lei timore. — Non se ne ricorda proprio più? — continuò Giulio col medesimo sorriso. Maddalena si strinse al braccio di Oreste, quasi implorando ajuto. — Pare di no!.... — proruppe Oreste con accento provocante. — È forse Lei che glielo vieta? — domandò Giulio sempre nel medesimo tuono. — Oh! oh! mi pare che basti la signora — ribattè Oreste con uno scoppio di riso. Giulio si morse le labbra, e preso un atteggiamento da bravo, disse: — Scusi.... vorrebbe favorire un minuto? — Due, se crede. — Per carità.... prudenza! — supplicò Maddalena. — Non temete.... si tratta di voi.... e non vi saranno certamente scandali.... — Maddalena li seguì collo sguardo tutta tremante.... Non temeva più per sè, dopo le parole di Oreste. In quel momento il suo cuore aveva un primo palpito — temeva per lui.... e la folla dei suoi adoratori che, finita la _polka_, allora tornava presso di lei, la trovò poco disposta alla ciarla e straordinariamente grave. * * * Se il lettore crede che Giulio volesse sfidare Oreste, si sbaglia. Egli voleva anzi comporre quel principio di litigio e dando una lezione a Maddalena, e all’amico, togliere, anche per l’avvenire, ogni possibilità di nuovi screzj con lui — perchè egli amava la sua pace. Aveva preso per un istante l’aria da Rodomonte, perchè v’era presente una donna, ma non ci teneva affatto a passare per un accattabrighe. — Perciò bisognava commettere una bassezza, ma a lui non pareva tale, e d’altronde non era quello che potesse imbarazzarlo. Non sì tosto fu uscito dal salotto giallo, che la sua fierezza rientrò — ed egli prese invece un’aria fra il filosofo, o uomo di mondo, e il protettore, che sta per dare una lezione di _savoir vivre_ a un povero ingenuo. — Cacciò i pollici nelle taschine del corpetto, lasciando fuori le altre tre dita a battere il tamburo, e cominciò: — Senta.... può essere una soddisfazione per la vanità d’una signora il far nascere una contesa fra due galantuomini.... (Ad Oreste, questa imparzialità, questa indistinzione, suonò poco gradevole).... ma quanto a me, dichiaro che.... pel rispetto dovuto alla vita umana.... per risparmiare a mia moglie il dolore di restar vedova, e ai di lei genitori quello di perdere un figlio.... — Ella è il signor Soranzi.... non è vero? Ella non si ricorderà di me, ma io mi ricordo di Lei.... — Dunque, per tornare al nostro discorso.... sediamo qui, se non Le spiace, così non saremo disturbati.... — erano nella sala da giuoco ancor vuota. — Per continuare, diceva, La prego di ascoltarmi con perfetta calma. Quanto Le dirò non Le andrà molto a sangue.... oh! lo so!.... il togliere le illusioni sur una donna che.... per la quale ci interessiamo.... torna assai disaggradevole.... ma.... ma noi dobbiamo pensare che siamo in questo mondo.... e che v’è una sorpresa ad ogni piè sospinto. Però.... creda a me.... che forse ho vissuto più di Lei.... ho mangiato un patrimonio! — creda, dico, che il meglio che si può fare è di viver sempre nel disinganno proprio, e senza alcuna illusione sulle donne. Allora le donne si possono gustare per quel che sono e non per quello che noi sogniamo che siano.... e che non possono essere.... almeno, in genere, mi risulta questo.... — Ma.... — interruppe Oreste, che, durante tal preambolo, era passato dalla sorpresa alla noja, e infine all’apprensione — si direbbe che Ella creda a un rapporto qualunque fra me e quella signora.... Io Le posso giurare.... — Ah! io non ho detto niente.... nè Ella ha alcun dovere di coscienza di giurare.... che diavolo! Ella ha voluto intervenire a difendere la signora per generosità, per spirito di cavalleria.... sta benissimo. Ma Le pare che vi possa essere difesa dove non c’è offesa? — Ma Ella ha ben veduto che la signora s’è risentita.... — Ah! sì.... nol nego.... Una signora si risente sempre se le dicono in pubblico quel che non vuol sentire.... ma che si può dirle.... — Come?! Ella persiste.... — Se Ella prende questo tuono.... io non posso più continuare. Valeva proprio la pena che io facessi quasi una prefazione, per vedere poi che Ella non vuol comprendere, e crede più a chi La inganna che non a me, il quale sto per dirle la verità, affine di risparmiare ad ambedue dei dispiaceri inutili.... pronto, se occorre, a provarla tale verità! — Parli pure — mormorò Oreste con voce sorda, domandandosi con paura che cosa mai potrebbe uscire da quelle labbra. — Io ho detto alla signora Maddalena che io la conosco.... ed è vero. Io la conosco così poco, che è stata mia amante. — Ah! — gemette Oreste. — Glielo giuro, e, se ne dubita, venga da mia moglie, la quale Le narrerà d’una certa scena che Maddalena le fece quando io, che avevo già degli obblighi con Severina, non potendo più lusingare quella ragazza, la quale mi perseguitava col suo amore, non mi lasciai più vedere da lei. Si imaginò d’aver ricevuto chi sa qual torto dalla povera Severina, e le fece una scena ridicola, perchè avesse a romperla con me. Per fortuna, Severina è una donna di buon senso e capì subito che era la gelosia d’un amore non corrisposto.... — E questi rapporti che Ella ha avuti con Maddalena? — disse con sforzo Oreste, provandosi a sorridere.... — Oh! sa bene.... — e Giulio, appressate le labbra all’orecchio di Soranzi, vi versò certe confidenze che, come veleno, cagionarono un dolore atrocissimo al povero giovine. Se ne avvide Giulio, e mascherando la sua compiacenza, chè era appunto l’effetto ch’egli voleva ottenere, sotto una espressione d’interessamento pietoso: — Ella divien smorto.... Non aveva dunque torto io di dirle che Ella aveva qualche cosa, qui, per quella donna? Tanto meglio! Ella ora ha aperti gli occhi e si saprà regolare. Quel che mi premeva, era che Ella fosse persuaso che io non sono un villano, e che fra noi non ci può essere alcun motivo d’attrito. Ho tanto piacere di averla conosciuto. A rivederci. — E se ne andò lasciando Oreste fremente di rabbia e con un’acutissima fitta sotto il cuore, che gli rendeva oltremodo penoso il respirare. Quale doloroso destarsi! Aver sognato una perfezione morale rispondente alla perfezione fisica, e trovare una.... civetta volgare, con un _passato_ per sopramercato! Altro che vittima! — E come sapeva mentire! Ella la rivale disgraziata di Severina, l’amante respinta di Giulio.... solo pochi istanti prima, osava asserire che conosceva Giulio di vista! e che aveva trascurato l’amicizia di Severina per ordine superiore.... E se della di lei giovinezza veniva a conoscere ora quel mistero. — ed era il solo, poi? — chi sa quali misteri celava la sua esistenza conjugale.... con tale marito.... «Amo mio marito....» — diceva — ma questo doveva esser vero come il «conosco Giulio di vista!» Restava pura e semplice la bellezza.... ma, con un’anima così nera, era una bellezza orribile. Era deciso.... bisognava fuggire Maddalena. E pronunciando il sì della decisione, s’alzò e uscì avviandosi verso la guardaroba, ma quando fu sul limitare di quella si fermò titubante. — — Ricomincia la musica, — pensò — Maddalena sarà sola e mi aspetterà. Partire colla ferma risoluzione di non vederla più.... sta bene, ma non prendermi proprio alcuna soddisfazione, nemmeno quella di vederla arrossire.... è un po’ da collegiale che fugge. Si direbbe che ho paura di lei!.... Ella mi ha ingannato; io devo punirla.... Con dignità, sia.... ma punirla. — Attraversò di nuovo le sale ed entrò nel noto salotto. Tanta ira bolliva nel suo petto.... e non appena la rivide.... sentì svanire tutti i suoi propositi. Maledetta quella beltà! Maledetto quel seno!.... Ed era possibile che un involucro tanto affascinante fosse animato da uno spirito infernale? — Facciamo l’ultima prova! — si disse. Maddalena guardò Oreste che s’avanzava e fu colpita dal di lui pallore, ma ella non poteva rivolgergli alcuna domanda, perchè non era sola. Egli sedette vicino a lei, dicendo: — Buona sera, signore! — Buona sera! — risposero le signore, che erano tre, Maddalena e due vecchie derelitte e non rassegnate; oh! lo si vedeva.... Maddalena, ansiosa di sapere che cosa fosse avvenuto, disse: — Signor Soranzi, volete favorirmi....? è tutta sera che non vedo mio marito. — Ai vostri comandi, signora — fece egli serio alzandosi. Le due vecchie guardaronsi fra loro ammiccando, ed avevan ragione. Il pretesto di Maddalena poteva esser migliore, ma ella aveva fretta. Usciti: — Dunque....? — fe’ Maddalena. — Dunque, niente. — Come, niente?.... Andiamo, voglio sapere. — E io vorrei non saper nulla. — Che cosa dite? — Dico che se in questo momento potessi perdere la memoria, sarei un uomo felice.... e così.... — Egli chinò il capo melanconicamente. — Insomma.... ho detto che voglio sapere — continuò Maddalena con vivacità. — Ma che cosa volete sapere? — rispose Oreste animandosi. — Che è un vigliacco? Sì, è vero, è un vigliacco, è tutto quello di odioso che potete imaginare.... ma, e allora perchè gli avete creduto....? perchè vi siete affidata a lui? perchè avete sperato qualche cosa da lui? dite! — Ma perchè mai vi parlo io di cose che sapete meglio di me!? Quel che è stato è stato, e non può cancellarsi. Tuttavia, non temete di nulla. Il vostro segreto sarà da me custodito come se si trattasse dell’onore di mia madre. Non ho alcun diritto di esercitare un sindacato qualsiasi sulla vostra giovinezza.... Però.... avrei voluto trovare in voi una donna... — Dite pure.... una donna onesta? La sono sempre stata.... la sarò ancora.... sapete! — esclamò Maddalena, ironica, fermandosi. Alle prime parole di Oreste, vedendosi scoperta, s’era sentita le fiamme al viso, ma ella aveva subito riacquistato il suo sangue freddo, e, all’attacco inatteso, rispondeva attaccando, a sua volta, con impeto.... — Se io potessi agire senza scandalo ve ne convincerei.... Ma e poi.... che dico io?.... credete quello che volete.... Perchè devo convincervi io di qualche cosa?.... Chi siete voi?.... un ragazzo! — Oreste la guardò stupefatto, ma dovette abbassare gli occhi, suo malgrado, soggiogato. D’altronde, quell’ira gli piaceva, quel sentirsi investito da una donna era una voluttà nuova.... e consolante, perchè gli pareva che ella stesse per provargli la sua innocenza. Ma ella voleva provargli tutt’altro. — Sì, un ragazzo! e ve lo provo! — continuò, meno veemente, vedendolo intimidito, ma tuttavia vivacissima. — Voi vi fate presentare e mi fate la corte.... volete ch’io manchi a’ miei doveri.... volete rapirmi!.... e perchè, un imbecille, che non conoscete, e che avete, nel medesimo tempo, delle ragioni per disprezzare, viene a dirvi chi sa quali infamie sul conto mio, voi, senza menomamente riflettere, senza neppur farmi l’onore di dubitare un solo istante della verità di tali infamie, venite ad insultarmi e a dirmi.... con qual diritto poi, sarei curiosa di saperlo: — Voi non siete una donna onesta.... — Ah! io dovevo lasciarmi sedurre, dovevo lasciarmi rapire da voi per essere una donna onesta! Ragazzo! Ragazzo! Per voi io sono una donna onesta....! quanto al _rimanente_, non siete voi che dovete darvene pensiero. — Seguì un istante di silenzio — ella tremava per la concitazione — egli gioiva. Maddalena parve raccogliersi, e, poscia, ripigliò con più calma e con una certa gravità. — Vi hanno detto che ho commesso una leggiera imprudenza giovanile.... badiamo bene, _leggiera_! È verissimo.... sì, sono stata imprudente, perchè ero inesperta. La colpa quindi di chi è?.... de’ miei genitori, e specialmente di mia madre.... buona donna, sì.... ma, madre.... per ridere. Basta forse generare, dar cibo, vestito, ricovero.... per poter esser madre? Madre per il corpo forse....; ma, e all’anima chi ci deve pensare?.... basta darne l’incarico al confessore? Ma questo è precisamente quello che non si deve fare, perchè è assurdo, enorme! — Alle corte.... mia madre ha ella mai pensato ch’io avessi un cuore e un cervello? — ha ella mai veduto che io diventava una giovinetta? — ignorava ella che cosa si agita, qui dentro, nelle fanciulle? — ha ella temuto un solo istante che mi si potessero tendere insidie? — mi ha ella mai detto che cosa è il mondo? — Ma, Dio mio! se fossi anche caduta nel fango.... io sarei perfettamente innocente! Ma non sono caduta! — Che coso ho a rimproverarmi infine?.... Ho a rimproverarmi d’aver amato, all’età in cui non si può far altro che amare.... perchè tutto, in noi e fuori di noi, non parla che d’amore.... — ho a rimproverarmi d’aver creduto, per un momento, alle lusinghe del primo essere che riuscì a interessarmi. E questo cosa vuol dire? L’ho amato ed ora l’odio.... Non vi pare che l’odio cancelli tanto bene l’amore, da rifare persino la verginità di un’anima? — E voi siete crudele al punto da farmi un delitto di una imprudenza giovanile, e perchè? perchè sono viva.... e mi fate la corte! — Se io, allora, quando scopersi il tradimento, mi fossi uccisa o fossi morta di crepacuore.... oh! allora vi sareste unito agli altri e mi avreste compassionata, avreste maledetto a lui!.... Ma non sono morta.... e quindi io sono una donna colpevole e spregevole, ed egli è un giovinotto galante da invidiarsi, perchè sa far bene il suo mestiere. — Vi giuro però, che se, una certa notte di torture indescrivibili, non sono morta, o per lo meno impazzita, la prima a esserne maravigliata, l’indomani, fui io medesima. Ma allora, rientrata in me, dovetti ridere di me e degli altri. Soffrire?.... A che serviva?.... Voi direte scherzando: — Che donna forte!... — Sia pure. Non è una fortuna per una donna l’aver sentito una superiorità morale non comune? Non ci foss’altro vantaggio.... v’è quello di poter ridere di tutto. — Qui Maddalena, prendendo un tono leggiermente derisorio: — E ora che v’ho detto tante belle verità.... che cosa mi farete l’onore di pensare di me?.... Sentite.... se siete di coscienza tanto inesorabile per noi povere donne.... accettate un buon consiglio.... rinunciate fin d’ora a qualsiasi donna.... a meno che non possiate seguirla, passo per passo, dal giorno in cui schiude gli occhi fino a quello in cui la sposerete.... e ancora!.... Leggerete voi nel suo pensiero?.... Credetemi.... donne che non abbiano commesso imprudenze ne troverete....; chi sa com’erano tenute d’occhio! — Ma donne che non abbiano sognate imprudenze, dormendo.... e non dormendo, non ne troverete una! Ed è naturale. Se voi, a sedici anni, ispirato dai poeti, avete chiesto forse in ginocchio un bacio alla vostra servetta.... perchè non volete che una fanciulla non pensi al marito? Volete permetterle almeno di occuparsi del destino della sua vita, che sta tutto nella parola: Marito? E marito che cosa vuol dire? — Uomo. — Si tacque, e si continuò a passeggiare in su e in giù, per la stessa sala, non curando, non vedendo neppure quelli che passavano, i quali invece vedevano e non erano indifferenti. Ella attendeva la prima parola di lui.... ed egli non la trovava. Impazientita, Maddalena uscì, infine, a dire: — E così? — E così, Maddalena, io non so che dire. So soltanto che ho il caos nel cervello e un male indicibile al cuore. — Allora.... — fe’ ella, scattando, severa, imperiosa — addio.... andatevene, e che io non vi veda mai più! — Oreste non s’era ancora riavuto dalla prima sorpresa, che Maddalena era già molto lontana. — Sciocco.... imbecille mille volte ch’io sono! — e si batteva la fronte — è un’ora.... un’ora! che mi parla, per farmi capire che mi ama.... ed io.... io faccio l’austero, il pedante, senza dirle una buona parola.... a lei, che merita tutto! Che fuoco! Che franchezza! Che sentimento! — Ah! rimediamo.... rimediamo subito....; io non voglio.... non posso perderla. — Se egli avesse saputo che Maddalena non aveva voluto che provarlo con quell’_andatevene_.... scandagliare, sapere se e qual effetto realmente aveva avuto il malaugurato incidente! Ella ebbe dunque un sorriso di trionfo quando lo vide comparire nel salone e cercarla collo sguardo. Ora era sicura.... egli non le sfuggiva. Allora Maddalena gli si mostrò, ed egli andava verso di lei, con aria umile e pentita.... ma ad un tratto si fermò sorpreso ed esitante. Maddalena seguì la direzione del di lui sguardo, e non fu meno sorpresa di Oreste. Sulla soglia dell’ingresso di destra stava il padre Papetti. Papetti cercava di sua figlia, ma era tanto stordito dal rumore della festa, dallo spettacolo per lui nuovo, dal caldo del gas, e da una bottiglia testè vuotata, che non ci vedeva quasi più — e anche quel poco come attraverso un velo grigio. Per sua fortuna, Maddalena, punta dalla curiosità di sapere come mai egli si trovasse là, andò tosto a lui. — Tu papà.... ad una festa da ballo? — fe’ ella piantandogli davanti come trasecolata. — Ah! brava, cercava appunto di te.... ma qui come si fa?... Conducimi in qualche angolo, ove si possa dir due parole.... qui nè ci vedo nè ci sento. — Che cosa vuoi dirmi di bello e di nuovo? C’è forse qualcuno che aspira all’onore della mia mano? — È proprio il momento di scherzare.... È vero che tu non sai.... — Ma son cose serie? — Pur troppo. — Oh! — ella non credeva affatto. — Allora vieni qua nel salotto.... Ti piace il giallo? — Che domanda!.... Benedetta gente che c’è al mondo — brontolava egli mentre si attraversavano diverse sale, facendo strabiliare Maddalena — ecco.... ecco! Si hanno chi sa quali dispiaceri...., chi sa quali disgrazie ci minacciano.... e là si ride, si scherza, si balla? Ma come si fa? domando io.... come si può mettere la maschera dell’allegria sul volto.... mentre nell’anima ci dovrebbe essere la disperazione....? — Disperazione?.... ah! eccoci qui.... e mi spiegherai.... — fece Maddalena lasciandosi cadere sur un divano. — Sissignora, ti spiegherò.... Dunque sappi, prima di tutto, che mi si è teso un tranello.... Tuo marito credeva che col farmi bere.... io avrei cantato.... ma io non canto mai! Ci vuol altro! — Scusa.... non capisco... mio marito? — Sì.... tuo marito, che non avendo potuto indurmi a commettere una corbelleria a mente fredda, perchè di giorno — ha creduto che ne avrei commessa senza difficoltà un’altra, dopo qualche bicchiere di Cipro, perchè di sera, fra i tripudj e le danze.... Ci vuol altro alla mia età! — Scusa.... non capisco ancora.... mio marito....? — Ma non sai cosa mi ha proposto? Mi ha proposto di consegnargli la tua dote.... e se no, di prestar una garanzia equivalente, perchè ha un bisogno straordinario. In poche parole.... è rovinato.... — Mio marito rovinato?.... ma tu.... — No.... no.... è la pura verità. — Ma se fosse rovinato, io lo dovrei ben sapere.... — Che cosa vuoi mai sapere tu?.... Stai in negozio tu? sei al corrente dei suoi affari tu? Ti dice forse qualche cosa lui? — No. Ma appunto perchè non so niente e non mi dice niente.... devo pensare che tu t’inganni. Un marito rovinato nè può divertirsi nè può spendere per sua moglie come fa il mio. — Ah! ah! ma, cara mia.... quando un uomo non sa far altro che bere.... non sa più nemmeno quel che si fa. Paolo ha perduta la testa.... Me l’ha detto anche Cavallazzi, il mercante sull’angolo, che è di là.... Vuoi parlargli? — No.... grazie. — E per colmare la misura.... mi assicurano.... che Paolo è andato.... che non c’è più speranza. Il dottore Moscatelli, che ho trovato stasera al caffè, mi dice di non metterti in apprensione, ma però di raccomandarti molta prudenza. Capisci? Per me già, mi dividerei di letto. Quando gli ho domandato: — Ma, insomma, dottore, temete proprio ch’egli possa morir presto....? — Sono certo che non vivrà a lungo — mi ha risposto. — E vuoi che io arrischi, foss’anche un soldo del tuo, quando le cose sono a tal punto? Se egli muore rovinato, non ti resta che tornar in casa, già.... e allora la tua dote non sarà forse tanto zucchero per te? — Aaah! non me la sarei proprio imaginata! — Ma siamo intesi. Ora io me ne vado, perchè è capace di tornare all’assalto, e mi rincrescerebbe dar una mortificazione al marito di mia figlia. Chi l’avrebbe mai detto, eh? Pareva il bue d’oro! Mi rincresce per te.... mah! finchè c’è tuo padre.... non temere!.... Buona notte. — Buona notte.... — mormorò Maddalena macchinalmente. Ella pensavo a Soranzi. Rivelazioni così inaspettate l’avevano molto turbata. Ella doveva pensare a’ casi suoi. Fra poco sarebbe vedova e povera. Il tornar in casa non le sorrideva certo! Dunque.... dunque non restava che premunirsi contro la sventura. In qual modo? Coll’assicurarsi un secondo marito.... Ora, di tutti gli uomini che la corteggiavano, chi permetteva la speranza di poterlo divenire? — Uno solo, Soranzi. — Ma quella era l’ultima festa.... quando lo rivedrebbe? E anche rivedendolo, le di lui disposizioni sarebbero.... quali? Una nuova conoscenza.... un ostacolo in famiglia.... insomma, non si sa mai.... un giovane fa tanto presto a distrarsi! Dunque, per non arrischiare di perderlo, bisognava incatenarlo e subito. — Subito....? Con qual mezzo.... con qual catena? Ah! la catena c’era.... ma.... Un diavolo, almeno uno, ci deve essere.... per ajutare le donne belle. Giulio non s’era contentato di abbeverare di fiele il Soranzi, ma certo ormai che v’era qualche cosa fra quei due, era andato a contare il tutto a Severina e quindi anche a un crocchio di _brutti uomini_. Mezz’ora dopo tutta la festa sapeva che la _Minella_ e il Soranzi se la intendevano.... cosa del resto naturale in chi da fanciulla, ecc., ecc. — Una donna che ha conosciuto un Giulio, — dicevano alcuni in faccia a Giulio stesso, il quale ne godeva tutto — che cosa può mai essere? — Maddalena capì esservi alcun che di mutato nell’opinione pubblica a di lei riguardo, perchè tutti la guardavano con evidente curiosità — ma.... poteva anche essere a motivo della sua _toilette_. Chi invece sapeva tutto e n’era dolentissimo, perchè una parola venuta all’orecchio del marito poteva aver delle conseguenze gravissime, era Oreste, che aveva ricevuto delle congratulazioni, quali misteriose e quali niente affatto.... Non essendo, per caso, fatuo, nè vano, le avea respinte.... con tutta la gentilezza e l’umiltà che si richiedevano — ma contenendosi a fatica. — Ecco — si diceva — fra me e quella donna v’è niente, e io pel mondo sono suo amante. — A tale ingiustizia, le parole di Giulio gli diventavano menzogne, e la sua tenerezza per lei si accresceva. Avrebbe voluto avvicinarla, ma n’era trattenuto dagli occhi di tutta quella società che egli sentiva rivolti sopra sè stesso. Per far qualche cosa, entrò nella sala da gioco. Maddalena, che da più d’un’ora non lo vedeva, dopo aver girato per le sale con aria indifferente, ma cercandolo, si decise a domandar a qualcuno se avesse visto, per caso, il signor Soranzi. L’interrogato era una bella barba bianca, tutto compito e punto pettegolo — per cui, benchè conoscesse la cronaca della serata, rispose con perfetto ossequio: — Se lo desidera, sta giocando al bigliardo. Vuol che glielo vada a prendere? — No.... basterebbe ch’ella gli dicesse che mio padre ha dovuto partire. Mi fa questa finezza? — S’imagini! — Soranzi comprese il sottinteso, in due colpi perdette la partita e corse da Maddalena. — Finalmente! — fe’ ella mostrando una gran gioja nel rivederlo e porgendogli la mano — credeva che foste proprio in collera per alcune parole inconsiderate che mi sono sfuggite in un momento di vivacità.... — No.... anzi, quelle vostre parole mi hanno reso felice.... — Felice? — Sì.... il perchè di questo ve lo dirò.... — Un giorno; non è così? — Appunto. Ho un’altra cosa importante da dirvi, ma quella ve la dirò subito. Sappiate che Giulio e sua moglie devono essere stati ben imprudenti e ben cattivi.... perchè stasera si dice quello che prima non si è mai osato forse di pensare. — Cioè? — Cioè, che.... io.... che noi, insomma, ci amiamo. — È tutto qui? — domandò Maddalena senza nemmeno aggrottare le ciglia, anzi sorridendogli adorabilmente. — Come! se è tutto qui? — esclamò Oreste maravigliando. — Cosa volete che si dica di più? — Eh! lasciate un po’ che dicano! — continuò ella. — Ma ecco l’ora di cena.... Volete essere mio cavaliere servente? — Ma come! non temete? — Che cosa? Ah! ah! Ma se dicono già di peggio.... — A proposito.... di peggio o.... di meglio? — Voi che ne pensate? — Io....? — mormorò Maddalena con civetteria, e appoggiatasi a lui, con passo molle, l’occhio raggiante sempre fisso in volto ad Oreste, che non ci capiva più nulla, attraversò tutte le sale, fino al _buffet_, ove ella lo fece sedere ad un tavolino che bastava appena per due persone. — Vedete se ho paura? — disse Maddalena. — Mi fanno la guerra.... l’accetto. — Ma vostro marito?.... — Quando verrà gli faremo un po’ di posto. — Cenarono e risero.... Ella gustò diversi calici di Frontignano — aveva il capriccio del Frontignano, quella sera — egli non bevette che acqua — ma quando s’alzarono l’ebbro era lui, ebbro dello spirito, delle carissime imprudenze di lei, delle occhiate che gli parevan piene di promesse. — Vedremo come finirà, — pensava — ma come può finire.... se, fra qualche ora, i lumi si spegneranno e non so quando potrò rivederla? Ma a che cosa pensate....? — disse Maddalena — datemi il braccio. — Pensava se e quando potrò rivedervi. — Ah!.... — ed ella chinò il capo. — Adesso potrei domandar io a che cosa pensate voi? — Pensava.... oh! Dio! ma sentite....! che può mai essere accaduto....! Andate a vedere, vi prego.... v’aspetto qui. * * * Tutto a un tratto era nato un gran trambusto. Chi correva di qua, chi correva di là. Chi gridava per sapere, chi, temendo vi fosse una rissa, gridava per trattenere le signore curiose. Dalla _salle-à-fumer_, in cui non si poteva più entrare, tanta era la folla, uscivano vociferazioni d’ogni genere: — Indietro! — Non soffochino! — Non sarà niente! — È morto! — Ci vuol il prete! — No, è vivo....! ecco, si muove! — Portiamolo via! — Silenzio! — gridò finalmente una voce stentorea. Era la voce di un medico. — Lei, signor Alessandri, — continuò — lo faccia portar qui sopra, in casa sua, e mettere a letto. Allora si potrà far qualche cosa! Qui è impossibile. — Benissimo.... Largo, signori! — Si vide allora la gente rifluire e lasciar il passo a due soci, che spingevano una gran poltrona verso la guardaroba.... In quella poltrona stava adagiato un uomo, che parava un cadavere. * * * — Ma che c’è? — domandava intanto Maddalena a quelli che le passavan vicino. — Non so, signora, non so davvero — rispondevano guardandola con compassione; — oppure: — Niente, niente! cose da nulla! — e via. — Ah! finalmente saprò da voi che cosa è avvenuto! — fece ella, vedendo venire Oreste tutto turbato e dolente. — Non ve l’hanno ancor detto? — Ma se nessuno sa niente! — È perchè voglion risparmiarvi un dispiacere.... — Un dispiacere? — e davanti all’ignoto ella non potè a meno d’impallidire. — Mio marito.... mio padre, forse? — Vi prego.... non mettetevi in apprensione. È una cosa che passerà.... Vostro marito ha.... eh! insomma, non è un delitto poi!.... ha bevuto, pare, un po’ troppo.... e ora.... — Ah! tacete! — fe’ ella con moto di schifo, volgendo altrove il viso. — Ve l’avrei taciuto.... ma era mio dovere tranquillarvi.... — Grazie.... E ora dov’è? Voglio sperare che non me lo porteranno a casa in quello stato....! — No.... no; è già provveduto. Il cassiere della Società, che abita qui al secondo piano, l’ha ritirato in casa sua. Egli non tornerà quindi presso di voi che quando sarà fuori di pericolo.... — V’è pericolo....? — e lo sguardo di Maddalena, in dir questo, parve strano ad Oreste. — No.... sapete bene.... — Sì.... è vero, non capiva. — E io che cosa faccio adesso.... qui sulla festa, quando tutti sanno che mio marito.... il presidente....? Ah! povera donna ch’io sono!.... Che bella felicità la mia, non è vero? — e ella rideva stridendo. — Vedete.... vedete la gente come mi guarda....! Ah! io non posso più vedermi qui.... Venite....? M’accompagnate? — Andiamo. — Grazie.... Ah! ricordatevi di levare le chiavi dal soprabito di mio marito....; quasi quasi non ci pensava. — In quel momento si attaccava un galoppo — e nessuno si avvide della partenza della nostra coppia.... anche perchè seppe partir bene. Quando si venne a sapere che la _Minella_ era andata via, ossia a casa con Soranzi.... — Povera donna, — dissero i più. Qualcuno sogghignò; e Giulio disse adirittura: — La poesia di Soranzi la consolerà adesso della prosa di poco fa del marito. — * * * — Possiamo andare a piedi, — disse Maddalena, sulla soglia del portone, guardando il cielo — la notte è così serena e così tiepida! — Badate a quello che fate....; la vostra salute potrebbe correre un serio pericolo, uscendo da un ambiente tanto caldo. — Oh! sono ben coperta....; del resto, — aggiunse con amaro sorriso — cosa importa che io viva o muoja....? — Non parlate così, Maddalena.... — intanto andavano — sapete pure che v’è qualcuno, il quale vive per voi, e sarebbe ben felice se voi voleste viver per lui. — Ma è forse questo che poco v’importa, e perciò.... — Egli tacque, per una forte pressione del braccio di Maddalena sul suo — e la guardò. Ella si era sospesa, per così dire, a quel braccio, intrecciando le mani — e lasciava trascinare la persona stanca. Il di lei capo, piegato verso il suo cavaliere, a gradi insensibili finì a reclinarsi sulla spalla di lui. Non parlava.... solo ad intervalli le sfuggiva un sospiro. Egli rispettava quel mesto silenzio, temendo che qualunque parola di conforto, in tale stato dell’anima, potesse sembrarle volgare e indisporla. Giunsero così all’angolo della via ove era l’abitazione di Maddalena. — Dove siamo? — esclamò ella, come svegliandosi di soprassalto. — Qui.... presso casa vostra, — rispose egli dolcemente. — Casa mia?.... — fece Maddalena fermandosi — e un gran sgomento le si leggeva in viso. — Ma io ho paura.... di casa mia! Come troverei riposo.... ora? Qual notte sarà questa per me? E se pur potessi dormire, sono io certa che non mi risveglierà.... Ah! quale orrore! — Calmatevi, cara Maddalena.... sentiamo.... che volete fare fino all’alba....? comandate. — Mio Dio.... io non so.... qualunque cosa, purchè io non mi trovi in quelle stanze spaventose. — Seguì un lungo silenzio. Il cuore batteva a Oreste con tal violenza che pareva volesse aprirsi una strada, e sentiva al cervello come una fiumana di sangue che lo accecava. Capiva che era il momento di ardire, e temeva di rovinar tutto con una parola mal detta. Ma non vi fu pericolo di rovinare nulla. Maddalena, che guardava verso una piazzetta poco lontana, disse ad un tratto: — Che cosa sono quei due lumi rossi....? — Sono i fanali di un _brougham_. — Ah! — fe’ ella pensosa, mordendosi un labbro. Oreste tremava come una foglia e sentiva le gambe piegarsi....; ardì.... provossi a fare, come in isbaglio, un passo verso la piazzetta, e non trovando resistenza.... continuò. Ella era più leggera di prima. Quando furono a dieci passi da quella carrozza, egli fece per parlare, ma non potè articolare un solo accento.... Allora s’ajutò con un gesto, un punto d’interrogazione, e le additò la carrozza. Ella non ebbe nè un moto nè una parola. — Dove andiamo? — fe’ egli con voce soffocata. — _Dove volete_.... — rispose ella fiocamente. Oreste fu abbarbagliato, come per lampo improvviso, e vacillò.... — Ma.... — balbettò egli — io non vorrei che voi.... agiste.... in un momento di.... disperazione.... — Io.... — rispose Maddalena, aprendo le braccia con un moto spasmodico di tutte le membra, parevo la Madonna dei sette dolori — io non ho più forze.... non posso più resistere.... — e singhiozzante appoggiossi a lui come cadendo. Egli la sorresse, e mormorò: — Tu sei un angelo! — e aperse lo sportello. * * * È uso di dir ad una donna: «Tu sei un angelo», quando la vediamo cadere dal cielo della mor....ale sul paradiso terrestre dell’amore.... _nostro_....; s’intende. * * * Il primo lunedì di quaresima si leggeva in un giornale: «Ieri abbiamo detto che il signor P. M. era scomparso, lasciando una lettera, in cui manifestava la risoluzione di suicidarsi. Pur troppo, egli ha mandato ad effetto il suo tristo divisamento. Il cadavere del P. M. è stato rinvenuto stamane da alcuni contadini presso il Manicomio, entro una roggia. Nel prossimo campo si sono trovati un mantello e una bottiglia di _rhum_ quasi vuota. Si capisce che lo sventurato ha cercato nel liquore quel coraggio che gli mancava. — Pregati dai parenti, non ci occuperemo dei motivi che spinsero il disgraziato al disperato passo.» Il P. M. era Paolo Minelli. LA CATASTROFE. Mercoledì grasso, ore 11 antimeridiane. Minelli solo sta facendo colazione.... La signora è ancora nella sua camera. Compare il ragioniere tutto serio. RAG. (_grave_) Buon giorno. MIN. (_non senza inquietudine_) Buon giorno. RAG. Signor Minelli.... io vengo a darle le mie dimissioni. MIN. (_in piedi_) Cosa dice? RAG. Sì, le mie dimissioni.... perchè il decoro, la delicatezza, tutte, insomma, le ragioni di un uomo d’onore m’impongono di ritirarmi da un’amministrazione che va a male. MIN. (_sedendo — con mal umore_) Va a male.... va a male.... RAG. Vedendo che le mie rimostranze non La persuadevano molto.... vedendo che si continuava sempre col medesimo andazzo.... io ho preso l’unica risoluzione che doveva prendere. Non voglio che, un giorno, si dica che io L’ho rovinato.... mentre ho fatto di tutto per salvarlo.... Eccole lo stato della sua casa.... Sono otto giorni che non prendo quasi alcun riposo per far più presto.... perchè ho fretta d’andarmene. MIN. (_tutto mortificato_) Ah! ha fretta.... (_prende ed esamina lo stato, senza batter ciglio, poi con voce semispenta_) E.... è esatto?.... RAG. Pur troppo! MIN. E.... non c’è più speranza di rifarsi? RAG. Se si va avanti così.... nessuna speranza! — se, invece, si ha il coraggio d’una riforma radicale.... sarei per garantire che si tornerebbe alla floridezza primiera. MIN. (_respirando_) Pazienza.... quando mi parla così.... RAG. (_lieto_) Ho un progetto! Se Ella lo approva e lo mette a esecuzione.... fra tre anni, forse prima. Ella può essere ancora il Minelli d’una volta.... MIN. (_battendogli sulla spalla_) Bravo.... ragioniere.... Bravo! Sentiamo, sentiamo. RAG. Un momento.... Prima di pensare a progetti.... bisogna trovar diecimila lire per far fronte alle scadenze di questo mese.... MIN. (_già scoraggiato_) Diecimila lire.... Dove vuol che le trovi io? RAG. Sua moglie ha una dote....; se la faccia consegnare — (_ad una smorfia di Minelli)_. Non si tratta di consumargliela.... si tratta semplicemente di servirsene per salvare la situazione.... È un interesse della moglie come del marito. MIN. Mi rincresce.... Se vi fosse un altro mezzo.... RAG. Impossibile.... Non si può già ricorrere agli strozzini.... senza rovinarsi ancor più presto. MIN. (_con sforzo_) Bene.... adesso vado da mio suocero e mi faccio dare le diecimila lire.... Ella vada pure ad aspettarmi in negozio..... II. Mezz’ora dopo in casa Papetti. MIN. Caro papà.... buon dì. PAP. To.... To...., che vuol dire a quest’ora? MIN. Vuol dire che ho bisogno d’un favore. PAP. Ma parla subito...., che cosa vuoi?.... sono qui tutto per te! MIN. Ecco.... si tratterebbe.... anzi si tratta, mi hanno proposto una operazione eccellente.... ma siccome, in questo momento non ho tutta la somma che occorre.... sarei costretto a lasciarmela sfuggire.... Se invece potessi compire la somma.... allora io sarei certo di fare un bel guadagno. PAP. (_con difficoltà_) E.... che somma occorrerebbe? MIN. Oh! solo diecimila lire.... PAP. Bagattelle!.... e dove vuoi che vada a prenderle io? MIN. Subito fatto.... tu.... Un momento; prima voglio ricordarti una cosa. Quando io ti ho chiesto la mano di Maddalena, e che si è parlato d’interessi, io cosa t’ho detto?.... Si goda.... — ho detto — allora ci davamo del Lei.... Si goda pure, in pace, gli interessi delle diecimila lire ch’Ella mi offre in dote....; a me basta la sua Maddalena.... È inutile far contratti... Denaro non ne ho bisogno.... Parenti non ne ho...., dunque.... quel ch’è mio è suo e nessuno glielo può togliere. PAP. (_che ha capito l’antifona, comincia a far il muso lungo_) MIN. Ho io mai pensato a farmi consegnar la dote di Maddalena?.... No. — Ma adesso mi è necessaria.... e vengo a chiedertela.... Del resto, non temere.... Quel che t’ho detto allora, te lo mantengo — gli interessi li godrai sempre tu! PAP. (_freddo_) Senti.... io i denari non li ho.... cioè.... li ho, ma non sono in contanti. Io ho impiegato quella somma in tanta rendita dello Stato. MIN. Oh! non importa.... venderemo la rendita.... PAP. Dimmi un po’.... che operazione è.... che vuoi fare....? Non avertene a male.... sai.... capisci bene.... un padre.... Vedi.... se tu m’avesti detto allora....: — Voglio la rendita — figurati.... te l’aveva offerta io! ma venir proprio adesso.... che cosa vuoi....; avrò torto.... sarà una paura sciocca la mia.... ma abbi pazienza. MIN. (_contenendosi_) Dunque non me la dai.... PAP. Abbi pazienza.... ti ripeto...... non posso. MIN. (_contenendosi_) Senti.... sono venuto a chiedere un favore.... ma.... in fine dei conti, quelle diecimila lire mi appartengono...., sono roba mia. PAP. (_convinto_) Scusa, caro.... sono roba di Maddalena! MIN. Accettato! E se Maddalena ti dicesse: — Dagliele pure? — PAP. Risponderei....: alla nostra morte, avrà quello e anche il resto.... ma ora, no. MIN. Ma e se per cagion tua.... io dovessi lasciarmi sfuggire quell’operazione....? PAP. (_adulandolo_) Eh! un negoziante come te.... ha credito fin che ne vuole.... e non saranno proprio quelle povere diecimila lire che gli faranno caldo piuttosto che freddo. MIN. (_alterandosi_) Questa poi non me l’aspettava. PAP. (_freddo_) E neanch’io. MIN. Ma per Bacco!.... PAP. Che cosa? MIN. (_mutando pensiero_) Niente.... PAP. Bravo.... MIN. Ne farò a meno.... e così vedrai che hai avuto torto di diffidar di me. PAP. (_con espansione_) E io non desidero di meglio, anima mia!.... III. Nel negozio Minelli, dialogo a bassa voce. RAG. (_sentito l’insuccesso di Minelli_) Diavolo.... diavolo!.... (_pensa_) E dica un po’.... se si potesse ottenere dal signor Papetti che prestasse il suo _avallo_ sur una cambiale?.... Che ne dice?.... Chi sa.... Alle volte, si hanno delle difficoltà a metter fuori il denaro.... e si mette fuori invece, per far un favore, la propria firma. A noi servirebbe egualmente, perchè io ho un amico il quale ha la più grande fiducia in me.... e mi sconterebbe certamente.... MIN. E sconti senza l’avallo.... allora! RAG. Ah! no.... Ella mi capisce.... io voglio essere perfettamente tranquillo.... MIN. (_rassegnato_) Bene.... gliene parlerò. RAG. Ma.... badi.... bisogna far in modo da non metterlo in sospetto. MIN. Lasci fare a me.... Per stasera lo invito alla nostra festa.... e lo faccio bere un pochino.... Siccome è molto espansivo, quando ha bevuto...., otterrò da lui tutto quello che voglio.... Mi prepari la cambiale intanto. . . . . . . . Il nessun successo della povera astuzia di Minelli con Papetti s’è visto e sarebbe stato prevedibile per tutt’altri che per quell’uomo scervellato. Invece a lui parve tanto impossibile di non esser riuscito, se ne addolorò, si indispettì talmente contro sè stesso, che, per poter non pensare alla propria disfatta.... per poter dimenticare, fino al domani, quelle diecimila lire.... vuotò la bottiglia del Cipro. Ma non bastò, anzi fu peggio.... perchè, cominciata l’ebbrezza, quelle maledette cifre, presa forma umana, si misero a ballonzargli e sgambettargli negli atteggiamenti più grotteschi, nella mente trasognata — or irridendolo coi più strani sberleffi, or minacciandolo coi pugni e coi denti.... Non sapendo più come salvarsi.... si fece portare una bottiglia di Erlauer.... poi, un’altro ancora. Allora le cifre scomparvero — tutto dintorno a lui diventò bujo — gli parve d’essere sul tetto d’una casa, nelle acque d’un fiume straripato.... E il terribile elemento saliva.... saliva.... e il vento muggiva, e la pioggia scrosciava.... e nessuno veniva a salvarlo.... e l’acqua gli lambiva già i piedi.... Allora sentì un guizzo di freddo per tutta la persona, volle alzarsi.... e sconciamente stramazzò. IV. Giovedì grasso, ore 9 antimeridiane. Minelli si sveglia e chiama, senza aprir gli occhi. — Lena..... Lena.... — nessuno risponde — dormi ancora?.... Ma.... — si leva a sedere, si stropiccia gli occhi, si guarda d’intorno.... Non è la sua camera.... non è la sua casa.... si ricorda. — Pover uomo! — balbuzia — pover uomo! Chi sa cosa avrà detto Maddalena.... Chi sa! — Poi pensando ai casi suoi: — Quella è l’ultima.... ah! sì.... è tempo di finirla....; or vado a casa.... e da questo momento.... vita nuova! — Forte della buona risoluzione, si sente bene e sarebbe quasi felice.... se non fosse il pensiero martellante delle diecimila lire e dei rimproveri che lo attendono al domicilio conjugale. — Ma passerà anche questa! — dice e si alza. Dà la mancia al servo del cassiere della Società, e gli lascia tante scuse con tante cose pel padrone e la promessa d’una visita, dopo pranzo. Torna a casa, ma trova chiuso. La fantesca è uscita ed egli non ha le chiavi. Scende e entra in negozio, il che, a quell’ora, maraviglia i garzoni. Parla col ragioniere, gli dice del secondo fiasco toccato con Papetti e finisce coll’esclamare: — Cosa facciamo adesso? — Ci penserò! — risponde il ragioniere, che ha già pensato, con un accento che fa sperare ancora una speranza. — Bene.... io sono nelle sue mani. Ah! ecco la domestica che ritorna....; vado a vedere se mia moglie s’è svegliata. Ella venga pure, verso mezzogiorno. * * * Mezzodì. Minelli entra nel salotto, in cui v’è già il ragioniere ad aspettarlo. Il povero marito non è gajo. La moglie era di pessimo umore, e alle sue scuse e spiegazioni non ha risposto che un: — Taci, taci. — Quanto alla conferenze, l’ha accettata con un annojatissimo: — Sì, sì. — MIN. Favorisca aspettare un momento.... Mia moglie sta vestendosi. RAG. L’ha prevenuta? MIN. Sì.... le ho detto a un dipresso.... RAG. E cosa ha risposto?.... è bene ch’io sappia in quali disposizioni.... MIN. Eccola.... — entra Maddalena e saluta freddamente. Siedono. RAG. Signora Minelli.... mi rincresce di averla forse disturbata, ma era necessario. Dovendo presentare la situazione finanziaria del signor Minelli.... ho desiderato che Ella pure ne prendesse conoscenza.... sia perchè si tratta di cosa che deve starle molto a cuore.... sia perchè, occorrendo poscia adottar dei provvedimenti pel seguito, e la di lei cooperazione potendo essere assai utile.... è bene ch’Ella sia perfettamente informata di tutto. — Maddalena corruga la fronte — non ha capito niente, cioè ha capito che è un brutto preambolo. RAG. (_con solennità_) Ecco adunque lo stato, in poche cifre tonde. La dimostrazione l’avrà poi se la desidererà: L’ATTIVO è composto, in gran parte, delle spese sostenute in questi ultimi ventun mesi. Per ammobiliare l’appartamento L. 15,000 Per le gioje della signora » 9,000 Fatture saldate per conto della signora » 14,000 Simili per conto del signore » 4,000 Spese di famiglia » 25,000 Mobili di negozio » 10,000 Crediti diversi » 23,000 Merci esistenti » 40,000 ——————————— Totale L. 140,000 PASSIVO: Scadenze di marzo L. 10,000 » di aprile » 4,000 » di maggio » 6,000 —————————— Totale L. 20,000 Se vi siano altre fatture da pagare per loro conto non so. La posizione non è disperata, ma bisogna mutar sistema per salvarla. I provvedimenti da prendersi sono varj: I. Depurazione del personale. — La rendita di questi ventun mesi basta appena alle spese di negozio e alle sottrazioni fatte da qualcuno, che si dovrà licenziare. I colpevoli restarono al coperto per molto tempo, ma finalmente si tradirono in questo carnevale, colle loro pazze spese. II. Vigilanza continua del signor Minelli. III. Bisogna tornare alla cifra normale di L. 80,000 circa, pel conto merci generali, tanto richiedendo l’importanza del negozio. IV. Estinguere le passività. Le diecimila lire scadenti in aprile e in maggio verranno colle vendite. Le merci che arriveranno in sostituzione non saranno pagabili che in novembre e in dicembre. In giornata, urge trovare le diecimila lire di marzo. Sono indispensabili, una condizione _sine qua non_ dell’assestamento degli affari. Si sarebbe potuto provvedervi facilmente se il signor Papetti fosse stato più arrendevole....; così, non resta a nostra disposizione che un mezzo solo.... lecito e non rovinoso. La signora vorrà permettere che si diano in pegno le sue gioje.... (moto di spiacevole sorpresa della moglie — e anche del marito) per qualche tempo. M’incarico io di cavarne almeno L. 7000....; per le altre 3000, supplirò io coi miei piccoli risparmj.... — Minelli, con ammirazione, rasserenandosi, alla moglie: — Ma vedi.... vedi che uomo! E se si presta lui, che cosa non dobbiamo far noi?! — Rimane a prendersi un ultimo provvedimento, dal quale io mi riprometto vantaggi grandissimi, più che da ogni altra misura (fissa sorridendo, Maddalena), ed è questo: La signora dovrebbe compiacersi di passare almeno sei ore al giorno, al banco del negozio.... MIN. (_incerto_) Come....? MADD. (_sdegnosa_) Io?.... RAG. Scusi, signora,... io ho pensato che la di Lei presenza in bottega contribuirebbe a ristabilire la disciplina nel personale — ed essendo anche un bellissimo e nuovo ornamento del negozio, contribuirebbe, altresì, a richiamare gli avventori disgustati, non solo, ma a farne accorrere di nuovi. Qual più bella soddisfazione per la signora che quella di poter dire un giorno: — Ecco, Casa Minelli è risorta all’antico splendore.... e questo è tutto opera mia!?.... — La cosa può sembrarle forse un po’ nojosa al momento.... ma ci si abitua presto, e col tempo diventa un divertimento. Si tratta poi di così poche ore.... che si può fare un piccolo sacrificio.... Già, senza mortificazioni non si può aspirare neanche al paradiso.... MADD. (_insensibile ai sorrisi, alle delicatezze, alle adulazioni e agli scherzi del ragioniere — con stizza mal dissimulata_) Io non discuto le proposte del signor ragioniere, anzi dico anch’io che sono buone.... e quindi farò anch’io tutto quello che potrò, perchè è troppo giusto. Le mie gioje sono a sua disposizione.... fin da questo momento.... Vuole anche i miei abiti....? RAG. (_grave_) Signora.... Ella mi offende.... si direbbe quasi che io.... MIN. (_spaventato, supplice_) Per carità, Maddalena!.... signor ragioniere!.... MADD. Se ho esagerato.... è stato involontariamente.... mi perdoni.... ma non avevo proprio l’intenzione di offenderla.... Dunque.... farò il mio dovere.... Ma ch’io scenda in negozio.... questo è proprio impossibile.... Che vuole.... che io me ne stia là, come una civetta per attirar la gente? So che si usa, ma a me ripugna.... MIN. Bene, bene! lasciamo questo punto. Io devo già ringraziare Maddalena del sacrificio ch’è disposta a fare. Sta pur certa che le gioje torneranno a casa il più presto possibile. Quanto a richiamar gli avventori, ci penserò io.... anche senza esporre mia moglie.... RAG. Signora, io spero che Ella non mi terrà il broncio.... MADD. Le pare? Io devo anzi ringraziarla per tutte le sue premure.... Posso andarmene adesso? MIN. Fa pure, cara...., e noi scendiamo.... (_mentre si levano, si ode la voce della fantesca domandare dal di fuori_) — È permesso? MIN. Avanti. FANT. (_aprendo_) V’è qui un giovane, che desidera parlare colla signora. MADD. Con me? MIN. Sarà qualche operajo....; fallo pure venire innanzi. FANT. (_introduce un cameriere d’albergo e si ritira_) MADD. (_vedendo il cameriere, impallidisce come un cadavere_) CAM. (_s’inchina, poi tutto grazioso a Maddalena:_) Sono molto contento d’averla trovata in casa.... Dica.... Avrebbe mai, per accidente, smarrito il suo ventaglio, stanotte? MADD. (_non ancora riavutasi_) Io?.... MIN. (_al cameriere_) Scusi.... Lei chi è?.... MADD. (_tenta far comprendere al cameriere, cogli occhi, i quali pare voglian schizzar dalle orbite, che non deve parlare — ma quello non vede_) CAM. Io sono un cameriere del _Restaurant Bouquet_. Siccome abbiamo trovato un ventaglio nel gabinetto in cui la signora.... (_guarda in viso a Maddalena, e vedendone la terribile espressione, s’interrompe tutto confuso_) MIN. (_sorpreso per quel silenzio subitaneo, dopo tal principio, vedendo il turbamento del cameriere e di Maddalena_) E così....? finisci.... (_poi al ragioniere, che, per delicatezza, vorrebbe andarsene_) Si fermi pure.... CAM. (_con sforzo_) Probabilmente m’hanno mal diretto.... MIN. (_colpito da sospetto a Maddalena studiandola_) Dov’è il ventaglio che avevi ieri sera?.... MADD. (_sconcertata, non trova parole, dice col gesto che non sa_) MIN. (_scoppiando_) Ah! ma dunque è vero!.... (_al cameriere, imperioso_) Finisci quello che avevi incominciato....; guardami bene in faccia! CAM. (_asciugandosi la fronte, balbetta_) Siccome.... si è trovato un ventaglio.... MIN. In un gabinetto! CAM. Sì, signore. MIN. Che la signora vi ha lasciato.... stanotte. MADD. (_rompendo in pianto, grida_) Ma non è vero!.... questa è un’infamia!.... CAM. (_dice fra sè_) Apriti terra! MIN. (_lancia alla moglie un’occhiata fulminante, quindi al cameriere_) Dammi quel ventaglio.... CAM. (_la cui mano, involontariamente, s’era mossa nella direzione d’una tasca, preso da pietà per Maddalena, dice:_) Non l’ho.... MIN. (_frenandosi a stento_) Ah! non l’hai?.... CAM. (_con sicurezza_) No.... è all’albergo.... MIN. (_coi denti serrati, facendo un passo_) Ah! all’albergo?.... CAM. (_indietreggiando_) Sì, signore. MIN. Bene! verremo all’albergo.... E ora dimmi un po’...., come mai t’è venuto in mente di venir.... precisamente qua?.... (_moto disperato di Maddalena_) Zitta tu!.... se parli.... io.... MADD. (_che ha preso una risoluzione, con subitanea energia_) Ma, insomma.... è una vera indecenza.... questa, che si vada in una casa.... e che.... MIN. (_interrompendola_) T’ho detto di non parlare!.... (_freddo_) Non è un’indecenza.... è onestà.... e siccome questa onestà dà una traccia di qualche cosa.... appunto d’indecente.... così io voglio saper tutto.... e lo saprò. MADD. (_sedendo, disdegnosa_) Va benissimo. MIN. (_al cameriere_) Dimmi, adunque, come t’è venuto in mente.... CAM. Ecco, se si fosse trattato d’un ventaglio qualunque, non ce ne saremmo curati.... ma trattandosi d’un ventaglio di valore.... capisce.... Allora io, che aveva veduto il cocchiere del _brougham_.... (_esita_) MIN. (_fremente_).... in cui la signora era venuta.... CAM. .... questo non so.... sapeva solo che aveva condotto gente.... quindi sono andato da lui.... MIN. (_tremante d’impazienza_) E t’ha detto? CAM. (_esitante_) E.... m’ha detto.... che s’era...., ossia che gli pareva d’essersi fermato davanti a questa casa.... MIN. (_colla vista oscurata_) E allora? CAM. Allora.... ho interrogato il portinajo.... e m’ha detto che, della casa, la signora Minelli, per quanto egli ne sapeva, era l’unica signora che la scorsa notte fosse uscita.... con suo marito. O il cocchiere era ubbriaco.... o il portinajo era mal informato.... MIN. (_con riso spaventevole_) Sicuro.... dev’essere così.... (_fregandosi le mani e guardando Maddalena_) Ora, adunque, andremo all’albergo a prendere il ventaglio.... e se non ci sarà.... se ne vedranno delle belline.... va bene?.... CAM. (_stanco, volendo uscirne, senz’altri rischi nè noje_) Senta.... poichè devo darglielo.... o prima o poi.... tanto fa che glielo dia adesso....; dopo tutto, non sono cose che mi riguardano.... (_gli dà un involtino. Maddalena non sembra accorgersi di quanto avviene; pensa_) MIN. (_frenando un grido di furore al riconoscere il ventaglio, con orgasmo al cameriere_) Bravo.... così si fa.... a te.... per il tuo incomodo.... prendi (_gli dà cinque lire; aggiungendo con intenzione minacciosa_), e se sarai discreto.... farai una buona azione.... capisci?.... CAM. Non dubiti.... grazie.... Riverisco (_s’inchina ed esce_). RAG. (_contristato_) Permetta che me ne vada anch’io?.... MIN. No.... si fermi.... si fermi...., perchè questa donna sa mentire.... e può essere che io abbia bisogno di testimonj.... MADD. (_alzandosi, fredda al ragioniere_) Ha sentito?.... mio marito m’insulta.... Ora io non voglio più restare in questa casa.... (_muove per uscire_) MIN. (_vietandole il passo, furente_) Non si parte.... (_respingendola_) Non si parte.... per Dio! MADD. (_al ragioniere, con riso forzato_) Ma sa che questa è nuova.... (_siede_) MIN. (_la guarda torvamente, poi suona il campanello; entra la fantesca_) A che ora è venuta a casa mia moglie.... stamattina? FANT. (_incerta_) Alle.... MADD. (_pronta_) Alla una! MIN. (_contenendosi, ripete con flemma_) A che ora è venuta a casa mia moglie? FANT. (_che ha capito_) L’ha già detto la signora.... alla una. MIN. (_urlando_) Tu menti.... tutti mentite! ma.... la saprò ben io.... per l’inferno.... la verità.... Quel cocchiere.... è ancora vivo!.... (_battendo un gran colpo sul tavolo_) lo troverò....! FANT. (_spaventata si ritira_) MADD. (_a quelle parole, si perde d’animo, supplice_) Ma Dio! un po’ di pietà! MIN. (_stravolto_) Con chi sei andata a quel _Restaurant_.... con chi? MADD. (_mancando_) Ma io non sono andata in alcun Restaurant. MIN. A che ora sei partita dalla festa....? MADD. Che so io.... alla una. MIN. Sola.... no già!.... con chi adunque? MADD. Con una persona.... che conosci anche tu.... e che io stessa ho pregata d’accompagnarmi. MIN. E.... chi è.... questa persona....? MADD. È il signor Soranzi.... MIN. E.... siete venuti a casa.... subito? MADD. .... Subito.... MIN. A piedi? MADD. A piedi.... MIN. (_al ragioniere_) Ella ha sentito.... (_a Maddalena_) Ora.... io esco.... e se io saprò.... che hai mentito.... guai.... guai a te! E se poi il ventaglio sarà stato smarrito.... supponiamo.... sulla festa.... resterà a scoprire qual è la signora che l’ha trovato.... e riusciremo a sapere anche questo.... va bene? (_al ragioniere_) Ella intanto mi faccia il favore di rimanere.... e le impedisca di parlare con chicchessia e di fare un sol passo.... Siamo intesi! (_esce_) MADD. (_vedendosi sola col ragioniere, riprende coraggio, e fingendosi oppressa, con voce flebile_) Scusi, signore.... se mi ritiro nella mia camera.... ma io ho troppo bisogno di piangere.... RAG. Mi faccia la grazia di restar qui. Ella ha udito le raccomandazioni.... MADD. (_piangendo_) Ma sono in casa mia, infine....! Mi segua, se vuole.... mi lasci andare nella mia camera.... RAG. (_con pietà_) Mi dica.... Ella è proprio innocente....? MADD. .... Creda.... io sono una povera vittima del destino, che mi perseguita.... ma io non so proprio nulla di nulla! mi crede? RAG. Ma.... per me.... si figuri.... MADD. .... Dunque.... sia buono.... guardi.... mi lasci almeno rinfrescarmi il volto.... devo avere gli occhi ben rossi.... RAG. Bene.... faccia presto.... perchè io non voglio aver noje.... MADD. (_dolcissima_) Un minuto solo.... (_esce_) Il ragioniere resta solo, facendo delle considerazioni morali sul matrimonio, e rallegrandosi di essersi conservato celibe; tutt’a un tratto balza in piedi esterrefatto, ha udito un rumore di chiavi giranti nelle toppe; corre ad un uscio, — chiuso — corre all’altro, — chiuso anch’esso. — Ah! balordo ch’io sono.... — esclama — doveva ben pensare che una donna....! e adesso quell’altro tornerà.... ed io.... Ah! bah! — corre alla finestra, apre, e grida: — Portinajo! Portinajo! Eh? — fa il portinajo sull’uscio del suo stambugio.... — Vieni su.... subito.... — Subito.... — Ma dov’è? — domanda forte il portinajo, salito, girando per le camere. — Qui.... qui! — grida il ragioniere — apri.... — Ecco.... ma come mai.... Fuori di sè. — Niente.... di’ al signor Minelli che io non sono nè un gendarme nè un aguzzino.... e tanto meno poi un prigioniere.... Il resto glielo scriverò io....! — Va benone! — fa il portinajo, che non capisce niente, vedendolo fuggire a precipizio. — Il marito se ne va, la moglie se ne va, la serva se ne va.... e questi, non appena può andare, scappa.... Così, chiudiamo e andiamocene anche noi. — * * * Sono scorse due ore. Minelli torna. Ha cercato di tutti quelli che potevano fornire qualche schiarimento e ha parlato con tutti.... col cocchiere, col portinajo di casa Soranzi, coi servitori della Società, ha voluto rivedere il cameriere del _Restaurant_. Non v’è una dissonanza. Tutto concorre ad accertare in modo ormai incontrastabile la temuta verità. Ebbene, egli non è più furente.... è di ghiaccio. — Egli non ha da far altro che strozzare Maddalena.... e la strozzerà; e dopo andrà a consegnarsi alla giustizia. — Questo è così semplice, che egli è tranquillo. — Si è sempre tranquilli quando si compie il proprio dovere. Il portinajo, vedendo passare il signor Minelli: — Signor Minelli, ha detto il di lei ragioniere che non è nè un gendarme, nè un aguzzino.... e tanto meno poi un prigioniere. Quindi se n’è andato. MIN. (_accendendosi_) E dove è andato? PORT. Io non saprei.... Ah! prenda la chiave....; non v’è nessuno in casa. MIN. (_afferrandolo per un braccio, come pazzo_) Cosa dici! non c’è nessuno?.... PORT. (_liberandosi_) Se non crede.... vada a vedere. — Che cos’ha?.... Si sente male? MIN. (_atterrato, cupo_) No.... grazie. — Sale lentamente, curvo, barcollante, apre, entra, passa di camera in camera, con tal circospezione, che si direbbe tema di trovar alcuno. Giunge alla camera da letto.... vorrebbe.... si pente.... si decide.... spinge l’uscio. — Ah! — grida gemendo — Son rovinato! — Al primo sguardo, egli ha tutta compresa la sua disgrazia. Non gli resta nemmeno il conforto della vendetta. Corre al forziere aperto.... Pur troppo è vero.... L’unico valore che vi si trovava, lo scrignetto dei giojelli, è sparito. Sur un tavolino v’è un biglietto scritto colla matita in modo quasi inintelligibile, tanta era la furia di chi lo vergò. Ecco quel che vi legge Minelli coll’occhio semispento: «Non cercare di me.... non mi troveresti. Addio per sempre. «MADDALENA.» Minelli alza gli occhi e i pugni al cielo.... La sua maledizione non si ode.... ma deve essere orrenda! Poi biascica sordamente: — Ah!.... non cercare di te?... addio per sempre?.... Voglio trovarti.... voglio.... capisci? — Vuol muoversi, per uscire, ma le gambe non lo reggono.... tutto è distrutto in lui e cade inginocchioni. Egli vuol rialzarsi.... e non può.... Si rode i pugni per la rabbia, si percuote il petto, la fronte, si strascina sulle ginocchia.... ma ogni sforzo è vano. Il portinajo, che s’era impensierito pei modi strani di Minelli, sale dopo mezz’ora e lo trova immobile, accosciato, cogli occhi sbarrati, fissi al suolo, colla bocca intrisa di una spuma verdognola e sanguigna. — Lo diceva io che ci doveva essere qualche cosa — borbotta il portinajo, e lo solleva e lo mette a giacere sul letto, e gli domanda che cosa ha, che desidera.... — Nulla — mormora Minelli estenuato — lasciami dormire; va pure. — Vuol che dorma qui nella camera vicina, stanotte? — No, no, adesso mi è passato.... grazie. — E l’uscio che è aperto....? — Lascia pure aperto... non c’è pericolo.... chiuderò io.... Il negozio non sarà aperto.... m’imagino.... — Eh! già.... è giovedì grasso.... — Giovedì grasso.... — sospira Minelli. — Va pure.... addio. — * * * Quando il mattino susseguente, il portinajo salì per veder come stava il signor Minelli, non lo trovò più. Sul tavolo, nel salotto, v’era un piego suggellato diretto al ragioniere. _Lettera di Minelli al suo ragioniere._ Caro amico, Permetta che, in questi ultimi momenti, riconosca quanto Ella ha fatto o tentato di fare per me, col chiamarla amico. Se io Le avessi dato retta, sarei certamente felice e degno della stima generale.... così sono un povero miserabile. Non lo sarò tuttavia che per poche ore. Cosa vuol che ne faccia io, adesso, della mia vita? Si può vivere soli, coll’anima esulcerata; impotenti a tutto, colla mente che non sa obliare.... sapendo che _ella_ è viva, che mi disonora, che mi deride.... perchè le è riescito di ingannarmi e di derubarmi?! D’altronde sono rovinato, caro ragioniere, e non saprei come rialzarmi, perchè io non sono più capace di lavorare.... lo sento. E poi, ho sempre veduto che quando si comincia a rotolar giù, non si può proprio più fermarsi. Dunque arrischierei di perdere quel poco che ancor mi resta, mentre è mio dovere sacrosanto di salvarlo per mia figlia? No.... no.... ne ho già troppe sulla coscienza, e almeno questa voglio risparmiarmela. Povera Silvia!.... non l’ho mai riveduta.... Questo è forse il più grave mio torto.... e non ho scuse.... Non posso a meno di piangere pensando a quella meschina.... Desidero che Ella, signor ragioniere, sia il tutore di mia figlia — e se Ella accetta, io dico, anzi: _voglio_, affinchè Ella possa venir più facilmente nominato dal Tribunale. Forse ci sono molte altre cose che sarebbe necessario dire.... ma or non saprei.... ah! _È mia assoluta volontà_ che quanto potrà essere salvato dal naufragio della mia fortuna, venga investito in rendita pubblica e intestato a mia figlia. Tutto in rendita, ad eccezione di poche lire 3000, tremila, che io La prego, signor ragioniere, di accettare come un lieve segno della mia gratitudine pei servigi che Ella mi ha resi. Non ho proprio altro ad aggiungere. Parli qualche volta di me alla Silvia, quando potrà capire.... e la baci per me. Addio. PAOLO MINELLI. _PS._ Favorisca far consegnare le unite due lettere — e faccia dir una parola ai giornali, onde non si occupino di me.... se pur possono defraudare, in via d’eccezione, una volta la curiosità dei loro lettori. Non è tanto per me che desidero questo, quanto per mia figlia, che un giorno saprà leggere.... e vorrà sapere... Addio, addio. * * * _Lettera al padre di mia moglie._ Voleva quasi quasi partire, senza neanche salutarti — ma siccome, sebbene involontariamente, sei stato la cagione principale di tutto quello che è avvenuto — perchè se non mi avessi rifiutato quanto mi _devi_, nulla sarebbe avvenuto.... così voglio salutarti.... e ringraziarti. L’ho qui.... qui alla gola.... veh! — e non mi passa.... e se io ascoltassi solo la mia rabbia.... Ma, per Dio! vengo a domandarti la mano di tua figlia.... e non ti chiedo un soldo — la adoro tua figlia, la tratto come una principessa, non so cosa farei per vederla sempre sorridere di soddisfazione.... procuro ad un padre una rara consolazione e la più grande, quella di veder felice sua figlia.... ed ecco il bel compenso che trovo! Un giorno, quando per un concorso di circostanze, e anche per mia colpa — sì, non lo nego! — mi trovo in bisogno e mi rivolgo al padre di mia moglie.... egli mi lascerebbe morire piuttosto che ajutarmi! Mi nega il _prestito_ di diecimila lire che mi deve.... me lo nega a me, che ho speso quattro, cinque volte tanto in pochi mesi per far star allegra sua figlia! È dura, sai?! È proprio una cosa che grida vendetta in cielo! E sua figlia, tanto per fare ancor qualche cosa di meglio di suo padre, mi tradisce, mi deruba.... e fugge! Ma me la sono meritata! Cosa mi è mai venuto in mente, dopo essere stato felice venti anni — cosa straordinaria — con una donna, di prendere moglie per la seconda volta.... per avere una donna bella?! — Prendila, Paolo, la donna bella.... prendila! — ecco il bel frutto. Ma chi poteva imaginarselo? chi? E pazienza ancora, se le avessi fatto imporre di sposarmi....! Ma ha avuto tutta la libertà d’agire come sentiva! Perchè non rispondermi francamente un _no_? Imbecille ch’io fui!.... Credetti che il suo fosse un _sì_ d’amore.... ed invece, non era che una furberia per poter venire a godersi il mio denaro! Ed io.... mi sono rovinato per questa donna! Basta.... io adesso me ne vado all’altro mondo, e spero che tu non starai molto a seguirmi. Intanto godi.... godi le tue, ossia le mie diecimila lire! — e quanto a tua figlia, ora trionfi pure.... ma la mia maledizione la perseguiterà per tutta la vita.... e qualche giorno giustizia sarà fatta! _Il marito di tua figlia._ * * * _Lettera di Oreste ai suoi parenti._ Miei cari, Spero che v’avranno subito consegnato jeri il biglietto, in cui vi diceva che io doveva assentarmi per una partita di piacere. Mi sono assentato.... ma per ben altro motivo. Non ve l’ho detto jeri, perchè, a dirvi tutto, ci voleva tempo, e urgeva partire senza il menomo indugio. Il più importante era che foste tranquilli a mio riguardo. Eccovi ora la verità. Una donna mi aveva inspirato una profonda passione e la ricambiava. Jeri, il marito, messo da qualcuno in sospetto di tale mistero, interrogò la moglie, che, naturalmente, negò, chiedendo le prove, per guadagnar tempo. — Vado a procurarmele, disse il marito furente, e se sarà vero, io ti ucciderò. — Non appena il marito fu uscito, la moglie — doveva forse aspettare che ritornasse con quelle prove, che pur troppo si potevano ottenere? — corse dalla persona, presso la quale soltanto poteva trovare rifugio e difesa.... venne da me. Era alla disperazione! Se l’aveste veduta, avrebbe mosso a compassione una tigre.... Prego mio padre e la mia buona madre di non esser troppo severi. So anch’io.... come lo sa _Lei_, che legge mentre vi scrivo.... tutto quello che si può dire. Ma non discutete, per carità, la ragione o il torto d’una passione! Ditemi solo se un uomo che si trovava nella mia posizione ha fatto o no il suo dovere, accogliendo questa povera donna, che tutto aveva prima arrischiato ed ora ha tutto perduto per lui! — Su questo solo punto siate giusti.... il resto lo abbandono all’indulgenza di gente di cuore, la quale sa che cos’è vita, che cos’è giovinezza. Mia madre sarà addoloratissima nel leggere queste righe, lo so....; crederà che io abbia smarrito quei sentimenti d’onestà che ella mi ha sempre inspirati.... No, io non sono stato che amante. D’altronde, v’era qualche cosa di predestinato.... era scritto che presto o tardi le nostre sorti dovessero confondersi in una sola, che sarà fonte perenne di comune felicità. Lo sento.... e sono certo che non è un’illusione. Siamo a X.... al confine. Scrivetemi subito per tranquillarmi. Il nostro ritorno dipende dagli avvenimenti. In caso di separazione legale, torneremo presto.... Nel caso contrario, verrò a vedervi il più sovente possibile. Sono felice.... ma solo per metà, lontano da voi, lo sapete. _Vostro aff._ ORESTE. * * * _Risposta dei parenti._ Oreste, Tu ci hai arrecato il più profondo dolore! Tu non vuoi che si discuta la ragione o il torto della passione — ma un _uomo_ non deve ridursi fino al punto da mettersi volontariamente al livello dei bruti, pei quali non v’è ragione nè torto. Quando, al primo riveder quella donna, tu sentisti ridestarsi l’antico affetto — dovevi fuggirla. Era già moglie. Il sacrifizio allora sarebbe stato ben lieve, credilo! Non hai avuto quella meschinissima forza.... e or vedi le conseguenze orribili della tua debolezza! Al solo pensarvi v’è da raccapricciare.... Quel marito s’è ucciso!.... ucciso per causa vostra. La donna che tu ami è l’oggetto della esecrazione generale in questo momento. Essa non aveva alcuna ragione di mancare alla fede giurata.... dopo un anno e mezzo di matrimonio! L’opinione pubblica è meno severa per te.... ma, per la gente ben pensante, tu sei responsabile quanto colei, di quell’omicidio, perchè siete voi due che l’avete commesso.... Negalo un po’ se hai tanto coraggio! Leggi, leggi la lettera che lo sventurato ti ha scritto sul punto di morire, e poscia abbi ancora stima di lei.... di te.... se lo puoi! E ora che farai?.... Sposerai tu quella donna? La tua passione ti trascinerà anche a questo? Sarai tanto cieco da non veder che v’è un cadavere fra voi....? E quando l’avrai sposata, sarà essa veramente tua? E un giorno non sarai forse trascinato ad imitare l’esempio del primo marito? Basta.... fa quel che vuoi. Noi ti abbandoniamo a te stesso. Io ti dico solo che in questi giorni io devo benedire la sventura che m’ha quasi affatto privato della vista.... perchè così io sono certo di non veder quella donna, se mai osasse venir in questa casa....; ma non l’oserà, perchè nessuno oserà condurvela. Tuo padre ha dettato Tua madre ha scritto — e aggiunge che stima troppo suo figlio per poter supporre, un solo istante, che egli le mancherà di rispetto. * * * _Lettera di Minelli a Oreste Soranzi._ Signore, Come vede, io mi ritiro. A Lei piace mia moglie.... ed io gliela cedo. Ma cosa vuole di più?! Sia certo che Le faccio un bel regalo. Ella la conosce per una bella donna, ma forse non sa che è anche una buona donna. In tal caso, se ne persuaderà in seguito.... Poi, ha altre belle qualità: sa mangiar bene, bever meglio, veste con un gusto eccellente. A ballare, l’ha vista.... anzi l’ha fatta anche ballare.... Per spirito non ha l’uguale. Nè questo è tutto. Ha un cuor d’oro. Basta dire che ha avuto una figlia e che non ha ancor avuto tempo di vederla.... ma è sempre tanto occupata, poverina! Io le ho scoperte, un po’ tardi, tutte queste perfezioni.... ma io sono un imbecille. Credo che Ella sarà molto felice con Maddalena, perchè è una donna che sa fare. Se mai, per caso, un giorno si stancherà, non Le darà alcun disturbo, prenderà il bello e il buono e se ne andrà.... Ha agito così con me, ed io voglio sperare che non La tratterà meno bene di me. Saluti tanto la mia vedova, e mi creda niente affatto suo devotissimo PAOLO MINELLI. * * * _Lettera di Oreste a Maddalena._ Maddalena, Il nostro amore riceve un colpo mortale! _Egli_ si è ucciso! Senza saperlo, ha scelto la più tremenda delle vendette. Egli vivo, ci univa — morto in tal modo, ci disunisce per sempre! Qual vita, infatti, sarebbe la nostra, se ci ostinassimo a volere una felicità impossibile? — Il suo fantasma sarebbe sempre con noi.... le nostre famiglie ci respingerebbero, tutti ci segnerebbero a dito, dicendo: — Ecco coloro che hanno ucciso quell’infelice.... vedete gli sposi assassini! — E noi stessi potremmo sopportare la vista di noi? Che abbiamo mai fatto! Ora, non ci resta che piangere, tornare nel seno delle nostre famiglie, espiare con una vita onesta un errore giovanile — e non vederci mai più. A te, Maddalena, più avventurata di me, perdendo le gioje dell’amore, rimangono ancora le gioje sublimi della madre. La tua bambina sarà la tua delizia e il tuo conforto. Rinunciando ad amarci e a vederci, noi non potremo certo obliare i sogni passati.... La memoria di questo amore sarà una religione! Addio. Addio! ORESTE. _PS._ Le vicende della vita sono varie.... Se mai ti tornassero avverse.... ricordati di me. Ho voluto, dovuto dirti questo per togliermi dall’animo un peso opprimente. Parto senza vederti.... il perchè lo comprendi. * * * _Risposta di Maddalena._ Oreste, Hai ragione. — Addio per sempre. — Grazie. — Non ho, nè avrò mai bisogno di nulla.... Saprò lavorare. Sei un gentiluomo — dunque, tutto è sepolto, _tutto_! MADDALENA. * * * Quella sera, il padre e la madre di Oreste stavano seduti sur un divano, nella sala da pranzo, silenziosi e mesti. Vedevano che la mensa era servita, ma non potevano muoversi. A un tratto si scossero.... — era una scampanellata.... Pochi secondi dopo, l’uscio si aperse e comparve Oreste, fermandosi sulla soglia, umile, abbattuto, esitante.... — Ah! è lui — gridò la madre giubilante, correndo ad abbracciarlo. Il cieco padre ebbe un tremito, ma non fe’ motto. — Sei solo?.... — mormorò la madre all’orecchio del figlio. — Solo. — È finita? — Finita. — Vieni!.... — Eugenio — fece verso il marito, conducendo a lui Oreste per mano — consola questo povero ragazzo.... che ha mancato.... ma che è pentito.... e soffre. — Il cieco porse una mano, che fu presa e coperta di baci — quindi respirando largamente e alzandosi, disse: — E ora che siamo ancora in tre.... pranziamo.... Oreste, adesso se potessi vederci.... non sarebbe proprio male! — . . . . . . . In casa Soranzi non si parlò più di Maddalena, come se neanche esistesse. Un anno circa dopo la catastrofe, Oreste era avvocato e sposava la figlia di un alto magistrato, buona, timida, graziosa creatura, sulla quale la madre di Oreste aveva da un pezzo posto gli occhi, e di cui diceva: — Per quella, garantisco. — Oreste fu conquistato dalla soavità della giovinetta — e quando la madre gliela propose, non seppe dir di no. Quando Maddalena lesse il biglietto di Soranzi, per quanto fosse corazzata e tutt’altro che tenera del marito, non potè a meno di fremere. Una morte naturale.... pazienza! Era una disgrazia, e oltrechè inevitabile, preveduta vicinissima, e al punto a cui eran giunte le cose.... non avrebbe messo nessuno alla disperazione — ma quell’uccidersi!.... Tal senso di terrore tuttavia fu breve e lieve — seguirono intensi e lunghi invece il dispetto della perduta fortuna e le ansiose apprensioni per l’avvenire.... Che sarebbe di lei?.... Più ci pensava e più le pareva che la delicatezza di sentire di Oreste fosse esagerata. Che relazione aveva l’avvenire col passato? l’ombra.... un’ombra!.... del defunto colle gioje reali dei vivi?.... perchè temere l’opinione pubblica.... la quale si sa che cos’è e della quale si fa tutto quel che si vuole? — fisime, ubbíe! — Ci fu un momento in cui balzò in piedi per corrergli dietro, afferrarlo per un braccio e dirgli: — Fermati, fanciullo.... e lascia fare a me! — ma siedè tosto. Raggiungerlo.... in casa, forse? — affrontare.... chi sa.... fosse un oltraggio? — Scrivergli, supplicarlo, minacciarlo di darsi morte? Non essendovi amore, l’orgoglio ne la dissuadeva. D’altronde, a che poteva servire un espediente.... per quanto drammatico, con un figlio che sapeva tanto subordinato ai parenti? Si trovava nelle di lei braccia.... ed era fuggito!.... Dunque che sperare mai ora? Ah! non bisognava pensarvi più. Bisognava pensare piuttosto a provvedere altrimenti per l’avvenire. Dopo un’ora di meditazione, il suo programma era fissato. Prima di tutto era necessario ripresentarsi in società colla ragione da parte sua. Ella era la vittima! Chi osava sostenere che ella era il carnefice? E poteva provar tutto in propria difesa, mentre nessuno poteva provar nulla contro di lei. Cominciò dal partire per recarsi, la furba, in altro luogo, donde potè scrivere: Cari genitori, Sono presso mia figlia. Ho saputo della triste fine di quel povero uomo.... Io lo compiango. Se la gelosia non lo avesse accecato, non avrebbe, senza alcuna cagione, dato corpo a delle ombre — io non mi sarei spaventata.... e la mia assoluta innocenza sarebbe stata luminosamente provata.... me ne appello al signor ragioniere! — Così invece.... basta, non ci pensiamo, perchè non v’è più rimedio. Sono immersa in una profonda tristezza. Mamma, vieni a trovarmi. Io non ritornerò che fra qualche mese in casa vostra, se mi vorrete. S’intende che a Pasqua lasceremo casa Soranzi, perchè non voglio abitare vicino a quell’altra casa, che mi ricorderebbe tante sventure. Non so che cosa dica la gente. Dite pure al signor ragioniere che faccio assegnamento sulla sua prudenza e sul suo buon cuore, onde dichiari null’altro che la pura verità, senza entrare in alcun particolare ozioso, che potrebbe far torto alla memoria di mio marito. La gente deve sapere solo che in séguito ad un diverbio fra me e il povero Paolo, per ragioni d’interessi, io, d’accordo con voi, sono venuta a passare qualche giorno presso mia figlia, per lasciar campo al sereno di tornare.... e ch’egli, uomo debole, senza fibra, ormai vedendosi dissestato, si è ucciso, mentre si poteva ancora, col tempo, lavorando, rimediare a tutto. Non so se mio marito abbia lasciato delle disposizioni.... Ad ogni modo, dite al signor ragioniere che io non voglio nulla per me. Tutto per mia figlia.... per la mia Silvia, che è tanto bella.... oh! se è bella! Mamma, vieni subito, e fa di condur con te anche il signor ragioniere.... Al quale devo fare mille scuse, e col quale voglio intendermi per molte e molte cose. _Vostra affezionatissima figlia_ MADDALENA. _PS_. Vi prego di deporre una corona sulla tomba del mio povero Paolo. * * * I Papetti, ricevendo questa lettera, cominciarono a respirar meglio. Quell’altra di Minelli li aveva costernati, avviliti al punto che non osavan più uscir di casa.... tanto loro pareva che tutta la gente avesse a segnarli a dito e chieder loro conto del sangue d’un innocente. Figurarsi che balsamo lo scritto della figlia! Tutta la verità era ora chiara, lampante — ed era proprio quella verità che si voleva. Maddalena, pura come un angelo — Minelli, un uomo disperato e ubbriaco. Già l’avevano sempre detto che beveva troppo, che doveva finir male! La madre raggiunse la figlia conducendo con sè il degno ragioniere, il quale non aveva, per caso, ancor da rimproverarsi alcun torto verso Maddalena. Uomo prudente e di cuore infatti. Non appena letto il testamento di Minelli, egli l’aveva abbruciato — perchè dubitando da lungo tempo del cervello del suicida, e non trovando provata l’infrazione del regolamento conjugale, o, per lo meno, provata la gravità — non si era creduto in diritto e, tanto meno, in dovere di assumersi alcuna responsabilità, nè in faccia agli uomini, nè in faccia alla sua coscienza. Aveva dunque detto: — Il tribunale provveda. — Quando poi ebbe parlato con Maddalena, si felicitò con sè stesso della sua prudenza. La bella donna ebbe per lui tante gentilezze, tante graziose parole, seppe tanto bene dargli ad intendere tutto quello che volle, che egli tornò in città disposto a dichiarare che la signora Minelli era una santa. Il padre Soranzi aveva scritto che Maddalena era l’oggetto della esecrazione generale, — ma l’esecrazione generale non v’era che nella sua coscienza rivoltata. Innanzi tutto, mancavano assolutamente gli elementi per poter esecrare. Quel giornale aveva detto di non voler parlare, ma.... non sapeva niente. Il ragioniere, Soranzi e Papetti non avevan fiatato, ciascuno per le sue buone ragioni — per cui la città, che usciva tutta arrembata, intorpidita, sonnacchiosa, infreddata, aveva ben altro a fare che interessarsi per due iniziali trovate morte in un giornale — senz’alcun particolare. Si, i conoscenti fantasticarono.... ma le dichiarazioni del ragioniere e dei Papetti non lasciarono neppur subodorare la verità vera. Il dissesto finanziario era proprio l’unica causa impellente al suicidio. Il giorno di Pasqua, al corso, la gente ammirava una signora di maravigliosa bellezza, alla quale un _lutto intiero_ del miglior gusto dava un risalto e un carattere fantastico — che sola, severa, imponente, marciava, senza vedere alcuno. — Guarda la bella Minelli! — dicevano i conoscenti, e trovavano che anche la vedovanza a lei faceva bene. Che floridezza di carnagione! * * * Il ragioniere era stato, come si poteva prevedere, nominato tutore della figlia di Minelli. La liquidazione della sostanza produsse in cifra tondo L. 40,000, che furono investite in rendita intestata a _Silvia Maria Caterina Minelli del fu Paolo, minorenne_. S’intende che l’assegno accordato alla vedova pel suo mantenimento — finchè ella non passasse ad altre nozze — doveva venir prelevato dai frutti del suddetto capitale. Maddalena trovò che non v’era da star allegri. Quella era la miseria.... per lei. _Nulla per me, tutto per mia figlia_, aveva ella scritto — ma quando si è Maddalena, sono cose che si scrivono, per un secondo fine. Nella sua ignoranza assoluta in materia di affari e di codice, ella sperava ben altro. La circostanza di tale trattamento omeopatico, la forzò a modificare sensibilmente il suo programma.... Bisognava rinunciare alla caccia d’un marito ricco, perchè probabilmente lunga, faticosa, dispendiosa — oltrechè d’incertissimo successo — fare invece la caccia alla borsa.... il trovare una _posizione_, essendo molto più agevole e breve — il che urgeva. Ma perciò, occorrendo una perfetta libertà di movimenti, uscì di casa e andò a far la signora sola, sul corso più frequentato dal denaro e dalla lussuria, in un bell’appartamentino ammobiliato negli ammezzati, pel riflesso che il vivere.... quasi in istrada, le permetteva di offrirsi continuamente in tutti gli abbigliamenti più originali ed eleganti e in tutte le pose più seducenti. Annodò l’amicizia colle donnine più.... coraggiose, che aveva conosciute negli ultimi mesi e che tenevano corte galante — e cominciò a _ricevere_. Erano geniali ritrovi, in cui si faceva della musica e del tè, per aver una ragione di far della diplomazia amorosa. Si poteva dire tutto quello che occorreva per, poscia, poter fare. Le dichiarazioni e le proposte non mancarono a Maddalena, ma ella — senza disgustare alcuno, ben inteso; non si sa mai! — rispondeva sempre che non le era permesso di prenderle nella considerazione che meritavano — a motivo del lutto. Realmente le pareva di meritar meglio. Tutti i giorni ne entra _uno_, dicono, in città.... poteva arrivare anche quello che ci voleva per lei. Arrivò.... Maddalena credette aver fatto un gran colpo.... e invece non fu che un colpo di gran cassa.... vuota. Era un agente di cambio esotico, che pareva il Re di denari, ma che, i denari, li faceva scappare. Non aveva la fortuna propizia.... ossia, qualche volta essa gli sorrideva, ma egli, allora, si mostrava tanto indiscreto, che era costretta a fargli subito il broncio. Egli aveva visitate le primarie Borse, e, partendo, le aveva lasciate tutte molto afflitte, perchè molto piagate. Cosa straordinaria, la cagione della piaga era sempre un _cerotto_. Quando conobbe Maddalena, era in un momento di vena; — in una sola liquidazione aveva guadagnato cinquantamila lire. Per due mesi, Maddalena menò l’esistenza più fastosa — era la donna più invidiata.... anche da qualche donna onesta — ma una sera, in cui egli lasciandola in teatro con un’amica, la salutò dicendole: — Vado un momento al _club_, poi ci rivedremo; — ella, tornata a casa, — come Minelli buon’anima! — non trovò più le sue gioje e trovò un biglietto che diceva: Mia cara, «Ho perduto e devo andarmene. — Perdona se riprendo qualcuno de’ miei doni. Tu mi ami troppo per non voler permettermi di partire.... ed io ti giuro imperitura riconoscenza.» Maddalena urlò, cacciò la cameriera, ruppe uno specchio, due bottiglie, non potè mangiare per tre giorni.... e poi, ebbe pietà di sè stessa e di un nuovo aspirante.... un nuovo molto vecchio, venerabile però.... per ricchezza, il quale aveva due soli culti, quello della lunga ed argentea sua barba, e...., l’altro non occor dirlo. Per rispetto alla sua età, tuttavia, egli si accontentava delle cure filiali. Quelle di Maddalena riempirono nuovamente lo scrignetto, ed ella potè sognare di trovare un giorno un codicillo a di lei favore sul testamento del vegliardo, che le giurava eterna fede.... forse perchè aveva già un piede nell’eternità. Ma un giorno le vennero a dire che il veglio era morto sotto un colpo apopletico, e che il testamento non aveva il codicillo. Due anni di tenerezze filiali proprio sciupati! Allora.... allora cominciò per lei un’esistenza d’un certo genere, in cui noi non possiamo seguirla. Sarebbe anche nojoso. Le posizioni furono molte e varie.... e ricorderemo a tal proposito certi versi, che un insolente ex-cuoco arricchito le dedicò, senza arrossire dell’irriverenza che commetteva contro il Poeta: . . . . . . . . . . . Le procellose e trepide Gioje di gran disegni, L’ansie d’un cor che docile Fervente è pei sostegni E i giunge e tien quel premio Che diè Follia a sperar. (_s’intende la Follia degli sciocchi_) Tutto provò: la gloria Di far sentir gli artigli... Le fughe.... la baldoria.... La reggia.... no! — ma figli (_di famiglia_) Molti sì, che in polvere Per lei i padri mandar.... Continua, ma basta.... non è vero? Chi conobbe Maddalena nel fortunoso periodo che corre fra i ventidue e i trent’anni, dice che a poco a poco, della donna, perdette sin la vernice, e finì ad essere la più spudorata e la più cinica delle creature. Noi supponiamo che, in uno di quegli anni, debba essere stata scritta quella tal lettera, la quale conteneva tante buone informazioni di Maddalena — e probabilmente da qualcuno che — chi sa come fu spennacchiato, deriso, mistificato! — non potendo più salvare sè stesso, voleva salvare qualche amico. Era diventata uno di quei cavallacci del piacere che si trovano in tutti i festini, in tutti i bagordi, e che la gioventù corre sempre a cercare, perchè hanno il diavolo nel sangue, perchè saltano, urlano, strillano, trangugiano, tracannano per notti intiere alla fila.... dicendo e facendo.... quello che l’indomani, gli stessi ubbriachi commilitoni della notte, svegliandosi, non vogliono nemmen ricordarsi. I genitori, sulle prime, scandalizzati, avevano protestato — inutilmente — poi si erano rassegnati, dietro il riflesso che in fin dei conti ella era libera.... Finirono quindi ad accettare i di lei inviti a pranzo, anche quando v’erano i suoi protettori, e può essere che l’indigestione non sia stata estranea alla loro morte.... Caterina però finì come aveva sempre vissuto, da buona cristiana, con tutti i conforti della religione. Per dare un’idea..... debole, già! di ciò che era diventata Maddalena, citeremo alcune delle frasi che di lei ci furono riferite.... e che non sentono l’ubbriachezza. Sentono certo un bel disprezzo per gli altri e anche per sè.... ma vi si trova qua e là in mezzo alle facezie, quello che noi cerchiamo avidamente da per tutto: _la verità_.... Si dirà: euh! la verità che viene da una simile bocca....! Maledite pur la bocca — ma benedite la verità, e benedite anche il vino, se esso l’ha fatta sgorgare. Ma leggete e accettate.... quel che vi conviene: — La paura è la virtù di molte donne. Col pensiero, chi sa quanti desiderj, colla bocca, chi sa quanti sospiri che volano chi sa per dove, chi sa quanti abbracci legali che illudono, per un istante, una mente già _occupata_. Le giovinette, che scrivono lettere amorose, hanno sempre la frase sacramentale: «Ti giuro che ti sarò fedele fino all’ara.» Esse giurano il vero: _fino_. — Siamo belle noi altre donne! _Prima_ ci diciamo offese, se non ci rispettano; _dopo_, è il rispettarci che diventa non solo offesa, delitto. Un uomo che non può più correre, non deve permettersi nuovi amori....; se ne stia ai vecchi — gli verrà tenuto conto, se non altro, dei servigi prestati. — Una moglie che vede suo marito ubbriaco, ne ha tanta nausea che comincia subito ad amar un altro, anche quando non sa chi possa essere.... se poi lo sa!.... — Di riscontro essa fa bere il suo amante, e se lo vede ebbro.... ride.... — Una moglie che tollera un marito che beve.... o beve anch’essa.... o ha bisogno ch’egli beva.... — Una donna onesta può essere indifferente a che non le si faccia attenzione, perchè si sa che è inaccessibile, ma può anche soffrire. Se soffre, è certo che accetterà una medicina. — Se una donna è giovane, abbracciatela solo quando, cogli occhi, ve ne dà il permesso. Se ha passati i quaranta, se è dopo pranzo e se nessuno vede, abbracciatela senz’altro. Nulla di più vero che: _errando s’impara_. — S’impara a errare sempre meglio. Un discorso che le mogli infedeli amano — ahi! troppo! — fare ai loro amanti, è quello dei rimorsi da cui sono amareggiate. V’è un altro discorso, ed è quello delle qualità, delle virtù dei loro mariti. Se una moglie ama davvero il suo amante, ciò che è abbastanza raro, è già disposta ad uccidere il marito. — Gli uomini hanno il torto di voler spiegare troppo e troppe cose alle donne, come se esse non capissero niente.... ed esse sanno già tutto. — Noi donne capiamo, forse non molto, di tutto quello che interessa gli uomini, ma per noi ci vuol così poco.... _ossia_.... Un marito non deve mai parlare dei suoi diritti.... corre gran rischio di subire dei rovesci. — Una donna è sempre onesta, dove arriva per la prima volta. Riabilitare.... se vuol dire rendere abile di nuovo.... è l’illusione degli imbecilli. Quando si danno dei casi che farebbero credere alla riabilitazione.... state pur certi che quella donna era molto stanca. Del resto, una donna si può riabilitare molte volte. Essendo donna, non credo a quello che mi dicono le donne, neanche quando mi parlano male di sè stesse. — I mariti che dicono: «A noi non ce la fanno....» fanno ridere.... Ma se è già fatto! Noi donne non ci divertiamo mai tanto quanto allora che dobbiamo punire un uomo della sua presunzione o delle sue villanie. È vero che non abbiamo a nostra disposizione che un mezzo unico di vendetta.... ma ce ne accontentiamo. Un uomo ricco può essere un asino, ma è un asino ricco. D’altronde è un asino a cui tutti accordano dell’ingegno. E se prendete un uomo d’ingegno, ma povero, non è forse tenuto per più asino dell’altro? E poi, un asino è ciò che conviene meglio ad una donna, perchè si può farne quello che si vuole....; quando ha la sua biada, non cerca altro. — L’uomo molto barbuto è il più docile colla donna. E quando vorrebbe mostrarsi un po’ restío, la donna non ha che accarezzargli la barba.... ed egli va. L’amore è una bellissima cosa in un bell’appartamento, ben serviti e ben nutriti. A stomaco vuoto, non v’è amore possibile — e due amanti, che sarebbero pronti a morir l’uno per l’altro, se fossero affamati e trovassero un tozzo di pane.... se lo contenderebbero a pugni. — Una scena del teatro è che una moglie, la quale pericola, si salvi al comparire della sua bambina — una scena della vita è che essa mandi la bambina a dormire o a spasso colla fantesca.... quando non l’abbia già fatto. Se invece d’una sola bambina, gli autori si servissero.... di dodici figli, per esempio.... qual scena commovente!.... Ella griderebbe allora: — Venite.... correte.... tutti sul mio cuore, o miei dodici figli, e salvatemi! — Si potrebbe chiamare la _scena delle canne dell’organo_. È vero che con dodici figli non si dovrebbero correre più perigli.... a meno che non fossero sei coppie di gemelli di produzione annuale. Una donna dice a _lui_ piangendo: — Ma perchè mai volete perdermi? — Ma no.... cara.... anzi, io voglio trovarvi. — * * * V’è della gente che m’ha rimproverata perchè io, dopo aver lasciato per tre anni la mia Silvia presso i miei parenti, quando essi morirono, la misi in collegio, invece di prenderla con me.... Cosa volete che faccia con me.... o, cosa volete che io me ne faccia, colla vita che conduco? — Vi sono delle madri che, per economia, tengono le loro figlie con sè.... ma questo non vuol sempre dire che diano loro buon esempio.... e quanti siete qui, ne sapete qualche cosa.... E poi, già, io non sono nata _madre_.... quindi non è colpa mia se io non sento niente di quello che le altre dicono di sentire, o sentono anche realmente, pei loro figli. Io ragiono forse troppo.... ma si divien madre tanto per un.... nonnulla!.... e quando meno vi si pensa o lo si desidera. Chi non è madre, materialmente.... cominciando da qualunque bestia? Quanto all’esserlo moralmente.... con tutto quello che ci vorrebbe.... mi pare un po’ difficile. È una cosa curiosa e divertente il ragionare su tutto quello che si dice e si scrive sulla maternità e sulla paternità, sui padri e sulle madri. A sentirli, si direbbe che, perchè si è guadagnato.... per il proprio piacere, il nome di padre e di madre, si sia diventati qualche cosa di sacro e di santo.... si direbbe che vi sia alcun che di generalmente sentito e scrupolosamente praticato, giusta tutte le esigenze di un sentimento reale e della virtù. Ora, si può dire che, preso il complesso delle famiglie, v’è un po’ pochino di buono, e mi si può credere, tanto più che io non ho a lodarmi nè di casa mia, nè del mio matrimonio, nè del mio me.... oh! io sono sincera più che obbligante, anche con me stessa. Dunque, vedete che c’è di serio nella parola _paternità_! Gli uomini, fino al giorno in cui prendono moglie — e quanti non la prendono mai! — seminano tanta paternità, da coprir di bipedi il globo in ben pochi anni — eppure non si danno alcun pensiero delle loro.... inutili _azioni_. Non si danno pensiero nemmeno delle azioni utili, perchè, ciò che riesce a incarnarsi, i loro figli effettivi, vivono sotto altri nomi e sotto altri tetti, compreso quello dell’ospedale. — Oh! un bel giorno prendono moglie e, allora, cominciano tutte le smanie paterne.... quando cominciano. Per molti non cominciano mai, per molti durano poco.... il tempo in cui i bambini sono un balocco! e quindi si mutano in indifferenza, in noja, e anche in odio. E lo stesso avviene nelle donne.... Ma anche quando v’è la famiglia, la maternità e la paternità sono forse prese sul serio? Vi sono dei matrimonj che vogliono aspettare qualche anno ad aver figli, per poter godere un po’ la gioventù....; dopo poi si vedrà. Ve ne sono altri in cui si vuol avere un figlio.... o due.... o tre.... o quattro.... a scadenza fissa di due, tre anni.... secondo! e poi basterà. Basterà, a meno che il dio Bacco non disponga altrimenti.... Quanta gente non deve la vita.... a un bicchiere di vino di più. Vi sono invece moltissime unioni, in cui la natura non vien mai delusa.... e allora, nasce una nidiata di figli, pei quali non v’è nè un cencio, nè un tozzo di pane sicuro. Bell’amor paterno e materno davvero! — Si parla di maternità e di paternità, e vi sono matrimonj di etici, di storpj, di nani, di gobbi, di gozzuti, di scrofolosi! — Paternità e maternità.... e la maggior parte dei padri e delle madri non hanno alcuna idea di alcuno dei loro doveri.... non hanno nemmeno un’idea di ciò che è igiene. Quanti matrimonj, i quali non sono che fabbriche di miasmi! Gli uomini prendono moglie dicendo fra sè: — Ai bambini che verranno, penserà la loro mamma.... — Le fanciulle hanno smesso la bambola per imparare.... a ballare, a farsi più belle o meno brutte, e a cogliere un marito — talvolta smettono la bambola la vigilia quasi del loro matrimonio. Oh! ne sapranno tanto, quando avranno dei figli! — Non hanno ancor imparato a capire tutto quello che c’è di falso nella educazione che hanno ricevuta.... e dovranno accingersi ad educare i loro bambini! È vero che si fa presto a dir quattro orazioni, a andare a messa e a confessarsi — ecco anzi mezza educazione — quanto al resto, per una metà, se ne incarica la fantesca, e per l’altra il maestro o la maestra.... Madri, padri, non hanno un’idea di medicina, e se i loro bambini cadono malati, è quasi sempre seriamente, perchè nessuno ha saputo capire i primi sintomi del male. Se muojono poi, sono strida e maledizioni contro il medico e contro la cosidetta Provvidenza! — Che studio infinito sarebbe quello delle varietà delle madri? Guardate, soltanto nella casa in cui io abito, vi sarà una ventina di madri. Quanta differenza fra l’una e l’altra, siano buone, siano cattive! Innanzi tutto, cosa strana, la madre migliore è una matrigna, ma quella è nata per amare tutto il genere umano, i cani, i gatti, le galline, le tortore, i fiori.... tutto l’universo. — V’è una madre che si fa dar del _Lei_ dai figli, e li tiene in un’estrema soggezione. Ha due ragazze, già grandi.... ebbene, quando va a passeggio se le manda davanti.... ma non unite, no, bensì l’una dopo l’altra....; pare un tiro a due.... tirolese.... che so io! — Quando v’è la mamma in quella casa, guaj a chi parla, guaj al figlio che ha un’opinione! È una madre? — Ve n’è un’altra che non può veder le figlie, perchè diventano grandi, più belle di lei, e le impediscono di.... _brillare_, come pel passato. — Una terza ha rubato l’amante ad una figlia, che n’è morta — avrebbe fatto altrettanto con una seconda figlia, se quella non fosse fuggita coll’amante, per finire poi.... come finì. — Ve n’è una quarta che non può star in casa sua un momento.... tutto il santo giorno è di qua o di là da un vicino o dall’altro, colla cigaretta in bocca — in casa, intanto, tutto va come Dio vuole. — In un’altra casa, invece, la mamma dice sempre ai figli: — Andate, andate dove volete, ma lasciatemi in pace, qui mi seccate! — V’è la madre del terrore.... I suoi figli sono tanti cenci lavati, non possono nè mangiare nè svilupparsi, tale è lo spavento che essa incute loro. Non apre bocca che per bestemmiare e minacciare, non muove mano che per percuotere. — A uscio a uscio con me, abita una donna, che è veramente incomprensibile.... un fenomeno. Era la maggiore di otto fratelli e sorelle. Restati orfani, ella, a quindici anni, prese la direzione della casa, allevò, educò — e benissimo — quei sette fanciulli, con un amore, con un’abnegazione proprio commoventi.... A venti anni non aveva ancor veduto un teatro. Un signore, a tale miracolo di fanciulla, se ne innamora e la sposa.... Bene! lo credereste? la più amorosa delle sorelle è una cattiva madre.... odia i suoi figli — ne ha otto — ed è diventata stolta al punto da pretendere che, bambini come sono, non abbiano a bere più di tre volte al giorno. Questo vi dà un’idea del resto. — Oh! sì.... v’è la madre buona, premurosa, dolce.... ma è tanto stucchevole, col suo cinguettamento eterno, coi suoi pettegolezzi, che non si può tollerarla.... e con lei i figli maschi e femmine, degni allievi di tanta maestra. Questa ama i figli belli ed odia quei brutti.... e son tutti suoi! — quella idolatra i suoi figli, darebbe il sangue per loro, ma è la loro schiava, e quindi, siccome i fanciulli non hanno senso comune, imaginate che cosa potranno diventare! — Un’altra ama i figli, sì.... ma insegna loro a sprezzare e a deridere il padre. — Un bel genere è un certo donnone che abita all’ultimo piano. È vedova ed ha quattro figlie, la minore di dodici, la maggiore di vent’anni. In quella casa, pur che si porti da mangiare e da bere, non si bada tanto pel sottile.... Venga chi vuole.... basta che sia gente allegra e generosa. — Anche il cappellajo e la cappellaja, per godersela, non ischerzano! Di carnevale, hanno il coraggio di andare ai veglioni dei peggiori teatri, con tutta la brigata.... dieci figli! Là si fanno dare un palchetto con camerino in terza o quarta fila, e _allons!_ si mangia e si beve fino alla mattina. Fra i figli, vi sono due ragazze.... belline anche, l’una di tredici, l’altra di quattordici.... ebbene, le trovate vaganti, sole pei corritoj, a udire, a vedere tutto quello che si può udire e vedere, specialmente dopo una cena, in simili luoghi — e chiunque vuole, fosse anche ubbriaco, le bacia, le accarezza, le trascina, le fa ballare. Non avranno ancor perduto niente, non so.... ma davvero che se fossi un uomo, non mi desterebbero più alcun desiderio. — Vedete quante donne che si chiamano madri!? — Ed io, per non essere migliore delle altre.... amo mia figlia, perchè è tanto bella che non posso non amarla.... e nello stesso tempo la odio.... perchè dico: — Va là che un giorno sarai anche tu come noi altre!.... — E ciò vuol dire che siamo tutti tanti bei matti.... perchè vogliamo il bene.... e non sappiamo fare che il male.... cioè.... sì, insomma, non siamo angeli già!.... — . . . . . . . Maddalena che faceva della morale!!! E quanti ce ne sono che ne fanno.... e non valgono meglio di lei. Il dire che la vita del piacere avvizzisce il cuore e ci rende più egoisti di quel che siamo, è dire una verità nojosa — il dire che il piacere porta di frequente con sè tremende punizioni delle gioje che ci procura, come se tali gioje fossero delitti, è dire una verità nojosa e odiosa, perchè non bisogna mai disturbare la gente che si diverte. Verso i trent’anni, Maddalena fu colta da malore così fiero e così lungo, da far temere non fosse indomabile. Tuttavia, guarì — relativamente, s’intende — perchè quando il sangue è guasto da certi principj malefici, vera vita non si può più godere. Ma, pazienza ancora, il guarire relativamente! V’era un guajo ben più grave per lei.... la sua bellezza era sparita, non solo, ma anche la sua carnagione, l’occhio.... tutto in lei s’era tanto alterato da ispirare paragoni poco poetici. Nè basta. La sua pinguedine, in dieci anni, era cresciuta sproporzionatamente — nondimeno la sapiente scelta delle stoffe e dei colori, l’abilissimo taglio delle vesti, la pressione spietata del busto lasciavano ancor supporre la statua.... statua fatta senza risparmio, ma marmo, con linee non inartistiche. E poi, c’era quel volto così pieno di vita e quegli occhi così rifulgenti che passava anche ciò che non poteva passare. Ma quando il suo sangue fu avvelenato, tutto diventò così floscio e cascante da potersi chiamare una donna.... spostata e squilibrata — il che, unito all’avvilimento da cui fu compresa a tanta degradazione fisica, tolse anche al suo incesso quella maestà che prima, come sappiamo, imponeva. Allora, di adoratori.... non se ne vide più uno — le amiche giovani e belle la sfuggirono — ed ella restò sola.... ossia colla società di qualche veterana della stessa milizia, a cui unico conforto era il ricordare le fatte campagne. Sulle prime Maddalena non si diede per vinta.... e mise in opera tutti i secreti miracolosi che l’arte e la ciarlataneria le offrivano, per ricuperare la primiera freschezza e vigorìa — ma ahimè! se volle parere ancor qualche cosa.... da lontano, dovette ricorrere ad empiastri e vernici d’ogni genere.... che non fecero tornare gli adoratori. Allora, siccome la volpe era troppo vecchia e troppo bisognosa, per perdere le sue abitudini.... così, volendo continuare a tender reti agli imbecilli, dovette prendere delle precauzioni, per non spaventare nessuno, e accontentarsi della parte d’_avventura di carnevale_ per i provinciali e per i gaglioffi, che chiamano avventura — in luogo di sventura! — un dominó il quale vi mangia una cena e può rubarvi borsa e orologio, oltre il lasciarvi qualche _souvenir_. Ma, quel primo carnevale avendo reso poco, ella si trovò davanti la terribile prospettiva di una fila di anni più magri della più magra quaresima. Il suo regno era finito! E, quel che era desolante, mentre i re e le regine spodestate non patiscono l’asciutto, perchè, da brave formiche, anzi formiconi, nell’estate del potere, hanno messo in serbo abbondanti provvisioni per l’inverno dell’impotenza, Maddalena si trovava pressochè miserabile. Spensierata, ella aveva sempre creduto ad un’estate eterna, e aveva sempre pazzamente gettato a due mani ciò che riceveva con una sola. Ora, dopo più d’un anno di malattia e d’abbandono, non le restava che qualche mlgliajo di lire, avanzo dell’eredità paterna, e il lusso ammassato in dieci anni.... il che, trattandosi di dover vendere, era proprio poco, ed entro alcuni anni, anche facendo economia — cosa molto dolorosa! — sarebbe tutto sfumato. Allora.... allora le venne in mente sua figlia, che aveva, per tanto tempo, trascurata, e trovò che conveniva prenderla con sè e affezionarsela, perchè così, la figlia non avrebbe mai abbandonato sua madre. Silvia, benchè, per varj anni — dopo la morte del nonno e della nonna — avesse veduto ben di rado sua madre, pure l’amava molto — era così bella la mamma! — Quei pochi nonnulla e confetti che ne riceveva, di tanto in tanto, le parevano il _non plus ultra_ dell’affezione materna, anche perchè, il ragioniere e le maestre, presi da pietà per la quasi derelitta fanciulla, non volendo farla nè infelice, nè cattiva, fomentavano in lei la tenerezza filiale e le magnificavano la bontà e l’amore della madre. Così la ragazza, amando, cresceva felice e buona. Imaginarsi la gioja di Silvia quando Maddalena la levò dal collegio, e come corrispose espansiva, ingenua, alle di lei interessate premure! Si sarebbe detto, tanta era la sua affettuosità, che ella sentisse essere quello l’unico modo di compensarla della bellezza perduta — e forse era così. — Poche madri potevano vantarsi d’aver una figlia tanto cara, e Maddalena per qualche anno visse tranquilla, senza preoccupazioni per l’avvenire, ma quando Silvia fu giunta ai quindici anni e, già vistosetta, cominciarono i complimenti, le occhiate, gli augurj, le apprensioni di Maddalena si ridestarono più vive che mai.... Se sua figlia si maritasse, che sarebbe di lei?.... Supposto anche che, per bontà, volesse continuare a pagare un certo assegno a sua madre, sarebbe pur sempre una meschinità. E le condizioni economiche di tal matrimonio, ora d’importanza imprevedibile, lo permetterebbero poi? — il marito non si opporrebbe?... insomma, tutte le paure anche irragionevoli, ingiustificabili.... appunto perchè paure. Ah! bisognava a qualunque costo far in modo che sua figlia non avesse mai a separarsi da lei.... o, per lo meno, che non avesse a separarsi senza che, prima, a lei Maddalena, fosse già assicurato un congruo trattamento per tutta la vita, e senza lesinerie, perchè ella era abituata bene, e non poteva assolutamente cominciare adesso a vivere come una pitocca.... Ed esaminando attentamente, come farebbe un perito, quasi a valutarle, tutte le varie perfezioni di quel vaghissimo fiore, ella diceva fra sè: — Ma può un uomo negare qualche cosa alla madre di tanta figlia? — Allora cominciò l’educazione, la vera educazione di Silvia, e la materia del primo corso fu, nell’intenzione di Maddalena, lo studio del modo di premunirsi contro l’amore. Mise in avvertenza la figlia contro quegli insulsi complimenti ed augurj, parole d’uso, spiccioli convenzionali della conversazione, che si fanno a tutte e che, a spremerli, non c’è una stilla di sugo. — Le disse che il matrimonio era forse un male necessario o presto o tardi, ma sempre un male, e che quindi era bene non pensarci. — Lasciasse fare a lei, che era sua madre, la quale saprebbe guidarla sempre bene onde non avesse mai a trovarsi infelice. — Coperse di ridicolo tutti gli uomini in genere — e figurarsi se quella lingua non vi riuscì a meraviglia! — glieli dipinse tutti come ipocriti, sciocchi, venali.... Povera Silvia, se mai le avvenisse di credere a qualcuno.... povera dote! — e batteva su quella dote, unico scopo di tanti tristi. — Ah! se si presentasse quel tale che _andasse bene_.... sarebbe ella la prima a raccomandarglielo.... ma dopo un lungo studio, dopo.... dopo.... e dopo tante precauzioni che non finivano più. Pochi mesi di tal scuola premunirono Silvia contro tutte le seduzioni della giovinezza. Era la più indifferente ragazza di questo mondo per quanto, d’ordinario, occupa la fantasia delle ragazze — e poco le mancava a compiere i bellissimi sedici anni.... quando, un incidente qualunque venne a dar principio ad avvenimenti molto deplorevoli, in cui la fanciulla fu travolta, e rappresentò una parte.... che sarà giudicata, che fu anche odiosa.... ma che alla gente fornita di ragione, spassionata, farà dire: — Non poteva essere altrimenti. — Quando Maddalena aveva pensato a levare Silvia dal collegio, aveva veduto la necessità di cambiar, prima, d’abitazione. In quella in cui si trovava, da quattro anni, era troppo conosciuta e v’erano troppe conoscenze di genere equivoco! Continuando ad abitar ivi, era a temersi che la figlia, o presto o tardi, venisse a sapere cos’era sua madre, e che certi vicini poco scrupolosi, o col mal esempio d’una esistenza tutt’altro che misteriosa, quando avrebbe avuto bisogno di tutto il mistero, o, con peggio, avessero poi a corromperla — cose molto probabili in quella casa. La abbandonò quindi e se ne andò ad abitare, dove nessuno la conosceva, dove non conosceva alcuno, ma sapendo di entrare in una casa, come si dice, assai pulita. Tali delicatezze non devono destare meraviglia. Tutti possono aver visto donne cadute tanto basso, da non esservi modo di cadere più giù — ed essere così tenere dell’onestà delle loro figlie, da far quello che molte buone madri non sanno nemmen pensare, per rimovere dai loro giovani anni fin l’ombra d’un pericolo, smaniose di farne tutto ciò che si può imaginare di virtuoso e con maggior probabilità di riuscita che non il comune delle madri, perchè sapendone _di più_, possono essere più avvedute, più caute, e certo più saggie consigliere. Maddalena aveva, senza dubbio, le migliori intenzioni circa l’educazione di Silvia — ma le ansie d’un egoismo sfrenato guastarono poi tutto, come abbiamo veduto e come, pur troppo, vedremo. Il quartiere, la casa furono così abilmente scelti — e il nuovo contegno di Maddalena così prudente, che ella conseguì il suo intento: di passare, cioè, per una donna onesta. La signora Maddalena fu, pei pochi vicini, una vedova agiata «oh! una buona donna,» che aveva una bella figliuola, «quieta e buona come un angelo». Cosa naturale, e anche per salvarsi dalla noja opprimente di una vita isolata, monotona, senza movimento, Maddalena fece conoscenza a poco a poco di alcuni vicini, e, fra gli altri, di una eccellente vecchia, la signora Mantovani, vedova come lei, che viveva sola colla fantesca. La signora Mantovani aveva una figlia, Eugenia, maritata, che veniva a trovarla tutti i giorni, e, colla quale, Maddalena e Silvia strinsero in breve una buona amicizia. Tale amicizia divenne, anzi, intima con Maddalena, quando, per una certa storia, affatto estranea al nostro racconto, Eugenia ebbe bisogno d’una confidente sicura, alla quale dare incarichi molto delicati. Silvia non aveva ancora sedici anni quando la suddetta storia si fece molto seria, complicatissima, — era allo stato di partita in quattro, con un quinto che voleva entrarvi per forza e minacciava di scompigliar tutto — ed Eugenia si trovò nella necessitò di recarsi ad un veglione, per vedere, per sapere, per rimediare, per calmare, per consigliarsi, per accordarsi.... tutte cose molto urgenti e impossibili a farsi in casa. Eugenia, naturalmente, supplicò Maddalena che l’accompagnasse, perchè, andando in teatro, sola col marito, non potrebbe essere libera un minuto — ed allora tanto valeva restar a casa. — D’altre amiche non si fidava. Maddalena disse: — Ma.... e dove metto mia figlia? non posso lasciarla sola in casa. — Ed Eugenia rispose: — Pregheremo la mamma di tenerla presso di sè per una notte. È così buona e vuol tanto bene alla Silvia che non dirò di no. — Infatti, la signora Mantovani, all’oscuro di tutto, acconsentì col massimo piacere «per permettere alla cara signora Maddalena di passare almeno una sera allegra nel carnevale.» Il marito di Eugenia ringraziò vivamente Maddalena d’aver accettato l’invito di sua moglie. — Un torrione vostro pari — aggiunse — potrà supplire il povero marito, che non sarà costretto a far il cavaliere servente alla consorte.... cosa che non si usa. — Maddalena supplì infatti, e le due signore, in dominò, non fecero che girare per la festa, sole e non sospette per alcuno. Così Eugenia potè vedere, sapere, rimediare, calmare, consigliarsi ed accordarsi. L’accordo principale era per le tre, quando, finite le cene, vi sarebbe stata tal confusione, da permettere anche le sparizioni inosservate. Alle tre, Maddalena e l’amica, uscite dal loro camerino, andavano pel loro destino, ossia pel destino di Eugenia, quando s’imbatterono in un signore, al veder il quale, Maddalena emise un leggier grido di sorpresa, e fermossi, dicendogli in falsetto: — Sei tu o non sei tu? — Pare che sia io.... — rispose il signore ridendo. — Proprio tu, Soranzi? — Soranzi. — Che bell’uomo ti sei fatto! — Se non avessi moglie, ti direi qual è il dovere d’una donna che trova bello un uomo. — Sei fedele? — Ecco una domanda, a cui una donna sola può rispondere.... — Perchè....? — Perchè tanto il sì, quanto il no, in un uomo sono ridicoli.... — E in una donna....? — In una donna.... il sì è un poema angelico.... il no.... un dramma. — Io vado — disse Eugenia all’orecchio della compagna — altrimenti l’ora passa. Tu resta pure col signore, se t’interessa. — Quasi quasi.... per ingannare il tempo. — Bene, fra mezz’ora, vieni a prendermi, fila terza, numero cinque, a destra. — Siamo intese.... sii felice. — Eugenia s’allontanò. — È qui tua moglie....? — disse Maddalena a Soranzi. — Passò quel tempo, per lei — — Allora dammi il braccio, se non hai paura delle male lingue, e andiamo nel tuo palco. Non posso girare, senza comprometter la mia amica, che è affidata a me. — Si vede che è ben affidata! — Che vuoi.... io non so resistere alle lagrime degli infelici. — Ecco il mio camerino.... — No.... no, non entro.... vedo là un signore.... — Non temere.... è l’avvocato Bussola.... che la perde sempre. — Che cosa....? — La bussola.... È celebre per le sbornie che guadagna, in compenso delle cause che perde. Come vedi, è in uno stato che lo renderà molto prudente, qualunque cosa qui possa avvenire. — Ah! non avverrà niente.... — e ciò dicendo, Maddalena entrò. — Bevi? — Bevo. Soranzi sturò una bottiglia di _Champagne_. — È un pezzo che non vai al _Restaurant Bouquet_? — fe’ Maddalena lentamente, come soprapensiero, senza guardarlo. Egli, che stava per mescerle, si fermò, esaminando, sorpreso, quel dominò. — Versa pure, sai,... — Chi sei tu? — Io sono una che era molto vicina a te.... una volta.... quando tu andasti al _Restaurant Bouquet_ con una signora.... — Siccome non ci ero mai andato prima di quella volta, e non vi sono più andato dopo.... e quella volta, io non ho veduto nessuna donna.... — Eppure.... — Sentiamo un po’.... Quando è stato? — Precisamente quattor.... no.... quindici anni fa.... — Dimmi chi sei! — Te lo dirò.... _un giorno_. — Ah! sei Maddalena! — gridò Soranzi giojoso e non senza commozione. — Chi sa! — disse ella, con voce naturale. — Leva.... leva quella maschera.... che io ti possa rivedere.... — No.... se la levo.... tu fuggi. — Perchè? — Perchè sono brutta.... d’una bruttezza.... classica. — Non ti credo. — Non credi a Maddalena, tu? a Maddalena, che direbbe la sua anche a Gesù Cristo? — Eh! sono rovinata, caro mio.... tanto.... che mi sono lasciata andare.... senti come sono floscia.... Per tutto il resto.... ti basti il dire che fiuto tabacco. — Non importa! levati.... — In una festa, no.... sarebbe una apparizione troppo orribile per te, che mi hai conosciuta bella! — E.... che cosa hai fatto, tutti questi anni? — Non lo sai?! — No.... come vuoi ch’io sappia?.... — Pare impossibile.... Ho fatto un po’ di tutto.... non per salvare l’anima.... per perderla. Adesso.... che non posso più far niente, tanto di ricuperarla.... faccio la donna onesta.... faccio la mamma, ecco! — Ah! è vero.... tu avevi una figlia.... che ora deve essere quasi una donna.... È bella? — Un sole.... Eh! è il mio dolor di capo. — Per qual ragione? — Oh! bella!.... per la ragione che è, si può dir, da marito.... e se me la tolgono, mi tolgono anche il pane, perchè ora viviamo in due col frutto della sua dote.... — A meno che — stridette, dopo una breve pausa — non le capiti un marito generoso, il quale faccia star bene anche la madre.... cosa molto difficile. — Come l’hai educata? — Oh! bene.... meglio di sua madre, certo. — Vuoi lasciarmela conoscere?.... Chi sa che non glielo trovi io il marito.... generoso. — Se tu fossi tanto bravo.... io ti benedirei! — Lascia far a me.... Per la Maddalena della mia giovinezza, io farò questo e altro. — Bene, Soranzi! tu almeno hai un cuore.... Ah! addio.... devo andare. — Dammi il tuo indirizzo. — Ahi sì.... Vieni in via.... numero 7, primo piano. — Domani.... cioè, oggi alle quattro, io sarò da te. — Grazie.... ah! se tu non mi avessi scritto quella brutta lettera.... quanto saremmo stati felici.... e io quanto sarei migliore! — La tua risposta però fu ben orgogliosa. A proposito, hai poi lavorato? — Io?.... altro che lavorato! ah! ah! ah! — e ridendo sgangheratamente, Maddalena fuggì in cerca dell’amica. Arrivati a questo punto, noi non possiamo più narrare, descrivere, occupandoci di _tutti_ i particolari. Dobbiamo accontentarci di prender delle note più o meno aride, a seconda delle situazioni...., sperando che bastino. * * * L’indomani del veglione — congedandosi da Maddalena, dopo la prima visita — non presente la figlia. OR. Lo sposo glielo troveremo.... non ti nascondo però che lo sposo vorrei esser io. MADD. E io te la darei con entusiasmo, se tu non avessi moglie. OR. Ahi! tasto doloroso.... A rivederci. — Soranzi, partendo, dice ch’egli è pazzo, ch’egli non deve lasciarsi, come un giovinetto, inebriare dalla bellezza di quella fanciulla, al punto d’aver il convulso...., si dice che egli ha quarant’anni, che ha moglie.... che.... che...., insomma, tutto quello che un uomo onesto può dirsi, per cancellare una impressione più profonda del bisognevole e irragionevole — perchè la ragione deve permettere solo ciò che i contratti sociali danno per lecito. — Ma se la ragione propone, il fisico dispone. — Soranzi torna a casa; appunto perchè non vuol esserlo, è preoccupato; il suo appartamento, per la prima volta, gli par tetro, una spelonca — e anche il dolce sorriso di sua moglie, per la prima volta, lo muove a ira. Non parla che per rispondere brevemente, con cortesia stentata.... esce, vaga, rientra, si rinchiude per lavorare....; è inutile!.... L’imagine di quella vergine di sedici anni lo perseguita, s’è ficcata nella sua mente.... non vuol uscirne più. Ah! gli acerbi e già maturi vezzi.... Ah! quelle mani fatte da Amore per l’amore.... quelle babbuccie, entro le quali si troverebbe appena tanto da potervi imprimere un bacio.... e i ricciolini.... d’aria di quella nuca, e la freschezza di quel viso, e la lanuggine impercettibile di quelle guance fatte per smorzar i baci, e gli occhi grigi erranti che pajono ansiosi.... e non lo sono ansiosi, perchè il sorriso è puro, è il sorriso della donna che ignora. Lo si capisce, dai suoi entusiasmi, che non sa niente....; tutto per lei è bello, nuovo, sorprendente. — E tuttavia, qualche cosa vi deve essere che si muove in lei....., ella deve udire come un susurrío interno, sia pure indistinto, ma che a volte la turba.... E Soranzi ricordava che, a qualche sua occhiata ardente, le di lei palpebre avevano avuto un tremito, e che mentre egli parlava, ella ascoltava, come meditabonda, coll’occhio che pareva bere, e che, senza ch’ella lo sapesse, la di lei lingua errava lambendo il labbro. Brividi e vampe.... Silvia! Silvia! * * * Sono trascorsi quindici giorni dall’incontro di Maddalena con Oreste, al veglione — e in casa Soranzi si vive già d’una vita nuova.... ma d’una vita che toglie il respiro. La moglie e la servitù, che per tanti anni vissero in un ambiente di perfetta pace, di dolcezza tale che avrebbe ammansato l’essere più insocievole.... ora non sanno più in che mondo si trovano. Soranzi sta fuori gran parte del giorno, il resto lo passa rinchiuso nel suo studio. Ben di rado si lascia vedere o fa udire la sua voce, ma anche quel poco è di troppo. Egli è irascibile, impetuoso — in tutti i suoi moti, in tutti i suoi detti v’è alcun che di così secco, di così nervoso e, a volte, di così feroce, perfino.... che davvero fa paura. I servi, alle sue scampanellate, accorrono, ascoltano, si inchinano, s’affrettano ad obbedire.... Qualunque cosa ordinasse, non replicherebbero sillaba.... — e pensare che, un tempo, si parlava fra padrone e servitori come da amico ad amici, e si discorreva tranquillamente sul da farsi e il non da farsi. _Quando_ pranza in casa, non dice una parola. Un giorno, la moglie gli ha detto, colla sua maggior soavità: — Che cos’hai, Oreste? — Nulla ho. Lasciami stare. — Un cognato, dietro le preghiere della sorella, gli ha domandato, un altro giorno, ridendo: — Vedo che sei arrabbiato...., hai forse giocato alla Borsa? — Che! — e girando sui tacchi, l’ha piantato là come un matto. Tutti sono certi che egli ha un dispiacere, che non vuole, non può confidare ad alcuno.... — Un po’ di pazienza.... tutto passerà. — Pare che non abbian avuto torto. Un giorno, Soranzi, da un’ora all’altra, è tornato quel di prima. Esultanza generale. Come mai questo? Rovistando fra le sue carte, gli è venuta fra le mani una lettera di suo padre — e gli son venute sott’occhio queste parole: «Quando, al primo riveder quella donna, tu sentisti ridestarsi l’antico affetto — dovevi fuggirla. Era già moglie. Il sacrificio, allora, sarebbe stato ben lieve, credilo!» «Non hai avuto quella meschinissima forza.... e or vedi le conseguenze orribili della tua debolezza!» Legge tutta la lettera.... la rilegge. Povero padre! povera madre!.... se esistessero ancora, egli forse, mirando quei volti mesti, si sentirebbe meno debole.... S’immerge in una profonda meditazione. Tenta, vuole ragionare. Da una parte.... sua moglie così buona — la sua posizione sociale — il suo passato onorevole e un avvenire splendido, perchè egli è uno degli uomini più stimati ed è già designato ai più alti ufficj.... — dall’altra parte, una giovinetta, la quale viene a togliergli, a rovinare tutto.... con che? perchè? Si apre l’uscio ed entra il suocero, vegliardo veramente venerando, per vita operosa, intemerata e per alto sentire. A tale apparizione, Oreste sente un non so che di refrigerante nell’anima; gli pare che un genio benefico venga ad additargli la via della salvezza. Ma sì! basta rinchiudersi nel seno della famiglia, non pensare più a nulla, lavorare, non permettere che alcuna distrazione.... E gli va incontro affettuoso, riconoscente — eccolo di buon umore, cortese, affabile, espansivo. Sua moglie è felice a tal cambiamento subitaneo — aspettato, del resto! dice: — La gioja è tornata in casa Soranzi e, speriamo, per sempre. — Che cosa mi dicevi tu? — è il padre che parla colla figlia — Oreste mi pare sempre il migliore dei mariti. — È vero!... non so.... qualche cosa l’avrà disturbato. Ma poteva ben dirmi.... — Eh! le donne vogliono saper tutto.... Lasciate passare, quando vedete nubi fosche.... se no, andrete a rischio di far delle burrasche con.... niente. * * * È scorsa un’altra settimana. Tutti i giorni è stata una lotta fierissima. A certa ora, egli udiva sempre quella cara voce infantile.... gli pareva sempre di accarezzare quella manina, di provocare quegli scoppietti di riso, di sentir quell’alito fresco, odoroso. Era una tortura.... ma egli non si muoveva — l’ora passava — aveva vinto. Dopo otto vittorie, gli pare che il vincere costi meno, e che forse, in breve, egli sarà perfettamente libero da quell’incubo ad ora fissa. A tale scoperta, egli diventa ilare, respira a pieni polmoni — e va ad abbracciar la moglie. Dopo pranzo, ella e lui stanno presso il caminetto sorbendo il caffè — egli racconta una gaja storiella. — Una lettera pel signor avvocato.... — fa la cameriera entrando. — _Particolare:_ — legge Soranzi. La scrittura non gli è ignota, ma non ricorda di chi possa essere.... Apre, impallidisce. «Soranzi, «Tu non sei un uomo onesto. Tu m’hai stregato la figlia.... e adesso non ti lasci più vedere? «Ella soffre, non prende cibo, dimagra. «Non parla!.... ma l’occhio di una madre sa indovinare.... «Sarà una bella gloria per te, quando me la porteranno via! «M.» — Il mio cappello.... il mio soprabito — comanda Oreste, vibrato, balzando in piedi. — Dove vai? — domanda la moglie. — Dove mi chiama un affare urgente. — Ma è qualche cosa di ben grave, di ben dispiacente! sei tutto alterato..... — Tu sei pazza. — No, Oreste, non dir così.... sai pure.... se hai qualche dolore, confidati con me. — Non ho niente.... — Ma.... — Hai capito che non ho niente!? — grida Oreste, stralunando. — Dio mio.... con te non si può più parlare! — geme la poverina, rompendo in lagrime. — Eh! il miglior modo di parlare per una moglie, è tacere! — Ma tu adunque vuoi che io muoja.... — Io? — Ma sì!.... perchè se continua così, come si può vivere? — Ebbene.... se.... se non si può vivere, così, con me.... regolati come credi. — Ah! no, Oreste! — e la moglie si aggrappa a lui disperata — no, Oreste, senti.... senti per pietà. — Lasciami.... lasciami.... — e respingendola con forza, sicchè ella cade inginocchioni, strappa dalle mani della cameriera quanto essa gli reca e fogge. La cameriera rialza la signora semisvenuta, la adagia in una poltrona e le spruzza il viso con acqua. La signora ricupera gli spiriti. — Desidera qualche cosa, signora padrona? — No.... aspetta.... — Dopo una lunga pausa. — Di’ al Giovanni che vada a pregar mio padre di venir.... da me, stasera. Quanto a te.... non una parola con nessuno! Vediamo un po’ che cosa abbia fatto Maddalena, dopo il veglione, perchè quel suo biglietto a Soranzi è abbastanza strano. In omaggio al vero, riconosciamo che ella ha accettato la prima visita di Oreste senza alcun secondo fine biasimevole. L’unico suo fine era precisamente quello di valersi di Soranzi come di un sensale di matrimoni incaricato di trovare il «marito generoso». Ella è ben lieta che Soranzi trovi bella e buona sua figlia — questo vuol dire che s’interesserà, con ardore, per collocarla bene. Ma la frequenza — quattro di fila — la lunghezza delle di lui visite le pajon soverchie per un mediatore, oltrechè «compromettenti» — e il suo genere di conversazione un po’ troppo poetico. Maddalena s’impensierisce seriamente, tanto più che vedendo la figlia tutt’altro che indifferente alle premure di lui — premure, delle quali non sa come combattere l’influenza sul di lei animo, dopo averle presentato Soranzi come «un distintissimo signore, suo amico d’infanzia e tanto amico anche del povero papà....» Il combatterla ora sarebbe pericoloso. Maddalena che è donna, le sa queste cose. Bisognava prevenirla, indisporla contro di lui. Si potrebbe, è vero, con una parola sola, demolire Soranzi; basterebbe dire: — Guarda che egli è ammogliato — ma allora, Soranzi trovando subitanea freddezza, s’indispettirebbe, vorrebbe saperne la ragione.... e se ne andrebbe per sempre — il che è da evitarsi, perchè Maddalena, ora che ha riafferrato Soranzi, non vuol più lasciarselo sfuggire. In un caso estremo, ella potrebbe ricorrere a lui, senza umiliazione. Invece, farà così: interrogherà cautamente Soranzi.... e _se mai_.... ella lo farà ragionare, e, toccandogli le corde del dovere, dell’onore, ecc., ecc., lo indurrà a diradare le sue visite.... pur non ritirando la sua protezione. Quando non lo vedrà più, o ben di rado, Silvia non vi penserà altro. * * * Partendo dopo la sua quinta visita, Soranzi dice a Maddalena: — Spero bene che non le avrai detto che io ho moglie. — Perchè? — Il perchè te lo dirò.... _un giorno_. — Ah! ah!.... e se glielo avessi già detto? — Disdici. — Ohe! Soranzi.... avresti per caso delle malinconie pel capo?.... Se così fosse.... io dovrei rinunciare all’onore.... — Se tu sapessi....! — Che cosa? — Senti, Maddalena.... io sono sempre stato, dopo _quel_ tempo....... l’uomo il più freddo. Mi credevo morto alle passioni. Ebbene.... ora mi vedi ridotto come un fanciullo, incapace di ragionare.... disperato.... quasi al punto di domandarmi che ne farò della mia vita. — Senti, Soranzi.... da quella brava donna che sono.... ti dirò: non venir più.... Ma pensa che hai moglie! — Ah! non parlarmene.... Ma non sai che da due giorni, vaneggio.... che io odio mia moglie.... tanto che, mi pare che per Silvia.... io sacrificherei.... — Va.... va.... tu bestemmi. * * * _Tu bestemmi_ — ma, non appena Soranzi è partito, Maddalena si sdraja, nella sua poltrona, pensando alla fatta scoperta. «Soranzi odia sua moglie, e per Silvia è pronto a tutto». Sì.... e Maddalena non può ingannarsi....; nel tremore della voce, delle mani, nel balenìo degli sguardi, ella ha indovinato la passione vera, possente, quella passione che non conosce ostacoli, e siccome Soranzi è uomo d’onore — anche i ribaldi hanno bisogno dell’_onore_.... degli altri — così tal passione non è a disdegnarsi. Se Soranzi non ama sua moglie, potrebbe.... separarsene. — Se ama Silvia, potrebbe divenirne l’amico, il protettore. — La colpa, dopo tutto, dice Maddalena, è della Legge. L’uomo è lo schiavo delle passioni.... e la legge vuol incatenare le passioni, il che significa incatenar torrenti.... Tanto peggio per la Legge. Se Soranzi farà _questo_, è certo che io mi troverò al coperto per sempre. Quanto a Silvia.... ella sarà ben grata a sua madre.... Maggior felicità potrebbe forse darle altro uomo.... se ella amasse Soranzi? — Restano la società e la moglie....; ma la società è composta di tanti individui, di cui ognuno farà molto bene pensando ai casi suoi.... del resto, padroni! Non renderanno perciò meno felici Soranzi e Silvia, e non torceranno un capello a me. — Quanto alla moglie, poi, se non sa farsi amare.... io non so proprio cosa farci! * * * Aggiustati, così, i conti colla propria coscienza, Maddalena si accinse all’opera.... Opera facile — non c’era che da secondare tacitamente, mantenendo tuttavia, per decoro, una certa vigilanza che, mentre non doveva nuocere all’_essenza_, doveva rendere impossibile la _forma_.... finchè, Soranzi scoppiando, non si sarebbe dato, piedi e mani legati, a Maddalena. Naturalmente, occorreva qualche incoraggiamento indiretto, onde le impressioni si disegnassero più presto e meglio nel cuore di Silvia. Questo ella ottenne con dei brevi soliloqui fatti, quasi non avvertisse la presenza della figlia. Un giorno, per esempio, esclamava: — Che bontà quel caro Soranzi, che ingegno, che spirito, che distinzione! — Un altro: — Quello è proprio l’uomo che _andrebbe bene_ per Silvia. Io non darò mai consigli a mia figlia.... perchè il cuore è libero.... ma se mia figlia me ne chiedesse.... — Un altro ancora: — Quanti anni può avere Soranzi?.... Quaranta, mi pare.... Non se gliene darebbero trentacinque.... proprio, la bella età dell’uomo.... di cui una donna può fidarsi.... — Una sera poi le disse: — Mi pare che Soranzi non ti guardi di malocchio.... eh! briccona! — e tu?.... Ah! non vuoi rispondere.... diventi rossa!.... Basta.... fate voi. — * * * Una fanciulla, che è già ben disposta a favore d’un uomo che la corteggia.... non ha bisogno di molta esca per accendersi — se poi vede che la madre è fanatica per quell’uomo.... non ha più difese di sorta.... e non cerca difesa.... come non ha alcun turbamento di coscienza, perchè ella sa già d’aver una complice. La coscienza dei figli, quasi sempre, non è che la coscienza delle madri. Era un piacere intenso ma tutto intellettuale quello che provava Silvia durante le prime visite di Soranzi. Ben arrivato quel bel signore che veniva a rompere la monotonia della sua esistenza. E poichè egli aveva facondia, esperienza della vita, l’abilità dell’uomo di mondo ed il fuoco dell’innamorato, non poteva che sedurre la mente della giovinetta, nell’età in cui, sebbene inconsciamente, si è tanto avidi di impressioni nuove e di emozioni. Il cuore non aveva ancor palpitato, ma palpitò subito.... quando Maddalena cominciò a delirare per Oreste.... Ella non si diceva che era l’amante di Soranzi.... ma lo amava.... — non si diceva che egli l’amava, ma sentivo d’essere, per lui, l’oggetto d’un culto. Non v’erano dichiarazioni, perchè non ve ne potevano essere, ma gli occhi di lui avevano tal eloquenza, che ella, or arrossiva, or si faceva smorta e, lui partito, restava lunghe ore pensosa. Quando Maddalena vide che Soranzi, accortosi della muta corrispondenza di Silvia, si faceva.... poco prudente, pensò che era tempo di richiamarlo al dovere, _in modo_ che egli, trovandosi al muro, avesse a prendere una decisione. — Insomma, Soranzi, come la facciamo qui? — gli disse, — Per Bacco, abbi un po’ di coscienza.... Io ho paura che tu mi faccia innamorare la figlia.... e poi.... cosa succederà? Io t’ho già fatto capire.... ma vedo che tu vai avanti per la tua strada.... e io ti dico: fermati! — Fermarmi? non veder più Silvia? ma ti pare possibile? Ma piuttosto.... — Taci.... — No.... piuttosto.... mi divido da mia moglie. — Ma tu sei pazzo. — E allora cosa vuoi ch’io faccia? Io sento che se continua così, finirò ad uccidermi.... Ma.... bada bene che in tal caso.... Silvia non sarà d’altri! — Maddalena, a queste parole, diè un passo indietro e stette come atterrita — mentre, nel suo interno, gioiva. Per alcuni minuti sembrò che non potesse trovar verbo, tanta era la sua commozione — poi disse, smozzicando, con accento di dolorosa rassegnazione: — Tu vuoi rovinarmi.... Ebbene.... fa pure.... Noi, già, siamo due povere donne senza difesa. — Io voglio render felice la Silvia, contenta te per sempre! — fe’ con slancio Soranzi, il quale, finalmente, vedeva rimossi gli ostacoli, vicino il compimento de’ suoi ardenti voti; e, strettale con forza la mano, uscì precipitosamente giubilante. Maddalena, rientrando, abbracciò strettamente Silvia, baciandola e ribaciandola. Silvia la guardò maravigliata, sorridendo, e le disse: — Che cos’hai? — Nulla.... so io! * * * L’indomani, si attendeva Soranzi — non sapremmo dire chi lo desiderasse di più — ma non venne. Pranzarono più tardi del solito e male. — Non capisco.... non capisco: — borbottava, di tanto in tanto, Maddalena. Il giorno seguente, l’attesero ancora.... e ancora mancò. Neppure il terzo dì, comparve, nè il quarto, nè il settimo. Maddalena sbuffava, ed il suo occhio aveva dei lampi sinistri. Silvia non parlava, ma ogni giorno diveniva sempre più mesta, nè toccava quasi cibo. Maddalena la guardava e cominciava a sentire dei rimorsi. — Se Soranzi non tornasse più.... e la figlia morisse di passione.... Uccisa da sua madre!.... No.... no! — Ella non pativa più scrupoli d’alcun genere.... ma, efferata non era ancora.... per lo meno, fino a tal punto. D’altronde, la figlia, dopo che il mondo l’aveva abbandonata, era divenuta una necessità morale per lei. Non v’era merito, ma era così. La mattina dopo, uscì, e recatasi a casa Soranzi, domandò al portinaio se il signor avvocato fosse assente o ammalato. — Nè assente, nè ammalato — fu la risposta. — Non capisco.... non capisco — ripeteva fra sè Maddalena, tornando a casa. — Che fare? Madre e figlia lavorarono silenziose, sospirando. Verso le quattro, Silvia s’alzò e disse con voce velata: — Scusa, mamma.... io vado a letto. — Perchè, Silvia? — Perchè.... non so.... mi sento male. — È debolezza, sono otto giorni che digiuni, si può dire. Prendi qualche cosa.... — Impossibile.... credi. — Bene.... va pure.... io esco un momento.... Non temere, torno subito, spero portarti a casa una buona medicina. — Quale? — So io.... — Fu allora che scrisse e portò quel biglietto, che mise sossopra casa Soranzi e richiamò Oreste presso Maddalena. * * * Quando Maddalena, alle sei e mezzo, sentì quella scampanellata, balzò in piedi, con un ruggito di gioja. — Ah! sei tu.... finalmente! — fece, aprendo con furia — ci voleva proprio che morisse! — Perdona.... se tu sapessi.... Dov’è? — Qui a letto. — Ah!.... — Silvia giaceva assopita. Cogli occhi chiusi, col nuovo pallore delle guance smunte, ancor rigate di pianto, aveva qualche cosa d’etereo, che destò in Oreste la più profonda pietà. Allora egli sentì che quella creatura lo distaccava da tutto il mondo. — Vedi? — gli disse Maddalena. Poscia si mise ad accarezzare la fronte della figlia e chiamò dolce, dolce: — Silvia.... Silvia. — Che vuoi?.... — sospirò quella, aprendo gli occhi, poi, visto lui: — Ah! — e il suo volto si suffuse di subito rossore. — Sei guarita, _adesso_?.... — continuò la madre sorridendo. — Sì.... — fe’ Silvia, guardando lui con riconoscenza. — Allora, prenderai qualche cosa.... e anch’io con te, — perchè devi sapere — aggiunse voltasi a Soranzi — che, in questa casa, sono otto giorni che non si mangia più o quasi. — Maddalena uscita — Oreste non potè più frenarsi.... curvossi e depose un ardente bacio.... il primo bacio, sulle labbra della fanciulla, che ebbe un brivido e chiuse gli occhi. — Tuo.... tuo per sempre! — le susurrò Oreste con passione — poi si tolse di là...., sentiva offuscarsi la ragione, ed ebbro, vacillante, raggiunse Maddalena. — Sai la bella novità?.... — disse Maddalena alla figlia, quando rientrò nella di lei camera, con un tavolino, su cui era pronta una refezione — dopo domani, partiremo per la campagna. Soranzi ci invita a passarvi la primavera, in una villina, che mi dice essere un _bijou_. Silvia giunse le mani e levò gli occhi al cielo.... Ma non pregava perchè.... era esaudita. Rientrando in casa, Soranzi, quella sera, trovò Giovanni in anticamera che lo attendeva e che gli porse una lettera, dicendogli gravemente: — La sua signora non c’è; è uscita col suo signor padre.... lasciandomi questo biglietto da consegnarle, immediatamente, al di Lei ritorno. — Va bene — disse secco Soranzi, dirigendosi verso lo studio, in cui si rinchiuse al solito. Quindi, aperse e lesse: «Caro genero, «Se hai dei dolori morali, perchè vuoi che abbia a soffrire la mia povera Costanza, la quale non ti ha mai cagionato il benchè menomo dispiacere in quattordici anni di unione? «Le hai detto di _regolarsi come crede_....? «Spiegati. «È interesse di tutti, anche tuo, che simili scene disgustose — senza ragione apparente! — non abbiano a rinnovarsi — e certamente si devono poter evitare. «_Tuo suocero_.» _Risposta di Oreste._ «Carissimo, «Sì, mi spiegherò. «E mi sarei spiegato con mia moglie questa sera stessa, anche non invitato, perchè non ne potevo più e perchè.... mi ripugna la odiosa e ridicola commedia del marito che _fa_ l’uomo rigido, l’uomo dei principi, l’uomo morale, il cascante colla moglie, alla luce del giorno — mentre tiene una o più amanti nelle tenebre. «No, io disdegno ogni finzione, ogni ipocrisia — ed ho il coraggio di dire: Ieri io era un buon marito — oggi non lo sono più! «Tu dirai che io sono un uomo disonesto, perchè calpesto i miei doveri, perchè dimentico i miei giuramenti, perchè rendo infelice la tua buonissima figlia — ed io ti do ragione. Ragione, perchè sei padre, perchè realmente è una enormità.... ma ti dico: «Se tu sei da tanto da strapparmi questa passione dal cuore, se tu sei da tanto da rimettervi il primiero affetto che nutrivo per Costanza.... avanti! «Riesci e io ti benedirò. «Ma, hai capito — non di consigli ho bisogno, ma di tanaglie.... Dio, io non ci vedo più. «Scusa, mio caro, se io ti scrivo in questo modo, se io ferisco così crudelmente il tuo amore di padre.... ma credilo, io mi sento proprio impazzire.... «E io l’amo sempre, vedi, tua figlia — ed è questo che rende più orribile ancora la mia posizione, più intollerabile l’esistenza, perchè io non posso pensare a quell’angelo, senza odio di me stesso — non posso, senza disprezzarmi, ricordare che io sono stato villano, inumano con lei.... — ma la sua presenza è la condanna della mia passione, ed io devo fuggire per non veder più quell’eterno, vivente rimprovero. «Tu, l’uomo onestissimo, che, in tutta la tua esistenza, non hai mai avuto un istante d’esitazione nel compiere il tuo dovere — non solo non comprenderai, ma anche riuscendo a comprendere, rifiuterai d’ammettere che un uomo della mia età, e del carattere che tu conosci, possa calpestare improvvisamente tutto, per seguire una.... gonnella! «Gli è perchè tu non sai in qual modo io sono arrivato a questo punto. «Io so che, quando l’anima tua si aperse al primo amore, tu avesti anche la più ampia soddisfazione che il cuore umano possa bramare. «_La_ amasti.... e _la_ ottenesti! «Il tuo cuore si conservò puro, così, la tua mente conservò tutte le sue illusioni, il sangue una perfetta calma — e vivendo della vita che era il sogno della tua giovinezza, tu potesti non vedere e non curare i pericoli di cui è sempre irta l’esistenza di tutti.... — ma io?! «Io potei, a mala pena, sognare, qualche istante, questa vita del cuore, che è indispensabile agli uomini, uomini come noi, s’intende, incorrotti. — Sognare, dico, perchè la donna, per la quale mi struggevo, dapprima mi fu rapita — e quando, incontratala una seconda volta, avrei potuto possederla.... mi fu tolta, ancora, da una tremenda sventura. «Non chiedermene di più, perchè, ne soffro troppo.... soffro, perchè penso che se allora i miei voti fossero stati appagati, io non sarei ridotto a questo punto — soffro, perchè quella donna, delusa, allora, al par di me, ora è diventata un oggetto spregevole, mentre, a me unita, sarebbe ancor una donna onesta — soffro, perchè non posso risparmiare Costanza! «Tu dirai: ma adunque, perchè sposasti mia figlia? «Ti rispondo: — Ero in uno stato di prostrazione morale — il mio cuore non batteva più — mi sentivo profondamente, amareggiato e disgustato di tutto — vedevo, innanzi a me, una lunga vita morta. «Tua figlia mi apparve come un angelo di consolazione, come una suora di carità, che avrebbe potuto, col balsamo della sua anima soave, guarire l’anima mia. «Guarii sì.... ma non vissi. «Tuttavia, non fui egoista.... Commosso all’affetto che tua figlia portava a quest’uomo freddo, insensibile, mi forzai, per non renderla infelice, ad aver, almeno, l’apparenza d’un altro uomo. Fu uno sforzo che mi costò.... e guaj per ambedue se mia moglie non fosse stata Costanza.... ma ella esigeva così poco.... Le bastò ch’io mi mostrassi _amabile_. «A te.... non fui onesto? «E credo che se la nostra unione fosse stata benedetta.... forse il mio cuore si sarebbe sgelato davvero e tutto — ma, nemmeno un figlio venne a rallegrare la nostra casa e tanti anni scorsero in un’atmosfera di tiepida cortesia. «Si nasce per questo?! «Ah! no — e io lo sentivo tanto che volli essere quello che non ero.... — volli essere ambizioso, volli fare l’uomo pubblico con tutte le sue piccole vanità, le sue passioncelle, e vi misi il maggior ardore. — Si trattava di riempire tutto il tempo che io doveva, per forza, starmene sulla terra! — Riuscii. «Mi credeva sicuro del fatto mio, quando.... bastò una visione a distruggere tutto e ad attirarmi, colle sue irresistibili lusinghe, in un mare di fuoco. «Ora vi sono — brucia il mio sangue, brucia l’anima mia.... dovrò starvi finchè non sarò consunto. «E non credere che io non abbia lottato.... — ma è stato inutile. Natura non si delude impunemente. Il mio cuore e il mio sangue essendo stati violentati per tanti anni — le potenze misteriose, nell’inerzia si sono moltiplicate, agglomerate, fatte giganti.... — ora, esse voglion battaglia.... «Non rileggo.... a che varrebbe d’altronde? «Sono come istupidito. «L’uomo che ha vissuto, comprenda questa immensa miseria umana e consigli mitezza al padre offeso. Ma se il magistrato deve cercar pena condegna.... pensi che chi pare carnefice.... è forse solo una vittima. «Del resto, mi sottometterò a tutto. «_Tuo genero_.» Lo suocero rispose: «L’uomo ha compreso. — Il padre non può essere più severo della figlia. «Ammira questa donna, che, colpita nel più profondo del cuore.... trova ancor modo di sorridere — ben mestamente.... è vero! — dicendo: — Io vedo nell’anima sua e compassiono. È vittima d’un’illusione. Guarirà. Aspetterò rassegnata sinchè egli torni a me — perchè egli tornerà! — «Noi partiamo per la campagna, ove resteremo finchè.... «Ti regolerai in modo che nulla trapeli di questo momentaneo dissapore. «Dico momentaneo, perchè, tutto ben ponderato, credo che mia figlia finirà coll’aver ragione.... Purchè non finisca, prima, di....» Era il crepuscolo d’una sera d’aprile. Nel cielo purissimo, uscivan le prime stelle. Respirando quell’aria tiepida e olezzante, i giovani sentivansi agitati da strani sussulti, e.... gli altri ricordavan, melanconicamente, il tempo trapassato delle vibrazioni simpatiche. Nella graziosa villina che, da alcuni giorni, un signore aveva presa in affitto, sulla sfonda del piccolo lago di V...., regnava un perfetto silenzio. Ma non era deserta. In giardino, seduto, presso la vetriata semiaperta, un uomo tremava convulsamente e guardava smarrito il cielo con occhi lagrimosi. A pochi passi da lui, nella sala, giaceva una giovinetta svenuta. Ad una finestra del secondo piano si vedeva del fumo e una massa bruna. Aveva forme di donna. Quella.... donna fumava tranquillamente la sua _cigarette_. . . . . . . . Tutto ciò è orribilmente immorale — ma noi saremmo molto lieti, se, in tutti i casi in cui i genitori vendono le loro figlie.... la paura della fame fosse, da una parte, l’incentivo al delitto.... e dall’altra, vi fosse la passione vera. Ma, come sa chi ha viaggiato attraverso questo gran mondezzajo di carne umana — in genere, non si vende che per ingordigia o per assicurarsi la poltronaggine. — Quel lavoro costa tanta fatica e rende così poco; e i bisogni sono tanti! — Vi sono poi le vendite legali, ossia per contratto.... di nozze — ma quelle sono vendite sacre.... e la moralità pubblica, che vede _rispettate_ le convenienze sociali, s’inchina.... «Mah! là.... col matrimonio si fa la famiglia!» Si è venduto.... è vero — in quella casa potranno esservi torture, lagrime, odj, mostruosità, ribellioni, tradimenti, crimini.... ma sulla casa sta scritto: — _Famiglia_. — E ci dite poco voi?! Dopo tutto, consoliamoci, pensando che nè la morale, nè i romanzi non impediranno mai a nessuno di sentirsi il capriccio di comperare. E quando uno compera, trova sempre chi vende. E guaj se l’_industria_ e il _commercio_ rovinassero! Povero mondo.... allora! . . . . . . . La fiducia espressa da Costanza nel ravvedimento del marito sarà parsa più che arrischiata. Che essendo perfettamente onesta, ella non potesse credere alla serietà di quel deviamento, sta bene — ma che avesse a promettersi il ritorno del colpevole emendato, ecco quello di cui sarebbe difficile capacitarsi, quando non si pensasse che la gente tre volte buona è sempre.... maravigliosa. Una moglie buona, soltanto due volte, doveva piuttosto temere che, preso il volo e il gusto alla vita indipendente, non avesse, secondo ogni probabilità, a preferire il cambiare d’oggetti al ritornare sotto il tetto conjugale. Ebbene, invece, le parole di Costanza furono profetiche. V’è una chimica anche in amore e, guai se gli elementi non hanno proprietà che possano combinarsi. Pensate alle migliaja di matrimonj fatti a furor di cervelli, e.... sciolti l’indomani o quasi, con egual furore — o peggio che sciolti. La mente ricorre, involontariamente, a certe esaltazioni al trono fatte a furor di popolo in.... amore — coll’immediato correttivo di quattro pugnalate, visto che l’esaltato di jeri era d’ostacolo alla nuova esaltazione del domani. Eppure il furor di jeri era sincero! Almeno.... Ma, veniamo ad Oreste, il quale, quando scrisse quella bella lettera al suocero, avrebbe dato certamente del pazzo a chi gli avesse detto che egli era vittima di null’altro che d’una illusione prodotta da una straordinaria effervescenza del sangue, e che ne sarebbe presto stato persuaso da sè stesso. Non bastava che il fuoco acceso fosse furioso — eran necessarj anche gli alimenti per mantenerne la violenza — e, invece, difettarono, mentre sopravennero in copia materie, le quali non potevan che spegnerlo. La convivenza di quel tre esseri era un assurdo. Se Soranzi non lo sentì _prima_, lo sentì _dopo_. Noi possiamo valerci di qualunque mezzo per arrivare al possesso d’una donna.... purchè quel mezzo resti poscia invisibile. Ora, Maddalena sarebbe sempre presente!.... Maddalena, che non avendo più bisogno di fingere nè con l’uno nè coll’altra, si esprimeva col suo cinismo abituale. Ma questo era intollerabile, oltrechè disonorevole pel suo stesso sentimento — questo sfigurava persino la Silvia, la quale non ci aveva colpa, ma non poteva impedire che l’aureola infernale, da cui, agli occhi di Soranzi, appariva cinta la testa di Maddalena, lasciasse cadere su di lei una luce uggiosa, a dir poco. Un altro acerrimo nemico di quell’amore era il valore intrinseco di Oreste, di fronte al non valore di Silvia. Oreste vide subito che quella fanciulla era niente altro che bella. Forse per l’estrema giovinezza, o per l’insufficiente educazione, o per l’ignoranza della vita — come essere sociale era zero. Tutto quello ch’essa poteva fare per lui, pel suo amore, era.... abbracciarlo. Era molto, ma troppo poco per un uomo del carattere, dell’educazione e dell’età di Soranzi. Bella bambina.... ma bambina. Si poteva educarla — ma corrisponderebbe poi alle cure? — La educherò io, — si disse per un momento, ma ne comprese tosto l’impossibilità. Forzato a tener celata al mondo la sua conquista, come educare.... quando l’educazione vera sta nel viaggiare attraverso la vita degli altri? Come educare.... quando quella madre distruggerebbe sempre l’effetto delle sue serie ed oneste parole? Ed egli continuerebbe dunque a vivere così, — per finire fra quelle due donne, spregiato e spregevole a’ suoi stessi occhi? A peggiorare ancora la situazione s’aggiunse, dopo un mese, il timore per Oreste che l’amore di Silvia non fosse che una fiamma prodotta dall’età e dall’occasione.... e per conseguenza il pensiero che qualunque altro uomo «presentabile» messole al fianco dalla madre le avrebbe fatto la medesima impressione. In ciò non s’ingannava, come si è potuto agevolmente indovinare. L’animo di lei, infatti, non aveva alcuna di quelle manifestazioni dinotanti la miracolosa metamorfosi, che è la prima opera del primo amore. Un incidente imprevedibile venne poi a dare l’ultimo colpo all’affetto già incertissimo di Oreste e a fargli prendere la risoluzione di troncare per sempre ogni rapporto con quelle due donne. Un giorno, Maddalena, per cui la temperanza non era forse la virtù principale.... passati oltre il solito certi limiti, già tutt’altro che limitati, non sapendo più bene quello che si dicesse, mise fuori dei progetti e si permise delle sollecitazioni, che fecero balenare alla mente di Oreste il sospetto che egli fosse stato la vittima della congiura di due furbe matricolate.... S’ingannava.... ma il sospetto v’era — e siccome, quanto più un sospetto è irragionevole, tanto più facilmente diventa in breve una certezza, da cui non si riesce a liberarsi, egli fuggì da quella casa, che da tal momento diventava un inferno. Una mattina non lo trovarono più. Aveva lasciato un biglietto, in cui diceva che i suoi affari rendevano necessaria per alcuni giorni la sua presenza in città — intanto non si movessero dalla villa.... — Ha fatto bene — disse Maddalena — questo terzetto cominciava ad annoiarmi. Un po’ d’intermezzo non fa mai male. — Otto giorni dopo, quando lor pareva che l’intermezzo si prolungasse di soverchio, giunse alla villa un vecchio signore di venerando aspetto, il quale chiese di parlare colla signora Maddalena, da solo a sola. Quando ella sentì dal suocero di Soranzi — chè era lui — che bisognava rinunciare a rivedere Oreste, per le tali e tali ragioni, montò su tutte le furie. Un altro individuo avrebbe preso il suo cappello e battuto in ritirata, per paura di qualche brutto servizio. Ma il suocero era tetragono e troppo interessato, d’altronde, al miglior scioglimento di quella commedia, per lasciarsi intimorire. Alla prima sosta che Maddalena fece per prender fiato, disse con flemma due paroline, che le tolsero la voglia di continuare sul medesimo tuono, e, quando la vide più trattabile, seppe farle comprendere che il miglior partito — anche perchè il più utile — era per lei quello di rassegnarsi.... sotto date condizioni. Maddalena, vedendo che non v’erano più speranze, pensò solo a far pagar cara la sua _rassegnazione_ — e crediamo che Soranzi abbia dovuto ricordarsene per un bel pezzo! . . . . . . . Dopo, la madre si trovò sulle braccia la figlia abbandonata, alla quale bisognava pur rivelar tutto. Come fare? La ragazza era ancora nel primo sogno d’amore, e il destarla, per sorpresa, poteva essere pericoloso. Ora, Maddalena, che aveva fatto il primo passo nella via della speculazione — e a lei era costato pochissimo anche quello — non voleva, per niun conto, che il dolore avesse, non che ad avvizzirne, pur a sfiorarne la bellezza. Non v’era che un mezzo solo — rendere ridicolo e odioso Soranzi agli occhi di Silvia — e se ne valse, e si può agevolmente imaginare s’ella trovasse le parole acconce. Contemporaneamente — per non distruggere, senza edificare — la erudiva nella scienza della vita, nella _sua_ scienza, e con tale accanimento, che l’anima della povera fanciulla, in breve, non ebbe più alcun pudore.... e cominciò a sogghignare, come sua madre. Se Soranzi, per caso, fosse ritornato, a tanto mutamento avrebbe creduto di sognare o d’aver sognato prima. Il guasto era talmente profondo, che quando Maddalena le rivelò che Soranzi era ammogliato, esclamò: — Tanto meglio, così sarò più libera! — e quando, a certi sintomi, essendosi compreso che madre natura non s’era data alcun pensiero delle convenienze e aveva fatto il suo dovere, nacque la discussione se fosse da preferirsi l’_arrischiare_ o il _sopprimere_.... si decise di comune accordo che, tutto ben considerato, era meglio.... Fortunatamente la Natura medesima parve preoccuparsi della questione di moralità, e ribellandosi.... a sè stessa.... dimostrò l’inutilità, pur di tentar un delitto che avrebbe potuto costar molto caro agli stessi rei! Fuggiamo, fuggiamo da queste madri.... per ridere, che davvero farebbero piangere, se gli occhi, troppo abituati allo spettacolo di una folla di vergini che, in un batter di ciglio, qualunque sia l’educazione ricevuta, diventan cortigiane.... potessero ancor sentirsi offesi. . . . . . . . Agitiamo l’incensiere, purifichiamo, profumiamo. Era scorso un mese all’incirca dal giorno in cui il suocero, compiuta la sua missione, era tornato presso la figlia, in campagna. Una sera, verso le undici, Soranzi stava scrivendo al suocero. Non aveva ancor avuto il coraggio di scrivere a Costanza, ma, all’indirizzo del primo erano già partite trenta lettere, che finivano tutte colle parole «lavoro e spero». La penna aveva vergate, per la trentunesima volta, quelle parole, e v’aggiungeva queste altre «comincio a star male,» quando l’uscio s’aperse e una bianca visione apparve sulla soglia.... Soranzi, al lieve rumore, alzò lo sguardo e trasalì di gioja.... ma non si levò....; attendeva tremante la prima parola per sapere se gli era concesso gettarsi a’ suoi piedi per adorarla. Ella mosse verso lui lentamente — e non tremava meno. — È l’ora del tè.... — balbettò, quando gli fu vicina, con un filo di voce. Era l’emozione del perdono che ella accordava. Soranzi non potè proferir accento, tanto la sentì grande. S’alzò — ella gli porse la mano, e, silenziosi ambedue, uscirono.... e s’avviarono verso una nota portiera. — Come....? — mormorò Soranzi fremente di voluttà. — Il tè è servito qui.... stasera. — Ella rimosse la portiera ed entrarono. Le finestre erano aperte; dal giardino venivano onde d’effluvj. Lontan lontano, gemeva una romanza. — Che aria pura.... sana.... _questa!_ — esclamò Soranzi, giungendo le mani. — Respiriamola sempre?.... — Oh! sempre.... — Assicurano che non si possa dire: «nè mai nè sempre,» ma Soranzi potè sempre dire di non essersi illuso quella sera. Ci hanno riferito che Costanza, qualche mese dopo, benedisse quella momentanea sospensione di vita conjugale, perchè, quando fu ripresa, si potè ottener quello che prima s’era aspettato tanti anni invano.... Il nonno lo chiamò il figlio della riconciliazione. Se c’è qualche matrimonio infruttifero e se l’esperienza invoglia.... Ma, se i mariti si rassegneranno, non crediamo che le mogli avranno il coraggio di ripeterla. È un’esperienza troppo fisico-chimica. LA FIGLIA DI SUA MADRE. _Storia semplice._ I. MADD. Oh! ecco qui il nostro caro signor ragioniere. Come va, eh? va bene? RAG. (_che, sia detto di passaggio, è molto invecchiato_) Bene.... Grazie. MADD. Proprio l’uomo della precisione.... Scommetto che, colla solita puntualità, Ella mi porta gli interessi del semestre. RAG. Appunto.... Anzi, come era mio dovere, io sono già venuto il due luglio.... ma Loro erano in campagna.... MADD. Ah! sicuro.... eravamo proprio in campagna.... Cosa vuole.... la mia Silvia, in aprile, si sentiva poco bene.... Sa! benedette ragazze, viene quel tal tempo nella vita.... SILVIA (_arrossendo, con fatica_). Mamma.... MADD. Eh! che cosa c’è di male!? RAG. E dove sono andate.... se è lecito? MADD. Oh!.... abbiamo girato.... RAG. E adesso sta bene la signora Silvia? MADD. Adesso sta benissimo.... Ma, perchè la tratta da signora.... Ella è sempre il suo tutore.... e per Lei, la Silvia deve essere sempre una bambina.... è vero che Ella è un tutore che fa il prezioso....; non La si vede mai! RAG. Cosa vuole.... gli affari!.... creda, un minuto che è un minuto non l’ho mai a mia disposizione. Che bella giovane s’è fatta sta Silvia! Quasi quasi.... si può prepararle la schirpa.... perchè da un momento all’altro, già.... MADD. Ah! per carità.... non me ne parli! Quando io penso che verrà quel giorno.... (_sospira due volte_) RAG. Capisco che alla mamma possa rincrescere.... ma già.... è il destino delle ragazze.... E pare che la mamma non abbia fatto diversamente, eh! eh! eh! MADD. Senta.... non dico: pur troppo — perchè, altrimenti, non avrei la mia Silvia, ma, del resto.... RAG. Via, non stia a dir male del matrimonio che, dopo tutto.... MADD. Io dir male del matrimonio a mia figlia....? Tutt’altro.... tanto è vero che.... ma acqua in bocca pel momento. RAG. Come.... come.... c’è qualche novità? MADD. C’è.... e non c’è.... A dir il vero, non sappiamo nemmen noi che cosa pensare. Ma.... aspetti che ora mi vien un’idea.... Ma sicuro! Ella è proprio arrivato a proposito per rendermi un grande favore.... se vuole.... RAG. Dica, dica. MADD. Anzi, Ella deve volere, perchè essendo tutore, ne ha, dirò così, un obbligo sacro di coscienza.... Ma veniamo al concreto.... Sappia adunque che c’è un giovinetto.... guardi guardi la Silvia come diventa rossa.... come scappa!.... ah! ah! RAG. Non scapperà sempre! MADD. Dunque, c’è un giovinotto che abbiamo conosciuto giorni sono in _wagon_, tornando dalla campagna. S’è scambiato qualche parola.... ma sa.... proprio indifferente, come si usa fra viaggiatori. — Ebbene.... cosa vuole! pare che la Silvia gli abbia fatto colpo.... Da quel giorno si è messo a passeggiare per questa via, guardando sempre le nostre finestre.... e non siamo mai uscite una volta, senza incontrarlo. Per alcuni giorni, si è limitato a salutarci — fra parentesi, saluta molto bene — dopo, ha domandato alla portinaia che gente siamo.... ed, infine, jeri ha lasciato il suo biglietto di visita, con una riga, in cui ci prega di fargli l’onore di riceverlo stasera.... Cosa ne dice? RAG. Che persona è? MADD. Il giovine è di bell’aspetto.... veste signorilmente, e pare una persona educatissima.... ma Lei, signor ragioniere, sa che le apparenze ingannano, ed il favore che io vorrei da Lei, sarebbe precisamente questo.... che mi sapesse dire, cioè, che cosa vi sia di solido sotto tali apparenze.... quindi come stiamo a denari.... a carattere.... e a famiglia.... ah! la famiglia, sopratutto.... RAG. Eh! s’intende.... MADD. E poi già Lei è un uomo di polso, e non occorre dirle cosa ci vuole. RAG. E il suo giovinotto si chiama? MADD. Si chiama Augusto Livi, e abita in casa Farinelli. RAG. Basta così.... lasci fare a me. Ella intanto lo interroghi. Noi, poi, facendo il confronto di quanto avrò saputo io con quanto avrà detto lui, vedremo se il giovine è sincero.... MADD. Benissimo.... E quando crede di potermi favorire? RAG. Oh! Dio.... fra un pajo di giorni. Se la famiglia è assolutamente buona, si fa prestissimo a saperlo. Gli è quando le informazioni sono vaghe, incerte.... che comincia il difficile.... MADD. Speriamo sia buona! RAG. Speriamo....; a rivederci. MADD. A rivederci.... Silvia....! adesso puoi venire.... Saluta il signor ragioniere. RAG. Mille augurii, cara Silvietta. MADD. Oh! è un po’ troppo presto ancora. RAG. Eh! il cuore mi predice bene. Nuovamente. MADD. Nuovamente — e grazie intanto. Quando tornerà, poi, se avrà del buono.... ne beveremo una bottiglia.... mah! RAG. Ne beveremo due. Ne bevettero tre! II. Le informazioni non possono essere migliori.... e, quel che è proprio consolante, al cuore d’una madre.... d’una sposa, consonano con tutto quanto Augusto ha detto dell’esser suo e della propria famiglia. — Egli è figlio unico di madre vedova, colla quale vive. Sono venuti dalla città di X.... in questa, da soli tre anni, dopo la morte del rispettivo padre e marito. La sostanza è di quattrocentomila lire e vi sono molte speranze tutt’altro che incerte. Madre e figlio vivono come due colombi e non hanno relazioni di sorta, all’infuori del loro banchiere e del padrone di casa. Solo, di tanto in tanto, arriva dalla provincia qualche parente per vederli e tosto ripartire. Il giovine, benchè ricco, non ama l’ozio.... è impiegato, come dilettante di commercio, presso il suo banchiere.... e un uomo occupato è sempre miglior marito d’un altro che fa il vagabondo. Insomma, è un partito d’oro. Nulla di più onesto, poi, di più leale, di più ingenuo di Augusto. — Ah! è il mio ideale.... — esclama Maddalena, a queste ultime parole — perchè, per la mia Silvia, abbiamo appunto bisogno di un giovine onesto, leale e sopratutto ingenuo! — Quel caro signor ragioniere non trova che dell’entusiasmo materno, nel tuono con cui Maddalena proferisce tal frase e nello sguardo che l’accompagna rivolto alla figlia. Noi possiamo aggiungere che Augusto, a ventitrè anni, ne sapeva di questo mondo, quanto voi ne sapete di quell’altro. A mantenerlo in tale ignoranza, aveva contribuito massimamente sua madre che, paurosa di tutto, gelosa di tutti, se l’era sempre tenuto cucito alla gonnella. Gli aveva fatto dare una buona educazione, ma in casa — e non gli aveva mai permesso un’amicizia. Egli era già il di lei cavaliere, vivente il marito — figurarsi poi, dopo. Parevano madre e figlio.... Siamesi. Questo metodo d’allevamento sarà buono.... ma pei bachi. D’una delicatezza femminea, nel modo di vivere, di vestire, d’esprimersi.... preferiva i canditi al _beef-steak_, le foggie suggerite dalla caricatura alle comode indicate dal buon senso, non parlava, pispissava sulla _punta_ delle labbra.... e le sue dita parevano sempre occupate in lavori al _crochet_. D’una sensibilità tanto spinta che era morbosa; alla vista del più indifferente maluccio, al racconto della più lieve disgrazia, minacciava deliquio. Aveva molte idee umanitarie, fra cui due principali, anzi maniache: — il ricovero pei cavalli invalidi — e il _paletôt_ pei cani nell’inverno. Pareva non si fosse mai accorto che ci fossero donne a questo mondo. La prima volta che se ne accorse fu quando, nel ritornare in città, dopo aver fatto visita ad uno zio convalescente, si trovò vicino a Silvia, in _wagon_ — e al buon ragazzo non venne altra idea che quella di sposarla, come se tutte le donne si potessero sposare. Cioè, un ladro può sposare una ladra, un ladro può sposare il suo femminile.... ma non incrociamo san Luigi con Messalina.... e via discorrendo, come diceva quel tale. La madre di Augusto disse subito di sì. Poichè a quel benedetto sangue non si era potuto impedire di bollire, meglio il matrimonio che esporre, con un divieto, il figlio alle tristi influenze della vita mondana. Semplice, oca ella stessa, non capì niente nè di Maddalena nè della figlia, anzi, Silvia le sembrò un capolavoro di ingenuità! Avvicinandosi il giorno delle nozze, Silvia disse a Maddalena: — Ma di’ un po’, mamma.... vuoi dirgli proprio _nulla_? — Di che cosa? — Ma sai bene, _siamo state in campagna_. — Oh! oh! Non ci pensare tu adesso a queste cose.... Provvederemo a suo tempo. È tanto ingenuo che sarebbe un vero peccato togliergli un’illusione.... Perchè i bambini credono al _Bambino_? Perchè non sanno che non c’è. E non sono felicissimi egualmente? — Si fecero le nozze.... e Maddalena volle accompagnare la figlia nel viaggio, perchè il dolore del distacco le era intollerabile. Egli bevette il dolore, bevette molto a pranzo — _uno_ dei provvedimenti, questo — e bevette.... E infinito è il numero dei.... bevitori. Ed è col far bere che tante donne.... mangiano. III. Augusto è il più felice dei mariti. Quando egli dice: «mia moglie,» gli si inumidiscono gli occhi, — egli canta incessantemente le lodi di lei...., pare che al mondo vi sia una moglie unica, la sua.... insomma, è una vera noja. La prima donna ch’egli ha potuto avvicinare, l’ha amata, l’ha avuta — egli ha tutte le illusioni — ecco perchè è felice. Quanto a Silvia, un po’ per indole, un po’ a cagione del noto assaggio, proclive al genere forte, sulle prime s’è divertita con quell’uomo-donna.... ma se n’è ben presto infastidita. Quando sono sul declinare, le donne s’interessano per gli uomini ingenui — ma nell’età in cui esse sono ancora angeli, non amano che i demoni. Fra Silvia e sua madre si fanno le più grasse risate alle sublimi bambinate che l’amore inspira al povero fanciullo — si coprono di ludibrio le sue _poesie_.... Quand’egli è in casa, si frenano a stento gli sbadigli, ma si finge tuttavia di amarlo, di adorarlo, lo si chiama coi più teneri nomi, non esclusi i francesi: _petit chat — chou — bibi_ e _titi_.... il che per lui è miele profumato. Siccome Silvia dice che un uomo come lui, il quale _batte_ il commercio, deve avere delle relazioni, deve ricevere.... egli si tira in casa i compagni di studio e i loro amici. Silvia, dal canto suo, invita le signore Mantovani, i loro congiunti e le loro conoscenze. Ecco fatta la vera famiglia-società. In breve tempo, la casa è un porto di mare, in cui si viene e si va, in cui ognuno fa il piacer suo. Si balla tutte le sere e qualche volta anche di giorno, si gioca, si fanno dei graziosi proverbi misti, nei quali i versi non sono martelliani e la prosa è scorrevolissima. Augusto, il semplice, si diverte come un matto a tutto quello che vede e sente o che sua moglie gli racconta. — Egli si diverte tanto più schiettamente, perchè Silvia, svelando le magagne o schernendo il ridicolo degli altri, non trascura di parlare de’ suoi principj, del suo buon senso. — Così giovane, ella è d’una austerità tale — dice lei — che guaj se alcuno....! — La madre di Augusto, a poco a poco, ha aperto gli occhi; impensierita a tanto sperpero, scandalezzata a quella folle esistenza, vorrebbe coi consigli e coi sermoni.... ristaurare l’ordine, le modeste abitudini, ecc., ma, fiato gettato.... Augusto, che non s’è mai divertito, un’ora sola, in vita sua, prima del matrimonio, ci piglia troppo gusto alle attuali pazzie, per far buon viso alle prediche, che egli trova anche ingiustissime, perchè «alla fin fine, non si fa niente di male.» Sua madre non vuol darsi per vinta, vuol perseverare nel moralizzare.... ed egli cessa di vedere sua madre. Egli è diventato figlio di sua moglie. Dopo otto mesi di matrimonio, Silvia non ha ancor forato il contratto nuziale, ma, penetrata nei misteri della vita delle amiche, comincia a guardar sul pomo.... Talvolta, assorta nella contemplazione dei colori di quelle mele, fantastica anche sui varj sapori. È certo che una giusta maturanza sarebbe la preferibile. — Ma, una maturanza anche un po’ passata ha pure i suoi pregi.... ai quali, una curiosità non ancor soddisfatta, dà un valore maggior del reale. — E la frutta che, a rigore, sarebbe acerbetta.... è forse da disprezzarsi?.... È così stuzzicante! — Sì, tutto va bene, ma si arrischia troppo. C’è la posizione di mezzo! Andiamo avanti così.... prima di decidere, bisogna rifletter seriamente. — I due migliori amici di Augusto — gli altri ne hanno uno, egli due, ne ha di migliori! — sono suoi compagni di studio, Orlando e Diodato, e la loro amicizia è diventata un’abnegazione, un completo sacrificio, dacchè egli li ha introdotti presso sua moglie. I due migliori sanno più degli altri far ridere la vaga Silvia, che, pertanto, li preferisce. Ambedue la corteggiano, ma siccome, quando c’è l’uno, c’è anche l’altro, così, a guisa d’una pariglia, corrono sempre insieme; nessuno può oltrepassar l’altro.... Ma, uniti, non possono arrivare, e questo fa sì che si conservano sempre amici. Viene la stagione dei bagni, e Diodato può partire con Augusto, colla signora e con altri. — Orlando, invece, trattenuto dall’impiego, non può muoversi. Orlando capisce tanto l’importanza di quelle bagnature che lavora sott’acqua per far trattenere Diodato e accordare a lui, Orlando, il permesso di partire. Ma Diodato, che è buon intenditore, fa l’ammalato, per cui è forza lasciar andar lui pel primo. Orlando si rassegna a malincuore, e spera nella virtù di Silvia. Speranza fallace.... due settimane dopo un bollettino sanitario privato gli porta una cruda notizia.... V’è stato un naufragio....; eppure il cielo era sereno, non soffiava vento ed il mare era calmissimo. Il bollettino cominciava così: «Augusto è imperatore....» IV. — Non mi resta che soppiantarlo, al ritorno — sospira Orlando. Ma, al ritorno, non gli resta che pulirsi la bocca. Silvia è una virtù di macigno. È diventata una donna seria, sdegna quasi ridere e, quando c’è Diodato, sdegna anche parlare. Orlando, che non sa se capisca troppo.... oppure niente affatto, dice a Silvia: — Diodato L’ha forse offesa qualche volta.... per caso? — No, perchè? — Ma, non gli parla mai.... — Le dirò...., alle volte ha uno spirito che per gli orecchi di una signora non è il più gradito. — Vedo — fa Orlando tutt’altro che persuaso. Un altro giorno, tenta far parlare Diodato con delle mezze allusioni maliziose. — Spiegati meglio — dice quello — perchè, davvero, io non capisco dove vuoi andare a finire. — Volevo farti capire che so una cosa, che con tutta la nostra amicizia, tu non mi dici.... Tu sei l’amante della signora Silvia. — Io? — fa Diodato cadendo dalle nuvole. — Almeno tutti lo credono. — Sono il suo amante quanto.... te.... Ma dico.... se tu mi tasti, così, per sapere se io posso essere tuo rivale.... non darti alcun pensiero di me.... Avanti, avanti pure. Libero è il campo.... almeno io lo credo. — Una sera, Augusto dice ad Orlando: — Vuoi venire ad accompagnarmi domani qui fuori qualche miglio? Vado a vedere un villino che m’hanno proposto. Doveva venire anche Silvia, ma si sente poco bene e non vorrei che.... — Orlando guarda Silvia, e gli pare che stia meglio di lui, che sta benissimo. — Viene forse anche Diodato? — domanda. — Gliel’ho detto, ma non può. — Mi rincresce che vai solo.... perchè, neppur io posso muovermi. — Ho capito! — Orlando, si dice che stavolta ha scoperto decisamente il mistero.... e l’indifferenza di Silvia e di Diodato gli pare ancor più studiata del solito. L’indomani mattina, Orlando va a casa di Diodato, il quale non mostra alcun piacere per tale visita. — Vieni con me a far una bella passeggiata? — No, grazie, ho un impegno. — Vedo.... allora andrò solo. — Buon divertimento. — Altrettanto. — Orlando va a casa di Silvia. È mezzogiorno. Silvia sta per uscire, e mal dissimula la noja che prova nel vedere quel signore. — Scusi — comincia Orlando, giojoso in cuore perchè certissimo d’essere giunto in tempo per impedire un abboccamento — scusi, non avrebbero trovato per caso il mio portafogli? — No.... — Oh! diavolo.... credevo proprio d’averlo smarrito qui jeri sera. — Mi rincresce. — Anche a me.... non tanto pel denaro, sa bene.... quanto perchè è un regalo. — Esce? — Sì.... — E dove va di bello, se è lecito? — Vado da.... mia madre. — Oh! bene.... se mi permette, La accompagnerò.... è appunto qualche tempo che non ho il piacere di vederla. — Se Orlando sapesse cosa vuol dire l’occhiata che gli dà Silvia! — Mi rincresce — risponde la signora — che Ella si incomodi, tanto più che io farò un giro lungo.... Devo prendere dei guanti.... e qualche cos’altro. — Niente di meglio.... Io sono appunto disoccupato.... farò il giro anch’io e compereremo insieme.... — Oh! Dio.... che.... — Vuol dire che nojoso?... — No.... volevo dire che dolore a questa gamba.... l’aveva anche jeri, ma credeva se ne fosse andato.... Era proprio destino che oggi non dovessi uscire.... — Allora — continua spietatamente Orlando — rimarrò a tenerle compagnia. — Silvia gli lancia un’altra occhiata velenosa, dicendo, non senza un lieve tremito: — Le sono molto obbligata.... ma La prevengo che si annojerà assai con me, perchè oggi è una cattiva giornata. — Povera donna.... — Permette che legga? — Ma s’imagini.... Anzi.... leggerò anch’io. — Quest’uomo vuol farmi morire! — pensa Silvia, la quale si mette a leggere e non dice più una parola. Egli fa altrettanto. Ha deciso di non muoversi, finchè non venga qualche visita, a cui dirà in faccia a Silvia che la signora per quel giorno non può uscire. Passa circa un’ora. Scampanellata. Silvia trasalisce suo malgrado. Orlando fiuta. Compare la cameriera, che dice con sorriso misterioso: — C’è qui quella signora....! — Quale?.... Ah! vedo.... pregala di accomodarsi nel mio gabinetto.... Tu va pure in chiesa, se vuoi.... Signor Orlando, permette che mi trattenga un momento con quella signora?.... — Anzi.... io La aspetterò. — Grazie — e Silvia esce esasperata, invocando un fulmine sull’indiscreto. Orlando, rimasto solo, non credendo niente affatto che sia venuta una signora, vuol sapere chi è. — Ce ne fosse un altro? — pensa. Apre pian piano l’uscio che mette in anticamera e tende l’orecchio. Non s’ingannava, si ode un dialogo bissessuale concitato dal gabinetto, ma non si può capire. Allora, in punta di piedi, va presso quell’uscio e origlia. Felice Orlando! finalmente viene a sapere chi sia Orlando. La voce di SILVIA (_fremente_) — È un’ora che è qui quell’imbecille! Se tu sapessi quel che ho fatto per levarmelo da’ piedi.... ma non c’è stato verso. Pare inchiodato. Si direbbe quasi ch’egli sappia qualche cosa. La voce di DIODATO, la quale solletica gradevolmente il nostro Orlando. — Impossibile. SILV. Mi rincresce per te...., povero angelo! DIOD. Una giornata così propizia.... e perderla! SILV. Cosa vuoi farci.... abbi pazienza.... ci vedremo domani alle tre. DIOD. Bene.... ricordati di prendere una carrozza.... L’altro giorno, sei stata troppo imprudente. SILV. È vero.... non lo farò più. DIOD. Addio.... cara. SILV. Ad.... dio.... no, no.... va.... domani. DIOD. Dove mi spingi? SILV. Ti faccio scendere per la scaletta. Non si sa mai.... — . . . . . . . Quando Silvia rientra nella sala, trova Orlando che sonnecchia. — Buona notte.... — gli grida tutta gaja. — Oh! scusi!.... Che ora è? — Per bacco.... è tardi.... devo per forza levarle il disturbo.... — Cosa dice mai.... — Al piacere di rivederla. — Aggiunga: Presto.... . . . . . . . — Troppo compita! — . . . . . . . Tornando a casa, Augusto trova dal portinajo questo biglietto. «Caro amico, «Stasera alle dieci, ti aspetto al solito caffè, devo chiederti un gran favore. «Tuo affezionatissimo «ORLANDO.» La sera alle dieci. Augusto, entrando nel caffè. — Non potevi venire a casa mia a chiedermi il gran favore? ORL. Gli è perchè, invece di chiederlo.... devo.... Un momento...., prima è necessario che tu stesso mi consigli cosa devo fare.... perchè io non voglio rimorsi. AUG. (_ridendo_) Rimorsi? ORL. Senti.... dimmi un po’.... Se tu avessi un carissimo amico innamorato alla follìa di una donna e degno di essere da lei riamato, e venissi a scoprire che mentre ella finge di amar lui, ne ama un altro.... tu che cosa faresti, quando tu fossi il solo a possedere tale secreto?.... AUG. (_pensoso ma senza sospetto_) Scusa.... si tratta di qualche nostro amico? ORL. Supponi.... AUG. Non ti domando nemmeno chi è.... perchè sono cose delicate.... Dimmi piuttosto: quella donna è sua moglie?.... ORL. Ma.... questo non importa, quando si ama, o moglie o no.... AUG. (_serio_) È vero. Ebbene, in tal caso.... io, da vero amico, direi a quel marito.... guarda che tua moglie t’inganna.... ma gliene darei, in pari tempo, la prova. Altrimenti sarebbe inutile e sciocco il parlare. ORL. Ti ringrazio del consiglio e lo seguirò. Era il favore che m’occorreva. — V. Augusto, tornando a casa, pensa alle parole di Orlando: — Chi sa che razza di donna è.... perchè se egli è degno del suo amore, e invece...., allora bisogna dire.... Eh! è una disgrazia come un’altra. Basta.... chi ci ha da fare, vi pensi.... e noi andiamo subito a casa...., se no, la Silvia non può prender sonno.... Cara Silvia.... — La cara Silvia, invece, caso straordinario, dorme digià.... o finge dormire. Egli si corica con tutti i riguardi per non svegliarla — poi, sta un’ora a contemplarla amorosamente, mormorando: — Come è bella! Chi sa qual sogno poetico ella gode in questo momento. Come sorride! Mi ami....? mi amerai sempre? Non farai come quelle altre che fingono d’amare.... e poi....? No.... tu non puoi ingannare chi è degno del tuo amore.... Infatti.... se si tradisce chi merita amore.... che cosa si farà ad un marito che si rende odioso.... ad un marito scellerato....? — . . . . . . . L’indomani, Orlando, Augusto e Diodato lavorano alla banca. Verso le due pomeridiane, Diodato, con un pretesto qualunque, se ne va. Orlando si avvicina lentamente ad Augusto e gli dice: — E tu non vai? — Dove? — Non segui Diodato? — Perchè? — Hai presente quello che t’ho detto ieri sera....? — Sì. — Ebbene, questo tradimento mi fa tanto orrore che io non posso tacere. — E tu parla.... — Ma dunque, non capisci ancora....? — Capire.... che cosa? — il povero ragazzo si fa smorto e guarda l’amico con occhi smarriti. — Hai del coraggio.... coraggio morale? — Credo.... — Ebbene, va all’abitazione di Diodato, appóstati in modo da non essere veduto da alcuno....; alle ore tre arriverà una carrozza.... ne uscirà una donna.... — E quella donna....? — balbetta Augusto, con voce fioca. — Va, non perder tempo.... t’ho già detto troppo. — Alle tre, una carrozza si fermava davanti all’abitazione di Diodato. Pochi minuti dopo, la gente s’affollava alla porta di quella casa intorno al cadavere d’un giovine signore, che s’era precipitato da una finestra, al terzo piano. Caso stranissimo, inesplicabile — pel momento — quell’appartamento era vuoto, la sala era tutta sossopra, sedie rovesciate, porcellane infrante — si vedevano delle gocce di sangue sul tappeto, l’uscio della sola camera che avesse la finestra aperta, sulla via, era chiuso e la chiave non si trovava. Nessun inquilino aveva udito niente — e la casa non aveva portinajo. Il giorno susseguente, un giovine si presentava al questore per fare una deposizione importante. Era Diodato e aveva una mano fasciata. «Egli aveva dovuto usare della forza e rinchiudere quell’energumeno in una camera per salvare una povera donna.» Quando Maddalena seppe da Silvia quel che era avvenuto, esclamò: — Tu sei una stupida,... e lui.... e lui....! Val proprio la pena d’ammazzarsi per così poco.... Per fortuna, gli altri hanno più buon senso, se no.... povero mondo.... e povere donne! — Le due femmine, messo insieme il bello e il buono, partirono alla volta di Babilonia, per ingrossarvi la «grande armata» delle donne che ridono. «Una donna è sempre onesta dove arriva per la prima volta.» — Era un aforismo di Maddalena. Quando poi questa donna sa fare la madre nobile ed ha con sè una figlia tanto valente.... Del resto, noi non ne sappiamo altro. La misera madre d’Augusto perdette la ragione — ma la sua è una pazzia dolce. Sorride sempre e canticchia spesso: «Bella figlia dell’amore.» Era il motivo favorito di Augusto. Giulio e Severina, abbandonati gli affari, si sono ritirati in un villaggio appiè delle Alpi. Sembrano due barche di adipe. Cosa vuol dire il cuor contento! È vero che sono molto ricchi. Cominciata, sapete come, tale fortuna, s’ingrossò poi col gioco. Satolli, ora, provano che la farina del diavolo va.... in polenta. Sicuro; essi si divertono a far la parte della Provvidenza, nel villaggio. — Giulio è fabbriciere, predica il lavoro, la religione, la morale, e dice sempre: — Vedete me e mia moglie? eravamo due poveri Giobbi, ma ora, _col sudore della nostra fronte_, siamo quel che siamo. Imitate, ragazzi miei, imitate, e Dio benedirà i vostri sforzi come ha benedetto i nostri. — FINE. _PS._ Volevamo lasciarla nella penna, ma è così.... comica, che la lasceremo, invece, uscire: _Quell_’individuo che aveva cominciato a recitare _quello_ sproloquio funebre, nel cimitero, sulla tomba di Livi, era.... _quell’imbecille_! A proposito.... se date dell’imbecille a uno che lo merita sul serio, potete star certi che se ne vendicherà sanguinosamente. _Altri Romanzi dello stesso Autore:_ UN AMORE A FONDO PERSO. Un volume. EVELINA O IL PRIMO ROMANZO D’UNA MOGLIE. Un volume. * * * PASSIONE MALEDETTA. Un volume elegante di 470 pagine — Edizione Brigola. Salutato, al suo apparire, con entusiasmo, da una parte — fischiato, vilipeso, calunniato, dall’altra — questo romanzo ha avuto un successo di scandalo, al quale l’Autore non mirava certo. Esprimere passioni, idee, aspirazioni dell’epoca nostra e della nostra società, con tutti i colori della realtà — senza palliativi, senza menzogne — ecco il suo unico scopo, ch’egli avrebbe conseguito, se, come dichiararono i suoi stessi avversarj, la _Passione Maledetta è primissima ed audacissima espressione del realismo_. L’Autore non si difende, _qualunque_ sia stato il sistema d’attacco, essendo convinto che, per chi sa leggere, il suo libro si difende da sè. Dichiara solo altamente — ma, soltanto, alla gente di buona fede — che, ben lungi dall’essere immorale, contiene molte e preziose moralità — e qualche critico _onestissimo_ lo provò ad esuberanza. Circa la questione poi se la prima giovinezza possa o no leggere questo romanzo, l’Autore è d’avviso che non debba leggere nè questo nè alcun altro romanzo. Ogni cosa a suo tempo, cominciando dal coltello, che i bambini non devono nemmeno toccare. Sì vende in Milano dalle librerie Brigola — Galli e Omodei — Fratelli Dumolard — presso l’Agenzia del Giornale _Il Sole_, e, fuori, dai principali libraj _al prezzo di L. 4._ Nota del Trascrittore Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MADRI.... PER RIDERE *** Updated editions will replace the previous one—the old editions will be renamed. Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright law means that no one owns a United States copyright in these works, so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United States without permission and without paying copyright royalties. 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START: FULL LICENSE THE FULL PROJECT GUTENBERG LICENSE PLEASE READ THIS BEFORE YOU DISTRIBUTE OR USE THIS WORK To protect the Project Gutenberg™ mission of promoting the free distribution of electronic works, by using or distributing this work (or any other work associated in any way with the phrase “Project Gutenberg”), you agree to comply with all the terms of the Full Project Gutenberg™ License available with this file or online at www.gutenberg.org/license. Section 1. General Terms of Use and Redistributing Project Gutenberg™ electronic works 1.A. By reading or using any part of this Project Gutenberg™ electronic work, you indicate that you have read, understand, agree to and accept all the terms of this license and intellectual property (trademark/copyright) agreement. If you do not agree to abide by all the terms of this agreement, you must cease using and return or destroy all copies of Project Gutenberg™ electronic works in your possession. 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